Immediata la risposta del ministro ombra il quale, data una gran respirata alla bombola d'ossigeno che ancora tiene in vita l'oligoverno Monti, dichiara che farà "subito" (se avesse detto "obbedisco" almeno faceva capire che aveva studiato un po' di storia...) un emendamento al decreto per... permettere a Riva di vendere l'acciaio prodotto sotto sequestro!
Alla faccia dell'equità!
Una vicenda ricca di gag, dall'elenco pietoso (quasi una minaccia di rivoluzione) di tutti gli impianti europei che soffriranno per quella mancata lavorazione fino alla più comica di tutte: i prodotti sono degradabili!!!
Ma stiamo parlando di acciaio o l'Ilva è diventata l'industria casearia più grande del mondo?
Caspita, e noi che credevamo che il Circo fosse quasi chiuso! Venghino, signori, venghino!!!
PS. Si dice che nell'emendamento sia anche prevista la fornitura di una lima per gli arrestati ed una capanna alle Seychelles per il ricercato. Fair play...
No al dissequestro, l'Ilva: "A casa 4mila operai" . Il governo: "Un decreto per sbloccare l'acciaio"
Il Consiglio dei ministri ha deciso che il governo presenterà un emendamento 'interpretativo' al decreto 'Salva Taranto'. Con l'emendamento si chiarisce la facoltà di commercializzazione dei manufatti da parte dell'Ilva, riguarda anche quelli prodotti prima dell'entrata in vigore del decreto ed attualmente sotto sequestro. Il ministro dell'ambiente, Corrado Clini, presenterà alla Camera l'emendamento governativo. L'esecutivo tenta così di vanificare il provvedimento del gip di Taranto che aveva negato all'Ilva il dissequestro dell'acciaio prodotto.
La decisione ha scatenato l'immediata reazione delll'Ilva, con una nota, annuncia: andranno a casa con effetto immediato quasi 4000 operai. "A seguito del rigetto odierno da parte del Gip della richiesta di Ilva dell'applicazione del decreto legge 207 del 3 12 2012, Ilva comunica le drammatiche conseguenze che tale decisione comporta per i livelli occupazionali e per la situazione economica dell'azienda - scrive l'azienda del gruppo Riva - Da ora e a cascata per le prossime settimane circa 1.400 dipendenti, appartenenti prevalentemente alle aree della laminazione a freddo, tubifici e servizi correlati, rimarranno senza lavoro. Il numero di questi lavoratori si andrà a sommare ai 1.200 dipendenti già attualmente in cassa Integrazione per le cause già note quali la situazione di mercato e le conseguenze del tornado che ha investito lo stabilimento di Taranto lo scorso 28 novembre". Il riferimento immediato, dunque,
Continua...
"Ma si fermeranno - prosegue la nota dell'Ilva - poi a catena gli impianti Ilva di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell’Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia, nonchè tutti i centri di servizio Ilva, quali Torino, Milano e Padova, nonchè gli impianti marittimi di Marghera e Genova. Tutto ciò comporterà, in attesa di ricostituire la scorta minima per la ripresa dei processi produttivi, una ricaduta occupazionale che coinvolgerà un totale di circa 2500 addetti. Le ripercussioni maggiori si avranno a Genova e Novi Ligure dove nell’arco di pochi giorni da oggi, saranno coinvolte circa 1.500 persone (1.000 su Genova e 500 su Novi Ligure)". E' così che la minaccia si allunga su un totale di circa 4000 addetti.
"Naturalmente - conclude l'Ilva - l'azienda ricorrerà al Tribunale del Riesame confidando cha la situazione possa essere sbloccata al più presto, per evitare oltre al danno derivante dalla mancata consegna dei prodotti già ordinati e non rimpiazzabili in alcun modo, anche il danno relativo all'eventuale smaltimento di tali prodotti che, l'azienda ricorda, sono prodotti deteriorabili".
Tutto nasce dal provvedimento del gip del tribunale di Taranto, che ha respinto l'istanza dell'Ilva di reimmissione nel possesso dei prodotti finiti e semilavorati sequestrati il 26 novembre scorso. L'istanza era stata presentata una settimana fa dall'Ilva alla procura sulla base del decreto legge varato il 3 dicembre.
Secondo il gip che ha recepito il parere negativo dei pm il provvedimento governativo non ha effetto retroattivo: "Il divieto di retroattività della legge - scrive il gip - è fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento". La dottoressa Todisco, citando l'articolo 3 del decreto legislativo, rileva che "la norma impone di escludere radicalmente che si sia voluto attribuire efficacia retroattiva alla disposizione". Per questo motivo il giudice non ha concesso il dissequestro: sotto chiave rimangono 1 milione e 700mila tonnelate di coils, tubi e bramme per un valore stimato in quasi 1 miliardo di euro. Il sequestro è scattato perchè quell'acciaio era ritenuto provento dell'attività degli impianti dell'area a caldo dopo i sigilli scattati lo scorso 26 novembre per l'emissione di veleni industriali.
Il Tribunale del riesame di Taranto ha rigettato i ricorsi finalizzati alla scarcerazione dell'ex dirigente dell'Ilva Girolamo Archinà e dell'ex preside del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, arrestati il 26 novembre scorso nell'ambito dell'inchiesta denominata "Ambiente svenduto", riguardante l'Ilva di Taranto e parallela all"inchiesta-madre per disastro ambientale. (Repubblica)
5 commenti:
Caro comitato,
a riguardo, credo che questo vi interesserà.
In fatto e diritto.
http://corporeuscorpora.blogspot.it/2012/12/ilva-ma-quale-emendamento-corrado-clini.html
Come anche questo.
La vicenda si fa seria, più di prima.
http://corporeuscorpora.blogspot.it/2012/12/ansa-lemendamento-al-decreto-legge-3.html
I servi del profitto privato completamente allo scoperto!
Grazie, diffondiamo!
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