Ilva: manifestazione ambientalisti Taranto "un grande successo"
"Un grande successo". Cosi' i movimenti ambientalisti definiscono la manifestazione indetta stasera a Taranto per protestare contro l'inquinamento, l'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'Ilva e il decreto legge in fase di discussione in Parlamento. Gli organizzatori parlano di diecimila persone che hanno attraversato in corteo una larga parte della citta', muovendosi dalla semiperiferia sino al centro dove il corteo e' arrivato da poco. Fonti della Questura affermano che ci sono 7-8mila persone. Tantissimi gli slogans contro il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, e la famiglia Riva, proprietaria dell'Ilva; sostegno pieno, invece, all'azione dei giudici. Piu' in generale e' emersa una forte disapprovazione per come la vicenda dell'Ilva e' stata gestita sinora. Molte le critiche espresse al decreto legge che, secondo i manifestanti, viola i principi della Costituzione e antepone le questioni della produzione e del lavoro a quelle della tutela della salute.Nessun politico o amministratore era presente nel corteo, solo il consigliere regionale dell'Idv, Patrizio Mazza, e il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, consigliere comunale di Taranto, che da tempo hanno assunto una posizione fortemente critica e disapprovano sia l'Aia sia il decreto legge sull'Ilva. In piazza della Vittoria, dove il corteo e' terminato, nessuna manifestazione ma solo un concerto con diversi artisti tarantini. (AGI) .
Ilva: 'Ma quali Maya, ci ammazza l'Aia'
'Ma quale profezia Maya. Noi ci ammazza l'Aia': è tra gli striscioni e cartelli che innalzano i manifestanti a Taranto nel corteo per protestare contro l'inquinamento e contro il decreto legge 'salva Ilva'. Una ragazza con abiti della Palestina tiene alzato un cartello su cui c'é scritto 'Caro Gesu' quest'anno i pastori verranno da te senza pecoré, chiaro riferimento alle migliaia di pecore che si sono dovute abbattere a Taranto perché avvelenate dalla diossina. C'é qualche striscione più tradizionale come 'Basta ricatto occupazionale, chi ha inquinato deve pagare', ma la maggior parte sono ironici come 'La nostra salute non e' d'acciaio', o con un accenno diretto al ministro dell'ambiente, Corrado Clini, come 'Caso Clinico' e 'Non siamo inClini a morire'. (ANSA)'Siamo in 10.000'', e' la voce che corre tra i manifestanti a Taranto in corteo contro il decreto 'salva Ilva'. Alcuni striscioni sono di sostegno alla magistratura. Su uno, sono riprodotte le facce di coloro che sono coinvolti nell'inchiesta giudiziaria Ilva. In molti luoghi la gente si affaccia ai balconi applaudendo e molti titolari di negozi abbassano le saracinesche a meta' per solidarieta'. Al corteo anche un gruppo giunto da Genova e due esponenti dei No Tav della Val di Susa. (ANSA)
Un solo grido: Taranto libera!
Parola d'ordine risarcimento. I tarantini rivendicano il diritto alla salute a al lavoro "pulito"
In questi casi i numeri non contano. Dieci, quindici, ventimila… che importa! Ognuno dà i suoi e tutti, puntualmente, sbagliano i conti. Perchè ieri sera, da piazza a piazza, da rione Italia al Borgo, lungo un percorso inedito e tortuoso, i tarantini hanno gridato la loro voglia di «libertà».Libertà dal ricatto occupazionale. Libertà dalla politica con il cappello in mano. Libertà dai vincoli dello Stato padrone e del privato padronale. Libertà della necessità produttiva che s’impone su qualsiasi richiesta di bisogno civile, primario, inalienabile come la salute e la vita. Libertà da un destino scritto il secolo scorso e che ancora scorre perpetuo, blindato dalla pochezza di chi dovrebbe immaginare tutt’altro e che invece si arrampica su specchi finiti in frantumi. Libertà dal gioco delle parti, dal tira e molla sui dati che raccontano di sangue e di lacrime sparse per le strade di Taranto, nei corridoi dei reparti oncologici, nei vicoli rossastri del San Brunone, tra le tombe dei caduti di una guerra che nessuno - come tutte le guerre – in fin dei conti ha voluto.
«Taranto libera», allora. Sfida del terzo millennio per una città molto più antica di Roma, alle prese con un Governo che per decreto ribalta le decisioni della magistratura.
Libera da se stessa quando si specchia, non si piace e si lagna. Libera da chi non la protegge a dovere, da chi l’attacca a distanza, da chi ha deciso che così è stato e così, per decreto, appunto, sempre sarà.
«Taranto libera» da ieri è il campanello di famiglia, lo slogan di un corteo civile e festoso, il titolo di una canzone intonata da musicisti e bambini disposti in prima fila, mescolati tra carrozzini e passamontagna, girotondi e cori, sciarpe di tutti i colori. Inzuppati di umido, al compleanno della città che vuole risorgere, il loro canto libero ha pure commosso. Eccolo, al di là dei numeri che ingabbiano e basta, il fiume di Taranto che ha deposto le fiaccole ma non la speranza.
Operai, studenti, anziani, bambini, mamme e papà ovunque, ad ogni angolo dei quartieri percorsi, in fila o in attesa, a passo felpato o di corsa, urlando o in silenzio, abbracciati o a distanza, cantando l’anima su spartito anonimo.
Tutti compatti in questo presente che la politica, in senso liturgico, non celebra più. Restano al palo, infatti, i partiti di Taranto, i partiti pugliesi, i partiti italiani. Ai lati della strada, su marciapiedi distanti dall’asfalto battuto dalla protesta, osservano una folla matura. Politici pochi, sparsi, «in borghese». Alcuni confusi e silenti, altri fieri ma defilati. Il popolo è in cammino ma i suoi rappresentanti sono in coda, in affanno: Taranto non li aspetta più.
Migliaia di persone, ieri sera. Non è chiaro quante davvero. Comunque tante, tantissime facce di nuovo per strada per dire al Governo che la coscienza non è merce per leggine o decreti. Il cammino verso un nuovo futuro è ancora lungo. Il comitato «15 dicembre» ha compiuto un altro piccolo passo. Ne seguiranno altri. Chissà quanti.
Il numero con conta. (Corgiorno)
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