Ilva, nuove ombre sulle fideiussioni
l'azienda voleva milioni pubblici
Le fideiussioni presentate dall'Ilva sono genuine? E' da questa domanda che parte un nuovo filone dell'inchiesta della Guardia di Finanza sullo stabilimento siderurgico. Il perno sono le garanzie bancarie presentate dai Riva - delle quali Repubblica ha ampiamente parlato nei giorni scorsi - per ottenere le autorizzazioni (mai ricevute) per l'esercizio di alcune discariche all'interno dello stabilimento. Su quelle garanzie il due novembre scorso la Provincia ha inviato un atto di diffida a Bruno Ferrante e al gruppo Riva spiegando che erano inaccettabili: innanzitutto per le cifre (tre milioni di euro a fronte dei circa 300 pretesi dall'ente come garanzia per una successiva bonifica) e poi perché alla lettura degli atti quelle garanzie sembravano quasi tarocche: mancavano le date di emissione, i documenti
erano incompleti in decine di punte come documentano le sedici pagine firmate dall'ente e che ora sono finite dritte nel fascicolo delle Fiamme Gialle che da tempo stanno indagando su tutti gli iter autorizzatori del siderurgico. Le discariche sono un punto centrale della vicenda perché propedeutiche al rilascio dell'Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale, che consente all'Ilva di restare in funzione e produrre.
In attesa di conoscere gli sviluppi dei nuovi filoni dell'inchiesta, in procura si sta giocando la partita sulla prima tranche. L'Ilva ha rinunciato al Riesame per evitare che i giudici sollevassero il conflitto di competenze alla Consulta: il pericolo non è scansato
Ma ieri in aula la scena l'hanno conquistata i legali di Liberti che si sono presentati con un tecnico informatico. La loro prova è stata proiettata su un grande tabellone. Quel consulente, infatti, ha spiegato al Tribunale di aver ripulito e ingrandito i fotogrammi del video che venne registrato dalle telecamere di sicurezza della stazione di servizio in cui avvenne quel fatidico incontro. Quegli otto minuti di registrazioni sono stati scandagliati, "zoommando" proprio al momento del passaggio della busta. Secondo i legali, le immagini ingrandite dimostrano che Archinà passò dei fogli a Liberti. E che, soprattutto, prima di salutarsi quei fogli furono restituiti al dirigente dell'Ilva. "Non ci fu passaggio di soldi", hanno tuonato i difensori. Che hanno aggiunto: "Si vede che il plico viene restituito ad Archinà". Se confermato, indubbiamente, quel video getterebbe una luce del tutto diversa su un episodio cardine di questo filone investigativo. La proiezione del video è stato certamente il momento più importante di una camera di consiglio fiume. Il verdetto per Liberti e Archinà, ieri assistito dagli avvocati Giandomenico Caiazza e Gianluca Pierotti, giungerà entro mercoledì prossimo. (Repubblica)
Nessun commento:
Posta un commento