martedì 24 luglio 2007

Una risposta al Comitato per Taranto

Pubblichiamo qui di seguito una lettera pubblicata sul Corriere del Giorno di ieri 24 luglio 2007.


Stavolta, l'operato del Comitato per Taranto è stato messo in discussione.
Il Signor Luigi Romeo a cui "ci permettiamo di ricordare che l'area di Taranto è interessata da insediamenti industriali che rappresentano possibili fonti di inquinamento" ci chiede di individuare le soluzioni di cui " avremo bisogno per andare avanti in questa città disastrata".

Rispondere non è semplice a mio avviso. Ma mi permetto comunque di rispondere "individualmente" e non a nome del Comitato.
Come è scritto sulla sinistra di questo blog il Comitato nasce per uno scopo ben preciso che è quello di tutelare l'ambiente, il territorio jonico e allo stesso modo per diffondere la cultura del rispetto e dellasalvaguardia dell'ambiente in tanti modi e forme, secondo il metodo scientifico, e quello divulgativo, mirando sempre al coinvolgimento di tutta la cittadinanza.
Se abbiamo dato parere negativo sia al raddoppio della raffineria (oltrettutto bocciato anche dalla stessa Arpa) che allo stesso progetto dell'impianto del terminale di rigassificazione è perchè i risultati degli studi compiuti, con metodo rigoroso e scientifico hanno dato alla luce delle grosse anomalie e delle carenze insite nei progetti stessi. Dietro a quei pareri ci sono stati tanti studi di persone esperte :scienziati, docenti universitari e esperti in materie tecniche. Dietro a tutti quei pareri negativi, ci sono state tante discussioni, e tanti confronti avuti alle riunioni di ogni lunedì.

Noi consideriamo un bene prezioso il lavoro offerto dagli stabilimenti industriali.
Noi non cerchiamo di soffocare l'industria esistente, ma chiediamo semplicemente che vengano rispettate delle norme fondamentali che fino ad ora sono state calpestate.

Mi domando allora, noi davanti a questa situazione dovremo far finta di niente? no, noi denunciamo determinate situazioni che devono essere cambiate e chiediamo
1) alle istituzioni, che vengano rispettati i fondamentali principi di partecipazione democratica e di coinvolgimento popolare ai processi decisionali nelle tematiche ambietali.
2) agli industriali, il rispetto del nostro territorio e della salute dei cittadini e dei lavoratori.
Tutelateci, tuteliamoci!

Antonietta Podda



L'era di Bello -Tucci, tra indagati e condannati



(TarantoSera - 20-21 luglio 2007 - inserto del Sabato)





Anche se non è notizia recentissima, è bene che stia in questo blog, e che si rispolveri un po’ la memoria.
Leggete qui sotto l’articolo riportato, e pubblicato venerdì -sabato 20-21/07/2007 da Taranto Sera:

La Corte di Appello di Taranto ha confermato la condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione per abuso di ufficio e falso nei confronti dell’ex sindaco Rossana Di Bello. Nella setssa giornata il Tribunale ha condannato per la stessa vicenda, ma in primo grado, l’ex assessore Filippo Condemi, il segretario Luigio Spada ed il funzionario comunale Marcello Vuozzo, ad un anno e sei mesi. La vicenda inceneritore parte nel giugno del 2000 quando la prima giunta Di Bello affidò la gestione dell’impianto comunale all’associazione temporanea di imprese guidata dalla Termomeccanica. Si tratta di un appalto da circa 170 miliardi di lire in dieci anni. L’affidamento diviene materia di una inchiesta dopo la denuncia di Marcello Palminteri, ex presidente dell’Amiu, fatta per conto della Smal, società mista che invoca l’affidamento dell’appalto. Anni di indagine portano all’incriminazione della giunta per falso ed abuso. Quasi tutti scelgono l’abbreviato al termine del quale c’è la condanna della Di Bello, confermata nei giorni scorsi. I tre imputati che scelgono il rito ordinario vengono tutti condannati con l’obbligo di risarcire il Comune. (TarantoSera)


Bufera sull’era Di Bello-Tucci

LE INCHIESTE. Raffica di avvisi di garanzia per i casi “Cimino” e appalti comunali

Il D-day scocca di buon’ora martedì diciassette luglio. Scoppiano nello stesso giorno due indagini che portano al coinvolgimento del gotha dell’era dibelliana e scoperchiano definitivamente i contorni di due vicende che colpiscono al cuore il sistema che ha governato Taranto per sette anni. Sotto la marcia delle forze dell’ordine e la pioggia di avvisi di garanzia, restano politici, imprenditori e funzionari comunali. In prima fila proprio lei: Rossana Di Bello, la lady di ferro del centrodestra ionico. Al suo fianco Michele Tucci, deputato dell’Udc ed ex vicesindaco di Rossana. Uno vicino all’altro come ai bei tempi, quando convention, annunci e soprattutto palate di quattrini pubblici scandivano le giornate delle vacche grasse. Di quell’epoca, ora, resta lo sbiadito ricordo di quanti, anzi dei tanti, che hanno beneficiato dei favori dei cortigiani. Basti pensare al diluvio di incarichi smistati da Palazzo di città, a cominciare dall’ufficio stampa per continuare con le consulenze e le nomine di dirigenti esterni. Ma restano soprattutto le macerie di una città sprofondata nel baratro del dissesto. Del crac, delle tasse e dei disservizi come hanno imparato a scrivere e a raccontare, con tanto di risentimento,persino quelli che un tempo si sono accomodati ai piedi delle stanze del potere. Ponendosi al fianco di chi oggi resta invischiato nelle iniziative della magistratura. Disgustosi esempi di una città che dagli scandali dovrebbe pure cominciare ad imparare. Magari scrutando ed andando oltre i risultati delle inchieste della Procura. Indagini che sono giunte al capolinea con una imponente mole di contestazioni. Svelando scenari inquietanti. A cominciare dall’indagine sulla gestione della pineta Cimino che ha regalato le sorprese più amare: 24 indagati, undici dei quali accusati di associazione per delinquere. Tra i promotori del gruppo sotto accusa, il pm ha individuato proprio Rossana Di Bello e Michele Tucci, su cui ora pesa la contestazione associativa. Secondo la magistratura il Comune sarebbe stato raggirato nella gestione del polmone verde alla periferia della città. Grazie ad un meccanismo di false fatturazioni sulle casse pubbliche sarebbero stati scaricati indebitamente sei milioni di euro. Il tutto con la compiacenza del potere politico e la complicità di funzionari e dirigenti comunali. Nello stesso giorno dell’inchiesta Cimino è arrivata al capolinea quella sui rinnovi di appalti comunali per milioni di euro. Quelle commesse sarebbero state rinnovate per anni a colpi di determine dirigenziali con l’avallo del potere politico. Almeno questa è la conclusione a cui è giunto il sostituto procuratore Maurizio Carbone che ha firmato 23 comunicazione giudiziarie che sommate a quelle del caso Cimino fanno 47, per un totale di 44 indagati. Nel mirino la ex giunta, imprenditori, dirigenti comunali, ma davanti a tutti proprio la coppia d’oro del centrodestra ionico: Rossana Di Bello e Michele Tucci. (TarantoSera)




Ma Tucci dov'è finito?


quello che si sa è che al momento oltre ad essere indagato, ricopre la carica di segretario della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Vicepresidente all'interno della stessa commissione, è un altro tarantino: Pietro Franzoso.

venerdì 20 luglio 2007

Il Comitato per Taranto alla conferenza ambientale a Brindisi


Oggi il Comitato per Taranto sarà presente con una propria delegazione al Convegno di Brindisi sull'inventario delle emissioni gas serra.

Il convegno, organizzato dall'Arpa Puglia, pur essendo centrato sul problema dei cambiamenti climatici, toccherà inevitabilmente il complesso delle emissioni in Puglia, compreso quelle di diossina a Taranto.

Per tale occasione il Comitato per Taranto invia il proprio intervento agli organi di stampa al fine di anticipare le questioni che saranno affrontate nel dibattito che si terrà nel pomeriggio di domani.


Intervento

Il Comitato per Taranto intende intervenire a Brindisi nell'ambito della questione scottante della diossina rilevata dall'Arpa a Taranto. Pur non essendo direttamente legata al tema dell'effetto serra, la questione diossina sarà appositamente trattata a Brindisi e vogliamo dire la nostra.

A Taranto l'Arpa ha rilevato un livello medio di diossine di 11,1 nanogrammi a metro cubo (ng/m3). Tale valore è stato espresso in "tossicità equivalente". Tale valore è ventisette volte superiore rispetto al limite (0,4 ng/m3) adottato dalla Regione Friuli Venezia Giulia in base a parametri europei di tutela della salute. Noi esigiamo che la salute dei cittadini di Taranto goda della stessa protezione che è riservata ai cittadini di Trieste, come è previsto dall'articolo 3 della nostra Costituzione (il sacrosanto "principio di uguaglianza").

Pertanto abbiamo deciso di scrivere al Ministero dell'Ambiente e alla Regione Puglia. E a Brindisi ci rivolgeremo specificamente al sottosegretaria all'Ambiente Laura Marchetti che concluderà il convegno.

Cosa chiediamo?

Vogliamo che anche per l'impianto di agglomerazione dell'Ilva venga adottato il limite di 0,4 nanogrammi a metro cubo.

Tale nostra richiesta è indirizzata in primo luogo alla Regione Puglia. Chiediamo che la Regione Puglia emani un decreto regionale simile a quello della Regione Friuli Venezia Giulia. Abbiamo inviato all'Arpa Puglia e a Nichi Vendola uno studio giuridico che attesta come sia possibile adottare un simile provvedimento.

In secondo luogo la nostra richiesta di adozione del limite di 0,4 ng/m3 è indirizzata al Governo a cui sono già giunte due interrogazioni parlamentari sulla diossina a Taranto, una da parte del senatore Fernando Rossi e una da parte dei senatori Francesco Martone e Tommaso Sodano; quest'ultimo è presidente della Commissione Ambiente del Senato e in tale veste parteciperà al convegno di Brindisi.

Nell'interrogazione parlamentare dei senatori Martone e Sodano si chiede "se il Governo Italiano ritenga di dover vincolare l'autorizzazione all'emissione di diossine anche per Taranto al limite di 0,4 nanogrammi a metro cubo normalizzato espresse in "tossicità equivalente" così come previsto dalla Decisione europea e di cui sopra, imponendo l'adozione delle migliori tecniche disponibili che oggi permettono di raggiungere tale limite" (si veda www.tarantosociale. org).

Tale limite può essere autonomamente prescritto in sede di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Al Ministero dell'Ambiente in particolare chiediamo che subordini la concessione dell'Autorizzazione Integrata Ambientale all'Ilva all'adozione delle migliori tecnologie disponibili per giungere entro due anni a rispettare il limite di 0,4 ng/m3.

Un'altra richiesta che facciamo è che l'AIA sia vincolata all'adozione di un monitoraggio in continuo della diossina, che è tecnicamente fattibile e che può registrare anche quanta diossina viene emessa la notte dall'Ilva (cosa che l'Arpa non ha fatto nei suoi monitoraggi) . Un monitoraggio 24 ore su 24 e per tutti i giorni del mese - realizzato da laboratori indipendenti - è la migliore garanzia che intendiamo esigere.

Un'altra richiesta che facciamo è quella di conoscere dove vengano conservate attualmente le polveri trattenute dagli elettrofiltri e contaminate da diossina. Ricordiamo - senza alcun riferimento all'Ilva ma per diritto di cronaca - che alcune indagini della magistratura italiana hanno scoperto notevoli quantità di diossina nei fertilizzati, assieme a mercurio e ad amianto (si veda www.globalproject. info/art- 7257.html).

Infine chiediamo che l'adozione delle BAT (le migliori tecnologie disponibili) vengano adottate alla luce non del principio di "economicità" (ossia di compatibilità in relazione alla convenienza di acquisto da parte dell'azienda) ma sulla base della loro massima efficienza rispetto all'obiettivo dell'abbattimento della diossina.

Ribadiamo che la sottosegretaria all'ambiente Laura Marchetti è per noi la naturale interfaccia per ascoltare e portare avanti in sede di governo e di Ministero dell'ambiente queste richieste.

Riponiamo in lei la nostra fiducia e la invitiamo a farsi portavoce delle nostre istanze.


Per il Comitato per Taranto

Peppe Cicala
Filippo Conte
Giuseppe D'Aloia
Carmine De Gregorio
Salvatore De Rosa
Stefano De Pace
Antonella De Palma
Giulio Farella
Giuseppe Mannara
Francesco Maresca
Alessandro Marescotti
Giovanni Matichecchia
Pietro Mottolese
Antonietta Podda
Vincenzo Quazzico
Luigi Oliva
Francesco Sorrentino

giovedì 19 luglio 2007

Acqua




Se volete leggere tutti i post sull'acqua e la crisi idrica nel tarantino, cliccate sulla categoria Acqua che trovate nel blog sulla sinistra.

Buona lettura,
Antonietta

Acqua Spa? No grazie!




Da Arcoris (http://www.arcoiris.tv) un'intervista a Emilio Molinari, presidente del comitato italiano del Contratto Mondiale per l'Acqua, rilasciata a Piero Ricca in cui "spiega le ragioni per le quali è necessario opporsi al processo di privatizzazione e mercificazione dell'acqua. E fa il punto della mobilitazione promossa dai movimenti per far pressione sul governo Prodi."

Se vuoi vedere il filmato clicca qui sotto:
Emilio Molinari: Acqua Spa? no grazie!

Oppure visita il blog di Piero Ricca: www.pieroricca.org



mercoledì 18 luglio 2007

Il Comitato per Taranto esprime parere negativo al raddoppio dell'Eni.



Riportiamo il comunicato che abbiamo inviato alla stampa:


Il Comitato per Taranto, costituitosi per affrontare le questioni ambientali del nostro territorio, si esprime contro il raddoppio dell'impianto di raffinazione Agip/Eni a Taranto.

Appare evidente che il progetto relativo al raddoppio della raffineria di Taranto è stato delineato senza seguire un approccio integrato che è a nostro parere, indispensabile in tema di sostenibilità. Esso risulta piuttosto improntato ad una visione dello sviluppo in cui la crescita economica si pone come obiettivo assolutamente prioritario, mentre la sostenibilità ambientale rimane un elemento decisamente astratto sul piano concettuale e del tutto privo di un qualunque ruolo operativo.

Lo sviluppo sostenibile deve necessariamente prevedere dei limiti alle modificazioni del territorio ed alle ricadute ambientali delle attività economiche, con vincoli ben esplicitati e stabilendo che cosa si può e si vuole sviluppare e che cosa invece occorre conservare o anche ripristinare, bonificare, ecc.

Nello Studio di Impatto Ambientale sia della centrale a ciclo combinato da 240MW sia dell'incremento della capacità di lavorazione della raffineria di Taranto si parla invece di sviluppo a tutto campo, senza effettivi vincoli, senza nessuna considerazione di reale e concreta sostenibilità.

L'Area industriale di Taranto è caratterizzata dalla presenza di diversi insediamenti che rappresentano altrettante possibili sorgenti di inquinamento ambientale: un impianto di raffinazione con relativi depositi, un cementificio, i cantieri navali con l'arsenale militare e soprattutto lo stabilimento siderurgico Ilva, tra i più grandi di Europa e l'unico a ciclo integrato, comprendente anche la produzione di coke, con vasti depositi minerari localizzati a ridosso dell'abitato cittadino. Questi sono dati fondamentali che attestano la marcata insostenibilità dell'attuale sistema economico dell'area Jonica e da cui è imprescindibile partire per un programma veramente serio e consapevole di sviluppo sostenibile.

Inoltre lo studio presentato dall'ENI non tiene in considerazione i dati relativi allo Stato dell'Ambiente locale, come di recente affermato dall'ARPA, e nemmeno è dotato di indicatori o parametri di tipo ambientale per la valutazione ed il monitoraggio nel tempo dei suoi effetti.

La stessa Valutazione di Impatto Ambientale non deve essere fatta esclusivamente a fronte degli impianti richiesti ma deve contemplare anche il "do nothing" cioè l'Opzione Zero. Quest'ultima non consiste solo nel non fare gli impianti ma pianifica un'alternativa di riduzione della produzione dei rifiuti industriali e degli agenti inquinanti già presenti nell'area secondo obiettivi prioritari europei e nazionali.

Il Comitato per Taranto parteciperà alla valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'art. 12 ("Partecipazione") della L.R. 12 aprile 2001 n° 11 – "Norme sulla valutazione dell'impatto ambientale" – inviando le proprie osservazioni alle autorità competenti.

In tal modo il Comitato per Taranto intende sare un sostegno, come espressione democratica della società civile, al parere negativo già espresso dall'Arpa Puglia in merito al raddoppio dell'Agip/Eni a Taranto.
Il nostro territorio ha bisogno di un vero sviluppo, non di nuovi rischi e di nuovo inquinamento.


Il comitato per Taranto


martedì 17 luglio 2007

Gas Natural sponsorizza il Festival della Valle d'Itria


Riportiamo il comunicato stampa:

"Il Gruppo Gas Natural considera parte integrante della propria responsabilità sociale anche la promozione e il sostegno dell'arte e della cultura del territorio in cui è presente con le proprie attività di distribuzione e vendita di gas naturale: Martina Franca è infatti tra i comuni più importanti della Puglia in cui l’azienda è titolare della concessione per la distribuzione di gas metano, città nota anche grazie alle raffinate produzioni di ceramiche artigianali.

Al fine di valorizzare la tradizione artistica e artigianale locale, Gas Natural Italia ha ideato la creazione di un pregiato piatto in ceramica sul quale è rappresentata l’effigie di Salomè, protagonista del dramma musicale di Richard Strass e del capolavoro di Oscar Wilde, nonché simbolo della 33esima edizione del Festival che verrà donato alle Autorità e ai rappresentanti delle Istituzioni locali e nazionali che prenderanno parte alle cene di gala successive alle “prime” che si terranno a Palazzo Ducale.

«Siamo compiaciuti di aver potuto sostenere di nuovo questo prestigioso avvenimento – dichiara Giuseppe Muscio, Responsabile comunicazione e relazioni esterne di Gas Natural Italia – che ci permette di riconfermare il nostro impegno e il nostro contributo al sostegno del territorio di Martina Franca. Quest’anno abbiamo pensato di valorizzare anche l’artigianato locale attraverso la produzione di piccoli manufatti in ceramica che verranno distribuiti in numero limitato nel corso del Festival. Ci auguriamo di poter fare ancora meglio l’anno prossimo, potenziando il nostro contributo nell’ottica della continuità della relazione e della serietà nell’impegno»."

Nel guestbbook o libro degli ospiti i nostri e anche i vostri commenti su questa sponsorizzazione .

Il messaggio dell'Udeur a Florido



Tra le tante ed interessanti notizie del Corriere del Giorno di oggi 17/07/2007, a pag. 8 ho trovato anche questa...
"l'Udeur detta a Florido il Piano di..... Rinascita"

Ecco le condizioni per proseguire sino al 2009... riporto solamente la parte che a noi del Comitato interessa su Ambiente, raddoppio dell'Eni e Rigassificatore:



Crisi idrica: rassegna stampa


Un pò di articoli di oggi martedì 17 luglio 2007, da La Repubblica a Il Meridiano....... sull'emergenza idrica.

"La Puglia ha razionato ulteriormente l'acqua all'Ilva di Taranto e a tutto il comparto agricolo". (La Repubblica, 17 luglio 2007)

Emergenza idrica, dopo l’inchiesta torna l’acqua in città

Partono i primi avvisi di garanzia e l’acqua torna a scorrere in tutta la città, o quasi. Una stranezza per il procuratore aggiunto del Tribunale di Taranto, Franco Sebastio, sempre più convinto che alla base dell’emergenza idrica ci siano delle responsabilità interne all’Aqp. Ieri mattina, nelle stanze della Procura, un lungo vertice tra magistrati e ispettori della Digos è servito a studiare le prossime mosse. Si è analizzata la documentazione prelevata dagli uffici baresi dell’acquedotto. Negli atti acquisiti ci sarebbero anche «ordini di servizio» e tabelle sulla disponibilità di acqua da parte della società idrica che contribuiranno a chiarire come mai solo in provincia di Taranto si siano registrate interruzioni prolungate e senza preavviso.
I primi destinatari dei provvedimenti di garanzia sono il direttore generale dell’Aqp, Massimiliano Bianco, il responsabile della Rete, Gianluigi Fiore, il direttore operativo, Antonio De Leo, e il responsabile dell’approvvigionamento idrico, Michele Angiulli.
L’ipotesi di reato: interruzione di pubblico servizio.
La stranezza? «Direi che è una strana coincidenza – ha detto Sebastio – che non appena la magistratura ha aperto l’inchiesta e l’acqua sia tornata di colpo. Non è un’indagine facile, ma cercheremo di concluderla nel più breve tempo possibile. Ora dobbiamo analizzare tutti i documenti e procedere agli interrogatori, ma non escludo che possano emergere nuove responsabilità». I rubinetti dei tarantini sono rimasti a secco per una settimana: inizialmente gli operatori del numero verde Aqp non rispondevano alle centinaia di telefonate di cittadini infuriati in cerca di risposte. Solo dopo le sollecitazioni politiche i vertici aziendali hanno reso noto che la siccità invernale aveva causato una riduzione di acqua negli invasi e, di conseguenza, in Puglia arrivavano 500metri cubi di acqua in meno rispetto alla richiesta. Informazione confermata dall’amministratore unico di Aqp, Ivo Monteforte, nell’incontro con il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno. «L’emergenza – aveva detto Monteforte – non è affatto scampata. L’ondata di calore che ha colpito la Puglia verso la fine di giungo ha fatto registrare un aumento dei consumi di gran lunga superiore rispetto allo scorso anno. Ora la Basilicata ci sta aiutando fornendoci 250mila metri cubi al secondo in più, ma non escludo che quando le temperature saliranno nei prossimi giorni, il problema possa ripresentarsi».
Ciò che non convince gli inquirenti è la mancata allerta, nei mesi scorsi, di un emergenza idrica di tale portata: la carenza di piogge durante l’inverno avrebbe consentito di prevedere la situazione attuale, niente però è stato fatto per allertare chi di competenza e prendere le contromisure. Sul tavolo degli investigatori anche decine di denunce che commercianti, artigiani o semplici cittadini hanno presentato contro l’Aqp, riservandosi la presentazione di domande di risarcimento per i danni subiti. L’assenza di acqua, infatti, ha determinato la chiusura di due esercizi commerciali e l’eventualità della cassaintegrazione per 35 dipendenti di una lavanderia industriale. Senza contare i disagi per i singoli cittadini costretti ad approvvigionarsi da autobotti dislocate in diversi punti della città.

st.men. (Il Meridiano)




Monitoraggio Pm10


Dal sito dell'Arpa Puglia si riportano i seguenti risultati relativi al monitoraggio del Pm10 nelle stazioni di Taranto.

PM10 Insieme di sostanze solide e liquide con diametro inferiore a 10 micron. Derivano da emissioni di autoveicoli, processi industriali, fenomeni naturali.

Parametro di valutazione: Media giornaliera

Valore limite: 50 µg/m³

Media giornaliera µg/m³

Dati di giovedì 12 luglio 2007

Taranto - Via Archimede 54

Taranto - Via Machiavelli = /

Taranto - Paolo VI = 39

Taranto - Talsano = 36

Taranto - Casa Circondariale = 20

Dati di lunedì 16 luglio 2007:

Statte - Statte = 27

Taranto - Via Archimede = 54

Taranto - Via Machiavelli = /

Taranto - Paolo VI = 56

Taranto - Talsano = 38

Taranto - Casa Circondariale = 30

Sono disponibili i Report di gennaio e febbraio 2007 dell'Arpa Puglia: li puoi scaricare qui sotto cliccando sopra
Report gennaio 07
Report febbraio 07

lunedì 16 luglio 2007

La firma del Primo atto integrativo del “Progetto coordinato per il risanamento quartiere Tamburi”

Dal Corriere del Giorno del 14/07/2007, pag. 5:


Qui sotto riportiamo invece la lettera che l'Assessore Cervellera ha inviato agli organi di stampa in cui comunica l'avvenuta firma dell'atto:

COMUNE di TARANTO

ASSESSORATO URBANISTICA-EDILITA’ e RAPPORTI CON LA M.M.

Agli Organi di Informazione

Ieri quando il Sindaco Stefàno col sottoscritto ha comunicato alla Giunta Comunale, riunita per un’altra problematica, la notizia della firma a Roma tra il Ministero dell’Economia e delle Infrastrutture e la Regione Puglia del primo atto integrativo del “Progetto coordinato per il risanamento quartiere Tamburi” è scattato un applauso spontaneo e liberatorio da parte di tutti i componenti della Giunta.

E’ stata la prima notizia incoraggiante per noi dopo settimane di duro lavoro nel prendere visione ed incominciare a risolvere qualcuno dei gravi problemi che affligge la città di Taranto.

Vorrei ringraziare, pubblicamente e a nome di tutta la Giunta Comunale, l’Assessore Regionale, arch. Angela Barbanente, per l’impegno profuso nel sostenere e sollecitare questo progetto che porterà a Taranto lavori per 49 milioni di Euro in una prima fase e 43 milioni di Euro in una fase successiva.

Il primo giorno che mi insediavo all’Assessorato, mi invitò a raggiungerla a Bari con il Dirigente dell’Urbanistica, arch. Romandini, poichè il Dirigente Regionale della Programmazione Economica riteneva ormai impossibile il rispetto dei tempi del cronoprogramma stabilito per il suddetto progetto, per cui, a suo parere, bisognava rinviarlo all’altro anno.

Al termine della discussione piuttosto serrata con i tecnici regionali, in cui rivendicammo con forza, come Comune di Taranto, il mantenimento degli impegni assunti (anche grazie alla tempistica rispettata dal progettista arch. De Palma) quando si raggiunse l’obbiettivo di far deliberare in tal senso alla Giunta Regionale, l’Assessore mi confessò candidamente che non aveva dormito per due notti al solo pensiero di perdere o ritardare di un anno i finanziamenti per Taranto, stante la situazione di disastro economico che viveva la città.

Questo attaccamento al nostro territorio che l’arch. Barbanente ha sempre dimostrato, anche come insegnante del Politecnico di Taranto, mi ha colpito positivamente e vorrei segnalarlo all’opinione pubblica.

Ora i pericoli della perdita del finanziamento non sono del tutto scongiurati.

Bisognerà procedere in tempi brevi ad un bando europeo per un appalto concorso integrato: una procedura amministrativa molto complessa, anche alla luce delle novità determinate dal nuovo Codice degli appalti andato in vigore dal primo Luglio c.a..

I tecnici comunali stanno lavorando alle fasi preparatorie del procedimento e al momento non si intravedono ostacoli al rispetto del cronoprogramma stabilito con la regione Puglia.

Faccio un appello alle Ditte tarantine a consorziarsi tra loro e a partecipare all’appalto, dopo aver preso visione del progetto preliminare ( il definitivo sarà realizzato anche con il concorso migliorativo delle Ditte partecipanti).

E’ un progetto troppo importante per Taranto e per il quartiere Tamburi, da qui può rinascere la nostra città a patto che il riordino e la riqualificazione urbanistica di un territorio da sempre martoriato si accompagni ad un’azione ferma di tutte le Istituzioni (a partire dalla Provincia, dalla Regione e dalla Asl) per impedire all’Ilva e alle altre Aziende di continuare impunemente ad inquinare.

Per questo abbiamo già preso contatto con l’Ilva per conoscere i loro programmi al fine di impedire come Amministrazione Comunale che emissioni inquinanti di polveri minerali vanifichino quanto di bello andremo a realizzare su quel territorio. Cordiali saluti,

Assessore Alfredo CERVELLERA

Taranto 14.07.07

Conferenza 2007 su cambiamenti climatici e emissioni gas serra


Dal sito dell'Arpa Puglia:

12/07/2007 -
Convegno Inventario emissioni di gas serra in Italia dal 1990 al 2005

L'Agenzia nazionale per la Protezione dell'Ambiente e i Servizi Tecnici (APAT) organizza insieme al Ministero dell'Ambiente, alla Regione Puglia - Assessorato all'Ecologia e all'ARPA Puglia, nell'ambito della Conferenza Nazionale sul Clima, un convegno denominato Inventario emissioni di gas serra in Italia dal 1990 al 2005 che si terrà a Brindisi il giorno 20 luglio pv, presso il Nuovo Teatro Comunale "G. Verdi", Via Santi, 1 a partire dalle ore 9:00.
Nel pomeriggio è prevista una sessione dal titolo "Adattarsi ai cambiamenti climatici nei settori della pesca e dell'agricoltura: il contributo della regione Puglia."

Per contatti e informazioni rivolgersi a:
  • Dott.ssa Lucia Bisceglia: tel. 0805460155, e-mail: l.bisceglia@arpa.puglia.it
  • Dott. Luigi Carrino: tel. 0805460350, e-mail: l.carrino@arpa.puglia.it

Sito web: www.conferenzacambiamenticlimatici2007.it

Per iscrizioni: sfi@arpa.puglia.it

L'Arpa boccia il raddoppio dell'Eni

DAL
Corriere del Giorno del 14/07/2007 riportiamo qui sotto l'articolo:



Se si desidera scaricare l'articolo completo, cliccare qui sotto:

Scarica Articolo pag 5


Articolo pag 6

venerdì 13 luglio 2007

Arriva suburbana 2007



Dal Comitato Quartiere Città Vecchia e dall'Associazione Venti del Sud riportiamo:

"A partire dal 3 agosto fino al 5, tre giornate di musica, festa e autoproduzioni, condivisione di idee e prosecuzione di un percorso di autorganizzazione sociale che da quest'anno si pone l'ambizioso obiettivo di allargarsi alle realtà della provincia, e di porre le basi per una rete jonica di lotta.
Suburbana per noi, oltre che che un momento di festa, rappresenta un punto fermo nel deserto culturale di questa città, il canale di raccordo delle attività politiche e sociali sviluppate nei quartieri, un luogo di incontro, di confronto e di possibile convergenza delle lotte e delle mobilitazioni che , dal basso, spingono per la difesa del territorio dalle crescenti speculazioni cui è sottoposto. A partire dalla problematica ambientale, saranno queste le tematiche al centro dello spazio dibattiti, che si snoderà prima dei concerti, in particolare con una discussione franca sui contenuti e sulle pratiche dei movimenti che si sono sviluppati in Italia (NO TAV, DAL MOLIN, RIFIUTI ZERO, etc.) e nella provincia tarantina (NO RIGASSIFICATORE, INQUINAMENTO AMBIENTALE, DISCARICHE, etc.), alla quale ogni comitato, associazione, realtà provinciale è invitata a dare il proprio contributo."

Per maggiori informazioni si consiglia di visitare il sito:
http://www.suburbanafestival.blogspot.com/




Da La Repubblica: Taranto e la crisi idrica in prima pagina


Qui sotto riportiamo un articolo di Lello Parise pubblicato oggi sia sul sito della "La Repubblica" che sul quotidiano stesso, all'interno del quale lo stesso articolo veniva posto tra le principali notizie in prima pagina. Lo si riporta qui sotto in versione integrale.

Da una settimana la città pugliese è a secco. Inchiesta della Procura
La denuncia del sindaco: vogliono privatizzare l'Acquedotto

Taranto in fila davanti alle fontanelle: "È sabotaggio, marceremo su Bari"


di LELLO PARISE


TARANTO - È in piazza Ebalia, nel salotto buono della città, che si scopre l'esistenza di due tipi di acqua: quella da bere e quella da guardare, ma non toccare. Una colonna di "oro blu" si alza verso il cielo dalla Rosa dei Venti o il "fontanone", come lo conoscono tutti da queste parti. Fa da sfondo, irriverente quanto irritante con i tempi che corrono, al profilo di una delle otto autobotti destinate ad offrirla, l'acqua potabile, ai tarantini rimasti a secco. Tutti in fila armati di bottiglie o taniche di plastica, e con un diavolo per capello. "Dissestati, dopo il crac finanziario dell'amministrazione comunale, e adesso addirittura assetati" sibila a denti stretti, con al seguito un paio di bidoni da dieci litri, Francesco Bolognini. Quelli che gli stanno accanto sudati e assonnati, non aprono bocca: si limitano a fare di sì con la testa.

La metropoli dei Due Mari, secondo capoluogo pugliese per numero di abitanti, ha i nervi a fior di pelle. Da una settimana questo è il "fronte caldo" dell'emergenza idrica in Puglia. Tanto che il sindaco Ippazio Ezio Stefàno, eletto appena un paio di mesi fa, si spinge a dire che c'è "la possibilità che vi siano azioni di sabotaggio e magari lobby in azione che vogliano rilanciare in modo strumentale il problema della privatizzazione dell'Acquedotto pugliese".

Nei quartieri del centro come il Borgo, o in quelli della periferia, a San Vito ma pure nel rione Italia, aprire i rubinetti è come giocare con la ruota della fortuna: "Esce o non esce?". Questa dell'acqua che non c'è, è la prima grana del nuovo sindaco. In mattinata telefona ai tecnici di Aqp, la società incaricata di gestire la distribuzione da un capo all'altro del tacco d'Italia, che gli rispondono un po' trafelati e un po' seccati: "Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare". A quel punto Stefàno, uomo mite, perde le staffe: "Vorrà dire che se l'acqua non ritornerà immediatamente a scorrere regolarmente, io carico la gente sui pullman e la porto a protestare davanti alla sede di Aqp". Aspettando che si materializzi, già la ribattezzano la marcia su Bari.

Nel frattempo il primo cittadino, un medico, decide di chiudere alcuni uffici comunali: "Rischiavamo grattacapi seri di tipo igienico-sanitario". Ieri non c'era acqua neppure a palazzo di giustizia, dove il procuratore Aldo Petrucci apre un'inchiesta a proposito di questa "situazione vergognosa". Affida le indagini alla Digos, si procede per ora "contro ignoti" sulla base del reato che punisce l'interruzione di un servizio pubblico. Ma, avverte il capo dei requirenti, "a brevissimo" dovrebbero scattare gli avvisi di garanzia. Petrucci vuole capire chi avrebbe potuto evitare l'esplosione della crisi idrica. Quello che invece proprio non capisce è il perché solo nella capitale dell'acciaio rispetto al resto della regione si debba andare avanti come in un paese dell'Africa nera.

Taranto provincia d'Africa è appunto, la battuta tra l'indispettito e il rassegnato che circola con più insistenza ormai da 168 ore, tante quante sono quelle della siccità. Va per le spicce Luciano Mineo, diessino, vicepresidente del consiglio regionale: "Soltanto in questi giorni si stanno attivando i pozzi artesiani, per prelevare dalla falda l'acqua che manca, con colpevole ritardo da parte di Aqp". Che ecumenico, fa sapere: "Previsto per oggi un ulteriore miglioramento". Vietato sbagliare.

(13 luglio 2007)




Emergenza idrica a Taranto




Dalla Agenzia Quotidiana di Stampa del Consiglio Regionale della Puglia, riportiamo qui sotto tre articoli interessanti:

Mineo (Ds) sull’emergenza idrica a Taranto: “Affrontiamo il problema con umiltà”

Una nota del vicepresidente del Consiglio regionale, Luciano Mineo, sull’emergenza idrica a Taranto.
“Mentre è in corso la solita girandola di dichiarazioni, interviste, prese di posizione e interrogazioni sull’emergenza idrica che si è abbattuta su Taranto e sull’intera Puglia, mi si permetta di rivolgermi all’intera classe dirigente della nostra regione: a chi, prima del 2005, era al governo e oggi è all’opposizione e a chi, prima del 2005, era all’opposizione e oggi è al governo.
Cerchiamo di affrontare con umiltà l’emergenza in atto. Lo ‘scarica-barile’ non serve a niente e soprattutto offende chi, in questi giorni, giovane o anziano, ricco o povero, donna o uomo che sia, si sta recando presso le autobotti o le fontane per riempire qualche bidone d’acqua.
Perché invoco umiltà? Perché la responsabilità di quello che sta avvenendo è di tutta la classe dirigente di questa nostra regione.
L’emergenza c’era ieri e c’è oggi. Il 40% dell’acqua si perdeva ieri lungo le condotte che la portano dagli invasi ai rubinetti e si perde oggi. I dissalatori non sono stati realizzati ieri e non sono in corso di realizzazione nemmeno oggi. Le acque depurate del Gennarini venivano versate in mare ieri e sono versate in mare oggi, mentre potrebbero servire all’Ilva ed all’agricoltura. Il progetto di raddoppio della condotta del Sinni non è stato preso in considerazione ieri e non è stato preso in considerazione neppure oggi. L’AQP non informava per tempo i cittadini ieri e non lo ha fatto oggi. Sempre l’AQP è stato gestito male ieri ed è gestito male oggi.
La responsabilità dell’emergenza è, dunque, di tutta una classe dirigente, a prescindere dall’alternanza dei governi. L’unica differenza che mi sento di fare è quella relativa alla durata dei governi: il centrodestra ha governato per un decennio, Vendola è presidente della Giunta regionale da poco più di due anni. E naturalmente non è una differenza da poco.
L’unico vero segnale positivo che possiamo dare ai cittadini, l’unico vero elemento di discontinuità, è quello dell’umiltà e del mettersi al lavoro in silenzio.
E per favore, mettiamo al bando ogni demagogia e sollecitazione populistica. Al sindaco di Taranto, ad esempio, vorrei dire che sembrerebbe molto più utile che egli s’incontrasse con Vendola presso gli uffici della Presidenza o in una delle stanze della sede di Rifondazione, piuttosto che sottoporre i cittadini di Taranto all’ulteriore ‘sbattimento’ di andare a protestare a Bari in pullman. E’ già sufficiente quello che stanno facendo tutti i giorni: andare a prendere l’acqua alle fontane o alle autobotti.
E non si invochino complotti o sabotaggi. Da parte di chi, poi? E per quali reconditi interessi? Si individuino, casomai, le responsabilità politiche ed amministrative, che sono ben altra cosa e su cui sta facendo bene la magistratura ad indagare.
Due responsabilità, ad esempio, per restare alla stretta emergenza, emergono con chiarezza: perché i cittadini non sono stati avvertiti per tempo? E perché le soluzioni per le quali si sta lavorando in questi giorni non sono state attivate prima che l’emergenza esplodesse?
Il problema è, allora, quello di rimboccarsi le maniche. Tutti e tutti insieme. Ma questa volta davvero, avendo l’obiettivo di impedire, per la prossima estate, una nuova emergenza che, a quel punto, non sarebbe solo idrica ma anche politica ed istituzionale”. (Anno 3 Numero 1871 - data 13/07/2007)


Caroppo (UDC): “Emergenza idrica: Vendola deve rispondere al Consiglio regionale”

Il consigliere regionale e coordinatore dell’U.D.C., Gino Caroppo, si unisce a quanti chiedono che il governatore della Regione Puglia informi l’assemblea dei motivi che hanno generato la crisi idrica salentina.

Il presidente Vendola deve immediatamente dare delle risposte al Consiglio regionale sulla gravissima crisi idrica che da più di una settimana sta creando disagi alle popolazioni salentine ed in particolare a quella tarantina, delle cause che l’hanno determinata, della mancata predisposizione di un piano di intervento sollecitato dal Governo Nazionale, della mancata utilizzazione dei fondi e delle misure adottate per fronteggiare la gravissima crisi che non accenna a rientrare.

Vendola ha dimostrato di non avere minimamente a cuore la soluzione della crisi. Infatti, mentre i cittadini di Taranto e della Puglia soffrono la sete, mentre dai rubinetti delle condotte non esce nemmeno una goccia d’acqua, le colture non possono essere irrigate e gli esercizi commerciali chiudono per motivi igienico-sanitari legati alla crisi, il presidente Vendola si concede beatamente una missione all’estero.

Per lui sono più importanti le relazioni internazionali della soluzione dei problemi di approvvigionamento idrico. E’ da irresponsabili avere un simile atteggiamento, soprattutto perché scopriamo che la crisi idrica non sarebbe stata determinata da una minore disponibilità di acqua negli invasi, ma da carenze strutturali denunciate da un dirigente del ministero delle infrastrutture.

Se quanto sostiene il Ministero delle Infrastrutture e il capo della Protezione Civile Bertolaso corrisponde al vero, Vendola ha il dovere morale di chiedere scusa a tutti quei cittadini che sta costringendo a sopportare tanti disagi.

Noi ci riserviamo di avanzare la proposta di una commissione d’inchiesta sul problema specifico. Vendola, comunque, non può più far finta di nulla”. (Anno 3 Numero 1870 - data 13/07/2007)



Maniglio (DS) sulla crisi idrica: “Riaprire i pozzi, non utilizzare l’acqua potabile a fini industriali (come fa l’Ilva di Taranto)”

Il presidente del Gruppo consiliare dei Democratici di Sinistra, Antonio Maniglio, ha diffuso la seguente nota: “L’acquedotto ha i progetti e le risorse finanziarie per risolvere la crisi idrica che periodicamente investe il Salento.

Nell’audizione in commissione è emersa, comunque, la necessità di una gestione unitaria della risorsa acqua.

Aqp e Regione devono monitorare permanentemente lo stato degli investimenti e la loro traduzione in opera. Altrimenti può capitare che con il piano d’ambito si preveda una riduzione del prelevamento d’acqua dai pozzi e con l’accordo di programma sottoscritto con la Basilicata si accetti di attingere, per i mesi di luglio e agosto, meno acqua dal Sinni. Ecco perché l’acqua nel Salento arriva a fatica. E’ già poca, se poi si procede a ulteriori a riduzioni la frittata è fatta.

Così come è inaccettabile che l’Ilva sottragga all’uso potabile 500 litri di acqua al secondo per usi industriali rifiutandosi di utilizzare acqua depurata.

Già da questi dati emerge la necessità di coordinamento e di direzione unitaria nella gestione dell’acqua, che non è una risorsa illimitata e che, proprio per questo, va gestita in modo oculato, intervenendo sulle perdite delle reti e sugli sprechi come quello dell’Ilva.

Nell’immediato la riapertura di 12 pozzi, di cui due in provincia di Lecce, che sono già pronti ad essere attivati, dovrebbe servire ad attenuare molto i disagi in previsione tra l’altro di una ulteriore riduzione nell’erogazione dell’acqua.

La prima e la quinta commissione hanno svolto un buon lavoro e per la prima volta hanno discusso concretamente della crisi idrica pervenendo a soluzioni ravvicinate e di medio periodo che possono essere utili per l’intero salento.”( Anno 3 Numero 1750 - data 28/06/2007)


Per commentare, se desiderate, questi articoli, lasciate pure un vostro messaggio nel nostro guestbook (o libro degli ospiti)









giovedì 12 luglio 2007

Video: la città malata



Consigliamo a tutti i lettori del nostro blog di vedere il video di Vittorio Vespucci, dal titolo "La città malata".


Clicca qui sotto per vedere il
VIDEO



Dal sito
:
http://www.vittoriovespucci.it/default.asp?pag=articolo&art=12


"Taranto
è una città posta in una posizione geografica incantevole. Nel corso degli ultimi cinquant'anni una serie di insediamenti industriali di notevole portata ha deturpato il territorio e reso la situazione ambientale drammatica.

Consultando il sito dell'European pollutant and emissions register, il registro europeo sulle emissioni inquinanti, si evidenziano dei dati sconcertanti, in particolare riguardo all'Ilva, la grande acciaieria ex Italsider, che da sola emette veleni in quantità davvero rilevanti.

Le malattie neoplastiche sono aumentate dal 1970 ad oggi del 100 per cento. A questo si devono aggiungere le troppe morti sul lavoro e il degrado dei quartieri a ridosso dei quali è sorta la zona industriale della città."

Buona visione!
Ciao, Antonietta

martedì 10 luglio 2007

emergenza acqua


Dal Corriere del Giorno (di cui l' immagine riportata sopra) fino alla Gazzetta del Mezzogiorno, dalla stampa alle tv locali, non si parla altro che di emergenza acqua a Taranto....
Proprio oggi ai tg nazionali si comunicava la notizia del successo raggiunto dal Forum Italiano dei movimenti dell'acqua (http://www.acquabenecomune.org/), nella raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per la gestione pubblica dell'acqua.
E mentre le Carovane dell’Acqua portano a Roma 300.00 firme in sostegno alla Legge di inziativa popolare, qui a Taranto i cittadini chiedono di poter usufruire dell'acqua che qui manca da giorni e giorni....

L'Acquedotto Pugliese è stato spinto a razionalizzare i consumi idrici, tanto da lasciare la popolazione del tarantino senza acqua e, come negli anni '70 e '80, si è ricorsi alle autobotti!!!

Ma facciamo un passo indietro nel tempo.... quando il Presidente dell'Acquedotto Pugliese Riccardo Petrella comunica le sue dimissioni. Qui sotto troverete le dichiarazioni rilasciate...



e qui a fianco la seconda pagina che vi consiglio di leggere perchè
sono esposte le vere ragioni delle dimissioni di Petrella.




Petrella parla in queste due pagine di una «gestione mercantile» dell'acqua che nel Sud non è ancora stata abbandonata....
E manifesta apertamente la sua paura di un probabile scoppio della guerra dell'acqua in Italia.
Qui in Puglia la guerra dell'acqua è già scoppiata...!!! E noi che abitiamo a Taranto siamo i forse i primi a subirne le conseguenze.

Ma se per caso si visita il sito del famoso Acquedotto Pugliese (che ricordo comunque appartiene di fatto a ad una Società per Azioni: c
on il Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 141, l'Ente Autonomo per l'Acquedotto Pugliese è stato trasformato in società per azioni, con la denominazione Acquedotto Pugliese S.p.A., il cui capitale azionario, inizialmente attribuito al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, è stato trasferito alle Regioni Puglia e Basilicata) si promuove l'acqua come bene comune: si legge Acquedotto Pugliese, acqua bene comune... e poi ancora "L'Acquedotto Pugliese è, per estensione il più grande d'Europa e tra i primi nel mondo. La rete idrica ha uno sviluppo di oltre 15 mila chilometri (15 volte la lunghezza del Po) e serve poco più di quattro milioni di persone. La portata complessiva è enorme: oltre 19 mila litri al secondo, sufficienti a riempire in un'ora 640 piscine olimpiche."
Ma dagli ultimi episodi verificatisi a Taranto, non si può dire che l'acqua sia bene comune, ma bene per pochi.

Mi piacerebbe sapere perchè di emergenza se ne parla solo ora, e mi piacerebbe sapere perchè non si è fatto niente per preparare i cittadini ad affrontare questa emergenza che si è rivelata per tanti un grave danno.

Di oggi la notizia che
La Puglia avrà più acqua dalla Basilicata
"Per affrontare la crisi idrica che il territorio pugliese sta attraversando, fino al 20 luglio la regione aumenterà la quota (250 litri in più al secondo) che, fino ad oggi, era di 4,160 metri cubi. E' questo il contenuto di un accordo interregionale firmato stamani a Potenza. L'acqua verrà prelevata dalle dighe lucane di Monte Cotugno, dello schema idrico del Sinni, e del Pertusillo" dalla Gazzetta del Mezzogiorno, del 10/07/07.




Noi intanto rimaniamo a bocca asciutta........ senza nemmeno godere di un goccio d'acqua, un nostro diritto e non una merce!!!



lunedì 9 luglio 2007

Gas serra, il mercato delle emissioni, Così si paga il diritto a inquinare

Gli scambi fra i paesi generano un giro 22 miliardi di euro
Il fenomeno è europeo: l'80% degli affari riguarda la Ue

Chi risparmia vende la possibilità di superare i limiti.


di MAURIZIO RICCI
http://www.repubblica.it/
(sezione ambiente)

ROMA - Dalla newsletter di uno dei maggiori operatori del settore, l'olandese Abn-Amro, per i suoi clienti: "L'apertura, lunedì, era stata al ribasso, ma, mercoledì, sono comparsi all'attacco i tori e il contratto è salito, in chiusura, di un euro. A spingere erano le aziende elettriche tedesche e i fondi, ma, come spesso accade, i prezzi hanno cominciato a declinare nel pomeriggio, quando si sono visti i compratori scaricare i loro acquisti, probabilmente per qualche presa di profitto". Insomma, non è capitato granché, come avrà già capito chi è abituato a decriptare i commenti sui mercati finanziari, nascosti nelle pagine economiche dei giornali. Ma non è questo il punto. Quello che conta è che il mercato in questione ci sia, con i suoi tradizionali e salutari scontri fra tori (rialzisti) e orsi (ribassisti), seguiti e gestiti da grandi banche.

E che si comporti come tutti i mercati. Anche qui ci sono i trader davanti agli schermi dei loro computer, su cui si accendono le caselle "bid" e "offer", compra e vendi. Su questi schermi sono transitati, l'anno scorso, 1.600 milioni di tonnellate di materia prima, il doppio del 2005. Per un giro d'affari di tutto rispetto: 30 miliardi di dollari nel 2006, oltre 22 miliardi di euro.

Vero, il petrolio brucia gli stessi soldi più o meno nel giro di una settimana. Ma questo mercato, due anni fa, non era ancora nato. Ed è l'unico mercato al mondo in cui si scambia qualcosa che non esiste. Anzi, il cui valore è dato proprio dal fatto che non c'è. Si compra e si vende "non Co2": chi è riuscito ad emettere meno anidride carbonica del tetto previsto, vende questo risparmio a chi non c'è riuscito, che si compra, così, il diritto ad emetterne.

Attualmente, il diritto ad emettere una tonnellata di Co2 nel dicembre 2008 costa intorno ai 22 euro. Tori, come Lueder Schumacher e Hans Lekander, analisti, rispettivamente, di Dresdner Kleinworth e Ubs, prevedono un prezzo di 30 euro fra il 2008 e il 2009. Gli orsi (più nelle aziende che nelle banche) scontano che scenda a 20.

Non è una forchetta qualsiasi. È una differenza cruciale, a cui sono appese, per buona parte, le speranze della nuova energia. A 30 euro le energie verdi e rinnovabili sarebbero, anche con le tecnologie attuali, convenienti e competitive. A 20 euro, ancora no.

È uno dei motivi per cui l'idea di affidare il compito di limitare l'anidride carbonica ad un mercato delle emissioni continua a suscitare parecchie critiche. Il grosso degli economisti, in linea di principio, preferirebbe una semplice tassa, la carbon tax. E, a sorpresa, anche molte aziende. Il motivo è che la tassa, al fondo, offre meno incertezze. "Con la tassa - spiega Tim Harford, l'inglese autore di "The undercover economist" - sai il prezzo della Co2, ma non la quantità di emissioni che ci saranno. Con il tetto, oltre il quale devi andarti a comprare il diritto ad emettere, sai quante emissioni ci saranno complessivamente, ma non il prezzo, che può oscillare anche molto. Questo secondo sistema è più pericoloso per i costi delle aziende e non può essere regolato, secondo necessità, agevolmente e rapidamente". Senza dimenticare che la tassa produce un gettito, che può essere utilizzato, ad esempio, in ricerca scientifica e tecnologica. In un mondo in cui la parola "tasse" è diventata politicamente impronunciabile, tuttavia, il sistema del tetto alle emissioni fissato dall'alto e del mercato delle eccedenze è parsa l'unica praticabile, anche se comporta un intervento di regolamentazione burocratica molto più invadente.

L'esperienza ha sottolineato tutti questi limiti. Il più importante, naturalmente, è che il mercato delle emissioni resta un fenomeno sostanzialmente europeo (l'80 per cento del giro d'affari riguarda la Ue, l'unica area del mondo in cui il sistema sia obbligatorio) e, dunque, ha un carattere soprattutto dimostrativo. È probabile, però, che alla Casa Bianca l'umore cambi presto, portando nel mercato anche gli Usa, i maggiori produttori al mondo (insieme alla Cina) di anidride carbonica. Ma anche la sola sperimentazione europea ha inanellato una serie di fallimenti. Nei due anni in cui il sistema è stato in vigore, le emissioni complessive europee sono diminuite solo del 2 per cento, contro l'8 per cento previsto.

L'obiettivo dichiarato, nel rendere la Co2 un costo visibile, era spingere le imprese ad aumentare la propria efficienza ambientale, sostituendo i processi che producono più anidride carbonica. Anche se qualche successo c'è stato, per esempio nel ridurre l'uso della lignite nelle centrali a carbone, l'impatto è stato limitato e sono stati sporadici i casi di riconversione a combustibili meno inquinanti. Alla radice c'è un clamoroso pasticcio combinato dalle burocrazie nazionali e comunitaria.

Il mercato europeo delle emissioni nasce nel gennaio 2005, vincolando 12 mila imprese dei settori dell'energia, della carta, dell'acciaio e del cemento a quote prefissate di Co2, concesse gratuitamente. Oltre queste quote, i diritti ad emettere vanno acquistati. Ma solo nel maggio 2006 si è andati concretamente a verificare la quantità reale delle emissioni. E si è scoperto che, nel contrattare l'entità delle quote gratuite, alcune burocrazie nazionali (quella tedesca, in particolare, non gli italiani) erano state particolarmente svelte. In poche parole, i permessi gratuiti erano, in molti casi, superiori alle emissioni reali. Le aziende avevano avuto (gratis) diritti ad emettere da rivendere, volendo, con profitto. E il prezzo dei contratti è velocemente sceso praticamente a zero, con tanti saluti agli incentivi a rendere efficienti gli impianti. Un disastro. Ma, allora, perché tutti - dagli analisti della Deutsche Bank all'Economist, usualmente tanto arcigno con tutto quello che combina Bruxelles - definiscono in coro il mercato delle emissioni "un grande successo"?
Perché Bruxelles ha dimostrato che il mercato, nonostante tutte le difficoltà d'avvio, funziona. I 1.600 milioni di tonnellate di Co2 scambiati l'anno scorso equivalgono ad un terzo del totale di anidride carbonica effettivamente emessa, nel 2005, nell'Unione europea, a conferma che il meccanismo può muovere quantità significative. Gli errori della prima fase sono stati corretti: quando, a fine 2008, partirà la fase 2, tutti i vecchi permessi saranno azzerati, sovradotazioni comprese, e le nuove quote saranno molto più restrittive: ecco perché un contratto a dicembre 2007 vale qualche centesimo, ma uno a dicembre 2008 costa già 22 euro.


È un mercato dinamico: "È giovane e poco liquido - osserva Eliano Russo, che lo segue per conto dell'Enel - ma cominciano a comparire i primi broker e i primi derivati". È anche un mercato flessibile ed elastico. Secondo un'analisi della Ifsl di Londra, circa due terzi dell'anidride carbonica trattata proviene da risparmi interni alle 12 mila aziende interessate. Un terzo è il frutto dei Cdm, sorta di certificati di buona condotta, che le imprese si guadagnano, riducendo l'anidride carbonica prodotta da altre aziende, in altri paesi. Siccome l'effetto serra è una partita di giro globale, poco importa se la riduzione avviene nella centrale di casa o in Cina. I relativi certificati (dove la riduzione viene verificata da esperti indipendenti e poi dall'Onu) sono una polizza contro l'aumento delle proprie emissioni, ma possono essere anche rivenduti. Così, la Shell convoglia la sua anidride carbonica nelle serre agricole, che altrimenti dovrebbero produrla in proprio. La Bunge, una multinazionale Usa, ha inventato un sistema per estrarre il metano (un gas serra assai potente) dagli escrementi degli allevamenti dei maiali: invece che disperdersi nell'atmosfera viene utilizzato per produrre energia. La strada battuta dai più è quella di migliorare l'efficienza di impianti vecchi e obsoleti in Cina o in India. È qui che l'Enel si è impegnata: "È importante - dice Russo - perché se questi interventi non li facessimo noi, loro non li farebbero". Il problema, in prospettiva, per chi va a caccia dei certificati, è che, man mano che gli impianti più obsoleti si esauriscono, rendere più efficienti quelli meno antiquati diventa più difficile e costoso.

Ma non è necessariamente un male. Il successo più importante del mercato europeo delle emissioni è aver fatto entrare nella testa (e nei conti) delle aziende che la Co2 è un costo, non generico e collettivo, ma concreto, misurabile e individuale. "Noi ormai - spiega Russo - la consideriamo una materia prima come le altre: compriamo e vendiamo carbone, gas. E anidride carbonica". L'effetto sulla competitività delle diverse fonti di energia, a seconda del loro maggiore o minore impatto sull'effetto serra, è decisivo. Il primo passaggio è dal carbone al gas, ma la posta in gioco sono le energie alternative, comprese (ma non solo) le rinnovabili. Gli esperti del Mit di Boston calcolano che, solo con un prezzo dell'anidride carbonica intorno ai 30 euro la tonnellata, il chilowattora prodotto da una centrale atomica (zero Co2) ha un costo competitivo con quello prodotto da una centrale a gas. Per quello prodotto con tecnologie nuove, come l'isolamento e il seppellimento dell'anidride carbonica di una centrale a carbone, basterebbe un prezzo della Co2 di 25 euro. E, per solare e vento, a questi prezzi, diventerebbero inutili i sussidi. A conferma di un'antica verità: per far capire quanto è importante una cosa, non c'è niente di meglio che farla pagare.

(9 luglio 2007)

il pericolo..... è il nostro mestiere!




Dal sito http://www.alessandroguido.it
un fumetto sul rigassificatore....


giovedì 5 luglio 2007

Presentati i tre ricorsi dal Comitato contro il Rigassificatore


Oggi, giovedì 5 Luglio alle ore 10,30 presso UIL Provinciale (piazzale Dante - zona Bestat), si è tenuta la conferenza stampa per la presentazione di 3 Ricorsi per il Rigassificatore di Taranto.
Leo Corvace, membro del Comitato contro il rigassificatore, ha presentato i ricorsi elaborati, per richiedere la revoca del Nulla Osta di Fattibilità preliminare rilasciato dal Comitato tecnico Regionale, la revoca dell' Atto di Assenso da parte della Provincia di Taranto al progetto di realizzazione di un terminale di rigassificazione proposto dalla "gas Natural", e affinchè la Soprintendenza esprima parere negativo circa la compatibilità ambientale e paesaggistica del progetto di realizzazione di un terminale di rigassificazione.
Sono scaribili da questo sito i tre ricorsi oggetto della conferenza stampa cliccando qui sotto:

ricorso NOF
ricorso Provincia
ricorso Soprintendenza

Dal Comitato per Taranto, Antonietta

lunedì 2 luglio 2007

Lettera aperta al Sottosegretario Laura Marchetti



Questa che segue è la lettera indirizzata al Sottosegretario all'ambiente, Laura Marchetti.


Gentile Sottosegretario,

le scriviamo come persone impegnate in difesa dell'ambiente ed estremamente preoccupate per quanto sta avvenendo a Taranto. Le scriviamo sia per la sua sensibilità ambientalista sia per essere Lei, come pugliese, la figura di riferimento più vicina alla nostra regione e alla nostra città.
Taranto è stata dichiarata per legge "città ad alto rischio di crisi ambientale" e con decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 1998 è stato approvato il "Piano di disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Taranto".

Ciò nonostante i livelli di inquinamento della città sono saliti.

Non solo: essi rischiano di aumentare con il raddoppio della raffineria Agip. A ciò si aggiunge il progetto di rigassificatore che sorgerebbe, come da progetto, a soli 775 metri dalla raffineria Agip, di cui è stato avviato l'inter di VIA per valutare gli effetti del suo raddoppio.

A Taranto sta accadendo qualcosa di gravissimo. Rimane infatti lettera morta quella legge avrebbe dovuto tutelarci e assicurarci un futuro più sicuro e meno inquinato. E dall'altra parte avanzano i processi di aumento del rischio industriale e di incremento dei pesi ambientali complessivi che gravano sul territorio.
A Taranto sono previsti per l'Ilva livelli di emissione di diossine 100.000 volte superiori (a metro cubo) rispetto ad un inceneritore. Sono cose paradossali che ci umiliano e ci preoccupano profondamente perché rendono l'idea di quanto poco valga la vita umana di un meridionale e di un tarantino in particolare.
A Taranto si stima venga immessa nell'aria il 90% della diossina italiana, il 49% del mercurio immesso in aria e il 62% del mercurio immesso in acqua, segnando negli ultimi anni un crescendo costante quanto preoccupante. Per aver diffuso in conferenza stampa questi ultimi due dati sul mercurio, tratti dal sito dell'APAT, l'Ilva ha sporto querela per "procurato allarme", nonostante si tratti di dati ufficiali stimati sulla base delle stesse informazioni che l'Ilva comunica al Ministero dell'Ambiente.

Accade quindi il paradosso che a Taranto divenga "rischioso" non tanto inquinare ma parlare di inquinamento utilizzando gli stessi dati ambientali che voi avete sui vostri siti Internet. E ci troviamo di fronte all'assurdo che chi inquina quereli chi informa sulle emergenze ambientali.

Ci rivolgiamo quindi a Lei per tre motivi.

Primo: perché segua in prima persona la procedura di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) relativa al rigassificatore e al raddoppio della raffineria Agip

Secondo: perché l'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) che in queste settimane è stata attivata proceduralmente preveda un drastico abbassamento delle autorizzazioni alle emissioni, riducendo i livelli di diossina a 0.4 nanogrammi a metro cubo e portando il mercurio a livelli drasticamente sempre più bassi e in prospettiva allo zero, così come richiede la normativa europea.

Terzo: che venga pienamente coinvolta in una "procedura partecipativa" la nuova Amministrazione Comunale e il Consiglio comunale, da poco insediati, assicurando che al contempo siano pienamente coinvolti i cittadini e le loro espressioni di cittadinanza attiva (comitati, associazioni, ecc.) essendo in ciò molto chiara la normativa europea
(essa parla di consultazione del "pubblico" sia per la VIA sia per l'AIA).

Pertanto attendiamo una risposta a questa nostra lettera aperta che scriviamo con un profondo senso di preoccupazione e di angoscia per la sorte di una città e di una provincia in cui negli ultimi 30 anni sono raddoppiati i morti per tumore giungendo negli ultimi anni a "stabilizzarsi" in ambito provinciale sul "record" dei 1200 decessi annui.

Distinti saluti

Il Comitato per Taranto



Solidarietà per chi denuncia il disastro ambientale di Taranto

Si riporta qui di seguito una lettera di solidarietà che è stata inviata dal Partito Umanista ai tre querelati:

"Il 31 maggio scorso si tiene una conferenza stampa in cui viene denunciato un caso di scempio dell’ambiente. (...)
L’arma del delitto è il mercurio. Il presunto colpevole è l’Ilva di Taranto che, secondo i dati snocciolati nella conferenza stampa, disperderebbe nel mare e nell’atmosfera la bellezza di due tonnellate all’anno di mercurio. Il mercurio versato solo nel mare di Taranto è passato dai 118 chili del 2002 ai 665 chili stimati per il 2005. Con tale aumento l'Ilva di Taranto si aggiudica la maglia nera a livello nazionale con il 62,5% di tutto il mercurio stimato per la grande industria.
Gli accusatori sono Alessandro Marescotti (presidente di PeaceLink), Francesco Sorrentino (segretario della Uil di Taranto) e Giulio Farella (Comitato contro il rigassificatore di Taranto).

Apprendiamo dal presidente di PeaceLink che il padrone dell’Ilva, Emilio Riva, li ha querelati per "diffusione di notizie false e tendenziose e procurato allarme".
Secondo l’industriale i dati presentati sono «il fuorviante frutto di una ricerca effettuata su parametri fittizi costituiti da limiti di rilevabilità mai superati dall’azienda ed in particolare effettuando una mera stima delle emissioni di sostanza inquinante».

La dichiarazione di Riva verrebbe però smentita dal fatto che, come si può anche leggere su www.tarantosociale.org dove esiste un vero e proprio dossier sull’argomento, i dati resi pubblici durante la conferenza stampa sono il frutto di una ricerca mirata sul mercurio negli archivi del sito dell’agenzia governativa APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici).
Il database INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) stima una dispersione in atmosfera per la grande industria italiana di 2821 chilogrammi di mercurio, di cui il 49% proviene da Taranto.
La reazione del padrone dell’Ilva rende ancora più probabile il fatto che i dati resi pubblici da Marescotti, Sorrentino e Farella corrispondano effettivamente alla verità.
Emilio Riva, proprio in questi giorni, è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo per la morte, avvenuta nello stabilimento siderurgico di Taranto nel 2002, di un giovane allievo in corso di formazione, messo a svolgere un’attività ispettiva vicino ad un grosso macchinario in una zona non a norma di sicurezza, senza cintura di sicurezza e caduto da una camminata senza parapetto su un nastro trasportatore, da cui non è riuscito a svincolarsi perché aveva una gamba incastrata negli ingranaggi.
Riuscirà a sfuggire anche alle accuse per questo disastro ambientale?

Il Partito Umanista esprime tutta la sua solidarietà nei confronti di Marescotti, Sorrentino e Farella, che coraggiosamente hanno reso nota una situazione non più sostenibile, affrontando, con le mani nude della denuncia non-violenta, la violenza ambientale di personaggi resi potenti anche da ben nascoste connivenze politiche.

Carlo Olivieri – Partito Umanista"