lunedì 30 aprile 2012

Aiaiaia!

Autorizzazione ambientale all’Ilva, parte la revisione. Al via il tavolo ministeriale Parte oggi a Roma, al ministero dell’Ambiente, la procedura per la revisione dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale concessa all’Ilva. Come stabilito durante l’incontro a Palazzo Chigi di due settimane fa, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, riceverà i tecnici Ilva per avviare il confronto su quelle parti dell’Aia da ridiscutere. L’Autorizzazione integrata ambientale fu concessa all’Ilva la scorsa estate non senza roventi polemiche. All’epoca fu l’ex ministro Stefania Prestigiacomo a rilasciare l’Aia, in pratica scontentando tutti. Da un lato gli ambientalisti che, già esclusi dal dibattito finale sul rilascio dell’autorizzazione, dopo una prima fase in cui furono ascoltate le loro ragioni, ritennero l’Aia rilasciata all’Ilva troppo «morbida» rispetto alla necessità di ridurre le emissioni inquinanti dello stabilimento siderurgico. Dall’altro l’Ilva che ritenne il documento, in alcune sue parti, eccessivamente «duro», tanto da far ricorso successivamente al Tar contro alcune prescrizioni. In mezzo le istituzioni, a partire dal Comune di Taranto (e quello di Statte), che parteciparono alla fase del rilascio dell’Aia. In particolare il Comune di Taranto puntò politicamente sull’Autorizzazione integrata ambientale come strumento «risolutivo» delle questioni ambientali. L’Amministrazione ha poi rivisto le proprie posizioni sotto la spinta dell’inchiesta della magistratura sull’inquinamento da diossina. Gli esiti delle perizie disposte dal gip Patrizia Todisco - contestate dall’Ilva - hanno spinto il Comune a «riflettere». I dati dei periti su un inquinamento ancora rilevante, malgrado gli interventi di questi anni, e sull’indice di mortalità per tumori legati all’inquinamento sono stati la premessa per nuove ordinanze del sindaco Stefàno destinate nei fatti a rendere più stringenti le prescrizioni dell’Aia. L’Ilva, anche in questo caso, ha fatto ricorso al Tar. Nel frattempo però la questione è approdata alla Regione Puglia. Durante l’incontro tra il ministro dell’Ambiente, Clini, il presidente della Regione, Nichi Vendola, e il sindaco, Ezio Stefàno, è stata così decisa la riapertura della procedura per il rilascio dell’Aia. Tralasciando la questione del campionamento in continuo delle emissioni di diossina, sul tavolo del ministero oggi ci saranno diversi argomenti sui quali il governo dovrà confrontarsi con i tecnici Ilva. Sempre a proposito del campionamento in continuo delle diossine, il Gruppo Riva ha avviato un percorso sperimentale. I tempi in realtà sono maturi per una rapida accelerazione anche perché il campionamento è previsto nel testo iniziale della legge contro le emissioni di diossina varata dalla Regione Puglia nel 2008 e fu poi «emendato» nel testo varato con la mediazione del governo nel febbraio 2009. Quanto alle altre emergenze ci sono la questione della copertura dei parchiminerali e le emissioni di benzoapirene a tenere banco, ricordando, a proposito di quest’ultimo punto, che la Regione è in procinto di varare una nuova legge sui tagli alle sostanze inquinanti. La discussione al ministero non è escluso prenda in considerazione altri aspetti come quello dell’inquinamento del suolo e dell’acqua. In particolare il primo punto rimanda direttamente alle bonifiche. Partita sulla quale il governo Monti ha mostrato la volontà di esserci istituendo un tavolo specifico che dovrebbe partire a breve. [fulvio colucci GdM]

venerdì 27 aprile 2012

Il Governo punta sul petrolio – Il ruolo del progetto Tempa Rossa Il premier Mario Monti punta forte sul petrolio. Ed uno dei suoi “bracci armati”, il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, si è subito messo all’opera per attuare nel più breve tempo possibile, una nuova strategia energetica per l’Italia, che mira al rilancio della produzione nazionale di idrocarburi. Lo stesso Passera ha infatti dichiarato che “ci sono riserve ingenti di gas e petroliouna parte importante delle quali è attivabile in tempi rapidi, consentendo di soddisfare il 20% dei consumi, contro l’attuale 10“. Trovando una sponda fertile nel presidente di Assomineraria, Claudio Descalzi, che da anni va ripetendo come “il settore estrattivo e, in particolare quello dell’esplorazione e produzione di idrocarburi, può investire ingenti risorse finanziarie per lo sviluppo di giacimenti a terra e a mare, soprattutto nelle regioni del Sud, con particolare attenzione per la Basilicata” (il Sole24Ore). E’ sempre lei, l’”Arabia Saudita italiana”, ad essere al centro dei pensieri della politica e dei suoi tecnocrati. Ed alla Basilicata e al suo petrolio, Taranto è da sempre legata. Non solo metaforicamente, ma anche e soprattutto praticamente, “grazie” all’oleodotto di Viggiano che arriva direttamente all’interno della raffineria Eni partendo dalla Val’Agri, cuore pulsante degli interessi nazionali ed internazionali (vedi progetto “Tempa Rossa”). E i primi passi in tal senso, a livello istituzionale, sono stati già mossi. Prima con l’impegno del Governo per la sigla del Memorandum, poi con l’articolo 16 del testo sulle liberalizzazioni ed infine con l’intesa raggiunta nel Consiglio regionale della Basilicata. A molti infatti, è sfuggito nei giorno scorsi il vertice che si è svolto a Roma, tra l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ed il governatore lucano Vito De Filippo. Dove si è parlato di sicurezza, ambiente e lavoro che le compagnie petrolifere dovrebbero garantire al territorio lucano. E non solo, aggiungiamo noi. Ma il vertice aveva un obiettivo ben preciso, peraltro raggiunto: quello di ottenere il sì al completamento del programma di produzione in Val d’Agri: sono attualmente 24 i pozzi in produzione, di cui uno di reiniezione. Nove sono ancora da realizzare, tre dei quali adibiti alla ricerca. Ogni pozzo prevede nella fase di perforazione l’impiego di una media di 130 addetti. Pronti a partire anche i lavori per la quinta linea del ‘Centro Olio’. Dureranno dai 20 ai 24 mesi, con un investimento di 250 milioni: ricadute occupazionali intorno alle 400 unità, con un massimo ipotizzato di 700 unità, cui si aggiungono le imprese dell’indotto. Attualmente, i lavoratori dell’Eni al Centro Olio sono circa 300, mentre gli indiretti (i contrattisti all’interno dell’impianto) sono 1.700. Ed ovviamente sul tavolo non poteva mancare il progetto “Tempa Rossa” gestito in concessione dalla Total. A cui manca soltanto l’autorizzazione definitiva dell’Unmig (Ufficio nazionale minerario per gli drocarburi e le georisorse). In attesa, dopo l’ultimo ok al progetto definitivo da parte del Cipe, come riportammo giorni addietro sono stati firmati i primi contratti. L’Ati tra Tecnimont Spa e Tecnimont KT si è aggiudicata, per 500 milioni, la realizzazione del Centro Olio di Corleto Perticara, in cui saranno trattati e stabilizzati petrolio, acqua e gas associato. I lavori di costruzione dell’impianto, che partiranno il 14 maggio e dureranno tre anni, avranno ricadute occupazionali fino a 1.000 unità. Alle aziende locali, invece, sono state lasciate soltanto le briciole: 60 milioni di euro per i lavori civili, ovvero di preparazione per quelli che saranno effettuati dalla Maire Tecnimont. Stessa cosa avverrà alla raffineria Eni di Taranto, che ha programmato lavori per 300 milioni di euro, che potrà effettuare soltanto un’azienda con bilancio minino annuale da 250 milioni di euro: con un bando scaduto nello scorso anno, ma di cui ancora non si conosce la ditta vincitrice. Anche se, al centro degli interessi, resta sempre l’intero sottosuolo della Basilicata, come quello di gran parte del Paese, ancora inesplorato. Sempre sul “Sole24Ore” di ieri, il direttore generale Risorse minerarie ed energetiche del dipartimento Energia del Mse, Franco Terlizzese, ribadiva il concetto: “Sono leggermente aumentate le produzioni nazionali: ma il problema è che in Italia non si fanno pozzi esplorativi, necessari per uno sviluppo oculato dei giacimenti. È necessario spingere le compagnie petrolifere a investire in ricerca per creare un patrimonio di conoscenza che l’Italia e in particolare la Basilicata ci auguriamo riescano a ottenere“. In tutto questo, non c’è spazio per parlare di tutela della salute e dell’ambiente. Né per avanzare anche solo l’ipotesi di un’economia che può e deve ritornare a quelle che sono le bellezze e le risorse vere di un territorio. Si pensa soltanto a scavare quanto più a fondo possibile. In spregio a tutto il resto. La produzione attuale è di circa 85mila barili/giorno nel giacimento lucano dell’Eni (con una partecipazione minoritaria di Shell) in Val d’Agri, ma si punta ad arrivare a circa 130mila con il nuovo Piano di sviluppo in corso di trattativa tra Eni e Regione Basilicata. A cui vanno aggiunti i 50mila barili al giorno che saranno prodotti dalla Total (anch’essa con Shell socio di minoranza) col giacimento di ‘Tempa Rossa’. In tutto, parliamo di circa 180mila barili di petrolio al giorno. Chapeau. (G. Leone - Tarantoggi)

Ilva in musica

Ilva e Taranto nel disco d’esordio del cantautore Michele Maraglino Torna Michele Maraglino, cantautore classe 1984 che aveva fatto parlare di se con il suo primo EP, uscito il 21 Giugno 2010 dal titolo “Vogliono solo che ti diverti”, soprattutto per il brano “L’aperitivo”. Ora a distanza di 2 anni arriva il tanto agognato traguardo del primo album. Il 14 Settembre 2012, infatti, uscirà per La Fame Dischi “I Mediocri”, il disco d’esordio del cantautore tarantino trapiantato a Perugia da diversi anni. Ed è proprio Taranto, una delle città più inquinate dell’Europa occidentale (soprattutto per l’ILVA, il più importante stabilimento italiano per la lavorazione dell’acciaio in Europa), il tema della canzone che anticipa di qualche mese l’uscita del disco. (Inchiostroverde)

giovedì 26 aprile 2012

Ci voleva lo straniero per notarlo?

Spot Ilva: è polemica. Bonelli presenta esposto ad Agcom: “Pubblicità ingannevole” (24 aprile 2012) TARANTO – «Riteniamo necessario ed urgente che l’Autorità Garante per le Comunicazione intervenga immediatamente per verificare se lo spot dell’Ilva sia pubblicità ingannevole, che nasconde elementi della realtà di Taranto. Per questa ragione abbiamo deciso di presentare un esposto all’Autorità alla quale chiediamo di pronunciarsi rapidamente»: a dichiararlo il leader dei Verdi e candidato sindaco di Taranto Angelo Bonelli. Al centro della questione lo spot lanciato dallo stabilimento siderurgico del capoluogo ionico che da alcune settimane viene trasmesso da emittenti televisive locali e nei cinema. Il filmato in questione, secondo l’ecologista, descriverebbe una realtà “profondamente diversa’’ da quella che è sotto gli occhi non solo dei tarantini, ma di tutti gli italiani. Per questo motivo, Bonelli ha deciso di inviare un esposto all’Agcom in modo che vengano presi eventuali provvedimenti. «É singolare che questo spot sia stato realizzato e diffuso proprio durante la campagna per le Comunali di Taranto, campagna fortemente segnata dalla questione ambientale e dall’inquinamento che a Taranto, la città più inquinata d’Italia e d’Europa, è diventata una emergenza sanitaria gravissima e dolorosa – ha riferito Bonelli – è altrettanto singolare che questi spot arrivino proprio quando la perizia epidemiologica della Procura di Taranto, divenuta prova, ha dimostrato come l’inquinamento nella città che ospita il più grande polo siderurgico d’Europa provochi gravi patologie ed un alto tasso di mortalità. A Taranto, dove i bambini hanno un’aspettativa di vita inferiore di quella degli altri bambini, è necessario avviare una riconversione ecologica delle attività economiche». Ora, ha infine concluso Bonelli, è giunto il tempo di voltare pagina e di creare occupazione e benessere con bonifiche e la ricostruzione di un ambiente “distrutto e saccheggiato’’. (Il quotidiano italiano - Taranto) Ecco lo spot: Per una nota sullo spot appena uscito clicca qui.

mercoledì 25 aprile 2012

Cozze al palo!

Cozze, trasferimento in Mar Grande: ecco la determina – Troppo tardi? E’ stata finalmente partorita la determina della direzione Sviluppo Economico e produttivo con la quale il Comune stabilisce modalità e criteri di assegnazione degli specchi acquei antistanti il Lungomare. Il documento è disponibile da ieri anche sul sito del Centro Ittico Tarantino. Un passo in avanti che arriva però con notevole ritardo. La necessità di trasferire i mitilicoltori dal primo seno di Mar Piccolo, inquinato da Pcb, nel Mar Grande risultava urgente sin dalla fine del 2011. L’eccessiva burocrazia (e non solo) ha reso, però, questo percorso incredibilmente lento e accidentato. Il rischio di perdere anche la produzione del 2012 (oltre due milioni di euro) resta sempre dietro l’angolo. Ci vorranno sei mesi, infatti, per ottenere la classificazione delle acque per la mitilicoltura e di questo passo (l’iter per il trasferimento appare lungo e impegnativo) si rischia di arrivare sul mercato troppo tardi quando il prodotto non potrà essere più vendibile. E nel frattempo, c’è da chiedersi: riusciranno i mitilicoltori a sostenere gli ingenti costi legati al trasferimento? E il novellame rimasto ancora nel primo seno di Mar Piccolo eviterà una nuova contaminazione? Alessandra Congedo (inchiostroverde Riportiamo una sintesi della determina. PRESENTAZIONE DOMANDA – I soggetti interessati possono presentare domanda in carta semplice di assegnazione di specchio acqueo al Centro Ittico Tarantino S.p.a e solo successivamente all’assegnazione degli stessi, secondo quanto disposto dal presente documento, dovranno presentare al Servizio Demanio Marittimo del Comune di Taranto, richiesta di concessione demaniale marittima temporanea. Saranno prese in considerazione solo le domande pervenute nel rispetto delle modalità e dei termini stabiliti dal presente documento. LE AREE – Al fine di consentire una rapida individuazione le aree suddette sono state suddivise in zone della superficie di 500 mq. RICHIEDENTI – Possono presentare istanza per l’assegnazione di specchi acquei in Mar Grande: A) le imprese costituite in forma singola o associata provviste di regolare titolo concessorio nel 1° seno del Mar Piccolo; B) le imprese costituite in forma singola o associata provviste di regolare titolo concessorio nel 1° seno del Mar Piccolo e che hanno presentato formale e accertata richiesta di concessione demaniale marittima in sanatoria nel 1° seno del Mar Piccolo e ricadenti all’interno dei campi mitili individuati dal Decreto n. 13 del 2001 emanato dalla Capitaneria di Porto di Taranto e ss.mm.ii.. C) le imprese costituite in forma singola o associata che hanno presentato formale e accertata richiesta di concessione demaniale marittima in sanatoria nel 1° seno del Mar Piccolo e ricadenti all’interno dei campi mitili individuati dal Decreto n. 13 del 2001 emanato dalla Capitaneria di Porto di Taranto e ss.mm.ii.. MODALITA E TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE ISTANZE – I soggetti interessati, entro 10 giorni dalla pubblicazione del presente documento, a pena di esclusione, possono presentare domanda di assegnazione in carta libera, recapitandola in originale presso gli uffici del Centro Ittico Tarantino S.p.a. Via delle Fornaci n.4, nei giorni feriali dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e il martedi’ ed il giovedi’ dalle ore 15,00 alle ore 18,00. La domanda va formulata utilizzando l’Allegato 1), compilato in ogni sua parte, datato e sottoscritto, completa della fotocopia del documento di identità in corso di validità e degli allegati ivi richiesti, a pena di esclusione. La mancata presentazione dell’istanza, entro i termini e le modalità suddette, sarà considerata rinuncia all’assegnazione di specchio acqueo. Entro i successivi 15 giorni dall’assegnazione provvisoria, pena la decadenza della stessa, dovrà essere presentata regolare domanda di concessione demaniale marittima temporanea presso il Servizio Demanio Marittimo del Comune di Taranto. CRITERI DI ASSEGNAZIONE SPECCHI ACQUEI – Atteso che la superficie disponibile risulta inferiore a quella occupata nel 1° seno del Mar Piccolo, il Servizio Demanio del Comune di Taranto, sulla scorta dell’istruttoria curata dal Centro Ittico Tarantino S.p.a., determinerà la superficie dello specchio acqueo a ciascuno spettante come di seguito indicato: - prioritariamente, al fine di salvaguardare i diritti acquisiti dalle Ditte già operanti nel 1° seno, di cui all’art.2 lettera A, e provviste di regolare titolo concessorio, a quest’ultimi sarà assegnata una superficie pari al 50% di quella già regolarmente concessa nel 1° seno del Mar Piccolo; la superficie residua sarà assegnata ai richiedenti di cui all’art.2 lettere B e C. sulla scorta delle domande pervenute, come di seguito specificato. A ciascun richiedente di cui all’art. 2 lettera B, sarà assegnata una superficie pari 50% dell’area già in concessione, incrementata della percentuale da definirsi, della porzione richiesta in sanatoria. Ai richiedenti di cui all’art.2 lettera C, sarà assegnata una superficie determinata dalla suddetta percentuale da definirsi di quella richiesta in sanatoria nel 1° seno del Mar Piccolo. Nello stilare le graduatorie per l’assegnazione, sub priorità viene individuata nella maggiore superficie da occupare. Nel caso in cui dovesse risultare che due o più richiedenti posseggano i medesimi requisiti per stabilire la priorità di attribuzione sarà effettuato un sorteggio. Completata la graduatoria conformemente ai criteri enunciati si effettuerà l’assegnazione degli specchi acquei che avverrà partendo dal punto individuato con il n. 4 nella planimetria generale dell’area (allegato A ) e procedendo da sud verso nord e da ovest verso est. Saranno assegnate tante zone intere di 500 mq fino al raggiungimento della superficie concedibile, sia per difetto (fino a 250 mq) sia per eccesso (superiore e 250 mq). MODALITA’ DI TRASFERIMENTO NOVELLAME – Secondo quanto disposto dal Dipartimento di Prevenzione della ASL di Taranto con nota prot. n. 582/IA del 14/02/2012 ogni allevatore che intenda spostare il novellame di mytilus galloprivincialis, come considerato dal D.P.R. 2 ottobre 1968 n. 1693, attualmente allocato nel 1° seno del Mar Piccolo, in altre aree classificate o nella nuova area individuata in Mar Grande, dovrà essere in regola con la Concessione Demaniale e con la registrazione a seguito di presentazione di DIA sanitaria presso il Servizio Veterinario di Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche; dovrà altresì chiedere idonea deroga all’Ordinanza n.1989 del 22.07.2011 di blocco del prelievo e movimentazione dei mitili del primo seno di Mar Piccolo comunicando, 48 ore prima, lo spostamento del prodotto allo stesso Servizio. CARATTERISTICHE DEGLI IMPIANTI DA INSTALLARE – In generale i filari dell’impianto di molluschicoltura, finalizzati all’allevamento di mitili e non alla captazione del seme, dovranno essere realizzati secondo i disposti riportati nel Decreto n. 13 del 2001 emanato dalla Capitaneria di Porto di Taranto e ss.mm.ii.. La sistemazione dell’area, sarà compiuta con l’impiego di tecnologie a basso impatto ambientale. Il filare che potrà avere una lunghezza variabile che comunque non potrà superare i m 100,00, sarà costituito da una serie di galleggianti fra loro collegati (impianto long-line).

lunedì 23 aprile 2012

Taranto, nasce ArcheoTower e la cultura torna protagonista

Un sindaco che la città di Taranto dimenticherà difficilmente è Rossana Di Bello, la prima donna a sedere sullo scranno di primo cittadino della città dei due mari. La sua “era” è iniziata il 30 aprile del 2000 e si è conclusa drammaticamente nel 2006, dopo la rielezione ottenuta nel 2005. Negli anni in cui ha governato la città, si ricordano numerose opere realizzate con fondi europei, ma di poche Taranto sentiva realmente la necessità. Fontane che realizzavano giochi d’acqua in Mar Grande, lampade colorate che illuminavano il Palazzo di Città, e l’Archeo Tower. Quest’ultimo, nonostante il nome altisonante, altro non è che un punto informazione all’interno di un grande parco archeologico che custodisce le antiche mura greche della città, oltre 20 mila metri quadrati di prato, alberi, fontane e percorsi pedonali. Tutto inaugurato in fretta e furia nel 2005 in piena campagna elettorale, competizione che la Di Bello vinse a mani basse. Nonostante la schiacciante vittoria, il 18 febbraio 2006 Rossana Di Bello, in seguito alla condanna a un anno e quattro mesi per abuso d’ufficio e falso ideologico, si dimette da sindaco di Taranto. Più avanti la Di Bello verrà assolta da quell’accusa, ma la città, intanto, viene affidata al commissario straordinario Tommaso Blonda, il quale, poco dopo essersi insediato, dichiara ufficialmente il dissesto finanziario del Comune di Taranto, scoprendo una passività di 357 milioni di euro. I 98 mq della sala ristoro dell’Archeo Tower, il suo solarium, la terrazza belvedere e l’ampio parco vengono abbandonati al loro destino. Un destino che è cambiato lo scorso 16 marzo, quando i ragazzi che già in passato avevano occupato l’ex scuola Martellotta, dando vita al Clororosso, sono entrati nello stabile. E proprio la delusione nata dal tradimento del protocollo d’intesa relativo al futuro del Clororosso, firmato con l’amministrazione comunale, ha portato questi ragazzi a occupare l’edificio all’interno del parco archeologico. Il 5 gennaio del 2011, infatti, firmano un documento in cui, a fronte dello sgombero dell’ex scuola Martellotta, il comune si impegnava ad individuare una sede alternativa per gli attivisti, in attesa del completamento dei lavori di messa in sicurezza della Martellotta. Ma i lavori non sono ancora iniziati e la sede provvisoria non è mai stata individuata. «In risposta alle inadempienze dell’amministrazione comunale – si legge sulla pagina Facebook degli attivisti –in merito alla riapertura dell’ex scuola Martellotta, abbiamo riaperto la struttura dell’ArcheoTower presso il Parco archeologico di Via Venezia». E questi ragazzi, che con le mani in mano proprio non ci sanno stare, non sono riusciti a limitarsi a entrare nello stabile, ma una volta dentro si sono messi immediatamente a lavoro. E così quello che era un luogo abbandonato, rifugio di teppisti e tossicodipendenti, è tornato ad essere un luogo a disposizione del quartiere. Le pareti, ricoperte da scritte e dalla fuliggine sollevata dai falò accesi all’interno dello stabile, sono state rimbiancate, le tantissime siringhe abbandonate dai tossicodipendenti e i numerosi rifiuti accumulatisi nel corso degli anni sono stati raccolti e smaltiti, i pavimenti e le terrazze ripulite da capo a piede. Nel vialetto d’accesso i ragazzi hanno addirittura iniziato a costruire un mosaico. E nell’Archeo Tower, abbandonato da ormai sette anni, sono arrivate conferenze, assemblee, incontri, mostre fotografiche ed estemporanee di pittura. Quello che era stato pensato per essere un cardine culturale della città è tornato ad animarsi. Ora a questi ragazzi non resta che sperare che il prossimo primo cittadino rispetti il protocollo d’intesa firmato lo scorso 2011. Loro hanno dimostrato di meritarsi uno spazio in questa città Le foto della gallery sono state scattate dai ragazzi di ArcheoTower Pierfrancesco Demilito (mediapolitika)

sabato 21 aprile 2012

Tempi rapidi???

Dopo il Tavolo tecnico a Roma: Tempi rapidi e misure rigorose per la nuova AIA all’IlVA Un accordo di programma e risorse certe per le bonifiche “ Il tavolo romano è stato, come si prevedeva, interlocutorio. Positivo è che le problematiche ambientali locali siano state elevate a questione nazionale, ma il rischio è che dopo i riflettori ci si incunei in percorsi dai risultati modesti e di facciata ”. Questo il commento di Legambiente dopo la riunione dello scorso 17 aprile a Roma. “E’ già accaduto nel passato con gli atti di intesa 2002/2005:” – continua la nota di Legambiente – “il tavolo parallelo sullo sviluppo insediato a Roma si perse strada facendo. Mentre all’Ilva veniva concesso - tra le proteste di Legambiente e una città silente - di incrementare produzione ed inquinamento”. La partita fondamentale, in realtà, si gioca soprattutto sulla riapertura dell’AIA . E’ in questa procedura che si decidono le modalità di gestione ambientale dell’Ilva. Legambiente si è già attivata ed attrezzata nel merito. Ha inoltrato al Ministero dell’Ambiente richiesta di partecipazione e consegnato una relazione descrittiva dei 26 punti che ritiene irrinunciabili (pur se non esaustivi) per la nuova AIA. L’associazione aveva peraltro già formulato osservazioni sui diversi pareri espressi, a partire dal 2009, dalla commissione IPPC, intervenendo anche sugli aspetti tecnici del processo produttivo dell’Ilva. Tali osservazioni sono state però scarsamente considerate da una commissione IPPC e da un ministero dell’ambiente (all’epoca Stefania Prestigiacomo) appiattiti sulle posizioni dell’Ilva. “L’obiettivo, con la riapertura dell’AIA, è sempre lo stesso” afferma Legambiente: “l’adozione delle tecnologie e delle prescrizioni più severe per poter drasticamente abbattere gli attuali livelli di inquinamento”. Legambiente, dopo i 26 punti, si predispone a redigere nuove osservazioni aggiornando quelle già presentate alla luce dei nuovi Bref (Migliori tecnologie ) approvati in sede europea. La riapertura dell’AIA per l’ILVA non è però sufficiente secondo l’associazione: occorre applicare l’accordo di programma sottoscritto l’11 aprile 2008 e riconsiderare tutte le AIA sinora concesse in rapporto alle criticità ambientali globali e tra loro interdipendenti del territorio. Infine, occorre chiarezza sulle bonifiche. Allo stato attuale non esiste alcuno studio o ricerca che quantifichi costi e personale necessario per risanare il territorio e indichi tipologie e modalità degli interventi necessari. Non solo; per quanto riguarda l’Ilva, la conferenza dei servizi sul SIN è ancora in corso e, dopo dieci anni di lavori, è ancora lungi dal concludersi. ll piano di caratterizzazione dell’Ilva non è stato ancora approvato definitivamente e di conseguenza neanche l’analisi di rischio e, men che meno, il progetto di bonifica. I provvedimenti di messa in sicurezza - sbandierati in questi giorni - imposti all’azienda da Ministero dell’Ambiente e conferenza dei servizi del SIN fin dal 2006, sono stati impugnati dall’Ilva ben cinque volte sino ad essere definitivamente affossati dal TAR con sentenza del 23 febbraio 2012. Più che la propaganda dunque, oggi occorre affrontare di petto questa situazione. Obiettivo prioritario è la stipula di uno specifico accordo di programma come già avvenuto per altre aree contaminate (il 16 aprile scorso ne è stato firmato uno sul SIN di Marghera - che ha una superficie persino maggiore di quello di Taranto - in cui, tra investimenti pubblici e privati, verranno mobilitati circa 5 miliardi di euro) e la chiusura al più presto di tutte le conferenze dei servizi sul SIN ancora in corso. Ma non basta. Se non si apporranno le dovute correzioni di ordine amministrativo, tecnico – progettuale e, se necessario, normativo, i provvedimenti assunti da conferenze dei servizi e Ministero dell’Ambiente continueranno ad essere bloccati dai vari TAR a Taranto come nel resto del Paese. E questa è ormai una vera emergenza che, se non affrontata, rischia di rendere “aria fritta” qualsiasi ragionamento sulle bonifiche in Italia. Legambiente Taranto e-mail: legambiente.taranto@legambiente.it

venerdì 20 aprile 2012

Sindacatini ini ini...

In premessa a questo bell'articolo, va fatta una precisazione, doverosa, per quanto scrive la giornalista: i cosiddetti "ambientalisti" (non sarebbe meglio chiamarli col loro vero nome: "cittadini partecipativi della vita della loro città"?) non si battono affatto per la chiusura dell'Ilva! Solo una parte minimissima la richiede, ma in cambio di riconversioni e bonifiche! Ilva, sindacato a perdere Operai lontani dai loro rappresentanti. Due diritti, due manifestazioni, due cartelli. «Basta veleni, basta tumore, lottiamo per una Taranto migliore!», e «Lavoratori Ilva (pensiero libero) per difendere il posto di lavoro contro le strumentalizzazioni fatte sulla nostra pelle». DUE MANIFESTAZIONI IN CITTÀ. Nella città dei due mari tutto è doppio e le contraddizioni sono all'ordine del giorno. Il 30 marzo mentre 7 mila lavoratori dell'acciaieria sfilavano in corteo sotto la prefettura e il municipio, studenti e ambientalisti manifestavano davanti al tribunale, dove era in corso l'incidente probatorio legato all'inchiesta sull'inquinamento a carico di cinque dirigenti dell'azienda di Emilio Riva, accusati di disastro colposo e doloso. MANIFESTAZIONI SENZA SINDACATI. In nessuna delle due manifestazioni però erano presenti i sindacati. Che invece avevano scioperato unitariamente il 27 marzo per sollecitare un tavolo ministeriale sul processo di ambientalizzazione dello stabilimento. Volevano evitare di diventare vittime di strumentalizzazioni: da una parte quelle dell'azienda che aveva 'sponsorizzato' la discesa in piazza degli operai proprio nel giorno dell'udienza per esercitare una maggiore pressione sulla procura. Dall'altra quelle degli ambientalisti che invece chiedevano la chiusura definitiva dell'impianto. Eppure ancora una volta la sensazione è stata quella di una forza sindacale debole, impotente davanti all'ennesimo conflitto che i lavoratori sono stati chiamati a vivere: scegliere tra il diritto alla salute e quello al lavoro. Dal socialismo reale ai tempi dell'Italsider al minimo sindacale Taranto, acciaieria Ilva. Sono finiti i tempi in cui l'Ilva era un'azienda di Stato. Quando all'Italsider il sindacato viveva una fase di socialismo reale ed esercitava un grande potere dentro e fuori l'acciaieria. Il livello di sindacalizzazione allora era del 90%, senza distinzione tra operai e impiegati. UILM PRIMO SINDACATO. Oggi il tasso di tesserati tra gli impiegati è quasi nullo e solo il 50% degli operai è sindacalizzato. Un'anomalia per un'industria metalmeccanica, accentuata ancora di più dal fatto che il primo sindacato è la Uilm. La fase di 'strapotere' del sindacato nell'Italsider, ammettono oggi gli stessi sindacalisti, ha portato a troppe degenerazioni, a casi di corruzione e tangenti. Insomma alcuni sono diventati più padroni dei padroni. LA CHIUSURA DI RIVA. Ma quando lo stabilimento passò nelle mani di Riva, l'imprenditore bresciano chiuse i confini della fabbrica creando una rottura con la città e con gli stessi sindacati. Una ferita che non si è mai rimarginata. Erano gli anni di Tangentopoli e il nuovo proprietario «ragionò come se a Taranto fossero tutti ladri», spiega a Lettera43.it Rosario Rappa, segretario generale della Fiom-Cgil, «portò all'interno ogni attività, dalle imprese pulizie alle ditte esterne di operai». PRECARI SENZA TUTELE. Poi con il cambio generazionale e l'uscita di massa di numerosi dipendenti cinquantenni, nel 2003 il 50% dei lavoratori dell'Ilva entrò in azienda con il contratto di formazione e lavoro, «e quindi per paura di ritorsioni nessuno si iscriveva al sindacato», dice Rappa. In realtà molti di questi lavoratori ancora oggi denunciano un disinteresse della loro condizione da parte proprio delle associazioni sindacali. SCONSIGLIATE LE ISCRIZIONI. «Gli operai più anziani e i sindacati ci sconsigliavano di iscriverci per non dare nell'occhio», dice Francesco, uno degli operai dell'Ilva, «ma forse era solo per non farci prendere coscienza troppo in fretta di come funzionava qua dentro». All'Ilva raccontano alcuni operai, «è tutto un ricatto occupazionale, ma i sindacati non dovrebbero permetterlo, dovrebbero lottare di più». Difficile capire se la manifestazione del 30 marzo non sia stata condizionata Capire, quindi, quanto la manifestazione del 30 marzo sia stata libera o condizionata è sempre più difficile. «Quel giorno l'azienda ci ha portato in centro dentro i pullman perché la nostra discesa facesse più effetto», dice Marco, un altro operaio. Ma la stranezza più grande è che alla vigilia, «i capireparto venivano e ci chiedevano: che fate domani? Uscite o no con l'azienda? E ci davano il volantino della manifestazione». IN PIAZZA ANCHE L'INDOTTO. Si parla di una gerarchia aziendale capillare che è riuscita a portare in piazza ben 7 mila operai. E non potrebbe essere altrimenti visto che se anche fossero stati presenti tutti quelli del primo turno si sarebbe arrivati a circa 3 mila dipendenti. Vuol dire quindi che non solo sono stati chiamati a partecipare anche quelli dell'indotto ma, che quelli del secondo e terzo turno hanno lavorato di più per non bloccare la produzione. Senza contare il fatto che quella giornata di sciopero è stata retribuita. LA CRITICA AL SINDACATO. Una situazione di cui i sindacati erano ben informati e «il massimo che sono riusciti a fare è mandare un comunicato dove sconsigliavano la partecipazione», dicono alcuni operai delusi. «Bisogna rispettare tutti», ribadiscono i sindacati, «molti lavoratori sono scesi in piazza volontariamente perché hanno temuto che quelle indagine della procura portassero alla chiusura dello stabilimento». L'APPELLO DI PALOMBELLA. «Il problema è che bisogna evitare di dividere i lavoratori, che immaginano di perdere il lavoro e la città, che vuole difendere invece l'ambiente. Noi dobbiamo evitare questa contrapposizione», ha detto il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella. «Bisogna ricomporre una città che è molto dilaniata. Conciliare lavoro e ambiente si può». Non tutti però credono alla capacità di mediazione del sindacato. «Qui si vive nell'ottica che il padrone alla fine abbia ragione», dice Mario con amarezza. «Ma se l'Ilva chiude come mangiamo?», è invece la preoccupazione del collega Sergio. Per Luca invece questa è una domanda inaccettabile, e la cosa più sconcertante «è che a chiederselo sono i giovani, che potrebbero avere anche altre prospettive». IL MITO DEL MONDO OPERAIO. Ma a Taranto, «o lavori all'Ilva, o fai domanda per entrare in Marina o al massimo diventi poliziotto», dice Fabrizio, «e io ho scelto di fare l'operaio, così come mio padre e mio zio». Prima di entrare in fabbrica, l'operaio vendeva libri porta a porta. Poi ha deciso di indossare la tuta blu: «Pensavo che quello operaio fosse un mondo forte e compatto, ma qui non è così, manca la coscienza di tutto, ti senti solo». Rappa: «Il sindacato deve anche saper trattare» Molti lavoratori non perdonano ai sindacati di essere stati per troppo tempo poco sensibili alla questione ambientale e di non aver fatto una vera lotta contro le morti sul lavoro (43 dal 1995 al 2010). Forse per paura di essere emarginati ancora di più dall'azienda. «C'è un sistema di relazioni ad personam», ammette Rappa, dove quindi per ottenere qualcosa bisogna rinunciare ad altro e ingoiare molti rospi. L'IMPEGNO DELL'ILVA. «Ma questo i lavoratori non l'hanno capito», spiega il sindacalista. Quando infatti nel 2009 per ottenere il contratto integrativo ci fu una prova di forza unitaria e i sindacati riuscirono, per la prima volta nella storia dell'Ilva, a bloccare la produzione dell'acciaieria e a ottenere ciò che chiedevano, «gli operai si sono caricati troppo e da allora vogliono sempre lottare», dice Rappa, «ma il sindacato deve anche saper trattare». Per questo oggi le sigle sindacali sono unanimi nel riconoscere all'acciaieria di aver fatto nell'ultimo periodo un investimento reale sulla sicurezza, «finalmente hanno capito che non potevano andare avanti così». SICUREZZA AMBIENTALE. Ma resta ancora il problema della sicurezza ambientale. «L'Ilva è stata una bomba ecologica fin dalla sua nascita», denuncia Rappa, «ha rappresentato 50 anni di devastazioni di cui le numerose morti e indagini sono il frutto». Un inquinamento «devastante che per i prossimi 20 anni porterà morti per amianto e altre malattie». Ma le colpe sono prima di tutto dello Stato, «che ha costruito un impianto al contrario con le cokerie e il parco minerario attaccato alla città anziché rivolto verso il mare». NON SOLO L'ACCIAIERIA. Un problema quello ambientale che lavoratori e sindacati vorrebbero risolvere con le bonifiche e l'uso di nuove tecnologie. Quello che entrambi, per una volta di nuovo uniti, vogliono scongiurare è il rischio di demonizzazione dell'acciaieria: «A Taranto non c'è solo l'Ilva. Ci sono anche la Cementir, l'Eni, i cantieri navali e l'arsenale. Il livello inquinante della base militare nel Mar Piccolo per esempio è molto alto, ma non se ne parla mai». di Antonietta Demurtas (Lettera43)

Una nuova promessa di manna dall'alto...

L'impegno degli olandesi «Taranto primo porto d'Italia» Protocollo d'intesa con l'autorità portuale di Rotterdam I due scali acquisiranno insieme nuovi traffici e vettori TARANTO - «Taranto è oggi il secondo porto d’Italia. Vogliamo farlo diventare il primo». L’ha detto ieri sera Roger Clasquin, direttore del dipartimento dell’autorità portuale di Rotterdam addetto alle relazioni internazionali, sceso in Puglia per sottoscrivere il Memorandum of Undestarting insieme con Sergio Prete, presidente dell’Authority tarantina. La firma del protocollo d’intesa è stata ospitata nella Galleria meridionale del castello aragonese affollata di autorità e addetti al settore. Ha fatto gli onori di casa l’ammiraglio Ermenegildo Ugazzi, comandante del Dipartimento marittimo, di fronte a una platea di amministratori, c’erano il sindaco Ezio Stefàno e il presidente della Provincia Gianni Florido, il prefetto Claudio Sammartino, imprenditori, sindacalisti, assessori. Nasce dunque con questo primo passo, e con questo strategico obiettivo, l’asse portuale Taranto-Rotterdam. «Già da domani (oggi, ndr) - aggiunge Roger Clasquin - avvieremo contatti con le nostre industrie e con i clienti del nostro porto per presentare le opportunità che offre lo scalo tarantino. I due porti avviano una joint venture che deve portare all’espansione e alla collaborazione più ampia possibile per potenziare le attività industriali a Taranto e a Rotterdam. Noi abbiamo puntato proprio su Taranto per la sua posizione e per lo sviluppo che avrà». «Questa collaborazione con l’autorità portuale olandese - commenta Sergio Prete - significa attrarre nuovi investimenti sullo scalo tarantino e stabilisce una collaborazione fissa tra i due terminali. Il porto di Rotterdam è guidato da una società di capitali e viene gestito con una mentalità più aperta e orientata al mercato. Ora anche Taranto è inserita in un network internazionale con scambi reciproci e vantaggi per tutti e due». Il primo contatto tra i due sottoscrittori del protocollo è nato nel 2009 quando l’Authority di Taranto era guidata dal commissario Salvatore Giuffrè. Prete ha irrobustito il rapporto sfociato ieri nel Memorandum. Tra l’altro Rotterdam, ha detto Clasquin, sta subendo meno gli effetti della crisi internazionale per due ragioni sostanziali. Innanzi tutto il porto è una infrastruttura gigantesca, poi ha alle spalle una fitta rete di industrie che lo sostiene. «E io concordo - ha commentato Prete - Taranto diventerà il primo porto italiano e la collaborazione con Rotterdam porterà allo sviluppo dei traffici. Non significa che vettori commerciali saranno dirottati da uno all’altro, ma che cresceranno insieme i due scali con l’acquisizione di nuovi traffici. Ci saranno nuove iniziative industriali sia in Olanda che qui». La piastra portuale, l’ampliamento degli sporgenti e i dragaggi, tutte opere già finanziate, vanno proprio in questa direzione. «L’accordo - aggiunge Prete - è finalizzato alla valorizzazione ed alla razionalizzazione delle aree portuali e retroportuali del nostro porto. Ciò al fine di attrarre investimenti sul territorio da parte di operatori di calibro nazionale e internazionale, oltre all’innalzamento dello standard qualitativo di tutti i servizi portuali e all’implementazione dei traffici». E l’assessore regionale ai Trasporti, Guglielmo Minervini, sottolinea che «Taranto è l’unico porto del Mediterraneo che l’autorità portuale di Rotterdam ha scelto di inserire nel proprio network internazionale. Siamo molto orgogliosi di questo risultato che consolida la funzione hub dello scalo jonico ma che rafforza complessivamente il sistema portuale pugliese, al centro delle nuove direttrici di traffico». C. Bechis (CdM) Cesare Bechis

giovedì 19 aprile 2012

Candidati facciaffaccia

Confronto sulle questioni ambientali tra i candidati a Sindaco del Comune di Taranto
Legambiente vi invita a partecipare

Venerdì 27 aprile 2012
Sala della Biblioteca civica Pietro Acclavio
Piazza Dante, 8 - Taranto - ore 17.30


Il Circolo Legambiente di Taranto organizza un confronto pubblico tra i candidati alla carica di Sindaco per il Comune di Taranto il giorno 27 aprile alle ore 17.30 presso la Sala della Biblioteca civica Pietro Acclavio in Piazza Dante 8 a Taranto.
Al centro del confronto le questioni ambientali che Legambiente ritiene prioritarie per la città.
Hanno finora assicurato la loro presenza Angelo Bonelli, Dante Capriulo, Massimiliano Di Cuia, Alessandro Furnari, Patrizio Mazza, Ippazio Stefano.
Riteniamo il confronto di sicuro interesse per tutti i cittadini e vi invitiamo a partecipare.

mercoledì 18 aprile 2012

Norme scomode...

Quando i politici di destra, confindustria e i sindacati vanno d'accordo c'è sempre quantomento qualcosa di strano...

Pdl tutela salute in aree a rischio ambientale, audizioni in V commissione


“Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale” al centro delle audizioni questa mattina in V commissione consiliare. All’incontro, presieduto da Donato Pentassuglia, sono intervenuti i rappresentanti delle associazioni di categoria e dei sindacati per presentare osservazioni e integrazioni alla proposta di legge.
"Pur apprezzando il percorso di condivisione avviato dalla commissione su un tema importante come quello della regolamentazione e del contenimento delle emissioni nelle zone fortemente inquinate", il presidente di Confindustria Puglia Angelo Bozzetto, ha manifestato le preoccupazioni delle imprese in merito a misure “troppo restrittive, che potrebbero soffocare ulteriormente il settore produttivo, già indebolito dalle limitazioni per l’accesso al credito. C’è grande allarme - ha ribadito Bozzetto - tra le aziende che rischiano di chiudere per mancanza di competitività sul mercato”.
L’invito dunque alla classe dirigente politica “a coniugare la tutela della salute e dell’ambiente con il sostegno alle attività produttive per la salvaguardia dell’occupazione dei lavoratori, ma soprattutto ad evitare strumentalizzazioni ai fini della campagna elettorale in corso per le elezioni amministrative”.
Condivisione sullo spirito del provvedimento anche da parte dei segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil che pur riconoscendone l’importanza, non ravvisano “alcuna urgenza per l’approvazione della legge, che se non opportunamente corretta, potrebbe rischiare di essere impugnata per incostituzionalità”.
Tra gli aspetti più controversi, l’introduzione della Vis (Valutazione dell’impatto sanitario) che - secondo i sindacati - necessita della predisposizione, da parte della Giunta, di linee guida che ne definiscano il campo d’azione “per evitare che si riveli un ulteriore ostacolo per le imprese”. Critiche anche sulla percentuale di riduzione dei valori delle emissioni fissata al 10%, che “andrebbe invece calibrata in base alle singole emergenze”. Infine, data la necessità di un monitoraggio continuo delle emissioni più nocive da affidare all’Arpa, “andrebbe prima verificato se l’agenzia regionale sia nelle condizioni di svolgere questi compiti aggiuntivi”.
Presenti all’incontro anche i tecnici dell’assessorato all’Ambiente e i legali dell’Avvocatura regionale a cui la commissione ha chiesto di fare ulteriori approfondimenti sugli aspetti sollevati nel corso delle audizioni e di presentare eventuali modifiche al testo, il cui esame è stato rinviato alla prossima seduta.

Ufficio Stampa del Consiglio Regionale della Puglia, Agenzia nr. 1455

Tutti al "tavolo"!

...e che commensali!!! C'è da andar sicuri che dopo il tavolo ci sarà una lunga... pennichella!!!

Un tavolo interministeriale affronterà l'emergenza Taranto

Bonifiche, riqualificazione urbana, sviluppo, finanziamenti immediati per il porto al centro del vertice a Palazzo Chigi. Il premier e i ministri del governo Monti hanno incontrato la delegazione pugliese capeggiata da Vendola: chieste misure concrete per salvaguardare l'ambiente e la salute dei cittadini senza mettere a rischio le migliaia di posti di lavoro. A Clini il compito di coordinare i lavori

Un tavolo interministeriale affronterà l'emergenza Taranto
Gli insediamenti industriali di Taranto sono importanti per l'Italia e il governo si è fatto carico dei problemi della città, istituendo un tavolo interministeriale che affronti la questione ambientale, coordinato dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini. Il premier Mario Monti risponde all'appello lanciato da enti e istituzioni e ha annunciato la decisione al termine dell'incontro che il presidente del consiglio e i ministri Corrado Passera, Corrado Clini e il sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà hanno avuto con il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, il presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, il sindaco di Taranto Stefano Ippazio e i parlamentari Raffaele Fitto, Nicola La Torre, Ludovico Vico e Antonio Nessa. Per ottenere - spiega una nota di palazzo Chigi - un quadro informativo completo sulla situazione ambientale e socio-economica di Taranto. Al centro della riunione, le questioni delle bonifiche, della riqualificazione urbana, dello sviluppo, dei finanziamenti immediati per il porto.

Il presidente del Consiglio - prosegue il comunicato di palazzo Chigi - ha espresso la volontà del governo di seguire con attenzione particolare le problematiche relative alla città di Taranto, riconoscendo l'importanza per il Paese degli insediamenti industriali del capoluogo ionico, anche costituendo un tavolo con le amministrazioni competenti (Ambiente, Coesione territoriale, Sviluppo economico, Infrastrutture, Salute e Difesa) sotto il coordinamento del ministro Clini. Monti - conclude la
nota - si è rallegrato per la sinergia tra le forze politiche locali, considerandole un auspicio favorevole all'individuazione e adozione delle misure necessarie a dare soluzione alla grave situazione ambientale di Taranto. "Questa è l'occasione per trasformare le sofferenze in opportunità", dice soddisfatto il sindaco Stefano, al termine del vertice a Palazzo Chigi.

"Chiediamo che lo Stato - ha detto il governatore Nichi Vendola - si faccia carico della lunga storia di inquinamento di Stato della città". L'obiettivo del governatore è di "coniugare industria e ambiente, lavoro e salute. Io mi batterò per costruire questo equilibrio". Non servono semplificazioni "che sono figlie di una cultura della sconfitta, mentre il dovere della modernità è quello di coniugare salute e lavoro". Chiudere l'Ilva, ha spiegato il presidente della Regione, "porterebbe cancro e disoccupazione. Lo stabilimento garantisce "12.400 posti di lavoro diretti e cinque o sei mila nell'indotto. Chiudere l'Ilva significherebbe inoltre chiudere un pezzo rilevante dell'industria meccanica italiana". "L'auspicio è che nell'incontro di oggi con il presidente Monti, i ministri Passera e Clini e il sottosegretario Catricalà il governo abbia colto il segnale che abbiamo lanciato. Nei prossimi giorni partirà un tavolo di lavoro tecnico per confezionare un pacchetto di misure concrete, tempestive, per un percorso di rilancio di Taranto".

"Il problema di Taranto diventa un problema nazionale - ha dichiarato a questo proprosito Stefano - il tavolo servirà per tradurre in interventi specifici e immediati misure per l'ambientalizzazione. Anche se quello dell'Ilva, non è più solo un problema ambientale ma si tratta delle mille sofferenze della nostra città. Taranto ha dato da 120 anni alla nazione, e ora chiediamo attenzione al governo". (Repubblica)

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Taranto tra Ilva e ambiente: il governo promette una soluzione

Sulla questione dell’Ilva di Taranto si aprirà un tavolo che coinvolgerà cinque ministeri, quelli dell’Economia, dell’Ambiente, della Difesa, della Coesione territoriale e della Salute, per dare risposte, per mettere in campo interventi, per la bonifica e la tutela dei posti di lavoro. E’ quanto hanno riferito l’assessore regionale all’Ambiente della Puglia Lorenzo Nicastro, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano e il presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, al termine dell’incontro tenutosi il 17 aprile a Palazzo Chigi con il premier Mario Monti, e i ministri dell’Ambiente Corrado Clini e dello Sviluppo economico Corrado Passera. All’incontro era presente anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.

Il tavolo sarà coordinato da Clini: lo comunica Palazzo Chigi. Monti si è anche rallegrato per la “sinergia tra le forze politiche locali”, un “auspicio favorevole all’individuazione e adozione delle misure necessarie a dare soluzione alla grave situazione ambientale di Taranto”. Il premier “ha espresso la volontà del governo di seguire con attenzione particolare le problematiche relative alla città di Taranto, riconoscendo l’importanza per il Paese degli insediamenti industriali del capoluogo ionico”.

No alla chiusura dell’Ilva di Taranto ma diritto alla salute e al lavoro: questa la posizione espressa da Vendola al termine dell’incontro. Chiudere l’Ilva, ha spiegato il governatore pugliese, “porterebbe cancro e disoccupazione”. Vendola ha ricordato che lo stabilimento garantisce “12.400 posti di lavoro diretti e cinque o sei mila nell’indotto. Chiudere l’Ilva significherebbe inoltre chiudere un pezzo rilevante dell’industria meccanica italiana”. “Chiediamo che lo Stato - ha detto Vendola - si faccia carico della lunga storia di inquinamento di Stato della città”. L’obiettivo del governatore e’ di “coniugare industria e ambiente, lavoro e salute. Io mi batterò per costruire questo equilibrio”. Non servono semplificazioni “che sono figlie di una cultura della sconfitta - ha detto Vendola - mentre il dovere della modernità è quello di coniugare salute e lavoro”.

Evidente nelle parole di Vendola il riferimento alla posizione presa da alcune associazioni (Peacelink, Ail, Cittadinanzattiva), che hanno lamentato di “non poter partecipare” ai tavoli in cui si prenderanno le decisioni. In contemporanea alla riunione di governo, i Verdi hanno organizzato un sit-in a Piazza Montecitorio. Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, ha chiesto al governo “impegni immediati e tangibili per far partire la bonifica, un processo di conversione ecologica di un’area dove, secondo la procura di Taranto, l’inquinamento provoca malattia e morte”.

“Il sindacato preme per un’assunzione di responsabilità delle istituzioni: dal governo ci aspettiamo impegni concreti”. A dirlo è il segretario generale della Cgil di Taranto, Luigi D’Isabella, sentito in mattinata da rassegna.it. “È importante che l’incontro sia stato convocato”, osserva D’Isabella. “Noi chiediamo un impegno per le bonifiche, sia dal punto di vista finanziario sia da quello normativo. Occorre riaprire la procedura ‘Aia’ (l’autorizzazione ambientale del ministero, ndr) per l’Ilva, nell’ottica di nuovi abbattimenti delle emissioni inquinanti, come ha detto anche il ministro Clini. Lo si può fare tenendo in marcia gli impianti, come è stato fatto con le nuove norme per limitare la diossina che hanno posto Taranto all’avanguardia”.

Per il sindacato, poi, è necessario un investimento sugli asset strategici: il porto, le aree demaniali e le infrastrutture: “Siamo convinti che Taranto sia una parte fondamentale per risolvere il problema del Mezzogiorno, non certo la causa. È una partita, quella dell’Ilva, per la quale le parti sociali hanno elaborato una piattaforma comune”.”Al di là di ogni strumentalizzazione elettorale (a Taranto si vota per le amministrative, ndr) - conclude D’Isabella -, siamo convinti che la coesione sociale si mantiene con l’ambientalizzazione delle fabbriche, non con la chiusura. Anche perché l’economia tarantina è vitale per tutto il paese. Per questo chiediamo al governo un’attenzione particolare. È una richiesta legittima, l’impatto ambientale non può pesare solamente sulle spalle di una città che ha già pagato”. (Rassegna.it)

La morte si colora di acciaio

Morte bianca in Ilva, tre condanne
Pollice verso per un dirigente e due capi reparto. Assolto il direttore dello stabilimento

Sono tre i responsabili di una morte bianca avvenuta all’Ilva circa sei anni fa. E’ quanto si evince dalla sentenza emessa ieri dal giudice monocratico del Tribunale di Taranto Fulvia Misseri a conclusione del processo sull’infortunio in cui perse la vita un operaio, Vito Antonio Rafanelli, 33 anni, di Molfetta.
Il giudice, accogliendo la richiesta del pm Remo Epifani, ha condannato a un anno e quattro mesi di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo tre imputati, il dirigente responsabile dell’area tubifici Ilva, Antonio Mignogna e i capi reparto del Tubificio 2, Angelo Raffaele Solito e Siro Cantiani.
Assolto “per non aver commesso il fatto”, invece, il direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso (gli imputati erano difesi, fra gli altri, dall’avvocato Egidio Albanese). Anche per lui il pm aveva chiesto la condanna.
Inoltre, il giudice ha disposto il pagamento di una provvisionale di oltre 10.000 euro e la trasmissione degli atti alla Procura per le valutazioni relative alla posizione di due persone.
La sentenza ha scritto la parola fine sulla triste vicenda dell’operaio Rafanelli, morto il 22 agosto 2006 nel reparto di rianimazione dell’ospedale Santissima Annunziata. Era stato ricoverato cinque giorni prima in seguito all’infortunio verificatosi nel Tubificio 2.
Da quanto emerso dalle indagini, il giovane aveva subito lo schiacciamento del torace mentre lavorava nei pressi della cianfrinatrice (una macchina che avvolge in cilindri le lamine di acciaio). Era impegnato nella smussatura dei bordi dei tubi mossi da appositi rulli sino all’imbocco della macchina. Da quanto si legge nel capo d’imputazione, “un truciolo, di scarto della lavorazione, posizionatosi dinanzi ad un sensore aveva determinato il rallentamento o l’arresto della fase di avanzamento dei tubi ed indotto il Rafanelli, rimasto solo nella posizione di comando ad intervenire personalmente e a frapporsi sulla traiettoria d’ingresso del tubo che, rimosso l’impedimento, veniva sospinto dai rulli della macchina smussatrice investendo l’operaio”.
Le condizioni dello sfortunato lavoratore furono giudicate subito gravissime e ogni tentativo di salvargli la vita si rivelò inutile. Anche il gesto generoso dei colleghi di lavoro della donazione del sangue non servì ad evitare il tragico epilogo.
L’infortunio costato la vita all’operaio fu uno di una lunga serie che in quel periodo inasprì i rapporti fra Ilva e sindacati.

In-Clini agli inceneritori di ogni tipo

Ecco il tecnico del governo tecnico che tecnicamente trova la soluzione tecnica che di tecnico ha solo la solita propensione italiana ad inquinare per risparmiare:

«Entro fine mese il decreto per la trasformazione dei rifiuti in combustibile»

L’intervento del ministro dell’ambiente Clini al convegno Aitec - Nomisma
Clini a Napoli per Marevivo«Vareremo entro fine mese un decreto che prevede l’impiego di combustibili solidi secondari nei processi industriali, in particolare nel settore del cemento, che aiuterà anche molte regioni ad uscire dallo stato di emergenza».


A parlare è Corrado Clini, ministro dell’ambiente nell’ambito del suo intervento al convegno di presentazione dello studio Nomisma Energia sui Combustibili solidi secondari (Css), cioè combustibili ricavati dai rifiuti ma diversi dal Combustibile da rifiuti (Cdr).
«L’ uso come combustibile in centrali, cementifici o anche termovalorizzatori può essere una strada da seguire – spiega Clini – per risolvere il problema dei rifiuti, per valorizzare energicamente i rifiuti e per uscire fuori da un circuito nel quale la malavita organizzata ha avuto un ruolo molto importante. Il nostro obiettivo è quello di far uscire i rifiuti dal ciclo ordinario per portarli in un ciclo industriale, qualunque sia: raccolta differenziata, recupero di energia o recupero di materiali».
Quindi, il ministro sottolinea che è sua intenzione «favorire e promuovere un accordo di programma tra il ministero dell’Ambiente, alcune regioni italiane e Aitec (Associazione italiana tecnico economica del cemento, ndr) sulla valorizzazione energetica del Css nelle regioni italiane che sono maggiormente esposte e tutt' ora in una grave situazione di emergenza».
Quindi, affrontando il caso dell’emergenza Roma, chiarisce che la città «non entrerà in emergenza se avrà questa prospettiva, che poi e' quella delle direttive europee e delle leggi nazionali». (Minambiente)
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Due note:
per sapere gli effetti dei rifiuti nei cementifici come combustibili clicca su:
INCENERIMENTO DI RIFIUTI NEI CEMENTIFICI MITI E FATTI

Sui primi effetti di commistioni tra edilizia e rifiuti speciali:
Treviso. Abitazioni costruite con la cenere anzichè con il calcestruzzo
Usate ceneri nocive degli inceneritori. E’ successo in provincia di Treviso, e potrebbe accadere ancora….


Incredibile ma vero: a Musestre, in provincia di Treviso, qualche settimana fa è stata abbattuta una nuova abitazione per via del cemento che aveva una qualità scarsa, anzi scarsissima. E’ in infatti risultato insufficientemente robusto per reggere l’edificio della dottoressa Elisabetta Merloni, la farmacista del paese, che si stava facendo costruire la casa dall’impresa Cfr sas di Rizzo & C., che a sua volta aveva acquistato il cemento dalla Mac Beton spa... (per continuare a leggere clicca qui)

martedì 17 aprile 2012

Due morti al mese per i veleni dell'Ilva

Gli ambientalisti accusano, oggi vertice con Monti
«Ecco come risanare salvando i nostri operai»

«L’inquinamento dell’Ilva a Taranto pesa tre volte di più dei residenti. Circa 250 chilogrammi di inquinanti per ogni cittadino e due decessi al mese per inquinamento». A sostenerlo è il presidente di Peacelink, Alessandro Marescotti, che ha citato i dati delle perizie, chimica e medica, in mano alla procura nell’ambito dell’inchiesta a carico dei vertici e dei dirigenti dell’azienda per disastro ambientale. Ieri pomeriggio, alla vigilia del vertice tra i rappresentanti degli enti locali pugliesi e tarantini con il premier Mario Monti, i rappresentanti del mondo ambientalista tarantino, a Roma, nella sala stampa della Camera dei deputati, hanno parlato di «Ilva: emergenza ambientale e occupazionale a Taranto». Al centro il progetto di messa in sicurezza della falda acquifera che potrebbe rendere protagonisti del disinquinamento «gli stessi lavoratori Ilva che oggi rischiano la cassa integrazione in caso di sequestro, da parte della magistratura, di alcuni impianti dell’area a caldo». Con questa iniziativa «si potranno tenere insieme le diverse esigenze: combattere l’inquinamento, la salute dei cittadini e l’occupazione».

Oggi pomeriggio, intanto, Taranto avvia con il governo-Monti il confronto sul futuro della città. Al centro del dibattito la grande questione ambientale e il rapporto con la grande industria, ma il discorso non rimarrà confinato e ristretto a questo ambito. I rappresentanti degli enti locali vogliono introdurre il concetto del risarcimento come unica soluzione capace di restituire ai tarantini quanto hanno dato nei decenni all’Italia in termini di servitù militari e aree per l’industria, ricevendone in cambio stipendi e redditi, ma anche inquinamento e malattie. A fronte dei danni ambientali, oggi certificati, Taranto chiede con forza un sostegno al governo nazionale per portare avanti una complessiva azione di risarcimento ambientale da porre al servizio di una nuova stagione di sviluppo e di diversificazione produttiva. Il passaggio centrale è l’indispensabile e massiccio finanziamento delle bonifiche del suolo e dell’acqua avvelenati da decenni di presenza industriale senza controlli sulle emissioni. A Palazzo Chigi saranno presenti il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, l’assessore Lorenzo Nicastro, il sindaco di Taranto Ezio Stefàno, il presidente della Provincia Gianni Florido e una delegazione di parlamentari pugliesi. Assenti, perché non convocate, le organizzazioni sindacali, anche se Fim e Uilm hanno organizzato un presidio in piazza Montecitorio. I due sindacati di categoria intendono ribadire «l’esigenza di ottenere risposte idonee e concrete capaci di garantire il miglioramento della situazione ambientale attraverso la bonifica dei siti inquinati e programmi in grado di coniugare ambiente, lavoro e continuità produttiva». Saranno presenti anche i verdi e gli ecologisti insieme ai cittadini di Taranto. I Verdi chiedono «impegni immediati e tangibili per far partire la bonifica di un’area dove, secondo la procura di Taranto, inquinamento provoca malattia e morte». L’incontro con il premier Mario Monti è il frutto di un’iniziativa bipartisan.
Cesare Bechis (CdS)

IL SIT-IN - E’ previsto a partire dalle ore 15, in Piazza Montecitorio (dietro l’Obelisco), un sit-in dei Verdi e degli Ecologisti insieme ai cittadini di Taranto. “Chiediamo che la città più inquinata d’Europa torni a respirare”. Dichiara il Presidente dei Verdi Angelo Bonelli che chiede al Governo “impegni immediati e tangibili per far partire la bonifica di un’area dove, secondo la procura di Taranto, inquinamento provoca malattia e morte. Taranto, città che tanto ha sofferto in termini di vite umane, a causa dell’inquinamento va avviato un processo di conversione ecologica. Bisogna fare quello che è già stato fatto a Pittsburgh e a Bilbao, città che non solo hanno chiuso con l’inquinamento ma che sono diventate esempio di qualità della vita e di innovazione – conclude Bonelli -. I cittadini di Taranto hanno diritto ad un futuro diverso ed è un dovere del governo porre le basi per uscire, finalmente, da un’economia alla diossina che provoca ‘malattie e morte’”.(inchiostroverde)

Ilva, processo al disastro

Taranto fa i conti con l'emergenza ambientale e il lavoro.
di Antonietta Demurtas

Se i muri potessero parlare, quelli della procura di Taranto direbbero che sull'inchiesta che vede indagati cinque dirigenti dell’Ilva per disastro ambientale, il rinvio a giudizio è vicino. E che prima dell'estate dovrebbe aprirsi un processo penale che potrebbe stravolgere giurisprudenza e imprese italiane ben più del caso Eternit.
Questa volta, infatti, fra gli imputati non c'è un'azienda chiusa da 20 anni, ma un impianto siderurgico attivo che impiega 11.600 dipendenti diretti, più 2.500 dell'indotto.
DISASTRO AMBIENTALE. Una responsabilità che grava sulle spalle del piccolo tribunale di Taranto e del procuratore capo Franco Sebastio. Che ha avviato una complessa indagine nei confronti dei responsabili dell’impianto siderurgico in relazione alle gravissime ipotesi di reato (disastro doloso, avvelenamento di terreni e sostanze alimentari, danneggiamento aggravato e violazioni alla normativa in materia di inquinamento atmosferico) in danno alla comunità.
Sull'esito del procedimento, però, il procuratore non esclude alcuna possibilità, neppure l'archiviazione del caso. «Stiamo valutando. Il nostro compito è fare chiarezza», dice a Lettera43.it.
«La vita di una persona non può essere barattata con 10 mila posti di lavoro»
Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.

Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.

Per ora a parlare è una perizia medico-epidemiologica disposta dalla procura che ha rilevato una connessione tra le malattie, le morti causate da tumori e l'inquinamento prodotto dall'Ilva. Accertati 174 decessi per tumore in sette anni. In particolare, nei quartieri Tamburi e Borgo, a ridosso dell'acciaieria, sarebbe stato registrato il quadruplo di mortalità e il triplo di ricoveri per malattie cardiache rispetto al resto della città.
Quanto allo stato di salute degli operai della industria siderurgica, il quadro di compromissione, scrivono gli esperti, «è confermato dall'analisi dei ricoveri ospedalieri con diverse diagnosi di tumori, e malattie cardiovascolari e respiratorie».
LA SCELTA TRA DUE DIRITTI. Ma è proprio sul difficile rapporto tra ambiente e occupazione che la città rischia ancora una volta di dividersi. Ed è sulla difesa di due diritti costituzionali fondamentali come quello alla salute e al lavoro che la procura è chiamata a misurarsi.
Su quale scegliere, però, i dubbi sono subito archiviati: «Nella nostra Costituzione c'è un solo diritto che, non solo ha valore assoluto, ma non accetta il minimo contemperamento anche in presenza di altri diritti tutelati dalla Carta, ed è il diritto alla vita, ovvero alla salute», ribadisce Sebastio.
AL PRIMO POSTO LA VITA. Per il procuratore non esiste quindi un ragionamento del tipo: per 1.000 posti possiamo accettare tre o quattro morti. «Neppure la vita di una sola persona può essere barattata con 10 mila posti di lavoro, la nostra Costituzione è strutturata in questa maniera».
Eppure i tarantini convivono con questi problemi più o meno dal 1965, quando aprì il colosso siderurgico Italsider, l'azienda di Stato ribattezzata poi Ilva negli Anni 90 dal nuovo proprietario, l'imprenditore bresciano Emilio Riva.
LA GIUSTIZIA VIGILA DAL 1982. A chi però si domanda come mai si sia arrivati solo oggi a questo procedimento giudiziario, Sebastio risponde senza esitazioni: «La prima sentenza del tribunale di Taranto con la quale l'Italsider venne condannata per la diffusione delle polveri dei parchi minerari sul quartiere Tamburi la feci io da pretore nel luglio del 1982».
Da quella data in poi ci sono stati almeno altri cinque procedimenti penali dei quali l'attuale procuratore si è sempre interessato e «che si sono tutti conclusi con sentenza di condanna definitiva», sottolinea.
Ora quello che potrebbe aprirsi prima dell'estate è un processo che nasce da tre grossi procedimenti penali avviati circa due anni e mezzo fa, a cui se ne aggiungono altri due per l'esposizione all'amianto di alcuni operai.
Dopo l'indagine della procura a Roma si apre il tavolo Emergenza Taranto
Mario Monti durante il Consiglio dei ministri.

Mario Monti durante il Consiglio dei ministri.

La procura di Taranto non accetta quindi la critica che spesso le è stata mossa di aver chiuso un occhio davanti alle morti dell'Ilva. Il loro lento operare è giustificato dal fatto che le capacità operative e organizzative non sono le stesse di «altri tribunali più fortunati».
«Non è che ci siamo svegliati improvvisamente oggi dopo anni di silenzio, c'è stata una escalation di processi con numerosi di capi di imputazione quasi a voler dire: non fateci arrivare agli estremi, non fateci arrivare al disastro ambientale».
DIOSSINA: 1.000 ANIMALI ABBATTUTI. Poi però «quando si arriva al punto che si devono abbattere oltre 1.000 capi di bestiame perché le carni sono contaminate dalla diossina e si devono spostare le coltivazioni di mitili dal Mar Piccolo al Mar Grande allora le cose cambiano». Quando si arriva a questi estremi allora il capo di imputazione non può che essere altrettanto pesante.
LA CITTÀ PIÙ INQUINATA D'EUROPA. Ma quella di Taranto, la città più inquinata d'Europa, è una situazione nota a tutti. È stata però la procura a dover disporre la prima indagine epidemiologica. E visti gli esiti della perizia disposta dal gip Patrizia Todisco, è stato poi ancora una volta il procuratore Sebastio, con una lettera, a sollecitare le istituzioni (ministero dell'Ambiente, Regione, Provincia e Comune) a intervenire per tutelare la salute dei cittadini tarantini.
IL 17 APRILE IL TAVOLO A ROMA. Perché allora tutti gli organi pubblici preposti non hanno fatto niente? «Ho saputo che la risposta alla mia lettera è stata: apriamo un tavolo». Ed è infatti Emergenza Taranto il tema della riunione convocata alla presidenza del Consiglio dei ministri a Roma il 17 aprile.
Ma visto che «un magistrato non può aprire tavoli», ancora una volta il procuratore ricorda: «Noi accertiamo responsabilità penali, di reati. Non possiamo interessarci di quelle economiche, politiche e sociali». Perché, «la magistratura non fa la lotta all'inquinamento».
E sul lavoro: «È scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura»
Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.

(© LaPresse) Franco Sebastio, procuratore capo di Taranto.

Altri sono infatti gli organi che dovrebbero lottare contro l'inquinamento. Così come sono altre le istituzioni che dovrebbero occuparsi della questione occupazionale, che grava come una spada di Damocle sulla testa degli operai in caso si aprisse il processo.
7 MILA OPERAI IN PIAZZA. La manifestazione dei lavoratori Ilva organizzata proprio il giorno della chiusura dell'incidente probatorio ha infatti creato una forte pressione sui magistrati. «Il problema qui è che parliamo di una fabbrica che occupa 15 mila persone», si rabbuia il procuratore al pensiero dei lavoratori in apprensione, «ma è scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura».
Vedere 7 mila operai scendere in piazza non è da tutti i giorni, soprattutto in una città dove le manifestazioni, anche quando sono organizzate dai sindacati, non raggiungono mai numeri così alti. Se non altro perché per portare in piazza 7 mila operai Ilva si dovrebbe bloccare la produzione, a meno che l'azienda non organizzi la dovuta copertura dei turni.
UNA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE. E in questi mesi l'azienda si è adoperata non poco per mettere sotto i riflettori la vicenda. Non solo ha infatti permesso ai dipendenti di scioperare timbrando comunque il cartellino, ma ha avviato una campagna di comunicazione.
Ci sono i messaggi, come quello che conclude lo spot nei cinema e i passaggi televisivi nelle tivù locali: «Ilva c’è un mondo dentro», o «Non fermarti alle apparenze», come appare nella pubblicità sui quotidiani, spot radio e bus dell’azienda dei trasporti extraurbani Ctp.
Pressioni mediatiche che non preoccupano però la procura: «Decideremo con serenità nei tempi giusti perché queste sono decisioni che devono essere adeguatamente meditate».
In attesa di una decisione ufficiale è sintomatico che tutti i processi che la procura abbia fatto in materia di inquinamento si siano conclusi con sentenza di condanna definitiva. Eccetto uno, sull'inquinamento delle cokerie, che per una settimana è andato prescritto in Cassazione. Ma è stata comunque confermata la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili che si erano costituite. (lettera43)

conferenza stampa su Ilva a Roma

Comunicato Stampa

Nella sala stampa della Camera del Deputati si e' svolta alle ore 16 la conferenza stampa sul tema "Ilva: emergenza ambientale e occupazionale a Taranto".

Hanno relazionato Alessandro Marescotti (PeaceLink), Biagio De Marzo (Altamarea), Nicola Massimo Tarquinio (Cittadinanzattiva e Tribunale dei Diritti del Malato Puglia), Francesco Ricciardi (esperto di progetti di riqualificazione e di finanziamenti europei), Paola D'Andria (Ail Taranto).

E' stato presentato un progetto di messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera dell'Ilva di Taranto. Tale provvedimento e' obbligatorio per legge ma dal 2009, nonostante i ripetuti solleciti dell'Arpa Puglia, non e' mai stato attivato nonostante venisse sollecitato nel documento del Ministero dell'Ambiente prot.696/TRI/DI dell'11/1/2011.
"Si ribadisce la richiesta all'azienda di adottare, ad horas, i necessari interventi", vi si legge. La Conferenza dei servizi aggiungeva: "In mancanza, si richiede al Comune l'emanazione di apposita ordinanza di diffida per l'adozione dei citati interventi a salvaguardia della salute umana e dell'ambiente".
Cio' nonostante la messa in sicurezza d'emergenza della falda sotto l'Ilva non e' stata realizzata.

La conferenza alla Camera ha evidenziato come questa "grande opera" su un'area due volte la citta' di Taranto potrebbe rendere protagonisti del disinquinamento gli stessi lavoratori Ilva che oggi rischiano la cassa integrazione in caso di sequestro - da parte della magistratura - di alcuni impianti dell'area a caldo.

Il progetto presentato prevede la formazione dei lavoratori e il sostegno al reddito con il FSE (Fondo Sociale Europeo), ulteriori forme di integrazione del reddito dei cassintegrati e l'uso dei fondi europei FESR per la progettazione e i lavori di bonifiche.

A tali fondi derivanti dalla programmazione regionale, potrebbero essere affiancati quelli derivanti dalla programmazione nazionale (Pon) e da fondi ex-FAS (sviluppo e coesione).

Tali interventi non sono preclusivi dell'applicazione del principio europeo secondo il quale "chi inquina paga".

Il documento presentato si puo' scaricare www.peacelink.it

Alla conferenza hanno assistito parlamentari e giornalisti.

Per Peacelink
Alessandro Marescotti

25 Aprile: liberiamo Taranto!

Le ultime vicende legate alle cicliche crisi finanziarie dei paesi dell’UE, ci hanno imposto spesso un approfondimento di argomenti di natura economica, attorno ai quali è stato necessario costruire analisi per cercare di concretizzare proposte di alterità.
La globalizzazione del debito pubblico ha fatto si che le misure restrittive come le abolizioni dei diritti, fossero viste come unica via di ripresa sociale, permettendo che si diffondesse la rassegnazione al sacrificio individuale. E così vengono approvate a raffica manovre di diminuzione del reddito, di eliminazione del diritto al lavoro, all’accessibilità della cultura, e di privatizzazioni dei beni comuni. La dittatura delle banche impone ai governi europei continui adeguamenti di diminuzione del debito pubblico, in modo da poter attuare sistemi finanziari volti ad un ulteriore accrescimento dei profitti. La politica nazionale, in tutto questo, gioca un vergognoso ruolo di accondiscendenza al governo tecnico, che ha permesso in alcune situazioni di svelare la reale tendenza di alcuni partiti politici. Come ad esempio le ultime vicende sulla TAV o sull’articolo 18, in cui senza poi troppe sorprese, sindacati e partiti di “sinistra” si sono piegati al potere.
La cittadinanza non sempre assiste passivamente a questi giochi di governo…Si respira tra la gente un’aria di sfiducia, che porta a pensare ad una necessità di cambiamento della politica, così come sono stati abituati ad intenderla. Le analisi che i movimenti cercano di portare avanti da anni sulle forme di dissenso e liberazione dalle istituzioni, di appropriazione dei diritti secondo una logica autogestita che parta da l basso, assumono oggi caratteri diversi nelle vite delle città.
A Taranto, come in molte altre, si sviluppa il desiderio di mettersi in prima persona a gestire le sorti del proprio territorio, determinando così un grosso accrescimento di liste civiche nelle campagne elettorali. Spinti collettivamente dall’idea di una politica diversa, quanto siamo sicuri che il concetto di delega istituzionale possa funzionare contro l’abbattimento di poteri forti, comandati e stabiliti dagli organi di stato? L’idea di lottare per sviluppare una coscienza di partecipazione attiva sarebbe forse un punto migliore di partenza per assicurare un futuro diverso in cui l’individuo autodetermina e gestisce i propri bisogni ed i propri diritti, ed in cui si stimola dal basso la creazione di meccanismi per affrontare la crisi e riprendersi il proprio futuro.
La liberazione non può essere solo una ricorrenza. Storicamente l'Italia non è mai stata completamente liberata dal fascismo, i vecchi fascisti mascherati da liberali continuavano ad essere presenti nei centri nevralgici del potere. È proprio questo che rende la necessità della liberazione sempre più attuale in quanto i vecchi fascismi diventano sempre più subdoli e pericolosi, questa compenetrazione ha favorito lo svuotamento della 'democrazia' alimentando le disuguaglianze sociali.
Taranto diventa uno degli esempi concreti di questa tendenza: i cittadini continuano a subire l'inquinamento della grande industria, le coste continuano ad essere colonizzate dalla marina militare, il degrado dei quartieri diventa oggetto di speculazioni e i diritti fondamentali (acqua, sanità ecc..) non vengono garantiti, anzi privatizzati, l'aumento del tasso di disoccupazione e precarietà continuano ad alimentare il ricatto occupazionale, viene marcata la flessibilità lavorativa con gli attacchi all'articolo 18 da parte dell'attuale governo nazionale già responsabile di una macelleria sociale senza precedenti.

Su questi elementi scenderemo in piazza il 25 Aprile per la costruzione di una manifestazione che esprima la necessità di coniugare il passato con il presente, per una nuova fase di coinvolgimento e partecipazione diretta, decisa dalle istanze popolari, rendendo il concetto di liberazione quanto più concreto ed attuale possibile.

IL CORTEO PARTIRÀ ALLE 9.00 DA PIAZZA EBALIA E FINIRÀ IN PIAZZA MARCONI

Assemblea per il 25 Aprile Taranto

Se i muri (della procura di Taranto) potessero parlare...

da Lettera43

VERSO LA SENTENZA

Ilva, processo al disastro

Taranto fa i conti con l'emergenza ambientale e il lavoro.

di Antonietta Demurtas

da Taranto

Se i muri potessero parlare, quelli della procura di Taranto direbbero che sull'inchiesta che vede indagati cinque dirigenti dell’Ilva per disastro ambientale, il rinvio a giudizio è vicino. E che prima dell'estate dovrebbe aprirsi un processo penale che potrebbe stravolgere giurisprudenza e imprese italiane ben più del caso Eternit.
Questa volta, infatti, fra gli imputati non c'è un'azienda chiusa da 20 anni, ma un impianto siderurgico attivo che impiega 11.600 dipendenti diretti, più 2.500 dell'indotto.
DISASTRO AMBIENTALE. Una responsabilità che grava sulle spalle del piccolo tribunale di Taranto e del procuratore capo Franco Sebastio. Che ha avviato una complessa indagine nei confronti dei responsabili dell’impianto siderurgico in relazione alle gravissime ipotesi di reato (disastro doloso, avvelenamento di terreni e sostanze alimentari, danneggiamento aggravato e violazioni alla normativa in materia di inquinamento atmosferico) in danno alla comunità.
Sull'esito del procedimento, però, il procuratore non esclude alcuna possibilità, neppure l'archiviazione del caso. «Stiamo valutando. Il nostro compito è fare chiarezza», dice a Lettera43.it.

«La vita di una persona non può essere barattata con 10 mila posti di lavoro»

Per ora a parlare è una perizia medico-epidemiologica disposta dalla procura che ha rilevato una connessione tra le malattie, le morti causate da tumori e l'inquinamento prodotto dall'Ilva. Accertati 174 decessi per tumore in sette anni. In particolare, nei quartieri Tamburi e Borgo, a ridosso dell'acciaieria, sarebbe stato registrato il quadruplo di mortalità e il triplo di ricoveri per malattie cardiache rispetto al resto della città.
Quanto allo stato di salute degli operai della industria siderurgica, il quadro di compromissione, scrivono gli esperti, «è confermato dall'analisi dei ricoveri ospedalieri con diverse diagnosi di tumori, e malattie cardiovascolari e respiratorie».
LA SCELTA TRA DUE DIRITTI. Ma è proprio sul difficile rapporto tra ambiente e occupazione che la città rischia ancora una volta di dividersi. Ed è sulla difesa di due diritti costituzionali fondamentali come quello alla salute e al lavoro che la procura è chiamata a misurarsi.
Su quale scegliere, però, i dubbi sono subito archiviati: «Nella nostra Costituzione c'è un solo diritto che, non solo ha valore assoluto, ma non accetta il minimo contemperamento anche in presenza di altri diritti tutelati dalla Carta, ed è il diritto alla vita, ovvero alla salute», ribadisce Sebastio.
AL PRIMO POSTO LA VITA. Per il procuratore non esiste quindi un ragionamento del tipo: per 1.000 posti possiamo accettare tre o quattro morti. «Neppure la vita di una sola persona può essere barattata con 10 mila posti di lavoro, la nostra Costituzione è strutturata in questa maniera».
Eppure i tarantini convivono con questi problemi più o meno dal 1965, quando aprì il colosso siderurgico Italsider, l'azienda di Stato ribattezzata poi Ilva negli Anni 90 dal nuovo proprietario, l'imprenditore bresciano Emilio Riva.
LA GIUSTIZIA VIGILA DAL 1982. A chi però si domanda come mai si sia arrivati solo oggi a questo procedimento giudiziario, Sebastio risponde senza esitazioni: «La prima sentenza del tribunale di Taranto con la quale l'Italsider venne condannata per la diffusione delle polveri dei parchi minerari sul quartiere Tamburi la feci io da pretore nel luglio del 1982».
Da quella data in poi ci sono stati almeno altri cinque procedimenti penali dei quali l'attuale procuratore si è sempre interessato e «che si sono tutti conclusi con sentenza di condanna definitiva», sottolinea.
Ora quello che potrebbe aprirsi prima dell'estate è un processo che nasce da tre grossi procedimenti penali avviati circa due anni e mezzo fa, a cui se ne aggiungono altri due per l'esposizione all'amianto di alcuni operai.

Dopo l'indagine della procura a Roma si apre il tavolo Emergenza Taranto

La procura di Taranto non accetta quindi la critica che spesso le è stata mossa di aver chiuso un occhio davanti alle morti dell'Ilva. Il loro lento operare è giustificato dal fatto che le capacità operative e organizzative non sono le stesse di «altri tribunali più fortunati».
«Non è che ci siamo svegliati improvvisamente oggi dopo anni di silenzio, c'è stata una escalation di processi con numerosi di capi di imputazione quasi a voler dire: non fateci arrivare agli estremi, non fateci arrivare al disastro ambientale».
DIOSSINA: 1.000 ANIMALI ABBATTUTI. Poi però «quando si arriva al punto che si devono abbattere oltre 1.000 capi di bestiame perché le carni sono contaminate dalla diossina e si devono spostare le coltivazioni di mitili dal Mar Piccolo al Mar Grande allora le cose cambiano». Quando si arriva a questi estremi allora il capo di imputazione non può che essere altrettanto pesante.
LA CITTÀ PIÙ INQUINATA D'EUROPA. Ma quella di Taranto, la città più inquinata d'Europa, è una situazione nota a tutti. È stata però la procura a dover disporre la prima indagine epidemiologica. E visti gli esiti della perizia disposta dal gip Patrizia Todisco, è stato poi ancora una volta il procuratore Sebastio, con una lettera, a sollecitare le istituzioni (ministero dell'Ambiente, Regione, Provincia e Comune) a intervenire per tutelare la salute dei cittadini tarantini.
IL 17 APRILE IL TAVOLO A ROMA. Perché allora tutti gli organi pubblici preposti non hanno fatto niente? «Ho saputo che la risposta alla mia lettera è stata: apriamo un tavolo». Ed è infatti Emergenza Taranto il tema della riunione convocata alla presidenza del Consiglio dei ministri a Roma il 17 aprile.
Ma visto che «un magistrato non può aprire tavoli», ancora una volta il procuratore ricorda: «Noi accertiamo responsabilità penali, di reati. Non possiamo interessarci di quelle economiche, politiche e sociali». Perché, «la magistratura non fa la lotta all'inquinamento».

E sul lavoro: «È scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura»

Altri sono infatti gli organi che dovrebbero lottare contro l'inquinamento. Così come sono altre le istituzioni che dovrebbero occuparsi della questione occupazionale, che grava come una spada di Damocle sulla testa degli operai in caso si aprisse il processo.
7 MILA OPERAI IN PIAZZA. La manifestazione dei lavoratori Ilva organizzata proprio il giorno della chiusura dell'incidente probatorio ha infatti creato una forte pressione sui magistrati. «Il problema qui è che parliamo di una fabbrica che occupa 15 mila persone», si rabbuia il procuratore al pensiero dei lavoratori in apprensione, «ma è scorretto scaricare questi problemi sulla magistratura».
Vedere 7 mila operai scendere in piazza non è da tutti i giorni, soprattutto in una città dove le manifestazioni, anche quando sono organizzate dai sindacati, non raggiungono mai numeri così alti. Se non altro perché per portare in piazza 7 mila operai Ilva si dovrebbe bloccare la produzione, a meno che l'azienda non organizzi la dovuta copertura dei turni.
UNA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE. E in questi mesi l'azienda si è adoperata non poco per mettere sotto i riflettori la vicenda. Non solo ha infatti permesso ai dipendenti di scioperare timbrando comunque il cartellino, ma ha avviato una campagna di comunicazione.
Ci sono i messaggi, come quello che conclude lo spot nei cinema e i passaggi televisivi nelle tivù locali: «Ilva c’è un mondo dentro», o «Non fermarti alle apparenze», come appare nella pubblicità sui quotidiani, spot radio e bus dell’azienda dei trasporti extraurbani Ctp.
Pressioni mediatiche che non preoccupano però la procura: «Decideremo con serenità nei tempi giusti perché queste sono decisioni che devono essere adeguatamente meditate».
In attesa di una decisione ufficiale è sintomatico che tutti i processi che la procura abbia fatto in materia di inquinamento si siano conclusi con sentenza di condanna definitiva. Eccetto uno, sull'inquinamento delle cokerie, che per una settimana è andato prescritto in Cassazione. Ma è stata comunque confermata la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili che si erano costituite.

Martedì, 17 Aprile 2012

lunedì 16 aprile 2012

Piccolo spazio pubblicità...

Ilva lancia lo spot al cinema. «Ora basta pregiudizi» Su tv, bus e cinema l'iniziativa dell'azienda simbolo di Taranto, In 30 secondi i motivi dell'orgoglio

TARANTO - Sotto processo per inquinamento, l’Ilva attacca con una campagna di comunicazione. E manda in campa Luca Basile, uno dei suoi migliori tecnici ambientali. È il protagonista dello spot di trenta secondi che l’azienda ha realizzato e manda da ieri in onda su tv private e nei cinema. Ma questo è solo un pezzo della campagna che coinvolge anche giornali e radio locali. L’ingegnere tipo scelto dall’Ilva non è a caso uno specialista di ambiente. L’inquinamento è il tema ormai da mesi accostato all’immagine del centro siderurgico. La campagna pubblicitaria avrà una durata di quattro settimane. Tre le sale cinematografiche interessate. L’Ilva vuole diffondere messaggi che mettano in evidenza il lavoro dei dipendenti, il rapporto con la città e l’ambiente in un momento delicato per lo stabilimento, sotto inchiesta della Procura di Taranto per le emissioni inquinanti e le morti procurate. Luca Basile nella realtà non esiste, ma rappresenta, nelle intenzioni dell’azienda, gli 11.500 dipendenti Ilva. I messaggi recitano, come quello che conclude lo spot nei cinema e i passaggi televisivi nelle tv locali: «Ilva c’è un mondo dentro», o «Non fermarti alle apparenze», come appare nella pubblicità sui quotidiani, spot radio e bus dell’azienda dei trasporti extraurbani Ctp.
Gli spot video sono realizzati dall’agenzia di comunicazione genovese Roense, che conta tra i suoi clienti grosse società, come le multinazionali di elettronica Sony Ericsson e Kenwood e la famiglia dei vini Fratelli Gancia. È la prima volta che le pubblicità dell’Ilva compaiono sugli schermi dei cinema o sulle fiancate degli autobus. «Sono in molti - spiega Andrea Rogazione, responsabile dell’ufficio comunicazione dell’Ilva - a giudicare il nostro stabilimento in modo superficiale e spesso frutto di pregiudizi. La nuova campagna, non vuole raccontare un’altra verità, ma è un forte invito per tutti a riflettere su ciò che difficilmente viene raccontato: un mondo di persone, di professionalità e di impegno». «Lo spot aziendale non può essere confuso con la manifestazione del 30 marzo che ha visto spontaneamente scendere in strada 7 mila lavoratori - racconta un ingegnere Ilva che vuole rimanere anonimo - anche se io, personalmente, come tarantino e tecnico dello stabilimento, mi riconosco nella figura di Luca Basile, l’ingegnere dello spot». In quella marcia, con tecnici e operai l’uno accanto all’altro, c’era anche Giuse Alemanno, operaio da dieci anni delle officine Ilva nonché scrittore e autore di «Invisibili», il racconto degli operai dentro la grande fabbrica. «Montavo di turno alle 15, ho visto la marea di lavoratori e mi sono accodato, perché sono sempre dalla parte degli operai - spiega Alemanno - che hanno diritto di conoscere la verità. Una verità su ambiente e salute a Taranto, che oggi nessuno conosce e nessuno è in grado di fornire, ma che deve essere l’unica strada per trovare un giusto equilibrio tra chi difende il proprio lavoro e chi non vuole morire. A partire da chi c’è dentro. La pubblicità dell'Ilva, al cinema e sui bus, non mi sorprende, ma mi trova indifferente come tutte le pubblicità commerciali che tentano di aggredire l’occhio del passante». La campagna pubblicitaria dell’Ilva fa parte di un’aperta strategia comunicativa dell’azienda, che va dall’informazione sui propri investimenti in campo ambientale e della sicurezza sul lavoro, alla pubblicazione di un trimestrale con una tiratura di 35 mila copie, chiamato «Il Ponte», come il ponte girevole simbolo della città e come il legame comunicativo che l’azienda cerca con i propri dipendenti ed ex dipendenti. Nella strategia rientra anche il monitoraggio di siti internet e gruppi Facebook. Inoltre, ogni anno viene presentato alla stampa il rapporto su sicurezza e lavoro e vengono organizzate le visite delle scuole nello stabilimento. Per i ragazzi è stata promossa, con l’Inail e l’Ufficio scolastico provinciale, una campagna di comunicazione sulla prevenzione degli incidenti con il concorso «Guidiamo la vita». Due anni fa, invece, era stato ideato un giochino via internet, accessibile attraverso il sito, dove un omino operaio era impegnato a raccogliere minerali che piovevano dal cielo provenienti da una nave attraccata al porto. Più minerale si raccoglieva più punti si ottenevano.
Gino Martina (CdM)