di Greta Marraffa
Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi,
altri che lottano un anno e sono più bravi,
ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi,
però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili.
(B. Brecht)
Le luci si accendono ad intermittenza:
il natale è alle porte. L’odore delle festività si respira maggiormente
nei quartieri popolari, in cui i simboli legati alla tradizione, si
tramandano di padre in figlio. La signora Maria ha fatto il suo albero
di Natale, è solita addobbarlo proprio dietro la finestra, affinché
anche i passanti possano ammirare la sua creatività. La signora del
secondo piano del palazzo appena costruito, grigio e freddo invece,
quasi ogni mattina, frigge le pettole ( pietanza natalizia, tipica
tarantina), immergendo completamente in una pentola d’olio anche
l’intero quartiere.
Le vie del centro sono colme di passanti
indaffarati. Gli altoparlanti trasmettono musica natalizia, cascate di
luci e festoni tutt’intorno colorano e riscaldano l’animo della gente
persa e distratta dall’ultima offerta nel negozio di scarpe. La
dinamicità, quasi frenetica, di personaggi in cerca d’autore, nasconde
un forte senso di smarrimento e di depressione. Il Natale, qui a
Taranto, odora di gas e zolfo. Ha il sapore amaro dell’impotenza e della
rassegnazione.
La santa messa di Natale si celebra
anche nello stabilimento siderurgico, alla presenza del presidente
Ferrante, che predica un’ omelia ai suoi lavoratori, augurando piacevoli
festività e scongiurando la possibilità che qualcuno possa mettere
loro, nei prossimi mesi in mezzo ad una strada.
Questo non accadrà in quanto pochi
giorni fa, è stato convertito in legge, il decreto del governo, ”Salva
Ilva”, che permette all’azienda di continuare a produrre, nonostante le
opposizioni e le resistenze di magistratura e cittadini. Ma il santo
natale, porta tanti doni a tutti quanti: addirittura ai lavoratori più
stacanovisti e bisognosi, l’azienda ha regalato 300 bottiglie di olio
extravergine di oliva, da agricoltura biologica prodotto nella masseria
“Calderoso”. Un metodo sbrigativo e poco costoso di barattare il
dissenso e la dignità.
E dopo il tornado di qualche settimana
fa, i gruisti dello stabilimento attendono il via libera, per riprendere
le attività, dopo la tragica scomparsa del loro collega, Francesco
Zaccaria, ventinovenne dagli occhi azzurri, a cui non è stato concesso
di trascorrere questo e nessun’altro Natale.
E quel senso di malinconia e tristezza
che attanaglia la città, si riflette nella vita e nella quotidianità dei
suoi abitanti, costretti a svendere i propri sogni e le proprie
passioni.
Questa città non ha bisogno di slogan o
motivetti, di uomini forti, leader carismatici o di sterili
protagonismi. Non nutre beneficio da comportamenti settari e minoritari,
pretende invece, che attraverso un processo collettivo di
rivendicazione, possa riappropriarsi di tutto ciò che l’è stato
sottratto.
E’ necessario mettere in campo
qualsiasi tipo di risorsa e di ricchezza, per cercare di ricostruire
un’idea differente di cultura, che passi necessariamente attraverso
pratiche e metodi innovativi ed originali, che sappiano coinvolgere e
riaccendere le coscienze, senza cadere nella trappola del becero
qualunquismo del “tutti contro tutti”.
In questa terra si rivendicano sogni,
felicità e dignità. Quella dignità che la mala-politica ha
costantemente calpestato. E’ necessario non riprodurre e ricommettere
gli stessi errori del passato: una città frammentata risulta debole ed
isolata.
Sembra quasi come sentirsi ubriachi,
spaesati, barcollanti, in un contesto crudo e spietato, all’interno del
quale il futuro devi costruirtelo giorno dopo giorno, superando con
estrema difficoltà ostacoli, che a tratti appaiono insormontabili. Ed è
questo sentimento di spaesatezza che condiziona le vite differenti ,di
una comunità, che a tratti appare stanca ed insofferente, poco vigile e
pigra.
Occorre ripartire dai saperi, dalla
cultura, dalla politica delle piazze, da quella studiata e praticata. E’
necessario sapersi circondare di umiltà e solidarietà e non solo,
durante le festività natalizie.
Ma in questo mare in tempesta, ci sono
quelle barchette leggere, ma resistenti, in grado di superare e salpare
le mareggiate più pericolose, sono le stesse che con estrema difficoltà,
riescono a scoprire mondi nuovi.
Sono queste, le mosche bianche che con
l’ ostinatezza, solo dei folli e dei sognatori, concretizzano desideri
di felicità e di riscatto. (Mediapolitika)
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