domenica 30 marzo 2014

E i tifosi esultano!

Ilva presenta il piano al Governo



Inizia l'ultimo miglio della vicenda Ilva. O la va, o la spacca. Venerdì Enrico Bondi ha incontrato in via Veneto a Roma il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi. Per la prima volta, il commissario ha illustrato le grandezze economiche e finanziarie di un piano industriale che, ormai, è in via di ultimazione. Un confronto a tutto tondo, che sarà ripetuto la prossima settimana, di natura "politica" ma anche operativa, dato che vi hanno partecipato il viceministro Claudio De Vincenti - elemento di continuità nella gestione della maggiore crisi industriale italiano, già sottosegretario con Monti e con Letta - e diversi esponenti della tecnostruttura ministeriale.
Nelle ultime ore, dunque, le tessere stanno andando tutte al loro posto. Pure nei passaggi più formali, ma non meno essenziali. Per esempio con l'intenzione da parte dei consulenti di Bondi di mostrare una parte consistente della prima bozza del piano industriale all'ufficio legislativo del Governo. Il piano industriale, il cui work in progress si sta completando ora dopo ora, è - seppur nella forma ancora parziale di una prima bozza - per la prima volta al vaglio dell'Esecutivo Renzi. Quando il piano sarà completato - questione di una, massimo due settimane - Bondi lo girerà ai Riva. I quali, entro dieci giorni, potranno dare valutazioni. Bondi avrà il potere di accoglierle o di rifiutarle. A quel Bondi girerà il piano al ministro Guidi, la quale a sua volta lo indirizzerà al Consiglio dei ministri, che lo delibererà con un apposito proprio decreto.
In realtà, una ipotetica pietra di inciampo potrebbe essere rappresentata dal fatto che il piano ambientale, che dal punto di vista "logico" precede il piano industriale, non è ancora stato pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale: manca il via libera della Corte dei Conti, la quale deve dare una valutazione dato che la forma assunta dal piano ambientale è quella di un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri. Dunque, come spesso capita in Italia, le cose non sono affatto lisce. In ogni caso, ora la palla è ora in mano alla famiglia Riva che, in tutti questi mesi, ha scelto il più rigoroso dei silenzi, preferendo non manifestare mai - in pubblico - le proprie valutazioni sull'operato di Bondi, da essa nominato amministratore delegato nell'aprile 2012 e poi, due mesi dopo - nel giugno 2012 - trasformato in commissario dal Governo Letta. Un silenzio sulle scelte economiche e industriali del commissario che è stato scelto anche per riportare l'intero conflitto - esplosivo dal punto di vista economico e sociale, ambientale e sindacale - nell'alveo dell'asettico confronto giudiziario. Comunque sia, nell'arco di poche settimane si dovrebbe sapere quale direzione prenderà questa vicenda che sta condizionando da più di un anno e mezzo la vita pubblica italiana: il rapporto fra impresa e magistratura, gli equilibri nella fornitura di acciaio per la manifattura italiana nel suo complesso, il legame fra lavoro e salute. Nel senso che, a quel punto, di fronte al piano elaborato da Bondi, basato sulla conversione sul metano e su una reindustrializzazione dell'impianto di Taranto radicali e mai sperimentati prima in Europa, i Riva dovranno dire che cosa ne pensano.
E, soprattutto, dovranno esprimersi sulla adesione o meno a un aumento di capitale che, ormai, è inevitabile. Non soltanto per finanziare la conversione industriale, ma anche per gestire una finanza di impresa che ormai appare in condizioni deleterie. Dunque, non prima della seconda parte di aprile appare più che probabile la convocazione di una assemblea straordinaria da parte del commissario Bondi, il quale dovrebbe lanciare un aumento di capitale. Gli attuali azionisti vi potranno aderire o no. Se questo non accadesse, Bondi potrà cercare nuovi soci sottoscrittori. Se non li trovasse, all'interno dello stesso profilo giuridico che ha reso il piano industriale elaborato da lui e dai suoi collaboratori una legge dello Stato, potrebbe andare a cercare altrove i soldi. In particolare, potrebbe attingere al denaro sottoposto a sequestro dalla Procura di Milano per reati valutari e fiscali, quegli 1,9 miliardi di proprietà di Emilio, il decano della famiglia, e del fratello Adriano, scudati e lasciati per la maggior parte su conti di banche estere. Una scelta che, di nuovo, potrebbe accendere il confronto con la famiglia Riva, che difficilmente starebbe in silenzio di fronte a questa decisione. (Sole24h)

Taranto - Schulz, incontro al vertice!

Il "dossier Taranto" all'attenzione del Presidente del Parlamento Europeo. Incontro il 2 aprile a Bruxelles

Mercoledi’ 2 aprile PeaceLink incontrerà a Bruxelles il Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz.
PeaceLink ha preparato un dossier per evidenziare la gravità delle situazione in cui versa Taranto, assieme all’inerzia e alla scarsa attendibilità con la quale le autorità italiane affrontano le questioni ambientale, sanitaria e occupazionale che riguardano la città.
Antonia Battaglia (che e' stata invitata da Schulz con Alessandro Marescotti) e' stata delegata a rappresentare PeaceLink e illustrera' al Presidente del Parlamento Europeo la posizione dell'associazione sui lacunosi monitoraggi e sulla scarsita' delle misure prese per proteggere gli operai e la popolazione dall'impatto ambientale e sanitario di un impianto siderurgico obsoleto e fuori dalle norme europee.
Antonia Battaglia farà il punto anche sulle leggi "Salva Ilva" approvate dal Parlamento Italiano e sulle risoluzioni del Parlamento Europeo che riguardano le aree di "declino industriale" che necessitano di bonifiche e di riconversione.
L’incontro a Bruxelles, previsto da tempo, si iscrive nel rapporto che PeaceLink ha instaurato da tempo con il Presidente Schulz, che é stato costantemente aggiornato sulla evoluzione della situazione di Taranto. Il Presidente stesso, in una email recente mandata ad Antonia Battaglia, ha espresso il proprio sostegno alla popolazione ed ha dichiarato di seguire da vicino la questione ILVA.
PeaceLink vuole «portare» Taranto a Bruxelles e far arrivare la voce disperata di una città sulla cui sorte é calato un silenzio assordante.
Questa azione vuole essere un'esperienza pilota per far arrivare all'attenzione del Parlamento Europeo il dramma di tutte le aree inquinate d'Italia per le quali occorre un progetto di bonifica e, spesso, di riconversione.
Taranto deve diventare - come caso apripista - un punto fermo sull’agenda anche del prossimo Parlamento Europeo. Le richieste che PeaceLink avanzerà al Presidente Schulz riguardano non solo la situazione presente ma anche il futuro, con l’inclusione di Taranto in progetti europei di sviluppo sostenibile, da estendere ad altre citta' inquinate che versano in situazioni analoghe di declino industriale.
Per PeaceLink: Antonia Battaglia, Luciano Manna, Alessandro Marescotti

Su Taranto e Ilva l'incontro di Peacelink col Presidente del Parlamento Europeo

C.S. Mercoledi’ 2 aprile PeaceLink incontrerà a Bruxelles il Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz.
"PeaceLink ha preparato un dossier per evidenziare la gravità delle situazione in cui versa Taranto, assieme all’inerzia e alla scarsa attendibilità con la quale le autorità italiane affrontano le questioni ambientale, sanitaria e occupazionale che riguardano la città.

Antonia Battaglia (che e' stata invitata da Schulz con Alessandro Marescotti) e' stata delegata a rappresentare PeaceLink e illustrera' al Presidente del Parlamento Europeo la posizione dell'associazione sui lacunosi monitoraggi e sulla scarsita' delle misure prese per proteggere gli operai e la popolazione dall'impatto ambientale e sanitario di un impianto siderurgico obsoleto e fuori dalle norme europee.

Antonia Battaglia farà il punto anche sulle leggi "Salva Ilva" approvate dal Parlamento Italiano e sulle risoluzioni del Parlamento Europeo che riguardano le aree di "declino industriale" che necessitano di bonifiche e di riconversione.

L’incontro a Bruxelles, previsto da tempo, si iscrive nel rapporto che PeaceLink ha instaurato da tempo con il Presidente Schulz, che é stato costantemente aggiornato sulla evoluzione della situazione di Taranto. Il Presidente stesso, in una email recente mandata ad Antonia Battaglia, ha espresso il proprio sostegno alla popolazione ed ha dichiarato di seguire da vicino la questione ILVA.
PeaceLink vuole «portare» Taranto a Bruxelles e far arrivare la voce disperata di una città sulla cui sorte é calato un silenzio assordante.

Questa azione vuole essere un'esperienza pilota per far arrivare all'attenzione del Parlamento Europeo il dramma di tutte le aree inquinate d'Italia per le quali occorre un progetto di bonifica e, spesso, di riconversione.

Taranto deve diventare - come caso apripista - un punto fermo sull’agenda anche del prossimo Parlamento Europeo. Le richieste che PeaceLink avanzerà al Presidente Schulz riguardano non solo la situazione presente ma anche il futuro, con l’inclusione di Taranto in progetti europei di sviluppo sostenibile, da estendere ad altre citta' inquinate che versano in situazioni analoghe di declino "industriale.


Per PeaceLink
Antonia Battaglia
Luciano Manna
Alessandro Marescotti

sabato 29 marzo 2014

Sulla stampa!

Vendesi convento del ’600 nella città vecchia. La protesta del Comitato per Taranto


Il demanio mette all'asta, senza importo minimo ed al migliore offerente, uno dei grandi complessi edilizi di sua proprietà

Vendesi in zona centro un immobile con accesso principale da corso Vittorio Emanuele II.
Potrebbe sembrare un annuncio come tanti, ma riguarda l’ex Convento S. Domenico Maggiore Monteoliveto, realizzato nella prima metà del 1600, dichiarato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali di interesse storico-artistico.
A dare la notizia è il Comitato per Taranto, che in una nota scrive: “Il demanio mette all’asta, senza importo minimo ed al migliore offerente uno dei tre grandi complessi edilizi di sua proprietà nella Città Vecchia di Taranto (gli altri due sono la Capitaneria di Porto ed il Castello Aragonese), sede, un tempo, del Distretto Militare e dell’Ente morale Paolo VI. Si tratta dell’ex-convento appartenuto agli Olivetani, ai Gesuiti ed ai Domenicani, annesso alla chiesa di Monteoliveto”.
Secondo il comitato si tratterebbe di un’ingiustizia, che priverebbe i cittadini di un tesoro: “Tutto il complesso è chiuso da decenni – si legge nel comunicato – così come la chiesa, un gioiello di architettura sbarrato per rischio di crollo e condannato a peggiori rovine. I locali del convento hanno un affaccio diretto ed imponente sul lungomare e un chiostro interno da riportare al suo splendore. Siamo di fronte all’ennesimo caso di un bene pubblico di altissimo valore che perde la sua potenziale funzione strategica per diventare preda della speculazione selvaggia? Data la localizzazione molto rilevante in un contesto da recuperare socialmente ed economicamente, non era meglio partire da un progetto basato su uno studio di fattibilità, per poi attivare procedure di project financing o appalti concorsi a capitale misto?”
Una storia che si ripete secondo il Comitato per Taranto, che conclude: “Sembra il solito copione, da un lato i ministri vengono a fare la passerella in città vecchia riempendosi la bocca di promesse, dall’altro i loro ministeri si sbarazzano appena possono dei pesi immobiliari regalandoli al primo arrivato”. (Corriere di Taranto)

venerdì 28 marzo 2014

Il Mar Grande in serie B

Concluse le analisi nel Mar Grande. Cozze vendibili, ma dopo la stabulazione


Mar Grande, potrebbe arrivare presto la classificazione delle acque antistanti il Lungomare dove tre diverse aziende (la Ittica Cielo Azzurro, la coop Arcobaleno e la coop Pescatori  Due Mari), messe purtroppo ko dai livelli di inquinamento di diossine e pcb (policlorobifenili) nel primo seno di Mar Piccolo, hanno trasferito i propri
impianti. Si è, infatti, concluso il periodo necessario all'Asl per effettuare i campionamenti delle acque (due al mese per sei mesi) per le analisi di carattere batteriologico. Il periodo si è, comunque, protratto anche oltre i sei mesi previsti a causa delle condizioni meteorologiche e della disponibilità delle stesse società,  ma finalmente allo scadere dei tempi previsti e, soprattutto, una volta registrate tutte analisi sostanzialmente prive di criticità, la Asl ha dato il suo nulla osta ed avviato la procedura per la richiesta di classificazione da parte della Regione. La proposta è che le acque di Mar Grande destinate agli impianti di mitilicoltura siano classificate di tipo B. il che significherà che le cozze li prodotte dovranno passare dagli impianti di stabulazione prima di essere portate alla  commercializzazione.
Di fatto, comunque sia, è (quasi) l'ok alla vendita di prodotto il cui seme deriva sempre dal primo seno di Mar Piccolo da dove deve essere trasferito quando è ancora in fase molto iniziale di sviluppo. E' sempre l'Asl a porre il divieto di movimentazione dopo una certa fase, scaduta alla fine di febbraio anche quest'anno. Il direttore del Dipartimento di Prevenzione dell'A l Ta, Michele Conversano, ed il dirigente del settore veterinario, Teodoro Ripa, tirano un sospiro di
sollievo. L'incubo degli anni passati, dopo il blocco totale della movimentazione di prodotto dal primo seno dove circa tre anni fa le analisi rivelarono una
preoccupante presenza di diossine e pcb ed un quantitativo ingente di prodotto già maturo e pronto alla commercializzazione fu invece portato al macero, fmalmente sembra diradarsi un po'. Non ritrovano del tutto ancora la propria serenità, tuttavia, i mitilicoltori per questioni più burocratico-amministrative a causa, ad esempio, dei continui intoppi nel rilascio delle autorizzazioni. Sul fronte sanitario, però, le notizie appaiono essere più rasseneranti anche perché quel tratto di mare
è interessato alla presenza di scarichi di emergenza dell'acquedotto.
L'aver confermato per tutto questo tempo valori ben al di sotto di qualsiasi soglia di attenzione fa ritrovare un clima di fiducia. Del resto tutta la rimanente area di Mar Grande è già classificata di tipo B. La stessa cosa per il secondo seno di Mar Piccolo. Va ancora meglio nell'area a ridosso della zona Tarantola, di recente tornata ad essere classificata di tipo A (nessuna stabulazione necessaria) dopo un periodo di declassamento. Intanto, una volta che giungerà la classificazione ufficiale della zona Lungomare e la commercializzazione delle cozze sarà avviata, l'Asl proseguirà le sue indagini che, a quel punto, non saranno più solo di natura
microbiologica, ma saranno anche di natura biotossicologica e chimica (alla ricerca, come accade nel secondo seno, di eventuale pre enza di lpa, diossine, metalli pesanti). Ovviamente, si spera che la produzione possa gradualmente ripartire. (MARIA ROSARIA GIGANTE- GdM, venerdì 28 marzo p.9)

Il miracolo di Sant'ARPA?

Ecco come a Taranto l'ozono ha fatto miracolosamente crollare il benzo(a)pirene

COMUNICATO STAMPA DI PEACELINK


Dal 2010 al 2013 il benzo(a)pirene nel quartiere Tamburi di Taranto è "crollato" da 1,8 a 0,18 nanogrammi a metro cubo.
E' stato un crollo clamoroso che nessuno si aspettava, anche perché la letteratura scientifica non aveva rilevato nel mondo casi di cokerie che, pur dotate di BAT, consentissero nel raggio di 1200 - 1700 metri una diminuzione della concentrazione di benzo(a)pirene sotto la soglia di 1 nanogrammo a metro cubo.
Il dato del quartiere Tamburi (0,18 ng/m3) è risultato paradossalmente il migliore in città per il benzo(a)pirene e l'ARPA ha evidenziato questo risultato come un importante punto di arrivo dell'attenzione nella gestione dell'Ilva.
I nuovi dati sul benzo(a)pirene annullerebbero le differenze fra i quartieri di Taranto, facendoli convergere tutti su un unico valore medio oscillante attorno a 0,2-0,3 ng/m3. E' un valore decisamente basso se confrontato con quello di altre citta'. Praticamente a Taranto non vi sarebbe più una fonte emissiva tale da determinare pericolo. L'Arpa certifica che non vi e' piu' un aumento del benzo(a)pirene se ci si avvicina all'ILVA.
Questo è un risultato stupefacente se si considera che l'ARPA - scatenando una girandola di telefonate intercettate dalla Procura - aveva valutato nel 2010 che il 98% del benzo(a)pirene del quartiere Tamburi proveniva dalla cokeria ILVA.
Ma come è stato possibile ottenere questo azzeramento completo del problema, risultato che ha dell'eccezionale se si considera il punto di partenza disastroso?
Come mai assistiamo a questo miracoloso calo del benzo(a)pirene?
Da tempo PeaceLink ha individuato contraddizioni e paradossi in questo miracoloso calo. Lo ha evidenziato anche conducendo proprie analisi che evidenziavano la persistenza di alte concentrazioni di IPA, all'interno dei quali si annida il benzo(a)pirene.
Ma la posizione di Arpa e' stata sempre quella di considerare assolutamente attendibile il vertiginoso calo del benzo(a)pirene. Mai un dubbio e' stato sollevato sull'attendibilita' di quei dati che servivano a certificare la fine del "pericolo" e a rendere inattuale ogni richiesta della magistratura di fermare impianti altamente inquinanti come la cokeria.
La diminuzione della concentrazione del benzo(a)pirene di ben dieci volte è stata spiegata da ARPA:
- con l'adozione dei wind days (il rallentamento della produzione quando il quartiere Tamburi era sottovento rispetto alla cokeria);
- con il fermo di 6 batterie su 10 in cokeria e l'acquisto di carbon coke già pronto (viene scaricato nel porto);
- con la diminuzione della produzione da 9 a 6 milioni di tonnellate annue di acciaio;
- con l'allungamento dei tempi di distillazione del coke.
Ma le cose sono andate veramente cosi'?
Siamo proprio sicuri che nel far crollare le misurazioni non vi sia stato anche un importante fattore interferente che potrebbe aver determinato una riduzione significativa del benzo(a)pirene?
Abbiamo allora svolto un controllo accurato su quello che può essere un fattore interferente sulle misurazioni di benzo(a)pirene: l'ozono. E abbiamo scoperto, con grande stupore, che dal 2011 in poi l'ozono ha avuto dei picchi sorprendenti con il conseguente effetto di una degradazione del benzo(a)pirene.

Noi stiamo con le tartarughe!

Nuovo sviluppo della saga processuale del famigerato Tartarugaio!


Per dirla con Legambiente:

Tartarugaio: a luglio il processo. Per Legambiente è un Ecomostro In otto a processo per l'inchiesta sul Tartarugaio, sequestrato a luglio dell'anno scorso dalla Guardia di Finanza.
Si tratta di  dipendenti e dirigenti del Comune di Taranto:   Antonio Liscio, Cosimo De Leonardis, Silvio Rufolo,  Pasquale Manfreda, Cataldo Russo, Fabio Massimo Fago, Antonio Mancinio, e del progettista della prima e seconda variante, l'ingegner Gianfranco Tonti. Il processo inizierà il 2 luglio.
Legambiente aveva espresso la sua assoluta contrarietà alla realizzazione dell'opera e denunciato pubblicamente  l'intervento, definito fin dall'inizio come "un indesiderato e velenoso fungo" .
Di tutto la Città Vecchia di Taranto aveva bisogno tranne che di questa colata di cemento, di questo spreco di denaro pubblico che modifica il "volto" dell'Isola e che non rientra nello spirito del Piano Blandino.
L'abbiamo detto e lo ripetiamo: è come se accanto al Colosseo fosse data l'autorizzazione ad edificare una casupola, in un ipotetico stile "romano" e si pretendesse di far digerire ai cittadini tale intervento come un utile ed importante orpello per valorizzare l'antico. Assurdo.
Per questo avevamo chiesto all'Amministrazione Comunale di ripensare l'intervento, consultando i cittadini, gli ordini professionali, tutti i portatori di interesse, e scritto al Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto chiedendo spiegazioni per gli stringatissimi pareri favorevoli espressi dalla Sovrintendenza. Ma le nostre richieste sono rimaste senza esito.
Ora ci sarà il processo per verificare la presenza, o meno, di abusi edilizi. Gli accertamenti della Magistratura hanno evidenziato un intervento di colmata che non sarebbe stato autorizzato dalla Regione Puglia e che violerebbe le norme di salvaguardia e attuazione del nuovo piano regolatore del porto. Il P.M. Bruschi ha contestato anche la violazione del piano particolareggiato vigente, il piano "Blandino".
Non sappiamo quale sarà l'esito del processo: per noi la costruzione del cosiddetto tartarugaio resta, in ogni caso, un  "pugno nell'occhio", un ecomostro. (Legambiente)

giovedì 27 marzo 2014

Accattatevello!!

Si parte da zero euro!
Il demanio mette all'asta, senza importo minimo ed al migliore offerente uno dei tre grandi complessi edilizi di sua proprietà nella Città Vecchia di Taranto (gli altri due sono la Capitaneria di Porto ed il Castello Aragonese), sede, un tempo, del Distretto Militare e dell'Ente morale Paolo VI.
Si tratta dell'ex-convento appartenuto agli Olivetani, ai Gesuiti ed ai Domenicani, annesso alla chiesa di Monteoliveto. Tutto il complesso è chiuso da decenni, così come la chiesa, un gioiello di architettura sbarrato per rischio di crollo e condannato a peggiori rovine.
I locali del convento hanno un affaccio diretto ed imponente sul lungomare e un chiostro interno da riportare al suo splendore. E' un sito che i tarantini probabilmente non solo non hanno mai visto, ma non sanno neanche che esista!
Eccolo qui:




Siamo di fronte all'ennesimo caso di un bene pubblico di altissimo valore che perde la sua potenziale funzione strategica per diventare preda della speculazione selvaggia?
Data la localizzazione molto rilevante in un contesto da recuperare socialmente ed economicamente, non era meglio partire da un progetto basato su uno studio di fattibilità, per poi attivare procedure di project financing o appalti concorsi a capitale misto?
Sembra il solito copione: da un lato i ministri vengono a fare la passerella in città vecchia riempendosi la bocca di promesse, dall'altro i loro ministeri si sbarazzano appena possono dei "pesi" immobiliari regalandoli al primo arrivato.

Ecco la pagina del Demanio in cui è attiva l'asta:
http://demanio.astalegale.net/Public/Vendite/dettaglio.aspx?idv=24

Ed ecco la scheda del sito:
    Lotto: 4
    Bando: Bando Unico
    Classificazione: Invito Pubblico ad Offrire
    Prezzo base: 0,00 €
    Rilancio minimo asta elettronica: 1.000,00 €
    Cauzione: 20.000,00 €
    Termine presentazione offerte: 06/05/2014 16:00
    Apertura buste: 07/05/2014 11:00
    Inizio asta elettronica: 13/05/2014 11:00
    Termine asta elettronica: 13/05/2014 12:00
    Tempo auto estensione: 5 minuti
    Periodo auto estensione: 5 minuti
    Tempo base: 5 minuti
    Nr massimo buste: 5



In zona centrale del Comune di Taranto, con accesso principale da corso Vittorio Emanuele II, si vende l'immobile denominato "Ex Convento S. Domenico Maggiore Monteoliveto", realizzato nella prima metà del 1600, costituito da un fabbricato cielo-terra, in muratura portante e solai voltati, a quattro piani fuori terra e uno interrato, articolato intorno ad un'ampia corte centrale, in pessime condizioni di manutenzione e conservazione, della superficie catastale di circa 3842 mq. Con decreto del 16.12.2013 il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha dichiarato l'immobile di interesse storico-artistico ai sensi dell'art. 10 comma 1 del D.Lgs 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m.i. Il bene si vende nello stato di fatto, anche relativo agli impianti, e di diritto in cui attualmente si trova, e si rende noto che nella determinazione del prezzo si è tenuto conto di tutte le condizioni manutentive dello stesso. Si precisa che all'interno dell'immobile sono presenti masserizie e rifiuti di vario genere da smaltire a cura e spese dell'aggiudicatario. P.R.G.: il bene ricade in "zona del centro storico della città vecchia" (D1). Edifcio di classe G (prestazione energetica globale pari a 50,76 kWh/mc anno)

Tanto per farsi un'idea di come va questo mercato dei "doni di stato" e del nonsenso di questa procedura vi invitiamo a leggere questo articolo:

Immobiliare: quei ''gioielli'' pubblici difficili da vendere

Una provocazione, piu' che una vera offerta: cento euro per la colossale caserma Masini, a Bologna. Pero' quest'esito beffardo di uno dei piu' imponenti e tormentati tentativi di privatizzazione demaniale - scrive Il Ghirlandaio (www.ilghirlandaio.com) non ha insegnato nulla, e in fondo non poteva accadere, al governo. Che, con il bando pubblicato ai primi di marzo e in scadenza il 6 maggio prossimo, ci riprova. L'Agenzia del Demanio e' infatti tornata a offrire in asta sul mercato, a offerta libera, qualche ''gioiello'' del patrimonio immobiliare pubblico. In vendita sono stati posti cinque beni di proprieta' statale situati in Friuli Venezia Giulia, Marche, Puglia e Veneto, attraverso la procedura telematica delle aste online. Celebre e imponente il Castello di Gradisca D'Isonzo a Gorizia, sei edifici dal grande valore storico-architettonico; in Puglia, a Taranto, l'Ex Convento S. Domenico Maggiore Monteoliveto, realizzato nella prima meta' del 1600 e costituito da quattro piani e un'ampia corte centrale; a Loreto (Ancona), e' in vendita un edificio storico, denominato ''Casa Nappi'', situato in prossimita' del Santuario Mariano; e uno stabile situato nel centro storico a Trieste. Infine, un'isola: ovvero, il bando prevede la cessione per 99 anni della proprieta' superficiaria dell'Isola di Poveglia a Venezia, costituita da tre isole molto vicine, due delle quali collegate da un ponte. Situato nella Laguna Sud, di fronte al Lido di Venezia, il complesso di isole presenta numerosi fabbricati da recuperare, dal grande valore storico e architettonico. Ma le stime sulla consistenza dei possibili introiti di tanto patrimonio - osserva Il Ghirlandaio - sono demoralizzanti: la gara e' a offerta libera, ma il range entro il quale i consulenti del Demanio hanno ipotizzato il ricavo si limita a 2-4 milioni di euro. La ragione di una valutazione cosi' bassa e' tutta nella necessita' di fare investimenti molto imponenti per poter adattare i beni alle nuove destinazioni. Investimenti per decine di milioni di euro su ogni immobile. Le nuove destinazioni, peraltro, per poter essere autorizzate avranno bisogno di superare la solita, estenuante corsa a ostacoli burocratico-procedurale che rende queste procedure incerte e costose. I futuri proprietari privati di questi ''gioielli'' dovranno insomma dapprima sborsare i soldi necessari per acquistarli, poi altri per progettarne il reimpiego, poi attendere e finanziarie l'incerto e lungo iter per le autorizzazioni, infine eseguire le ristrutturazioni e solo alla fine di questo lunghissimo processo potranno sperare di mettere a reddito i loro soldi. Ecco perche' in concreto non e' facile trovare soggetti disponibili. Discorso analogo - prosegue Il Ghirlandaio - per alcuni, imponenti progetti di dismissioni annunciati dagli enti locali, primo fra tutti il Comune di Roma: Il sindaco Ignazio Marino ha parlato di ''circa 600 immobili pronti a essere venduti. In queste ore incontrero' alcune delle societa' immobiliari e da queste dismissioni vorrei ricavare 280 milioni''. Un sogno o un progetto realizzabile? Il mercato residenziale e' pronto ad assorbire immobili ad uso abitativo, purche' sfitti, perche' al contrario - come insegnano le interminabili procedure di privatizzazione delle case popolari, impantanate da anni anche a Roma - solo chi ci abita e' disposto ad acquistare una casa del demanio comunale, purche' a prezzi stracciati. Certo, qualcosa di positivo sta accadendo, in generale, sul mercato immobiliare italiano: se uno come George Soros, che sull'Italia ha sempre scommesso al ribasso, ha deciso di rilevare il 5% di Igd Siiq, societa' immobiliare controllata dalle Coop che possiede le mura di decine di supermercati, sara' pur sempre un segnale positivi, per esempio del fatto che il mercato e' visto al suo minimo, e quindi naturalmente vicino a una naturale ripresa. Ma l'offerta di prodotto accessibile e utilizzabile, pronto ad essere messo a reddito, e' abbondantissima - conclude Il Ghirlandio - e assorbira' molta cassa prima che ne resti di disponibile a confluire verso le privatizzazioni immobiliari. red/mau  ASCA

Il lupo perde il pelo

Immemori della devastazione provocata dagli uragani e dalle avversità meteo, ancora una volta  il maltempo fa danni all'Ilva (commissariata o meno), senza che vengano prese o verificate le opportune precauzioni. Per fortuna nessuno è rimasto ferito.
Ecco il comunicato diffuso dai Cittadini e lavoratori liberi e pensanti che hanno raccolto le testimonianze degli operai.
Storie dalla fabbrica del secolo scorso (a volte anche di quello prima!)


Stamani all'#ilva di #Taranto presso il reparto IMA 2 si è ribaltata una pala meccanica.
 Il vento forte avrebbe traslato un DM4, una gru simile a quella dove perse la vita il giovane operaio Zaccaria, e la benna avrebbe fatto ribaltare il mezzo che in quel momento fortunatamente era senza conducente.Anche sulla gru in quel momento non erano presenti operatori per via dell'allerta meteo. Può una grú di notevoli dimensioni essere spostata dal forte vento? Alla luce di quanto accaduto, non dovrebbe forse essere fornita di un sistema di blocco automatico in caso di precarie condizioni meteo?
 Si registra intanto la dispersione di materiale dai nastri trasportatori finiti su tutta la banchina e in mare. Fenomeno, anche questo, mai risolto e che aumenta in giornate ventose come quella di oggi.
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Aggiornamenti in merito all'episodio verificatosi questa mattina nel reparto IMA2 dello stabilimento #ILVA S.p.a di #Taranto:
 Siamo stati messi a conoscenza del fatto che la gru denominata DM4 è provvista di un sistema di blocco con pinze sui binari che, evidentemente, non ha funzionato.
 Spinta dal forte vento di oggi, infatti, ha travolto con la propria benna un escavatore fermo lì nei pressi tanto da ribaltarlo e finendo la sua corsa contro i respingenti della gru gemella denominata DM4.
 Inoltre, nonostante l'allerta #meteo ricevuta, nessuna comunicazione ufficiale è stata diffusa ai #lavoratori a tutela della loro incolumità. I lavoratori, di loro iniziativa, non sono saliti sulle gru per evitare pericoli legati al maltempo.
 Ci rincresce notare che gli incidenti mortali avvenuti nel siderurgico tarantino sino a non molti mesi fa, non hanno insegnato nulla.
 Tutto questo avveniva mentre l’Ilva S.p.a. di Taranto diffondeva un comunicato stampa in cui si millantava la “MASSIMA ATTENZIONE ALLA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE E DEL LAVORO”.
Qui, dove il termine #lavoro è sinonimo di produzione, di #disoccupazione e di #ricatti, giungendo infine a #infortuni e morti.
 Al momento alcuna notizia, frattanto, è giunta dalle organizzazioni #sindacali in merito a quanto accaduto.

Il largo largo

Il Porto di Taranto riprende il largo: il 2014 si è aperto con un aumento del traffico navi e container

Dopo mesi col segno meno, il porto di Taranto apre il 2014 in positivo. I primi dati disponibili riferiti a gennaio scorso segnalano infatti che il numero delle navi arrivate è aumentato del 44,1% (dalle 177 del 2013 alle 255 del 2014), il traffico container da 14.031 a 15.528 teus (+10,7%); il traffico generale, comprensivo di imbarchi e sbarchi, del 38,6%, essendo passato da 1.848.649 a 2.562.807 milioni di tonnellate.
È ancora presto per dire se questi dati costituiscano un'inversione di tendenza, però rappresentano almeno una parziale schiarita. Tanto più che il 2013 si era chiuso con dati pesanti. Il traffico dei container, a.causa della crisi generale ma anche per l'inadaguatezza delle infrastrutture lamentata da Taranto container terminal, era infatti crollato, rispetto al 2012, del 25,1 per cento, passando da 263.461 a 197.317 teus; quello generale del 18,5 per cento, da 34.942.352 a 28.484.980 milioni di tonnellate; il movimento delle navi di una percentuale analoga, 18,9 per cento, da 3.368 a 2.730 unità.
A collocare l'avvio del 2014 sotto una luce diversa è stata soprattutto, si apprende da fonti dell'Autorità portuale di Taranto, la stabilizzazione dell'Ilva che, sebbene sia ancora alle prese con la crisi di mercato, non è più, tuttavia, nella bufera giudiziaria che l'ha pesantamente segnata per metà del 2012 e per gran parte del 2013. E nel porto avanza anche il cantiere della piastra logistica, un progetto pubblico-privato approvato dal Cipe negli anni scorsi dall'importo complessivo di 219 milioni di euro. È stata completata la costruzione dei capannoni della piastra, strutture prefabbricate, sono state avviate le opere a mare con la vasca di colmata che servirá all'ampliamento del quarto sporgente, e nel giro di un mese verrá avviato anche il cantiere della strada dei moli.
Cinque, in tutto, le opere del progetto. La piastra logistica ha un costo di 50,1 milioni di euro e sarà costruita a ridosso del quarto sporgente su una superficie di 200mila metri quadrati. La piattaforma si propone come centro di interscambio tra le diverse modalità di trasporto (strada-ferro-mare) e centro di prestazione di servizio alle merci. Fa capo alla Taranto Logistica (società della Gavio Logistica), che partecipa all'investimento insieme a Grassetto Costruzioni e Grandi Lavori Fincosit. I tre, a loro volta, sono alleati in una società di scopo. La piattaforma punta a sviluppare traffici sulle tratte Taranto-Genova-Rivalta e Taranto-Ravenna-Rubiera. Opererà in collegamento con le altre piattaforme del gruppo ma anche con Rete Ferroviaria Italiana e altri operatori di trasporto.
La strada dei moli costerà 43,669 milioni e collegherà tutti i moli del porto raccordandoli alla viabilità nazionale. È l'unico intervento appaltato. Grandi Lavori Fincosit, invece, realizzerà le opere a mare. L'ampliamento del quarto sporgente (81,288 milioni) prevede che l'area passi da 80 a 220 metri realizzando una banchina nuova con fondali di 12 metri. L'area retrostante sarà riempita per ricavare piazzali operativi. Per la nuova darsena ad ovest del quarto sporgente, è invece prevista una spesa di 14,667 milioni, mentre la vasca per i fanghi di dragaggio costerà 29,395 milioni.
L'altro grosso investimento infrastrutturale nel porto riguarda l'adeguamento del terminal container dove é insediata Evergreen, ma qui le opere non sono partite. Era sulla rampa di lancio l'adeguamento della banchina del molo polisettoriale, l'appalto era stato aggiudicato per 64 milioni di euro ad un consorzio di imprese, quando un ricorso al Tar di Lecce ha bloccato tutto. Aggiornata pure l'udienza al Tar chiamato ora a pronunciarsi il 2 aprile.(Sole24h)

mercoledì 26 marzo 2014

Troppo avvelenato il clima di Taranto per svolgerevi il processo!

I riva boys gongolano per il bidone dell'arcivescovo!

In tutto questo articolo semidemenziale per la costruzione pro-Riva della vicenda, sottolineamo (in grassetto in fondo) la grande battuta conclusiva. Una sintesi felice di realtà e macchinazione contro la giustizia espressa dalla frase: "E alla prima udienza gli avvocati di Riva potrebbero chiedere il trasferimento del giudizio in altra cittá. Troppo avvelenato e teso, per loro, il clima di Taranto per consentire un regolare ed equilibrato svolgimento del processo."
Chissà chi l'ha avvelenato!


Ilva, il vescovo frena gli ambientalisti: non sarò al vostro corteo

L'annuncio era stato dato con enfasi: l'arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, sará in testa al corteo degli ambientalisti il prossimo 6 aprile ed é favorevole alla chiusura dell'area a caldo dell'Ilva. Ma l'annuncio, fatto dagli organizzatori della manifestazione, si é in realtá rivelato una forzatura, anzi del tutto infondato, e la stessa diocesi, con una nota, ha rimesso subito in chiaro le cose. Santoro interverrá al convegno degli ambientalisti che si terrá il giorno prima della marcia ma non parteciperá al corteo.
In quanto all'area a caldo, il vescovo non si é mai espresso in termini cosí netti ma ha sempre chiesto investimenti e tecnologie in grado di ridurre le emissioni inquinanti.
Si sono piú volte parlati, in questi mesi, vescovo e ambientalisti. Il vescovo ha anche voluto che un loro rappresentante intervenisse al convegno da lui promosso a novembre scorso con i ministri Orlando e Lorenzin. In una cittá che resta divisa sulle sorti dell'acciaieria (meglio chiuderla perché continuerá ad inquinare o provare a risanarla e rilanciarla?), Santoro prova a unire, spronando Governo e azienda a darsi da fare, ma la strada é in salita e alle difficoltá oggettive ora si aggiunge il tentativo di alcuni di condurlo su posizioni radicali. Che peró il vescovo stoppa subito. "Rincresce precisare che l'organizzazione abbia data per certa la presenza di monsignor Santoro al corteo del 6 aprile, prima ancora che lo stesso Santoro sciogliesse il riserbo in merito alla pertinenza della sua partecipazione" precisa la diocesi in una nota. E aggiunge: "Il luogo adeguato per manifestare la sua posizione è il convegno e lì il vescovo ci sarà, esponendo le ragioni della sua presenza, mentre non parteciperà al corteo del 6 aprile".
Sull'Ilva, poi, viene ricordato come il vescovo di Taranto abbia "più volte chiesto interventi precisi e immediati per dare risposte alla popolazione, cominciando dalla copertura dei parchi minerali". Allo stesso tempo, si sottolinea, Santoro "ha chiesto di intervenire nel campo dell'innovazione tecnologica per trasformare il processo produttivo tramite l'adozione delle migliori tecnologie esistenti che consentirebbero di eliminare le cokerie e l'agglomerato" e di impiegare "tutte le risorse necessarie per tutelare la salute dei lavoratori".

La linea del vescovo sta dunque nell'equilibrio tra salute, ambiente e lavoro, che é poi anche la linea tracciata dalle tre leggi varate sull'Ilva nell'ultimo anno e mezzo, nonché alla base del piano ambientale, approvato nei giorni scorsi dal Governo, e di quello industriale che dovrebbe essere pronto a metá aprile. E quando parla di eliminare cokerie e agglomerato con le tecnologie migliori, il vescovo sembra propendere piú per la sperimentazione che l'Ilva sta facendo - l'uso del preridotto di ferro e del gas al posto, rispettivamente, dell'agglomerato di minerali e del carbon coke - che per la chiusura tout court dell'intera area a caldo che comprende anche gli altiforni. Ma il mondo ambientalista tarantino si ritrova su questa linea solo in parte avendo altre organizzazioni scelto posizioni piú oltranziste. Come quella, per esempio, di chiedere all'Unione Europea di aprire ufficialmente la procedura di infrazione contro l'Italia per le violazioni ambientali dell'Ilva, procedura per ora solo annunciata.
Ed é in questo clima che arriva la manifestazione del 6 aprile con un corteo che si concluderá proprio davanti all'Ilva per ricordare quello del 7 aprile 2013, quando fu indetta un'altra mobilitazione per chiedere due cose: alla Corte Costituzionale di dichiarare incostituzionale la legge sull'Ilva, la 231 del 2012, cosí come avevano chiesto i magistrati di Taranto; e ai tarantini di votare sì alla chiusura dello stabilimento (totale o dell'area a caldo) nel referendum consultivo cittadino che si sarebbe svolto una settimana dopo. Ma la Consulta si espresse diversamente: il 9 aprile bocció la tesi dei giudici e disse che la legge era nel solco della Costituzione. Mentre il 14 aprile il referendum si rivelò un flop perchè non raggiunse neppure il quorum.
Un anno dopo, quindi, la protesta si riaccende. Nel frattempo, le leggi sull'Ilva sono diventate tre, lo sforzo di risanare il siderurgico, pur fra mille problemi, soprattutto finanziari, è in atto, e c'é un processo, quello per disastro ambientale, che é ai nastri di partenza. Il 19 giugno il giudice per l'udienza preliminare Wilma Gilli avvierá infatti il procedimento che la porterá a decidere sulle 53 richieste di rinvio a giudizio avanzate recentemente dalla Procura nei confronti delle persone e delle societá coinvolte nell'inchiesta. E alla prima udienza gli avvocati di Riva potrebbero chiedere il trasferimento del giudizio in altra cittá. Troppo avvelenato e teso, per loro, il clima di Taranto per consentire un regolare ed equilibrato svolgimento del processo. (Sole24h)

Troppa ilva provoca autismo? Il segreto di pulcinella

“Esiste una correlazione tra l’autismo e l’inquinamento ambientale. Il vaccino puo’ diventare pericoloso in alcuni casi specifici, ma non c’e’ nesso causa effetto, sui bimbi predisposti e intossicati fin dalla gestazione dai metalli pesanti. Il siero quindi potrebbe fungere solo da scintilla per l’autismo. Non si spiegherebbe altrimenti l’aumento delle patologie del neurosviluppo (autismo, deficit attentivi, dislessia, discalculia) nella popolazione che risiede nelle zone piu’ inquinate”. A dirlo all’Adnkronos Salute e’ Maurizio Proietti, specialista in malattie del neurosviluppo e componente dell’Isde Italia, Associazione medici per l’ambiente. Proietti prende le distanze dal caso esploso in questi giorni sul presunto legame tra vaccini e autismo. Una vicenda nata dopo la decisione dalla Procura di Trani di aprire un’indagine contro ignoti per lesioni colpose gravissime, al fine di accertare un nesso di causalita’ tra la somministrazione del vaccino pediatrico trivalente contro il morbillo, la parotite e la rosolia e l’insorgenza di autismo e diabete mellito. “Su questo tema non deve esserci una divisione Guelfi-Ghibellini – dice l’esperto – il vaccino non causa l’autismo, anzi e’ stato fondamentale e lo e’ tuttora per prevenire numerose malattie. Ma oggi occorre porsi delle domande sul carico vaccinale a cui sono sottoposti i bimbi”. ”Da anni seguo tantissimi casi di bambini autistici e nel prossimo Congresso nazionale sulle patologie ambientali, in programma a Sulmona dall’11 al 12 aprile – aggiunge – il mio intervento vertera’ sull’esperienza e i dati osservazionali raccolti sul legame tra autismo e inquinamento da metalli pesanti (mercurio, alluminio e piombo). Si e’ visto come una volta messi a dieta i piccoli, senza glutine e glutammato, i bambini hanno avuto dei miglioramenti. Questo perche’ – precisa – c’e’ stato un intervento salutare sulle problematiche intestinali, di cui soffrono, riducendo il carico di citotossine frutto di un’alimentazione contaminata da metalli pesanti”. “In Usa sempre piu’ ricerche si stanno occupando dei rischi genetici legati all’inquinamento ambientale – suggerisce Proietti, anche componente della commissione delle patologie ambientali dell’Omceo L’Aquila – ma lo fanno anche scienziati italiani come Rosita Gabbianelli dell’Universita’ di Camerino che da oltre 15 anni lavora sul legame tra pesticidi e Parkinson. E’ chiaro – continua – che anche per quanto riguarda l’autismo servono piu’ ricerche e studi epidemiologici. Ma dai dati che cominciano ad emergere, ad esempio dalla Terra dei fuochi o dalla zona dell’Ilva di Taranto, emerge chiaramente che sono in aumento le patologie del neurosviluppo”. Il Congresso nazionale sulle patologie ambientali e’ organizzato da Omceo L’Aquila con il supporto della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri e progettato in collaborazione con Alba Auxilia. L’obiettivo e’ di creare interdisciplinarita’ tra i tanti interlocutori interessati: specialisti con competenze ecologiche, biologiche e cliniche. Cosi’ da comprendere il ruolo dei diversi contaminanti negli alimenti e le patologie correlate alle sostanze xenobiotiche, ovvero di origine naturale o sintetica, ma comunque estranee all’organismo. (Meteoweb)

Ma quanto sono zuccherosi!

Riportiamo questo comunicato stampa ilva per registrare il cambiamento di stile nella nuova versione statalpolitica.
Il cerchiobottismo sfacciato e falso che sa di cetriolo lubrificato ha preso il posto della vecchia parola del padrone.
Poveri noi...

ILVA: REPENTINA RISOLUZIONE DEL GUASTO ALLA CENTRALE ELETTRICA
RIPRESA LA FUNZIONALITÀ DEGLI ALTIFORNI 2‐4‐5 MASSIMA ATTENZIONE ALLA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE E DEL LAVORO
 

Taranto, 26 marzo 2014 – ILVA comunica che nelle prime ore di oggi (01:30)  è stato completamente  riparato il guasto a un gruppo della centrale elettrica situata all’interno dello st abilimento di Taranto. Il  gruppo  termoelettrico  è  quindi  rientrato  in  parallelo  riprendendo  cosi  l’er ogazione  di  energia.  Il  m alfunzionamento, che si era verificato nelle prime ore della mattina di domenica 23 marzo 2014, è stato quindi risolto in circa 68 ore.
In questo modo AFO2, AFO4 e AFO5 ritornano ora alla normale produzione e con seguenzialmente è stato avviato il riassorbimento di tutti gli addetti interessati dal fermo temporaneo d eciso per salvaguardare l’ambiente dai Commissari Straord nari di ILVA: da stamattina hanno ripreso a la vorare circa 100 persone mentre le rimanenti 125 circa ritorneranno in servizio al massimo entro il prossimo venerdì 29 marzo. 
"L'inconveniente  tecnico  alla  centrale  elettrica  aveva  determinato  ‐  ha  osservato  Edo  Ronchi,  Sub  Commissario ILVA ‐ una riduzione del consumo nella centrale del gas prodotto  dagli altiforni. Anziché  bruciare   il  gas   in   eccesso   nelle   torce,   la  gestione  commissariale,   per   cautela   ambientale,   ha  immediatamente proceduto a ridu ne la produzione fermando a turno i tre altifor ni. Mi pare sia anche da segnalare la rapidità dell'intervento che ha consentito di tornare alla normalità produttiva".
La repentina riparazione del guasto è un segno evidente del percorso virtuos o avviato dalla gestione commissariale di ILVA: al verificarsi dell'inconveniente tecnico sono stati infatti fermati  temporaneamente gli impianti interessati avviando contestualmente il ripristino della piena efficienza energetica. Così in meno  di tre giorni è stato possibile riprendere  la produzione, avviare il riassorbimento  della forza lavoro e salvaguardare l'ambiente. (Ilva)

Medici ambiente e ragazzi



martedì 25 marzo 2014

Parliamone!

L'UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'INSUBRIA 
CON IL PATROCINIO DELLA CITTA' DI BUSTO ARSIZIO (VARESE)
DELL' I.S.D.E.

ORGANIZZA UN MEETING:
L’IMPATTO DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO SULLA SALUTE 
Sabato: 17 maggio 2014 
Sede: Sala Tramogge, Molini Marzoli Massari, via Molino 2 (ang. v. Cadorna) - Busto Varese (VA) 
SESSIONE 1. Inquinamento atmosferico e patologie 
  1. Effetti a breve e a lungo termine dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana. Paolo Crosignani, Unità di Epidemiologia Ambientale e Registro Tumori, Milano
  2. Gli effetti tossici delle emissioni industriali sulla salute umana: il caso Taranto. Agostino di Ciaula, ISDE, Bisceglie, (Bari)
  3. Inquinamento atmosferico e patologie a Taranto: quale approccio per la ricerca della correlazione? Daniela Spera, Associazione “Legamjonici”, Taranto
SESSIONE 2. La ricerca 
  1. Modelli animali per lo studio delle esposizioni al benzene. Fiorella Belpoggi, Bologna. 
  2. Gli effetti del benzene e dei metalli pesanti sulla metilazione del DNA e le modificazioni istoniche. Ian Marc Bonapace, Università dell’Insubria, Busto Arsizio (Varese)
  3. Riflessioni sulla teoria dell'origine embriofetale delle malattie: obesità, autismo, tumori infantili. Ernesto Burgio, Presidente del comitato scientifico dell’ISDE, Palermo. 
  
Direttore scientifico: Dott. Ian Marc Bonapace 
Comitato scientifico: Ian Marc Bonapace, Gabriella Fanali, Mauro Fasano 
Segreteria organizzativa: afi@afinsubria.org

Si prepara la sfilata dei vip e dei leccavip

Ilva, il 19 giugno Vendola in aula con altri 52 imputati

E' stato fissato per il 19 giugno prossimo l’inizio dell’udienza preliminare legata all’inchiesta sull'Ilva chiamata 'Ambiente svendutò, a carico di 50 imputati e tre società: Ilva, Riva Fire (la capogruppo) e Riva Forni Elettrici. Tra i destinatari delle richieste di rinvio a giudizio ci sono gli ex vertici dell’Ilva, Emilio Riva e i figli Fabio e Nicola, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (che dovrà rispondere di concussione), il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, l’attuale assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, l’ex assessore regionale e deputato di Sel, Nicola Fratoianni.
L'indagine, avviata nel 2009, è culminata il 26 luglio del 2012 nei primi arresti e nel sequestro senza facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo del Siderurgico. A 11 indagati la procura contesta il reato di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale e contro la pubblica amministrazione, nonchè l’avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Tra le imputazioni, c'è anche quella di omicidio colposo per due morti bianche avvenute nello stabilimento tarantino.
L’udienza preliminare dovrebbe svolgersi nella palestra della caserma dei vigili del fuoco. (GdM)

lunedì 24 marzo 2014

Ilva Taranto: riacceso l'altoforno più grande d'Europa

Ieri l'improvviso fermo dell'Afo5 a causa di un guasto alla centrale elettrica gestita dalla Taranto Energia. Oggi il suo riavvio. Ma i polmoni de* tarantin* non ne hanno sentito la mancanza....

(ANSA) - TARANTO, 24 MAR - Dopo meno di 24 ore, tempo massimo previsto per il fermo tecnico, l'Ilva ha riavviato l'Altoforno 5, il più grande d'Europa, la cui produzione era stata congelata a causa di un guasto alla centrale elettrica interna, gestita dalla società 'Taranto Energia'. L'azienda ha fermato, sempre in via temporanea, l'altoforno 4 e il Treno nastri 1. La squadra di manutenzione sta ripristinando la turbina della centrale che trasforma in energia il gas prodotto dagli altiforni e dalle cokerie.

Un guasto alla centrale elettrica blocca parte dell'attività dell'Ilva. Il colosso siderurgico a Taranto ha riavviato questa mattina l'alfoforno 5, il più grande d'Europa, dopo uno stop di quasi 24 ore e ha fermato invece l'altoforno 4. La prosecuzione della fermata si rende necessaria a causa del guasto verificatosi ieri alla centrale elettrica del siderurgico che non consente attualmente di lavorare, trasformandola in energia, tutta la quantità di gas prodotta dagli altiforni e dalle cokerie.
L'altoforno 5 era stato fermato ieri. Anche lo stop dell'altoforno 4 sarà temporaneo, probabilmente sino a domattina. Tra le ipotesi al vaglio c'è quella di fermare per qualche ora anche l'altoforno 2. Tutto dipenderà dai tempi necessari a riparare il guasto alla centrale. Rimarrà invece fermo una settimana il Treno nastri 1, uno degli impianti dell'area a freddo che per il suo funzionamento utilizza l'energia prodotta dalla centrale.
Il guasto verificatosi alla centrale elettrica dell'Ilva di Taranto provoca anche 225 esuberi temporanei tra le due acciaierie e il Treno nastri 1. Lo ha comunicato stamattina l'azienda che ha incontrato i sindacati metalmeccanici. I lavoratori interessati ricorreranno ai contratti di solidarietà già in uso nello stabilimento. Ieri l'Ilva ha dovuto fermare per il guasto sia l'altoforno 5 che il Treno Nastri 1 e stamattina, ripartito il 5, ha dovuto fermare l'altoforno 4. In entrambi i casi si tratta di fermate temporanee.
(RepBA)

giovedì 20 marzo 2014

"Taranto Evolution", il film e' online

E' un filmato di denuncia molto bello da vedere che racconta Taranto con il linguaggio delle immagini. Ha una forte carica evocativa e ed emozionale; data l'assenza di testi e voce, e' capace di trasmettere in modo universale l'indignazione contro il disastro ambientale e il desiderio di scegliere di un futuro diverso per i giovani.
Buona visione!


Quattro mosse per... lo scacco matto!

Che buontemponi gli amici stampatori di confindustria!
Sempre "maledettamente" ottimisti!

All'Ilva un piano in quattro mosse per il rilancio industriale. Il governo studia una norma per favorire l'accesso al credito

Il Dpcm che recepirà e ufficializzerà il nuovo piano industriale dell'Ilva potrebbe contenere una norma che favorisce l'apertura di linee di credito verso l'azienda chiamata a far fronte agli impegni dell'Aia e del rilancio industriale. È ipotesi che Palazzo Chigi sta approfondendo. Se ne è parlato nell'incontro che il commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, il sub commissario, Edo Ronchi, hanno avuto l'altra sera con il sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio.
La necessità di tenere insieme nel Dpcm accesso ai finanziamenti e piano industriale nasce dal fatto che l'Ilva è in una situazione molto pesante sotto il profilo della liquidità. Gli stipendi ultimi agli 11mila diretti di Taranto sono stati saldati, ma non ci sono i soldi per pagare l'indotto – tant'è che oltre una decina di imprese, segnalano i sindacati, non stanno a loro volta pagando gli stipendi – e, soprattutto, i diversi cantieri dell'Autorizzazione integrata ambientale ormai pronti a partire.
Nella relazione ottobre-dicembre 2013, resa nota all'inizio del mese, Bondi ha annunciato in questo primo trimestre investimenti per altri 300 milioni, di cui 170 solo per le opere di risanamento ambientale. Trecento milioni di euro che si aggiungono ai 506 di consuntivo, tra spesi e impegnati, di cui 356 riferiti alla gestione dei commissari cominciata a giugno scorso. Questi soldi che ora necessitano dovrebbero venire dall'aumento di capitale, stando al disposto della legge 6 del 6 febbraio scorso, Ilva-Terra dei Fuochi, ma l'aumento di capitale in primo luogo non può partire se non è ufficiale il piano industriale, e poi ha bisogno di alcuni mesi per poter essere effettuato. La legge, infatti, prevede che il commissario chieda prima alla proprietà dei Riva di sottoscrivere l'aumento di capitale, poi, in caso di loro rifiuto, a investitori terzi, e infine lo sblocco del miliardo e 900 milioni di euro sequestrato ai Riva dalla Magistratura di Milano se le prime due strade si rivelassero impraticabili.
Si tratta di un meccanismo complesso che non si concilia con l'esigenza di liquidità immediata dell'Ilva. Ecco perciò l'ipotesi del prestito ponte da 500 milioni da garantire all'Ilva con garanzia pubblica di Cassa Depositi e Prestiti o Sace, a cui adesso un ulteriore «aiuto» verrebbe col Dpcm che dà il via libera al piano industriale (in pratica, la stessa procedura del piano ambientale). Sul fronte industriale l'Ilva è già al lavoro, il piano sarà strutturato sostanzialmente in quattro parti: Aia, innovazione, assetto di marcia dello stabilimento con i cantieri in attività, piano finanziario. I grandi numeri restano sostanzialmente confermati, ovvero 3 miliardi di euro, di cui 1,8 per Aia e 1,2 per innovazione, così come restano confermati l'uso progressivo del preridotto di ferro e del gas in alternativa, nelle acciaierie e negli altiforni, all'agglomerato di minerali e al carbon coke, il recupero delle quote di mercato perse, il miglioramento della qualità dei prodotti, l'eliminazione di tutti gli inconvenienti, frutto di scarsa manutenzione del passato, che oggi incidono sulla piena efficienza degli impianti.
Sulle opere ambientali, infine, il ministero ha deciso di unificare la conferenza di servizi ai fini della Valutazione di impatto ambientale sulla copertura del parco minerali e del parco carbone. Mentre per il parco minerali la procedura è già cominciata, per il parco carbone, invece, il relativo progetto è stato presentato nei giorni scorsi dopo che sono stati sciolti i nodi relativi al pericolo di autocombustione. Nel parco carbone si useranno infatti delle nuove macchine e lo stesso materiale sarà disposto diversamente in modo da consentire l'accesso dei mezzi anticendio in caso di emergenza. (sole24h)

Righe di storia?

Il caso Ilva: se ne parla in un seminario all'università

Industria e salute: il caso dell’Ilva di Taranto sta scrivendo la storia.
immagine Nel gennaio 2012 il fondatore del gruppo Emilio Riva, il figlio Nicola, Luigi Capogrosso direttore dello stabilimento, Ivan Di Maggio, dirigente capo area del reparto cokerie, e Angelo Cavallo, capo area del reparto agglomerato, vengono indagati con l’accusa di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.
In questo inquietante ambito giudiziario presso la Procura della Repubblica di Taranto sono depositate due perizie in cui si legge che l’Ilva ha emesso nell’aria in modo incontrollato quantità considerevoli di sostanze dannose all’organismo e all’ecosistema, riconosciute altamente cancerogene, tanto da provocare un totale di 11.550 morti per cause cardiovascolari e respiratorie e un totale di 26.999 ricoveri per cause cardiache, respiratorie e cerebrovascolari.
Da questo scottante caso di cronaca prende spunto il seminario di approfondimento dal titolo “Sindacato di legittimità costituzionale e rapporti tra poteri”, in programma presso la sede universitaria di via Angeloni venerdì 21 marzo alle ore 15.
Interverranno: Luca Butini, presidente della Fondazione Angelo Colocci, il promotore dell’evento Roberto Acquaroli (Università di Macerata), Carlo Piergallini (Università di Macerata), Roberto Bin (Università di Ferrara), Giandomenico Dodaro (Università Milano Bicocca) e Patrizia Tullini (Università di Bologna). Info: www.fondazionecolocci.it

da Fondazione Colocci www.fondazionecolocci.it

Caso Ilva. Storia di uno stato che avvelena e di cittadini che si ribellano

Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, su cui la Procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio per concussione. I sindacati, simbolo della difesa dei lavoratori hanno fatto spallucce. Un Ministro dell’Ambiente, l’allora Stefania Prestigiacomo, che delle denunce fatte dai NOE nel 2011 ha preferito l’omertà. Ultimo anello di questo disastro ambientale è quello dei Riva che in nome del dio denaro hanno svenduto una città, falciandola con mortalità e malattie. Eppure Taranto non si arrende: «Le nostre paure sono intuibili però la paura si trasforma in coraggio. Taranto vuole cambiare e sta cambiando» ci dicono con speranza i cittadini.

mercoledì 19 marzo 2014

Solidarietà e lavoro!

SABATO 22 MARZO CORTEO AI TAMBURI PER IL LAVORO - Invitiamo tutti ad esserci: disoccupati, lavoratori, abitanti del quartiere, comitati, associazioni e movimenti di lotta. APRIAMO LA BATTAGLIA PER SALUTE E LAVORO A TAMBURI (Tarantocontro)

martedì 18 marzo 2014

Gli intellettuali con la maschera e gli attori senza: grande Michele!

In risposta all'Amaca di Michele Serra apparsa su La Repubblica del 12-03-2014 (vedi il nostro post).

Gentile Michele Serra, sono anni che la seguo. Mi piace il suo modo di scrivere, la sua ironia, il sarcasmo che spesso usa per descrivere paradossi e contraddizioni; ammiro molto la sua capacità di ridurre in pochissime battute ciò che pensa delle tragicommedie italiane. Consideri che la sua "amaca" è il primo pezzo de La Repubblica che leggo ogni giorno, da diversi anni a questa parte. Non posso fare a meno di notare tuttavia quanto poco lei sappia della questione ambientale a Taranto, e Il 3 (o forse il 4) agosto di due anni fa ne ebbi la prima conferma. Nell' "amaca" di quel giorno lei sosteneva che un gruppo di facinorosi ultrà aveva interrotto in modo violento e antidemocratico un comizio dei sindacati che, riunitisi in piazza della Vittoria, intendevano parlare ai lavoratori; quegli stessi lavoratori che stavano vivendo i primi momenti di tensione tra la dirigenza Ilva e la Procura di Taranto. Disse che non si poteva dar credito ad un gruppo di violenti che intendevano imporre la propria voce su quella di chi, per statuto, era delegato a parlare. Gentilissimo Signor Serra, lei ignorava che tra quei facinorosi c'erano liberi cittadini, studenti, medici, malati e anche operai. Si fece ingannare dai loro modi, perché evidentemente non sapeva che una delegazione di quei cittadini e lavoratori liberi e pensanti aveva chiesto in maniera del tutto democratica di poter parlare da quel palco. Quei "facinorosi" volevano confrontarsi con le tre sigle sindacali che, nel corso degli anni, nulla avevano fatto per difendere i loro diritti: come risposta ottennero un categorico rifiuto. L'occupazione di quella piazza fu un atto spontaneo e, se permette, anche dovuto; non ci fu violenza e i segretari confederali preferirono la fuga al confronto.

Da allora, quei cittadini e quei lavoratori hanno cominciato un percorso di lotta non violento che chiaramente non è stato mai preso sul serio; ma si sa: in Italia se non volano sanpietrini o molotov, se non si provoca nessuna carica della polizia, è difficile che qualcuno si impegni a dar voce al dissenso. Oggi, leggendo la sua "amaca" (questa volta non più come primo pezzo della giornata), scopro che lei poco sa anche di Antonia Battaglia, donna tarantina impegnata in politica e nella difesa dei diritti fondamentali, quelli legati all'esistenza e alla possibilità di respirare aria invece che diossina. Lei le dà della ottusa pacifista e le addossa la responsabilità di frantumare quel poco di sinistra che è rimasto nel Paese e nel nascente movimento europeo di Tsipras. Ci tengo a farle notare che gli atti della signora Battaglia seguono esclusivamente la logica della coerenza; questa donna, infatti, rappresenta una collettività che proprio nel suo impegno politico ripone le ultime speranze. È, fuori d'ogni dubbio, impossibile, come la stessa Battaglia afferma, sedersi accanto a chi fino ad oggi ha rifiutato ogni tipo di responsabilità nella questione ambientale a Taranto; a chi ha deriso un giornalista che, nell'esercizio della sua funzione, si è visto strappare di mano il microfono da un alto dirigente Ilva; a chi non ha minimamente provato vergogna e, al contrario, ha sentito il bisogno di alzare la cornetta del telefono per congratularsi con l'autore di un gesto del genere, quello sì antidemocratico. Quello che lei rimprovera alla signora Antonia Battaglia è per me e per i miei concittadini solo ed esclusivamente motivo di orgoglio; Antonia sa che prima di tutto deve rendere conto al popolo che rappresenta, sa di credere nel proprio lavoro; e nella propria ferma volontà di risolvere un dramma che fa registrare giorno dopo giorno nuovi casi di tumori e leucemie. Chiudo questo breve appunto invitandola a visitare la mia città, magari il primo maggio "festa" dei lavoratori, e a constatare di persona che aria vi si respira e a incontrare, una volta per tutte, la rabbia di chi si sente impotente e ignorato da una sinistra che fa della giustizia sociale soltanto una bandiera sbiadita dietro cui nascondersi.

Michele Riondino - cittadino e lavoratore libero e pensante - 15 marzo 2014

Il mistero dei fondi per i restauri: 5 milioni per cosa?

Lo scorso 6 marzo il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo (MIBACT) ha diramato questo comunicato stampa sul suo sito ufficiale:

FRANCESCHINI: DA MIBACT 135 MILIONI PER IL MEZZOGIORNO
Immediatamente cantierabili 46 interventi in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia

Il MiBACT ha firmato il decreto che autorizza 46 nuovi interventi di restauro nelle regioni dell’Obiettivo convergenza: Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Il valore complessivo degli interventi, tutti immediatamente cantierabili, è di oltre 135 milioni di euro. Essi si aggiungono agli 87 interventi già finanziati a settembre 2013 per 222 milioni di euro, con procedure in corso di attuazione.
“Si tratta della più importante azione realizzata negli ultimi anni sul patrimonio culturale del Mezzogiorno d’Italia” dichiara il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, che sottolinea come: “questa operazione si inserisce nell’ambito del programma comunitario ‘Grandi attrattori culturali’ coordinato dal MiBACT in stretta collaborazione con la Presidenza del Consiglio – Uffici per la coesione territoriale - ed è il frutto di un’intensa azione congiunta e condivisa con le Regioni.”
Per la Campania sono in programma interventi per un valore complessivo di 43,1 milioni di euro. Gli interventi programmati nel territorio campano interessano la Reggia di Caserta, il sito reale di Carditello, Villa Campolieto, l’abbazia di Montevergine e il castello di Francolise.
Per la Calabria sono in programma interventi per un valore complessivo di 26,8 milioni di euro. Gli interventi programmati nel territorio calabrese sono 14 e interessano il Castello Svevo di Rocca Imperiale, il parco archeologico urbano di Vibo Valentia, il Castello di Oriolo, il Castello Carafa di Roccelletta Ionica, il Castello di Palizzi, i Fortini di Pentimele, il Complesso monumentale Sant’Agostino di Cosenza, il Santuario di San Francesco di Paola, la chiesa di San Giovanni Therestis, il completamento del Museo della civiltà contadina di Salina di Lungro, il recupero dei ruderi di Cirella e interventi per il borgo di Gerace e per i centri storici di Catanzaro e Cosenza. 
Per la Puglia sono in programma interventi per un valore complessivo di 31,8 milioni di euro. Gli interventi programmati nel territorio pugliese interessano: il Museo contemporaneo dell’Audiovisivo di Bari, il recupero delle Mura Urbiche di Lecce, della Torre Matta di Taranto, delle storiche grotte di Tricase e dell’area destinata a Focara di Novoli, interventi per l’ipogeo di San Sebastiano di Galatone e per il Castello di Gallipoli, interventi di valorizzazione per il Polo di Taranto e per il Complesso dello Spirito Santo di Lecce, il recupero dell’ex Convento di Santa Maria a Vieste, del Teatro di Apollo a Lecce, dello scavo archeologico di Porto Badisco a Otranto e del Palazzo baronale di Novoli.
Per la Sicilia sono in programma interventi per un valore complessivo di 33,7 milioni di euro. Gli interventi programmati nel territorio siciliano interessano il Polo museale di Siracusa (nello specifico la Galleria di Palazzo Bellomo, il Museo archeologico Paolo Orsi e l’area archeologica della Neapolis e dell’orecchio di Dioniso), il Polo museale di Ragusa (nello specifico le aree archeologiche di Parco Forza, Cava d’Ispica e il Museo Archeologico di Camarina), il Polo museale di Trapani (nello specifico il Museo regionale agostino Palazzo Pepoli, l’area archeologica di Segesta e il Museo Archeologico Baglio Anselmi) e interventi di completamento e valorizzazione dell’Area archeologica del Bosco  Littorio di Gela.
In allegato  il testo del decreto e l’elenco completo degli interventi.
Roma, 6 marzo 2014 - Ufficio Stampa MiBACT - 06-67232261/2

Redattore: RENZO DE SIMONE
Documentazione:
Allegato
(documento in formato pdf, peso 1953 Kb, data ultimo aggiornamento: 06 marzo 2014 )

Il primo dubbio riguarda l'esistenza di una "Torre Matta" a Taranto. Dalla lettura del decreto allegato al comunicato stampa non risulta alcuna "Torre Matta" mentre si parla della "Valorizzazione archeologica e complesso di S. Maria della Giustizia" per 5.000.000 di euro su fondi MIBACT per un non meglio precisato "Polo di Taranto - Taranto".


La "Torre Matta", come si vede nell'immagine 


è invece evidentemente ad Otranto e sarà finanziata con 400.000 euro di fondi regionali, come si legge nel decreto




Balza subito agli occhi, con un po' di rammarico, l'inadeguatezza del redattore del comunicato stampa, che con il suo lapsus freudiano pare sottolineare la distanza di Taranto dagli interessi Ministeriali, già ben evidente nella sproporzione con i finanziamenti destinati ad altre realtà della stessa regione.

Leggendo bene la voce, non si capisce se la "e" sia dovuta ad un altro errore di trascrizione da frasi tipo: "Valorizzazione archeologica del complesso di S. Maria della Giustizia" oppure alla perdita di una parte di frase tipo "Valorizzazione archeologica (di qualcosa che manca) e del complesso di S. Maria della Giustizia".
Forse intendono dire che a Taranto questi soldi andranno ad una generica "valorizzazione archeologica" (che in se non vuol dire nulla senza un oggetto di questa valorizzazione). Oppure che "archeologica" qui sta per "Archeologia", intendendo che si valorizzeranno le aree archeologiche, le collezioni museali, le ricognizioni preventive, il territorio in genere dal punto di vista archeologico?
Non è dato saperlo.
Altro elemento assolutamente oscuro è questo famigerato "Polo di Taranto" cui andrebbero indirizzati questi fondi. Di cosa si tratta?
Aspettiamo nuovi dati per uscire dall'oscurità, d'altronde Taranto è città greca per plurimillenaria fondazione e un linguaggio sibillino sembra persino coerente con le sue radici...

Superata l'interdizione per l'incapacità comunicativa mostrata persino nei documenti ufficiali dal Ministero che più dovrebbe essere vicino alla Cultura (non immaginiamo come potrebbero essere i decreti del Ministero delle infrastrutture!), quello che però sorprende di questa vicenda è il cambio di destinazione e di ammontare del finanziamento per Taranto, dalla prima formulazione alla seconda.
Se si va a leggere il Decreto di approvazione degli interventi a valere sulle risorse dei fondi strutturali 2007-2013 del Programma Operativo Interregionale “Attrattori culturali naturali e turismo” (POIn) e fondi del “Piano di Azione Coesione” (PAC) aggiornamento n.2 “Valorizzazione delle aree di attrazione culturale”, emesso dal MIBACT il 2 agosto 2013 (scaricabile qui), risulta che per Taranto era previsto il "Recupero dell'ex-convento di S. Antonio" (l'ex carcere vicino alla villa Peripato, ora sede di uffici e depositi delle soprintendenze.
La cifra stanziata era di 6.000.000 di euro, più 300.000 dai fondi del PAC.


Non sappiamo cosa sia successo nell'arco dei sette mesi che intercorre tra i due decreti, ma possiamo formulare alcune considerazioni:
  1. in attesa di capire cosa sia questa "valorizzazione archeologica" ci sfugge il senso dell'investimento di così tanti soldi preziosi nella sistemazione di un sito come quello di S. Maria della Giustizia, già quasi completamente restaurato dal punto di vista architettonico. Nonostante la bellezza e il valore di questo luogo pieno di fascino medievale e moderno, non si può non notare che la sua localizzazione tra i miasmi soffocanti dell'area industriale e soprattutto della raffineria, lo rendono impraticabile a tempo pieno. In origine destinato ad uffici per la stessa Soprintendenza, è stato poi abbandonato perché è di fatto impossibile lavorare in un luogo reso letale dai vapori solforici e solfidrici, fonte di irritazioni e cattivi odori persistenti (come si può dedurre dalle foto).
     


  2. L'area di S. Maria della Giustizia insieme con il recupero della masseria Montello e torre è stata già anche oggetto di accordi con l'ENI stessa come contropartita (mai rispettata) per il raddoppio della produzione. In particolare era prevista la sistemazione a verde dell'area circostante la Chiesa di Santa Maria della Giustizia
    - completamento filare di cipressi posto al perimetro dell'area;
    - potatura e sagomatura delle piante esistenti;
    - messa a dimora di tappeto erboso e posa in opera di impianto irrigazione;
    - pulizia e livellamento delle aree interne al complesso monastico;
    - messa a dimora di giardini tematici (piante tipiche della simbologia e della tradizione monastica) e ricostruzione di un hortus conclusus con l'impiego di piante officinali. (si veda in proposito la documentazione
    scaricabile da qui e l'articolo critico pubblicato a tal proposito su Tarantoggi, riportato su questo blog)
  3. Anche se, grazie al valido contributo volontario di alcune cooperative di archeologi, nei mesi scorsi il complesso è stato finalmente riaperto per pochi giorni alle visite, va detto che si tratta comunque di un sito lontanissimo dalla città e irraggiungibile da chi è sprovvisto di automobile privata (condizione che esclude non solo tanti locali, ma anche tantissimi turisti). In verità anche in auto è difficilmente avvicinabile stante la necessità di parcheggiare nel parcheggio ENI posto dall'altro lato della statale jonica (con evidente rischio altissimo per l'incolumità di chi attraversa la 106). Investire fondi in questo complesso, dunque, difficilmente potrebbe dare il ritorno di immagine e di indotto economico che ci si aspetterebbe da tutti quei milioni, se investiti in aree più nevralgiche e bisognose.
  4. A questo proposito, il convento di S. Antonio proposto in prima battuta, e per il quale si prevedevano anche 1.300.000 euro in più, ci era sembrato quantomeno più rilevante e appropriato, trattandosi di un rarissimo complesso conventuale che attesta l'architettura pugliese del Quattrocento, poi devastato dall'adattamento a carcere prima e uffici poi. La sua posizione, sul mar piccolo, in prossimità delle piazze del Borgo e della villa Peripato, poteva inserirsi in una logica di valorizzazione integrata di un affaccio che ancora oggi manca alla città, scatenando una serie di circoli virtuosi di turismo e conoscenza.




    Tra l'altro, recenti lavori realizzati dalle Soprintendenze nelle aree in affaccio sul mare, hanno portato alla luce contesti archeologici unici, che testimoniano la tecnica urbanistica classica e le funzioni della città greca e romana, come si può leggere nella scarna
    scheda fornita sul sito della Soprintendenza Archeologica stessa, visualizzabile qui.
Purtroppo, in mancanza di un chiarimento verso la cittadinanza ed i suoi enti rappresentativi, dobbiamo rilevare la duplice perdita sia economica che strategica, registrata da una versione all'altra del finanziamento statale. E' il prezzo da pagare per una città senza rappresentanza e senza visione di sviluppo endogeno.
Chiudiamo augurandoci presto qualche informazione in più e maggiore trasparenza da enti deputati alla salvaguardia dei valori dei territori, della memoria storico-culturale e detentori di patrimoni immensi.

Comitato per Taranto

Primavera: fiorisce la città!

Torna la primavera. I cittadini fioriscono nelle piazze e fanno sentire la loro voce. la città riprende a parlare del suo presente per costruire il futuro.Partecipiamo!!!


L'allarme dal Fondo Antidiossina Taranto su Afo 5: "potenziale pericolo esplosione. Operai riferiscono agli ambientalisti"

Il comunicato stampa

Ormai sono sempre più frequenti le segnalazioni che arrivano dagli operai che lavorano all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto relative a situazioni di pericolo e di allarme connesse alle condizioni di esercizio degli impianti. Da un po’ di tempo sembra che l’attenzione di alcuni operai si sia concentrata sulla stabilità strutturale degli altiforni ed in particolare dell’altoforno 5 (AFO 5). Gli stessi ci allertano che sono udibili forti rumori determinati da inconsuete vibrazioni sempre più incalzanti e frequenti. A convincerci maggiormente dell’ipotesi di un reale pericolo di esplosione, ci sarebbe la testimonianza degli stessi operai che riferiscono della presenza di evidenti fessurazioni in prossimità del crogiuolo che rappresenta il cuore dell’altoforno. Facciamo notare che l’AFO 5 è il più grande altoforno d’Europa e che lo stesso non e mai stato fermato dalla sua prima installazione, nè per manutenzioni straordinarie, nè per interventi strutturali per la messa a norma dei diversi componenti di impianto, ivi incluso il rifacimento dello stesso crogiuolo. Inoltre, l’Afo 5 fa parte della aree poste sotto sequestro, inizialmente con divieto d’uso e attualmente restituito agli usi legittimi con provvedimento normativo del Governo, nonostante considerato inquinante e pericoloso.Da ricerche effettuate nella letteratura scientifica apprendiamo che i cedimenti strutturali di crogiuoli degli altiforni più imponenti, come quello in questione, può causare fenomeni esplosivi che potrebbero anche investire aree al di fuori dello stabilimento, con conseguenze potenzialmente devastanti, anche in considerazione di un possibile effetto domino a causa della vicinanza ad altri impianti industriali ad elevato rischio, quali ad esempio la vicina raffineria. A seguito di queste segnalazioni abbiamo provveduto anche a verificare se le autorità competenti avessero mai rilevato criticità in tal senso.Abbiamo pertanto fatto una ricerca e con somma meraviglia abbiamo constatato che i custodi giudiziari, incaricati dai magistrati del tribunale di Taranto, avevano segnalato proprio nelle relazioni tecniche, in seno al dispositivo di “sequestro per equivalenti”, che era necessario provvedere all’urgente spegnimento e completo rifacimento dell’AFO 5, con particolare riferimento alle criticità connesse allo stato del crogiuolo
L’allarme degli ingegneri, a quanto pare, non è stato ascoltato, rilevando che l’altoforno 5 continua il suo pieno esercizio pur in assenza di condizioni operative sicure. Col presente comunicato desideriamo mettere le autorità di fronte alle responsabilità connesse alla mancata adozione di misure urgenti strutturali tese al conseguimento di condizioni di esercizio ottimali, sia dal punto di vista ambientale, sia dal punto di vista della sicurezza per i lavoratori e per la popolazione.
Fabio Matacchiera (presidente e rappresentante legale Fondo Antidiossina Onlus)