venerdì 27 marzo 2015

Alla faccia di Kyoto


L'Italia e Taranto dovrebbero essere felici per aver ridotto dell'11% il consumo di carbon fossile. 
Sia per i costi di acquisto della materia prima dall'estero che per l'impatto devastante del carbone. 
E' la più sporca delle fonti fossili, con un efficienza molto più bassa delle altre (40% max) e altissima produzione di anidride carbonica (effetto serra), diossine e pcb. 
E invece ci si lamenta italianamente anche per questo! 

Carbone: Assocarboni, in 2014 produzione mondiale +3%, in Italia cala import

La produzione mondiale di carbone, nel 2014, ha registrato una crescita del 3% raggiungendo i 7,2 miliardi di tonnellate. Il commercio mondiale via nave è salito del 5% raggiungendo 1,2 mld di tonnellate (di cui 900 mln di tonnellate di carbone da vapore e 300 mln di tonnellate di carbone metallurgico) mentre sono stabili le importazione dell’Europa a 216 mln di tonnellate. E' quanto emerge dai dati diffusi oggi da Assocarboni che evidenzia come i dati consuntivi del 2014 per l’Italia siano invece in calo, a causa della chiusura di Vado Ligure, la situazione di stallo dell’Ilva a Taranto e il perdurare delle crisi. L'Italia, sostiene l'associazione "ha bisogno di impianti a carbone, come quelli esistenti che già vantano una efficienza media del 40%, rispetto al 35% medio europeo". In Italia, rileva Assocarboni, Le importazioni di carbone da vapore sono infatti scese dell’11% rispetto al 2013, attestandosi a 16 mln di tonnellate e, in parallelo, sono diminuite del 15% rispetto all’anno precedente le importazioni di carbone metallurgico e PCI, che si attestano a 4 mln di tonnellate a fine 2014. In linea con i dati europei, anche le importazioni italiane di gas sono scese del 11% nel 2014. Il carbone nel 2014 si conferma leader di mercato, con una quota mondiale di energia elettrica prodotta da centrali a carbone pari al 42% (seguono nucleare con 20% e gas con 17%). Una percentuale molto lontana rispetto al 13% riservato al carbone dal sistema elettrico italiano. (Focus)

Indottolo felice

Ilva, il giudice autorizza a pagare i trasportatori

Arriva un’altra schiarita per i trasportatori dell’Ilva. Il giudice del Tribunale di Milano, Caterina Macchi, delegato alla procedura dell’amministrazione straordinaria dell’azienda, ieri ha autorizzato i commissari a saldare i crediti pregressi «per un importo che non superi per ciascuno di essi la percentuale del 32% dei crediti vantati per prestazioni rese amteriormente all’apertura della procedura e secondo tempistiche rimesse alla prudente valutazione dei commissari». Le imprese del trasporto che lavorano con l’Ilva sono circa 150 in tutt’Italia e vantano crediti complessivi per 48 milioni di euro. Una buona fetta di questi 48 milioni riguarda Taranto.
Sussiste «la necessità di evitare che venga pregiudicata la continuazione dell’attività di impresa della società» ed è considerata «adeguatamente prudenziale la soglia percentuale massimo di soddisfacimento dei crediti in oggetto, dei quali non appare peraltro da escludere la quantomeno parziale riconducibilità all’area di applicazione» di quanto previsto dalla legge 20 del 2015 - è l’ultima legge sull’Ilva - «con conseguenza spettanza del rango prededucibile»: così scrive il giudice Macchi nel provvedimento riferendosi sia all’Ilva (continuità della società) che ai trasportatori (soddisfacimento dei crediti). La percentuale del 32 per cento va intesa come tetto. Non è quindi garantito che tutti abbiano lo stesso trattamento. Ora sarà l’Ilva a definire le modalità di pagamento con un piano che indicherà tempi ed entità delle somme da corrispondere. In seguito, si passerà alle imprese diverse dal trasporto. Per quest’ultimo i commissari avevano fatto istanza al giudice delegato lo scorso 18 marzo.
Quaranta giorni con i Tir fermi davanti alla portineria C dell’Ilva. Tanto è durata la protesta dei trasportatori cominciata lo scorso 19 gennaio, cioè qualche giorno prima che l’Ilva entrasse in amministrazione straordinaria in base alla legge Marzano. A spingere la categoria ad una forma di protesta così dura, che subito si estese anche agli altri siti dell’Ilva come Novi Ligure, Genova e Marghera, fu il timore di perdere, o di vedere largamente ridimensionati proprio a causa dell’amministrazione straordinaria, i crediti maturati e non pagati dall’Ilva. La protesta coinvolse anche le imprese dell’indotto, le quali limitarono al minimo le prestazioni di lavoro nel siderurgico, mentre i trasportatori bloccarono le spedizioni dei prodotti finiti consentendo l’accesso in fabbrica solo dei materiali e dei mezzi strettamente necessari alla continuità produttiva.
La protesta è stata superata solo quando, con la presentazione degli emendamenti in Senato al decreto legge sull’Ilva, fu garantita la prededuzione dei crediti vantati sia dall’indotto che dal trasporto. La prededuzione è, in sostanza, una sorta di garanzia. Per i trasportatori, tuttavia, non furono sufficienti gli emendamenti. Per arrivare alla rimozione dei blocchi, i commissari hanno sottoscritto un accordo ad hoc che prevede che ai trasportatori del Nord sia versato, sui servizi affidati dal 21 gennaio in poi, un acconto dell’80 per cento con saldo entro un mese, percentuale, questa, che scende al 60 per i tarantini. Questo perchè, in sede di trattativa, gli operatori tarantini hanno chiesto all’Ilva di avere meno sulla parte corrente pur di spuntare qualcosa in più sui vecchi crediti. Si ritiene infatti che da questi crediti, più che dagli anticipi, dipenda la continuità delle imprese del trasporto. Nei giorni più acuti della protesta, i trasportatori denunciarono che mesi di mancati pagamenti da parte dell’Ilva li avevano portati sul lastrico. Superata l’emergenza, nei giorni scorsi l’Ilva ha intanto insediato con i trasportatori un tavolo tecnico che ha avviato le prime iniziative relative al pagamento delle nuove commesse. E ora arriva lo sblocco di parte dei crediti. Un fatto, commentano fonti vicine all’azienda, che contribuisce a rafforzare il lavoro intrapreso dai commissari e dai nuovi manager per il rilancio dell’Ilva. (GdM)

Respiriamoooooo!!!

Taranto, all’Ilva si ferma anche l’Acciaieria 1

E’ stata fermata nelle scorse ore l’acciaieria 1 dell’Ilva. Si tratta di una fermata già programmata e che nei giorni scorsi l’azienda aveva annunciato ai sindacati metalmeccanici. Lo stop dell’acciaieria 1 segue quello dell’altoforno 5 avvenuto nei giorni precedenti. Di conseguenza, l’assetto operativo dell’Ilva è ora con due altiforni su quattro, il 2 e il 4, e con un’acciaieria su due, la 2.
Lo stop all’acciaieria 1 dell’Ilva risponde ad un duplice ordine di motivi: allineare l’assetto del siderurgico alla quantità di ghisa prodotta e intervenire con i previsti lavori di manutenzione. Con due altiforni su quattro in attività, il volume di ghisa prodotto giornalmente dall’Ilva si è infatti notevolmente abbassato. Attualmente è compreso tra le 10mila e le 11mila tonnellate giornaliere. Con questa produzione, l’attività di una sola acciaieria, la 2, che è quella che resta in attività, è più che sufficiente. E’ in quest’area dello stabilimento, infatti, che avviene la trasformazione in acciaio della ghisa colata dagli altiforni. Ma la fermata dell’acciaieria 1 sarà utilizzata dall’Ilva anche per migliorare l’efficienza e lo stato generale dell’impianto con una serie di azioni di «revamping». Proprio in previsione della doppia fermata, altoforno 5 e appunto acciaieria 1, l’Ilva ha comunicato nei giorni scorsi un incremento del personale che sarà collocato in contratto di solidarietà. Attualmente sono 2310 e tali resteranno sino al 31 marzo. Poi da aprile la solidarietà coinvolgerà 3131 addetti che diverranno infine 3128 a maggio e 3178 a giugno. L’Ilva resterà in produzione con due soli altiforni almeno sino ad agosto, quando dovrebbe ripartire l’altoforno 1 fermato per i lavori dell’Aia a dicembre 2012. Invece i lavori Aia sull’altoforno 5 non sono ancora cominciati, nè l’Ilva, dichiarano i sindacati, nell’incontro di qualche giorno fa ha fornito notizie in merito a costo, tipologia dell’intervento e imprese assegnatarie. Il riavvio dell’altoforno 5 è comunque previsto nel 2016.
Obiettivo della nuova squadra dirigenziale dell’Ilva, su imput dei commissari, è infatti quello di accelerare investimenti industriali e risanamento ambientale ora che il quadro delle risorse su cui si potrà contare comincia pian piano a chiarirsi. Già sbloccati infatti i primi 156 milioni: sono i soldi relativi all’accantonamento di Fintecna a fronte del contenzioso tra l’Iri e il gruppo Riva. (GdM)

giovedì 26 marzo 2015

Parole d'ordine: sminuire e sdrammatizzare sempre!!

C’è l’amianto nelle finestre dell’Ilva. L’azienda: “Già avviata la rimozione”

Nell’ambito della procedura di analisi delle strutture aziendali per il programma di bonifica amianto e messa in sicurezza degli stabilimenti di Taranto «è stata riscontrata una limitata e circoscritta presenza di amianto nelle guarnizioni di alcune finestre di uno stabile». Lo afferma l’Ilva Spa sottolineando che «sono state avviate le attività per la rapida rimozione». Inoltre «non c’è stata alcuna dispersione di fibre e, di conseguenza, alcuna esposizione del personale, in quanto i manufatti sono integri».
La nota dell’azienda
«Una limitata e circoscritta presenza di amianto nelle guarnizioni di alcune finestre di uno stabile» è stata riscontrata nell’ambito della periodica procedura di analisi delle strutture aziendali per il programma di bonifica amianto e messa in sicurezza degli stabilimenti. Lo rende noto l’Ilva in amministrazione straordinaria precisando che «non c’è stata alcuna dispersione di fibre e, di conseguenza, alcuna esposizione del personale, in quanto i manufatti sono integri. Nessun rischio quindi di danno alla salute. Sono state avviate inoltre le comunicazioni previste per legge - aggiunge l’Ilva - e le attività per la rapida rimozione». Nel 2014, spiega l’azienda, sono stati effettuati oltre 1000 campionamenti con 110 interventi di bonifica. (CdM)

mercoledì 25 marzo 2015

Più decreti che acciaio

Ilva, pronto un altro decreto. Ma per i sindacati la ripresa è troppo lenta 

L’impegno c’è, così come la spinta a risollevare il gigante dell’acciaio sofferente. Ma lo sforzo dei commissari dell’Ilva non viene considerato ancora, dai sindacati, risolutivo. E i tempi delle procedure, come matasse difficili da sbrogliare, sembrano ai rappresentanti dei lavoratori del siderurgico troppo lunghi per garantire gli oltre 11mila dipendenti di Taranto.
A due mesi esatti dal passaggio del gruppo in Amministrazione straordinaria occorre ancora un nuovo decreto per puntellare i fondi che sostanzieranno la newco, la nuova società Ilva. Newco che non partirà subito ma per la quale occorrerà attendere l’estate. La dilatazione rispetto alla tabella iniziale di marcia non è un boccone facile da ingoiare per le organizzazioni dei metalmeccanici. Che faticano a fornire risposte alle tute blu, al lavoro come sempre nei reparti. Al lavoro nonostante le incertezze e nonostante una produzione rallentata, rallentatissima dalla metà di marzo con la fermata dell’altoforno 5. Oggi si bloccherà anche l’acciaieria, resta una sola linea di colata e due altiforni. Acciaio ai minimi storici, dice qualcuno, più che nella crisi del 2009. E alla vigilia dell’ennesimo stop di un reparto dell’area a caldo ieri al Ministero dello Sviluppo Economico il vertice su Ilva con il ministro Federica Guidi e il sottosegretario al lavoro Teresa Bellanova, non ha dai quei risultati che le segreterie di Fim-Fiom e Uilm si aspettavano.
Alla riunione hanno relazionato i tre commissari Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi e il direttore generale dell’Ilva Massimo Rosini. Il direttore generale, da qualche settimana al vertice dello stabilimento, ha diviso le due fasi di gestione dell’industria. In una prima fase occorre stabilizzare e normalizzare; in una seconda, rilanciare e sviluppare la società. La prima è quella che, probabilmente richiede più tempo e certamente più impegno. Proprio il ministro Guidi ha parlato della newco, inizialmente prevista per marzo. Per Federica Guidi è imminente, forse già nel prossimo consiglio dei ministri, l’approvazione di un Dpcm, un decreto, che preveda l’istituzione di un fondo di turnaround (ovvero per la ristrutturazione delle grosse imprese italiane in crisi) che sarà operativo attraverso la newco. Il primo intervento della società di turnaround sarà proprio concentrato su Ilva. Per puntellare l’azienda occorrono risorse. Soltanto dopo si potrà recuperare terreno sul mercato e quindi produzione.
A proposito di risorse economiche, il commissario Enrico Laghi ha comunicato che nei prossimi giorni saranno disponibili le risorse del contenzioso Fintecna, i 156 milioni versati da quest’ultima ad Ilva. Ed è in fase di soluzione anche il recupero del miliardo di euro sequestrato ai Riva. Ai sindacalisti nazionali presenti avrebbe poi parlato di contatti con gli istituti di credito per la riapertura delle linee di credito. Rassicurazioni sono arrivate anche per i cantieri Aia con la ripartenza dell’altoforno 5 confermata al 2016.
Le tre segreterie erano rappresentate da Marco Bentivogli (Fim Cisl), Rocco Palombella (Uilm Uil) e Rosario Rappa (Fiom Cgil). Che hanno commentato il vertice in modo non positivo. «Il programma previsto dal Governo è in preoccupante ritardo: sul piano ambientale, industriale e sulla newco. Questi elementi allontanano gli obiettivi di ambientalizzazione e rilancio industriale, vanno coinvolti soggetti industriali siderurgici nel più breve tempo possibile, recuperare tutti i ritardi e assicurare tutte le risorse per il rilancio dell’Ilva e del suo indotto. La situazione è al collasso e il perdurare di carenza di risorse e interventi rischia di rendere molte problematiche sempre più di costosa e irreversibile criticità», ha detto Marco Bentivogli.
Preoccupazione espressa anche dal segretario generale della Uilm Rocco Palombella: «La situazione dell'Ilva sembra ancora difficile e complicata. Avremmo voluto date e dati più certi perché i lavoratori hanno bisogno di essere rassicurati sul futuro». «Il rischio - ha aggiunto - è che la solidarietà possa essere utilizzata completamente visto che quest'anno, per il blocco dell'altoforno numero 5 e per il fatto che l'altoforno 1 non è ancora partito e lo sarà solo nel terzo trimestre, la produzione scenderà ancora».
«In questa fase, che si sta rivelando sempre più difficile, i lavoratori dell'indotto stanno pagando il prezzo più alto» hacommentato Rappa per la Fiom. «Dopo il passaggio all'amministrazione straordinaria sono ripresi da parte dell'azienda i pagamenti delle aziende dell'indotto, sembra purtroppo che invece i loro lavoratori non vengano ancora pagati. Abbiamo chiesto perciò ai commissari di vigilare su questo e da parte di Ilva abbiamo avuto rassicurazioni in merito» ha detto Rappa. Inoltre, ha proseguito il sindacalista, «su iniziativa del sottosegretario Teresa Bellanova, si punta a creare un bacino di lavoratori dell'indotto, che sia un bacino privilegiato dati gli alti livelli di specializzazione e competenza, al quale Ilva possa attingere al momento della ripresa degli investimenti». (Quot)

martedì 24 marzo 2015

Bifasica o afasica?


Ilva, due fasi per rilanciare lo stabilimento: prima stabilizzazione e poi lo sviluppo

Due fasi di gestione industriale, una di stabilizzazione e normalizzazione e un'altra di rilancio e sviluppo. Nella prima ci sarà l'avvio dei più importanti cantieri previsti dalle prescrizioni del garante dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per il secondo trimestre, tra cui il rifacimento dell'alto forno 1, la cui ripartenza è prevista per il terzo trimestre. Nel quarto trimestre prenderanno nuovamente il via i cantieri dell’acciaieria. Mentre per il 2016 si prevede la ripartenza dell'alto forno 5.
Sono questi i punti definiti dal direttore generale dell'Ilva di Taranto Massimo Rosini, oggi al vertice che si è tenuto al ministero dello Sviluppo economico al quale hanno partecipato le sigle sindacali, i tre commissari speciali per le acciaierie tarantine, il ministro Federica Guidi e il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova. Nella seconda fase di rilancio, ha reso noto ancora Rosini, sarà quindi necessario recuperare capacità produttiva e quote di mercato perdute in questi anni.
Sul fronte delle risorse economiche, il commissario Enrico Laghi ha comunicato che nei prossimi giorni saranno disponibili le risorse del contenzioso con Fintecna, pari a 156 milioni di euro. Servirà ancora attendere un provvedimento del gip e della camera di Consiglio, invece, per 1,2 miliardi di risorse sequestrate dai Riva. Ci sono poi 175 milioni di euro custoditi al Fondo Unico della giustizia.
Inoltre si attendono le mosse delle banche che nei prossimi giorni dovranno manifestare le loro disponibilità nel riaprire linee di credito.
Infine sulla newco, inizialmente prevista per marzo, il ministro Guidi ha annunciato come imminente l’avvio di un decreto che prevederà l’istituzione di un fondo di turnaround che sarà operativo attraverso la newco per la prossima estate e si occuperà, alla sua partenza, di Ilva come primo intervento. (adnkronos)

Pagheranno?


Inceneritore di Taranto, danni per 6 milioni. In 4 condannati al risarcimento per l’indebito affidamento

Ammonta a circa sei milioni di euro il risarcimento che la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale di Bari, ha riconosciuto per l’indebito affidamento all’Ati guidata dalla Tme Termomeccanica della gestione dell’inceneritore di Taranto.La sentenza è stata emessa dalla Corte presieduta da dottor Francesco Lorusso (consigliere relatore dottor Antongiulio Martina, consigliere dottor Vittorio Raeli), che ha distinto le posizioni dell’ex assessore Filipo Condemi, dell’ex dirigente comunale Marcello Vuozzo, dell’ex segretario generale Giuseppe Luigi Spada e dell’ex sindaco Rossana Di Bello. I primi tre, secondo le prospettazioni della Corte, sono stati ritenuti responsabili di una colpa diretta, per aver attuato iniziative finalizzate all’indebito affidamento della gestione dell’inceneritore. E sono stati condannati a risarcire il danno quantificato in cinque milioni e mezzo di euro.
Quanto all’ex sindaco, che sarebbe stato concorrente «a titolo di colpa grave», è stato condannato a pagare la somma totale di quattrocentomila euro, ma in solido con gli altri tre. In sostanza, secondo quanto evidenziato dalla sezione giurisdizionale della Corte dei Conti le responsabilità maggiori, e dirette, in quell’affidamento indebito, sarebbero state individuate nelle azioni attuate dall’avvocato Condemi, dall’architetto Vuozzo e dal dottor Spada. Per la Corte dei Conti, invece, l’apporto «causale» dell’allora sindaco fu «limitato».
 Le conclusioni della Corte dei Conti sono giunte dopo l’esame della richiesta di risarcimento per danno avanzata dalla procura regionale della magistratura contabile e le controdeduzioni della difesa. Alla base della decisione, l’assunto secondo cui l’affidamento della gestione all’Ati «Tme Termomeccanica» fu predisposta a prezzi nettamente superiori a quelli contabilizzati da Amiu/Smal, che in convenzione fra loro furono fatte fuori dall’affidamento.
Secondo la dottoressa Adele de Gennaro, vice procuratore regionale, la dottoressa Di Bello “peccò” di negligenza nel non verificare la portata di quell’affidamento. Gli altri, secondo la prospettazione dell’accusa, ebbero invece un ruolo diretto, poichè avrebbero agito in favore dell’assegnazione alla Tme invece che all’Amiu/Smal che si erano associate. Per questo motivo, la procura chiese alla Corte dei Conti di condannare tutti al pagamento, in solido fra loro, di circa 7 milioni e mezzo di euro. In camera di consiglio, la Corte ha ritenuto di dover operato una distinzione fra tutte le posizioni, finendo con l’assegnare una responsabilità minima all’ex sindaco di Taranto. Nel processo penale, per la cronaca, l’ex sindaco fu assolto mentre l’ex assessore al ramo Filippo Condemi, l’ex segretario generale del Comune Luigi Spada e l’architetto Marcello Vuozzo incassarono condanne, poi cancellate dalla prescrizione. (Quot)

Buoni a parole

Ambiente: ad Amsterdam la piattaforma anti-inquinamento di Taranto

Viene presentata per la prima volta da oggi al 26 marzo alla “Interspill” di Amsterdam la nuova piattaforma informatizzata per gestire le operazioni anti-inquinamento nel porto di Taranto.
Si chiama “Mlv” ed e’ realizzata dall’azienda Cle di Bari. “Mlv” e’ una piattaforma in grado di pianificare, controllare e coordinare in tempo reale tutte le attivita’ svolte nella prevenzione e nel pronto intervento ogni volta che si verificano incidenti ambientali in mare. Coordinare in modo efficiente mezzi (rimorchiatori, barche di appoggio, macchine a terra), personale specializzato, strutture logistiche di supporto (magazzini) e materiali (prodotti chimici disperdenti, barriere e skimmer per l’aspirazione degli inquinanti in mare). Il tutto in collegamento con Guardia Costiera, Protezione civile e ministero dell’Ambiente.
La piattaforma per il contrasto all’inquinamento del mare causato da incidenti integra una vasta strumentazione che va dalle telecamere ordinarie a quelle a raggi infrarossi-ultravioletti, dalle stazioni meteo ai servizi di controllo del traffico marino. “Specificita’ della piattaforma – dice Mariarosaria Scherillo, amministratore unico di Cle, oltre 40 addetti, sede a Bari e filiale a Milano – e’ quella di ottimizzare e rendere tempestivi gli interventi, fornendo cosi’ uno strumento informativo indispensabile sia al controllo delle attivita’, che al coordinamento con le altre entita’ incaricate degli interventi”. Per mettere a punto la piattaforma, che puo’ essere utilizzata in mare, ma anche lungo fiumi, coste e laghi, Cle ha impiegato tre anni. Ora sono interessati all’innovazione circa 10 player mondiali del settore tra compagnie, Autorita’ portuali e societa’ che gestiscono i servizi antinquinamento in mare, in particolare di Australia, Brasile e Golfo Persico, soggetti ai quali la piattaforma viene presentata a partire da oggi ad Amsterdam. L’Ecotaras, societa’ che si occupa degli interventi anti-inquinamento nel porto di Taranto, utilizza gia’ la piattaforma realizzata da Cle. L’ad di Ecotaras, Francesco Argento, dichiara: “Avevamo gia’ una complessita’ di gestione di mezzi e uomini sia durante le fasi di intervento ordinario, sia nei casi critici, e con “Mlv” abbiamo ora raggiunto un standard organizzativo in grado di darci in qualunque momento la situazione delle condizioni di intervento oltre ad una costante valutazione delle risorse impiegate. Questo procura un notevole vantaggio in termini di ottimizzazione di tempi e costi”. L’appuntamento da oggi in corso ad Amsterdam, infine, e’ un un ciclo di conferenze internazionali sull’inquinamento in mare organizzato dalle principali organizzazioni europee di settore. (meteoweb)

Gli effetti del lavoro a tutti i costi che fa felice il padrone e i sindacati!


Carpenteria Ilva, 110 operai su 269 hanno noduli a tiroide

Nel reparto Carpenteria dello stabilimento Ilva di Taranto 110 lavoratori su 269 (media del 43%) hanno uno o più noduli alla tiroide. E’ quanto comunicato alla Fiom Cgil dal dottor Nicola Tota dell’ospedale 'Miullì di Acquaviva delle fonti (Bari), che ha condotto lo screening tiroideo. L’esame citologico su agoaspirato ha dato esito negativo in 26 casi, positivo in 3 casi più uno non determinato.
Nelle conclusioni sull'esito dello screening tiroideo si sottolinea che “pur non essendo il campione di lavoratori esaminati statisticamente rappresentativo, anche considerando che trattasi di popolazione selezionata e non avendo a disposizione un campione di controllo confrontabile, la prevalenza di patologia nodulare tiroidea sembra in linea con i dati della letteratura nazionale ed internazionale”. Nello stesso reparto lavorava Nicola Darcante, l’operaio di 39 anni morto di tumore il 16 maggio 2014.
La Fiom Cgil, spiega una nota, “prende atto del lavoro svolto dall’ospedale Miulli per Ilva, utile a determinare l'eventuale presenza di patologie nei lavoratori, ma non a definirne il nesso di causalità rispetto all’attività lavorativa e il luogo dove operano gli stessi operai del reparto Carpenteria”. L’organizzazione sindacale, nell’incontro di oggi con l’azienda, ha invitato nuovamente la direzione a fornire ad Arpa e Ares le informazioni necessarie per avviare una indagine epidemiologica nel reparto.
“I lavoratori e i cittadini - conclude il sindacato – attendono ora, con Ilva in gestione pubblica, che i commissari e il nuovo management dedichino attenzione e impegno alla tutela della salute, con la messa in campo di azioni in netta discontinuità con la gestione del passato, a partire dalle attribuzioni e responsabilità del medico Competente”. (GdM)

lunedì 23 marzo 2015

I grandi economisti con le pezze al...

L'Ilva e il Sole 24h (che l'ha sempre sostenuta) sono in rosso da anni... 
Una piccola ma gustosa rivincita per tanti cittadini attivi che i suoi miopi giornalisti bollarono (e bollano ancora oggi) come visionari ambientalisti perditempo! 
Ora chi sta veramente fuori dal suo tempo?

FINANZA/ Se la grande stampa chiede aiuti come l'Ilva (e tratta Google come l'Isis)

Il Sole 24 Ore chiude in perdita anche il 2014 e dedica due pagine di inchiesta per certificare l’inaridimento strutturale dei ricavi di un’industria editoriale italiana ancora troppo tradizionale.  Repubblica  (il cui gruppo ha difeso l’utile nell’ultimo esercizio) non rinuncia a ospitare nella sua sezione culturale della domenica un affresco di  insider-outsider  della  web industry globale: internet, dicono questi /anti-guru/, non ci ha affatto resi più liberi e più ricchi, ma - al contrario - più poveri, meno autonomi e, in un numero crescente di casi, più disoccupati.  Il Corriere della Sera  (ancora oberato di enormi perdite da debiti sulle acquisizioni spagnole) continua a far notizia soprattutto per l’estenuante procedura di sostituzione del presidente e del direttore e per il progetto di cessione in blocco della divisione libri.
È in questa cornice di cifre e umori che la grande stampa nazionale scalda i motori per l’apertura di un tavolo per l’editoria alla Presidenza del Consiglio: Fieg e Fnsi si presenteranno da Luca Lotti, braccio operativo del premier Matteo Renzi anche sul delicato fronte Rai media. Maurizio Costa (presidente Fieg, ex amministratore delegato della Mondadori e candidato presidente di Rcs) ha già avuto modo di sintetizzare la posizione degli editori di giornali italiani : la crisi ha effetti insostenibili essenzialmente per lo strapotere di Google e la contromisura immediata è una tassazione straordinaria sulla principale e simbolica web company da destinare ad aiuti altrettanto straordinari agli editori e ai giornalisti italiani (la posizione è ovviamente condivisa in blocco dalla Fnsi). 
Che ciascuna “parte sociale” faccia la sua parte non è sorprendente e tanto meno scandaloso. Però - e la posizione viene oggettivamente ribadita sul giornale di questa giovane web media company - il lecito e motivato lobbyismo dell’editoria e del giornalismo nazionali sembra datato così come le strategie e le gestioni dei diversi gruppi media che chiederanno quattrini pubblici in nome di un interesse generale e nazionale che - ultimamente - ha giustificato l’investimento statale di salvataggio dell’Ilva (che è stata in ogni caso commissariata). 
 Così come tutti sanno - sappiamo - che l’industria siderurgica è infinitamente cambiata rispetto ai tempi in cui lo Stato costruì il gigantesco impianto di Taranto, tutti sanno - sappiamo - che l’industria dell’informazione è sideralmente cambiata rispetto a quando in Italia si stampavano e vendevano sette milioni di copie di quotidiani cartacei. Le imprese editoriali italiane - anche se con ritmi diversi - sono cambiate a velocità molto bassa in un settore in cui tutto è rivoluzionato: la domanda di contenuti, la tecnologia, la struttura concorrenziale del mercato e l’imprenditoria che decide di investirvi e giocarvi. (Ilsussidiario)

Solidale a chi?

fonte
Ilva: a Taranto da oggi contratti di solidarietà per 2. 310

Parte da oggi la nuova fase di contratti di solidarieta' all'Ilva di Taranto. Da oggi e sino a fine mese saranno 2.310 i lavoratori interessati al contratto di solidarieta' che prevede meno ore di lavoro ed un taglio della retribuzione in parte compensato dall'Inps. E intanto dopo l'altoforno 5 fermato nei giorni scorsi per i lavori dell'Autorizzazione integrata ambientale, tra domani e giovedì è prevista la fermata dell'acciaieria 1 del siderurgico.
  Producendo meno ghisa, c'è meno attività a valle. E di conseguenza cresce anche il ricorso ai contratti di solidarietà, l'ammortizzatore sociale concordato tra azienda e sindacati per gestire questa particolare fase di ristrutturazione.
  Con l'aumento degli impianti fermi, aumentera' nell'Ilva anche il numero dei lavoratori soggetti ai contratti di solidarieta', dai 2.310 di questo periodo ad oltre 3mila tra aprile e giugno. Oltre 800 addetti in piu'. In particolare, ad aprile la solidarieta' tocchera' 3.131 lavoratori (di cui 2.222 tra altiforni, acciaierie, laminatoi e tubifici e 421 tra carpenteria e officine meccaniche ed elettriche) mentre l'inattivita' riguardera' 3.128 unita' a maggio e 3.178 a giugno. La sospensione prevista, rende noto l'Ilva, sara' quella della giornata intera di solidarieta' ma resta comunque la disponibilita' dei reparti ad adottare l'ora giornaliera. I numeri definiti oggi si rifanno all'accordo delle scorse settimane che ha previsto che a Taranto vada in solidarieta' un numero massimo di 4.074 addetti. Circa 500 in piu' rispetto ai circa 3.500 delle intese del 2014 e 2013. Questo, infatti, e' il terzo anno di solidarieta' all'Ilva. Con un particolare pero': nei due anni precedenti la solidarieta' non e' mai andata oltre i 1.500-1.600 addetti a fronte dei 3.500 individuati nelle intese, adesso, invece, c'e' maggiore corrispondenza tra numeri effettivi e quelli dell'accordo.
  Questo perche' sta aumentando il numero degli impianti soggetti a fermata produttiva. Nei prossimi giorni, a valle delle ultime fermate, l'Ilva sara', infatti, in attivita' con due altiforni su quattro e con un'acciaieria su due.(AGI).

L'arte del rinvio e i giorni traslanti

Bonifiche aree rione Tamburi al via

Dopo una serie di rinvii, entrano nel vivo dalla prossima settimana i lavori di bonifica di un'area del quartiere Tamburi di Taranto. Si comincerà con una prima fase di caratterizzazione, si passerà agli interventi di risanamento: terreni contaminati delle aree verdi e delle scuole Giusti, Gabelli e Vico del quartiere Tamburi di Taranto, il più vicino allo stabilimento Ilva. Il progetto prevede anche la realizzazione di una tensostruttura dalle dimensioni di 40 metri per 40 in cui saranno depositate le frazioni dei terreni contaminati. La ditta incaricata  - l’Axa Servizi Ambientalì di Lecce - procederà allo scavo dei terreni perimetrati e alla rimozione di 30 centimetri di terreno contaminato, sostituito con nuova terra e fertilizzante. L'intervento di bonifica deve concludersi entro 150 giorni ma dalla Axa, non escludono di far prima.
Intanto, Confindustria Taranto e Dipar (il Distretto produttivo dell’ambiente che mette insieme 193 imprese del settore) hanno firmato un accordo-convenzione col Cnr in materia di bonifica dell’area di Taranto. Gli obiettivi proposti prevedono: tutela ambientale,  compatibilità ambientale,  bonifica, monitoraggio ambientale, nonché la creazione di spin off e di ‘smart technologies’ applicate all’ambiente. La convenzione, spiega il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, “è lo strumento operativo sotto il quale far nascere attività che si occupino di ambiente sfruttando le più avanzate e moderne tecnologie da sperimentare sul campo”. (Cosmopolismedia)

domenica 22 marzo 2015

Piano, fermo

Taranto, verdetto del Tar: regolare lo stop al “piano Cimino”. Confermato il no all’ampliamento di Auchan

Il piano particolareggiato Cimino, che prevede l’ampliamento del 20% di Auchan, la realizzazione di altre strutture commerciali e di 900 alloggi nel versante orientale di Taranto, non si deve fare. Dopo il “no” del Consiglio comunale del 12 dicembre scorso, è arrivato anche quello del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia di Lecce - Sezione Terza. Il Tar ha dichiarato «improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse» il ricorso proposto dalla società “Gallerie Commerciali Italia SpA”, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Sica e Pietro Nicolardi. La sentenza è stata depositata l’altro ieri, mentre la camera di consiglio del Tar si è riunita il 14 gennaio scorso con l'intervento dei magistrati Luigi Costantini (presidente), Giuseppina Adamo (consigliere, estensore) e Antonella Lariccia (referendario).
I ricorrenti hanno contestato, fondamentalmente, la mancata applicazione del silenzio assenso del Consiglio comunale che, com’è noto, il 26 novembre scorso non si è espresso perché il gruppo consiliare del Partito democratico su tutti ha ritenuto opportuno adottare un’altra procedura per non favorire la redazione del Piano particolareggiato Cimino. Una strategia che in quella seduta di Consiglio è stata contestata dallo stesso sindaco Stefàno, che nell’occasione ha deciso di azzerare la giunta (comunicandolo improvvisamente durante i lavori dell’aula) per poi rinominarla subito dopo tale e quale dopo aver chiarito col partito di maggioranza relativa e con quelli che hanno assunto una posizione opposta a quella del primo cittadino.
“Gallerie Commerciali Italia SpA” ha contestato l’atto di indirizzo del Consiglio comunale del 12 dicembre scorso, attraverso il quale i consiglieri hanno invitato la direzione Urbanistica ed Edilità di non procedere alla redazione del Piano particolareggiato Cimino perché le previsioni sul numero degli abitanti all’epoca contenute nel Prg si sono rivelate completamente erronee e perché sono in corso procedimenti di tipo urbanistico non finalizzati all’espansione dell’abitato ma alla rigenerazione dell’esistente. Il Consiglio, dunque, ha «chiaramente espresso la volontà - si legge nella sentenza - di arrestare l’iter e di non procedere all’adozione del piano esecutivo, perché, in radice, ritenuto inidoneo a soddisfare le esigenze urbanistiche della città».
Sul merito, invece, delle questioni urbanistiche il Tar si esprimerà successivamente analizzando un altro ricorso presentato dalla stessa società.
Il Comune, dunque, ha vinto il ricorso perché si è espresso (negativamente) sul Piano attraverso l’organo deputato a farlo, il Consiglio, competente a dettare la disciplina urbanistica del territorio. L’ordine del giorno del 12 dicembre scorso col quale si è detto “no” al Piano Cimino è passato con quindici voti favorevoli, quattro astenuti e due contrari. Si sono astenuti i tre consiglieri di maggioranza di Realtà Italia (Filippo Illiano, Giovanni Cataldino e Gina Lupo) e quello di minoranza Dante Capriulo (Noi democratici). I due voti contrari, invece, sono stati espressi da Antonino Cannone e Giampaolo Vietri (Forza Italia). In quattro anni a Taranto, dal 2007 al 2011, il Comune ha favorito la costruzione di circa 6mila alloggi: 800 a Taranto 2, 5mila alla Salinella e 150 a Tramontone. L’amministrazione Stefàno ha ritenuto opportuno arrestare un’ulteriore espansione urbanistica, consapevole di poter puntare sulla rigenerazione urbana. Il sogno si chiama Città Vecchia. (Quotidiano)

sabato 21 marzo 2015

L'ombra del legislatore sull'ambiente

Ecoreati, intervista a Gianfranco Amendola: "Il governo aiuta chi inquina"

"La verità è che non c'è fiducia nella magistratura e si vuole evitare che essa intervenga in qualunque modo in su vicende come Ilva, amianto ed Eternit". Gianfranco Amendola, massimo esperto di diritto ambientale in Italia e procuratore della Repubblica di Civitavecchia, attacca il dl sugli ecoreati in un'intervista ad Affaritaliani.it.

Gianfranco Amendola, il dl sugli ecoreati licenziato dal Senato introduce il disastro ambientale "abusivo". Che cosa significa?
La chiave sta in quell'avverbio: "abusivamente". Se si stabilisce che il disastro ambientale è punibile solo se commesso abusivamente significa è come dire se è commesso senza autorizzazione, come se un disastro ambientale potesse avere in qualche modo un'autorizzazione. L'omicidio è omicidio, chiunque uccide una persona viene punito, mica c'è bisogno di distinguo o autorizzazione. Se la preoccupazione di chi ha messo questo "abusivamente" è di non far condannare industriali che hanno sempre fatto di tutto per rispettare le leggi si tratta di una preoccupazione infondata. Si diceva questo in riferimento all'Ilva e all'Eternit, per esempio. La nostra legge non punisce la responsabilità oggettiva ma occorre l'elemento soggettivo e oggettivo del reato. Significa che ci vuole o dolo o colpa. E se c'è colpa significa che c'è negligenza, imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi. La Corte Costituzionale ha detto che nessuno può essere punito se non c'è una consapevole ribellione all'ordinamento giuridico del nostro Paese. Se uno fa tutto il possibile per stare in regola il reato non c'è. Quindi non c'è bisogno di scrivere "abusivamente". Tantissimi industriali sono stati assolti per buonafede perché magari sono stati indotti in errore dalla pubblica amministrazione.
E allora perché aggiungere quell'"abusivamente"?
La verità è che non c'è fiducia nella magistratura e si vuole evitare che essa intervenga in qualunque modo in questi settori: dall'Ilva all'amianto all'Eternit. Che significa quell'"abusivamente"? Che basta che ci sia un'autorizzazione affinché il reato non può essere imputato a chi commette un disastro ambientale? Se è per questo anche Ilva ed Eternit avevano, e hanno, autorizzazione a produrre. C'è anche un'altra anomalia, perché intanto il disastro generico resta ed è senza "abusivamente", aprendo la possibilità a problemi di interpretazione e di utilizzo degli strumenti giuridici. Il senso di tutto mi pare che sia la volontà di lasciare mano libera alle industrie che devono essere libere di fare ciò che vogliono senza che i magistrati possano intervenire.
Ritiene sia stato un errore?
Non credo che sia un errore. Le industrie temono che anche rispettando le leggi vanno sotto processo. Credo che sia una richiesta specifica che è stata fatta e poi in qualche modo accolta dal Senato.
Al di là di questo "abusivamente" come va giudicato il testo?

E' un testo abbastanza squilibrato. Questa cosa è inaccettabile, poi ce ne sono altre criticabili. Si tratta di un testo troppo indulgente. Se uno fa un disastro e poi si pente si evita due terzi della pena. Io credo che l'Italia avrebbe dovuto recepire nel proprio ordinamento la direttiva europea sul diritto ambientale. Invece sono state fatte un sacco di aggiunte, ghirigori, distinguo che rendono più difficile il compito dell'interprete.
Più in generale come giudica la politica ambientale del governo Renzi?

Questo governo dice che siccome ci vuole la crescita allora si possono fare trivellazioni ovunque, si può dare vita a una rete di inceneritori che copre tutta Italia. Questo governo antepone la crescita alla tutela dell'ambiente e della salute.
Negli scorsi giorni abbiamo assistito a delle forti frizioni tra Anm e governo. Di chi è la colpa?
Credo che possano sorgere problemi tra due poteri autonomi quando ci si trova di fronte a un governo molto decisionista. E si finisce per arrivare a dure contrapposizioni invece di cercare di mediare.
Ma è vero come è stato detto dall'Anm che dal governo arrivano "schiaffi per i magistrati e carezze per i corrotti"?
Questo non lo so. Di sicuro ci sono voluti parecchi mesi prima che andasse avanti le norme sulla prescrizione e sulla corruzione. Ma per molto tempo le cose sono rimaste ferme ed evidentemente non erano aspetti condivisi da tutta la politica. @LorenzoLamperti

Il tesssooorooo!


Ilva, udienza il 9 aprile a Milano sulla richiesta di sblocco di 1,2 miliardi di euro dei Riva

E' stata fissata un'udienza, che si terra' il prossimo 9 aprile davanti al gip di Milano Fabrizio D'Arcangelo, per discutere la richiesta dei legali del commissario straordinario dell'Ilva di Taranto, Piero Gnudi, di sbloccare un miliardo e 200 milioni di euro sequestrati dai magistrati milanesi nel 2013 ai fratelli Emilio e Adriano Riva e a due loro consulenti. Soldi gia' dissequestrati lo scorso ottobre dal giudice per essere trasferiti nelle casse dell'Ilva in vista degli interventi di risanamento necessari, ma ancora bloccati su conti in Svizzera.
Lo scorso 28 ottobre, infatti, il gip D'Arcangelo aveva dato l'ok al dissequestro del miliardo e 200 milioni di euro sequestrati nell'ambito dell'inchiesta del procuratore aggiunto Francesco Greco e dei pm Stefano Civardi e Mauro Clerici nel maggio del 2013 ai fratelli Emilio (morto l'anno scorso) e Adriano Riva e a due loro consulenti. Secondo il gip, infatti, il "diritto all'ambiente salubre, al lavoro e alla salute" devono prevalere su quello "proprietario" e sugli "interessi patrimoniali". Era stata accolta, dunque, la richiesta avanzata dal commissario straordinario Gnudi e dal suo legale, Paola Severino, in seguito all'entrata in vigore della legge 'Terra dei fuochi'.
La maggior parte dei fondi riconducibili ai Riva sono rimasti, pero', bloccati su conti Ubs in Svizzera, malgrado il provvedimento del gip. La Svizzera, infatti, non ha dato seguito alle richieste dei magistrati relative al dissequestro ed e' servito un intervento normativo. Lo scorso 3 marzo, poi, e' diventato legge il decreto 'Salva-Ilva' che, tra le varie cose, facilita il trasferimento in Italia dei soldi dissequestrati: le somme verranno convertite in obbligazioni emesse dall' amministrazione straordinaria e destinate alla realizzazione dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Da qui la nuova istanza che verra' discussa il 9 aprile. Servira', poi, un nuovo provvedimento del gip per far rientrare i soldi in Italia.(Quot)

venerdì 20 marzo 2015

Siluri alla deriva

Ilva, deraglia un carro-siluro carico di ghisa. I sindacati: la situazione peggiora sempre più.

Un incidente si e' verificato in serata nell'Acciaieria 2 dell'Ilva di Taranto. E' deragliato un carro-siluro, che ha abbattuto una serie di sostegni. Non ci sono stati feriti, ma lo scoppio di una tubazione in cui circola vapore ha comportato il fermo temporaneo dell'impianto, poi ripartito dal bilico opposto. Lo rende noto Piero Vernile (Rsu Uilm). L'area e' stata interdetta e sono subito intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento interno e i tecnici dello stabilimento per le attivita' di manutenzione.
L'INCIDENTE - I sindacati hanno chiesto all'azienda informazioni sull'accaduto e sulla dinamica dell'incidente. Il carro siluro funziona come un vero e proprio carro ferroviario, che ha il locomotore e viene manovrato da un addetto. L'Acciaieria e' uno dei reparti dell'area a caldo sotto sequestro con facolta' d'uso, su disposizione della magistratura, per il presunto disastro ambientale provocato dall'Ilva.
E' stato con ogni probabilita' un guasto a uno scambiatore a provocare ieri sera il deragliamento di un carro-siluro carico di ghisa nell'area dell'Acciaieria 2 dell'Ilva di Taranto. Il mezzo ha abbattuto una serie di sostegni e tralicci e provocato lo scoppio di una tubazione in cui circola vapore, che ha comportato il fermo temporaneo dell'impianto, poi ripartito dal bilico opposto.
Secondo alcuni delegati sindacali il problema allo scambiatore era gia' stato segnalato nei giorni scorsi. Lo Slai Cobas di Taranto sostiene ''che all'Ilva la situazione peggiora ogni giorno di piu' mettendo costantemente a rischio la salute e la stessa vita degli operai e in pericolo la citta'. Neanche tre settimane fa, il 6 marzo, si era verificato - ricorda il sindacato di base - un gravissimo incidente alla Colata continua 5, in cui l'acciaio liquido, colato dalle siviere nella torre, fuoriusci' per venti minuti, a 1000 gradi circa''. (Quot) 

Classificare e informare!

CONFLITTI: quelli che emergono mettendo insieme emergenze ambientali ed esperienze di cittadinanza attiva in difesa dei territori. Lotte per arrivare a gradazioni quantomeno civili nella declinazione della giustizia ambientale. In Italia sono oltre cento. E si tratta solo di un punto di partenza, di un primo censimento. Vajont, Casale Monferrato, Taranto, Terra dei Fuochi, Val di Susa. La punta visibile – almeno per l’opinione pubblica – delle crepe che attraversano aria, suolo e sottosuolo italiano. Il Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, ne ha iniziato la mappatura. E i risultati sono in rete. Pubblici, visibili, consultabili.

A essere restituita è un’Italia in cui l’attenzione per il futuro è quanto meno bassa. Perché gran parte dei problemi e delle questioni, oltre a essere perennemente aperti, sono lì da anni. Sfruttamento petrolifero oltre i limiti del buon senso, centrali a carbone che non fanno altro che continuare a inquinare, poli industriali mai del tutto dismessi, agroindustria, mega infrastrutture che non funzionano, discariche più o meno abusive. Un atlante delle emergenze ambientali: fatto delle rivendicazioni dei cittadini che quei territori li vivono e dell’impegno, spesso pari a zero, delle istituzioni dello Stato.
 
Quello che il CDCA si propone è il coinvolgimento dei cittadini. Nelle intenzioni di chi lo ha progettato, infatti, il portale potrebbe diventare uno strumento di “mappatura partecipata”. Come? Registrandosi come utenti, comitati territoriali, ricercatori, e società civile in qualunque forma organizzata si potranno caricare direttamente schede monografiche “inerenti a specifici conflitti ambientali che entreranno a far parte della mappatura visibile sulla home page dell’Altante”. Non solo un archivio, quindi. Ma uno strumento per aggregare partecipazione pubblica e una piattaforma dove poter diffondere le proprie denunce.
 
"Il CDCA lavora dal 2007 alla mappatura e documentazione dei conflitti ambientali. Abbiamo iniziato mappando le grandi lotte ambientali latinoamericane, allargandoci poi agli altri sud del mondo, dove le comunità locali sono in prima linea da oltre 10 anni per la difesa dei beni comuni, della sovranità territoriale, dell'ambiente e dei propri diritti individuali e collettivi, a partire da quello alla salute”, dice a Repubblica.it Marica Di Pierri, presidente del centro. E il motivo dell’impegno è chiaro: “Studiamo questi conflitti ambientali perché sono manifestazioni sintomatiche dell'insostenibilità sociale del modello economico dominante”.

Povertà diffusa, scarsa attenzione alla salute pubblica, devastazioni del territorio. Dinamiche che non possono essere lo scotto da pagare di un’economia alla perenne ricerca del profitto. E non si tratta solo di denunciare. “Studiare questi conflitti è importante perché all'interno delle mobilitazioni a difesa del territorio sono sorti negli ultimi due decenni movimenti organizzati che hanno declinato in maniera nuova e alternativa gli istituti di democrazia diretta e sperimentato modelli sostenibili di gestione delle risorse”, continua la Di Pierri.

L’Atlante è stato realizzato nell’ambito del progetto europeo di ricerca Ejolt, finanziato dalla Commissione europea. Programma che ha coinvolto per cinque anni di lavoro su conflitti e giustizia ambientale oltre 20 partner internazionali tra università e centri studi indipendenti. “Il nostro Paese è pieno di conflitti ambientali da nord a sud. Dai disastri prodotti dai grandi poli industriali alle centrali a carbone, dai campi di estrazione petrolifera alle migliaia di siti di incenerimento e smaltimento dei rifiuti, dalle mega infrastrutture alle installazioni militari”.

L’obiettivo è utilizzare la rete per fornire una traccia permanente. Per evidenziare come gli impatti dell'economia globale “sono localizzati e sempre più gravi e diffusi”, conclude la Di Pierri. E per far sì che i cittadini raggiungano una sempre più ampia consapevolezza del futuro scarsamente green che li attende.  (Rep)

giovedì 19 marzo 2015

Il grande ritorno dell'Homo No-kyotiensis

Dal PD se ne va Bray e arriva Vico, l'amico dei Riva dell'ILVA

Il mondo alla rovescia nel quale vivono Renzi, il suo partito e la maggioranza ieri ha fatto registrare un nuovo capitolo: nel giorno in cui Massimo Bray chiedeva e otteneva dalla Camera le dimissioni da deputato, il ministro Lupi rivendicava il suo attaccamento alla poltrona e cercava di farci credere che i tentacoli del sistema-Incalza si muovessero a sua insaputa.
Con Bray ci siamo confrontati quando è stato ministro dei Beni Culturali e ne abbiamo apprezzato la lealtà, la signorilità e il sincero interesse per la tutela e lo sviluppo del nostro patrimonio artistico-culturale. Bray lascia e al suo posto gli subentra il collega di partito Ludovico Vico (Pd), personaggio di tutt'altra pasta.
Il pugliese Vico, già deputato nella precedente legislatura, è la stessa persona che in una telefonata intercettata del 5 maggio 2010 parlava con il famigerato Girolamo Archinà, l'ex addetto alle relazioni istituzionali del gruppo Ilva. A Vico, Archinà dice che "Dobbiamo fargli uscire il sangue" a Roberto della Seta, ex senatore del Pd non allineato nei confronti dei Riva, i padroni dell'Ilva.
Dalla porta girevole del Pd esce Bray ed entra Vico: non ne fanno una giusta. (BG)

Mancava solo che chiedessero anche la luna!

Ilva: De Vincenti, perché fallì la trattativa con Arcelor-Mittal


 "La definizione delle problematiche giudiziarie sui beni di proprieta' del gruppo Ilva, il conseguimento di una Autorizzazione integrata ambientale avente una durata pari a 16 anni dalla data di acquisto dell'azienda e l'ottenimento di una netta separazione giuridica al fine di eliminare qualsiasi responsabilita' e passivita' derivanti dalle problematiche ambientali, finanziarie e giudiziarie del gruppo Ilva". Sono queste, ha riferito il vice ministro allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti in commissione Attivita' produttive della Camera, le "condizioni che hanno decretato il non soddisfacente esito delle trattative" tra Arcelor Mittal/Marcegaglia e l'allora commissario del gruppo siderurgico. E questo "unitamente all'ormai critica situazione patrimoniale dell'Ilva spa - ha concluso De Vincenti, rispondendo a un'interrogazione della Lega Nord - ha comportato, come e' noto, l'inevitabile richiesta di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria". (Il Sole 24 Ore Radiocor)

giovedì 12 marzo 2015

Tanto per ricordare

Taranto e l'ex Italsider


Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, a quasi seimila chilometri da Taranto e a oltre dodicimila da Pittsburgh, una nuvola gonfia di isocianato di metile si sprigionò nel cielo di Bhopal, nella contea indiana di Mavda Pradesh, contaminando migliaia di persone. Ne morirono quattromila secondo le fonti governative, quindicimila secondo fonti non ufficiali, ma una stima assai verosimile e forse sottodimensionata ha calcolato in venticinquemila le vittime negli anni successivi e in 560mila le persone rese invalide da quell’incidente. Nonostante siano trascorsi trent’anni, gli effetti del più grande disastro industriale della storia non sono finiti. A Bhopal nascono bambini malformati, il tasso di malattie gravi – cancro, in primo luogo – sono più alti della media e la falda è inquinata. La multinazionale americana Union Carbide, nel cui stabilimento avvenne l’incidente, produceva in India il potente pesticida Sevin. Per risparmiare aveva disattivato i sistemi di sicurezza. Quando la sera del 2 dicembre un addetto alle manutenzioni incaricato di ripulire le tubazioni dell’impianto non isolò uno dei serbatoi zeppi di isocianato di metile, la sostanza, a contatto con l’acqua, raggiunse i 200 gradi centigradi. Quarantatré tonnellate di veleno evaporarono. Di notte la nube investì l’abitato. Non esisteva un piano di emergenza.

Infinitamente più gravi del disastro italiano di Seveso (1976), i fatti di Bhopal restano la pietra angolare per leggere le vicende attuali e riflettere trent’anni dopo su come si sia affrontato, a diverse latitudini, il rapporto tra industria e salute, tra produzione e ambiente.

A quasi seimila chilometri da Bhopal, la città di Taranto ha avuto insieme la fortuna e la sfortuna (fortuna in termini economici, sfortuna in termini ambientali) di vivere per oltre mezzo secolo a contatto con il più grande centro siderurgico europeo a ciclo integrale. Costruito dallo Stato italiano negli anni Sessanta su un modello industriale anni Cinquanta, l’ex Italsider (si chiama Ilva dal 1988 ed è stato privatizzato nel 1995) ha inoculato senza interruzione per mezzo secolo, giorno e notte, centinaia di sostanze velenose nel sottosuolo e nell’aria facendo di questa città della Puglia l’epitome della terra devastata dall’inquinamento, dove si muore per tumore il 12% più che nel resto della regione e la mortalità infantile è a quota + 21%, dove si emetteva il 90,3 % della diossina italiana, dove il bestiame non può pascolare senza contaminarsi e i bambini non possono giocare nei giardini pubblici perché sono contaminati anch’essi.

E’ un caso di cronaca di cui si parla da quando, tre anni fa (luglio 2012), un’inchiesta giudiziaria per disastro ambientale ha decapitato il gruppo industriale Riva portando alla luce connivenze tra politica, industria, giornalismo, affari.

Nei lontani giorni di Bhopal, il modello – Taranto era già nella sua fase declinante e Pittsburgh, la steel city americana in cui si produceva la metà dell’acciaio statunitense come a Taranto si producono i due terzi dell’acciaio italiano, aveva già disegnato la sua svolta puntando verso la ricerca, le tecnologie, la medicina. Grazie all’economia siderurgica Pittsburgh era passata dai 34mila abitanti degli anni Venti ai 700mila del periodo bellico, fino a discendere a 300mila con la crisi siderurgica anni Settanta, esattamente come Taranto aveva dilatato la sua popolazione dai 35mila abitanti di fine Ottocento ai 260mila dell’età dell’acciaio, conquistandosi il titolo di più ricca del Mezzogiorno con un reddito pro capite cresciuto dal 1951 al 1973 del 788,7%. Un miracolo nel miracolo del secondo dopoguerra.

Ora Pittsburgh, la città sporca e nera diventata celebre “per l’atmosfera fumosa e purulenta” – vecchia descrizione del professor Giorgio Nebbia – è la capitale tecnologica della Pennsylvania e una delle città americane in cui si vive meglio. Ha riconvertito la sua economia grazie a università, centri di ricerca, nanotecnologie, bioingegneria e a un polo  sanitario da 50mila occupati. E’ il simbolo della scienza e dell’ambientalismo. Taranto, ridiscesa a 198mila abitanti e stritolata dalla doppia crisi siderurgica e ambientale, immagina di prolungare la sua parabola industriale cominciata nel 1960. Tre governi, con sette decreti legge (finora), si sono impegnati a salvare l’Italsider-Ilva. L’obiettivo è risanarla coprendo (probabilmente) i parchi minerali con una struttura lunga 700 metri, larga 264 e alta 80, ma lasciandola sostanzialmente com’è, estesa su 15 chilometri quadrati. Una città-industria nata su un modello anni Cinquanta. Servirà?

Trent’anni dopo è ancora utile rileggere “Mezzanotte e cinque a Bhopal”, libro in cui Dominque Lapierre e Javier Moro raccontavano il disastro indiano, il business, la povertà, le denunce inascoltate. Sembra passato. Non lo è. La Union Carbide ha pagato 470 milioni di dollari a titolo di risarcimento. La storia è finita così? No, la storia di Bhopal continua. Lo scheletro del vecchio stabilimento del disastro e il serbatoio E-610 da cui fuoriuscì la nube assassina attendono la bonifica; e continueranno, con conseguenze per niente rassicuranti, le storie di Seveso e di Taranto. Nessuno in buona fede è autorizzato ad associare altre vicende alla tragedia di Bhopal. Seimila chilometri, trent’anni, condizioni (e proporzioni) diverse ci separano dal disastro più grande della storia. Ma la globalizzazione dovrebbe servirci anche a questo: a guardare ogni giorno oltre la punta delle nostre scarpe.

mercoledì 11 marzo 2015

Avrà fatto in tempo per una lauta mancia?

“Emilio Riva, l’ultimo uomo d’acciaio”

E’ stato presentato oggi il libro “Emilio Riva, l’ultimo uomo d’acciaio” scritto da Giovanna du Lac Capet, compagna di Emilio Riva. A “sostenere” l’opera edita da Mondadori la prefazione di Vittorio Feltri che in una breve intervista di oggi sulle reti Mediaset e alcuni giorni fa sul sito “Il Giornale” ha parlato di Riva come l’uomo che è stato dipinto in maniera sbagliata con la diffusione di notizie false, l’uomo con il genio dell’impreditore, l’uomo ucciso dall’invidia, dall’ignoranza, dalla moda ecologista e dall’odio per i ricchi. Dice tanto altro Feltri cui non ci permettiamo di replicare, chi vuole può leggere la sua difesa di Riva e del suo operato cliccando QUI.
La Du Lac Capet, cittadina belga residente a Montecarlo (non certo a Taranto!), dice di essere stata per oltre 40 anni accanto a Emilio Riva, ex proprietario dell’Ilva, il colosso della siderurgia che ha portato in oltre 50 anni di attività industriale malattie e morte a Taranto e che ha messo in ginocchio la città sotto ogni punto di vista, ambientale, sanitario ed economico. Com’è noto, il siderurgico portava il nome di Italsider, passò dalla gestione statale a quella privata. Fu venduto per “pochi spiccioli” a Emilio Riva. Diventò Ilva Spa e di recente è passata nuovamente sotto la gestione statale (con l’intento di salvarla dal fallimento) dopo le vicende giudiziarie e la crisi economica in cui versava l’azienda.
Sette decreti statali salva-Ilva per salvare la siderurgia italiana (e non Taranto) non sono evidentemente bastati perché spunta il libro in cui non si parla di salute ma di economia, siderurgia e lavoro. Ha tutta l’aria di essere un ulteriore schiaffo alla città e una pesante offesa a tutti i defunti e a tutti coloro che ancora oggi stanno lottando per sconfiggere un tumore causato proprio dalle emissioni dell’Ilva. E pensare che proprio da alcuni giorni il co-portavoce dei Verdi Angelo Bonelli sta promuovendo il suo libro (in maniera gratuita!) dove spiega e racconta quanto accaduto a Taranto fino ai giorni nostri.
Tornando al libro (che costa 20€ e lo si trova in tutte le librerie e anche in formato ebook), la scrittrice dice di aver fatto a suo tempo una promessa a Emilio Riva per dare voce al suo silenzio ma non ha fatto in tempo a mantenerla perché Riva, come si sa, è deceduto quando aveva 88 anni. La Du Lac Capet parla di Emilio Riva come un uomo tutto d’un pezzo cui la vita non ha fatto sconti. Un uomo del nord (è nato a Milano) che ha fatto del rigore e alla dedizione al lavoro la propria ragione di vita che lo ha reso il più grande industriale italiano dando lavoro a centinaia di migliaia di persone (e le decine e decine di morti?).
Insomma, per chi volesse leggere la situazione tarantina da una prospettiva completamente diversa e falsa perché i dati epidemiologici, sanitari e ambientali parlano da soli, vada in libreria a leggere le affermazioni e le presunte verità sul conto di Emilio Riva scritte in questo libro.  (Mauro Guitto - Giornaledipuglia)

Minima immoralia

Ilva avanti con i motori al minimo

L’Ilva è alla vigilia dello stop dell’altoforno 5. Il più grande impianto europeo verrà fermato nella notte tra il 12 e 13 prossimi per essere sottoposto ai lavori di rifacimento previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale. Non ancora completato il piano operativo della fermata. È materia, questa, che l’Ilva definirà nei prossimi giorni non appena il quadro delle risorse sarà più chiaro in termini di disponibilità effettiva. Si calcola che lo stop dell’altoforno 5 possa durare circa sei mesi. Per i costi il commissario dell’Ilva, Piero Gnudi, in un’audizione in Parlamento dei mesi scorsi, ha indicato una stima di circa 250 milioni. Il decreto convertito in legge dal Parlamento assegna ai commissari, oltre alle risorse di Fintecna (156 milioni di euro), anche la possibilità di contrarre un prestito garantito dallo Stato sino a 400 milioni. Soldi che dovrebbero andare agli investimenti industriali e all’innovazione.
Fermando l’altoforno 5, l’Ilva passerà, in termini di produzione giornaliera di ghisa, da 16.500 a circa 10-11mila tonnellate, quest’ultime divise tra gli altiforni 2 e 4. Il siderurgico avrà quindi in funzione solo due altiforni su quattro perché l’altoforno 1 – fermo da dicembre 2012 per lavori – non dovrebbe essere rimesso in marcia prima di agosto e sino ad allora l’Ilva di Taranto viaggerà con uno standard minimo. Anche perché dal 17 al 20 marzo – secondo una data orientativa fornita dai sindacati – dovrebbe fermarsi anche l’acciaieria 1. Lo stop degli altiforni impatta anche a valle del ciclo e di conseguenza crescerà il ricorso ai contratti di solidarietà che nelle scorse settimane sono stati rinnovati, per tutto il 2015, per un numero massimo di 4.074 unità. Al contrario del 2014 e 2013, quando gli ammortizzatori sociali sottoscritti per circa 3.500 addetti sono stati usati per un numero inferiore, stavolta, invece, ci si avvicinerà alla quota massima.
E oggi a Taranto l’Ilva incontra i trasportatori per vedere come ripartire dopo l’accordo dei giorni scorsi. L’azienda si è detta disponibile a versare il 60% di acconto sulle nuove commesse (dal 15 marzo e sino ad agosto), a saldare il resto entro 30 giorni, e a verificare la possibilità di venire incontro alle richieste della categoria a proposito dei crediti pregressi, cioè precedenti l’amministrazione straordinaria. Che intanto dal 5 marzo scorso è estesa anche a sei società controllate dall’Ilva. Si tratta di Ilvaform, Innse Cilindri, Ilva servizi marittimi, Sanac, Taranto Energia e Lyonnaise Deroulage SA. Giudice delegato Caterina Macchi. (Sole24h)

Il decreto che scontenta la sinistra e i liberisti.

Un precedente pericoloso

Il decreto ILVA, oltre l’ILVA

I problemi dell’ILVA, e di un territorio diviso fra l’incubo di un disastro ambientale e le pressanti esigenze occupazionali periodicamente placate dall’intervento dello Stato (l’ILVA fu azienda IRI dagli anni Trenta agli anni Ottanta), vengono da lontano e, temiamo, lontano vanno.

Esse non risalgono al 2012, bensì a molto prima. Nel 2015 c’è stato soltanto il punto di partenza di un epilogo senza fine, con i governi a cercare di arginare gli effetti delle decisioni della magistratura, la magistratura a cercare di imporsi in nome della tutela dell’ambiente e della salute, la politica apparentemente impotente.

La settimana scorsa, il settimo dei decreti legge sull’ILVA è stato convertito in legge. Dal primo provvedimento, approvato dal governo Monti per togliere i sigilli all’azienda, a questo del governo Renzi sono cambiati non solo i Commissari ma anche le stesse regole del commissariamento. Intanto, l’azienda è stata ridotta allo stremo, tra i vincoli di sequestro e la sfiducia dei creditori e fornitori.

Il tentativo di mettere in piedi una gestione commissariale sotto l’ala e la garanzia del governo, anche dal punto di vista economico, vagheggiando di poterla poi reimmettere sul mercato è una scelta sicuramente discutibile, ma ahinoi anche verosimile, perfettamente coerente col tipico modo italiano di affrontare la crisi di grandi aziende. Il contribuente è per definizione il salvatore di ultima istanza delle aziende italiane.

Le conseguenze di questo decreto, tuttavia, vanno molto oltre l’ILVA.

Grazie ad esso, infatti, i governi potranno ora rilevare in amministrazione straordinaria le imprese in stato di insolvenza che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale. Se un’impresa sia di interesse strategico nazionale, ovviamente è lo stesso governo a dirlo: l’unico vincolo alla sua creatività, in tema di definizione di “strategie” e “strategicità”, è la presenza di un numero minimo di lavoratori subordinati occupati.

Non solo.

Oltre ILVA, il decreto prevede per la prima volta spese in sostegno a tutto il territorio di Taranto, mascherati come una sorta di intervento risarcitorio e sull’indotto. Si parla della riqualificazione non solo ambientale della città, compresa la valorizzazione della città vecchia.

Nel frattempo, Cassa depositi e prestiti ha modificato il proprio statuto prevedendo che con la raccolta di risparmio postale garantita dallo Stato potrà finanziare le operazioni in favore di soggetti privati in settori di interesse generale e con quella non garantita le opere e le reti destinate a iniziative di pubblica utilità.

Intervento pubblico chiama intervento pubblico: dalla crisi del ’29 in poi, lo sappiamo, questa è la regola. Con l’ILVA, il governo si è messo su un pericoloso piano inclinato.(Istituto Bruno Leoni)

Ironia della sorte, la chiamano boccata d'aria!

Ilva: da Fintecna 156 mln,vicenda chiusa

Sono stati versati lo scorso 6 marzo da Fintecna – società controllata al 100% da Cassa depositi e Prestiti – in favore di Ilva i 156 milioni di euro «a titolo di liquidazione definitiva in relazione all’obbligazione di manleva di cui all’art.17.7 del Contratto di cessione dell’ILVA Laminati Piani (oggi ILVA SpA)» si legge sul comunicato diffuso. I fondi, secondo la comunicazione, sono stati trasferiti a ILVA a titolo di indennizzo secondo modalità e tempistiche previste dagli accordi, e pertanto, sono già nella piena disponibilità dei Commissari straordinari di ILVA. «La transazione, frutto del lavoro congiunto fra Cassa depositi e prestiti, Direzione Generale di Fintecna e i Commissari Straordinari di ILVA, - continua la nota - pone fine ad una vicenda complessa durata oltre 20 anni, ed è avvenuta in esecuzione dell’art. 3 comma 5 del Decreto Legge 5 gennaio 2015 n.1 convertito con modificazioni nella Legge 4 marzo 2015 n.20 (Decreto ILVA)» (ANSA)

sabato 7 marzo 2015

Odorché? Il puzzometro a chiamata serve a qualcosa?


E' da un anno e mezzo che la "puzzeria" sforna di tutto e che fa Odortel?
Con tutta la buona volontà e apprezzando le buone intenzioni del pesante carrozzone politicizzato dell'ARPA, dobbiamo ammettere che sto Odortel da quando è stato messo in sperimentazione (novembre 2013...) non ha prodotto alcun risultato in termini di applicazione di una qualsivoglia richiesta di mitigazione alle fonti, nè tantomeno si registra alcuna denuncia al NOE e agli organi deputati al sanzionamento delle emissioni odorifere. La puzza che attanaglia questa città sotto vento c'è sempre come prima e più di prima! Il 3 marzo l'Eni ha flatulato indisturbata svuotando serbatoi e tubi per la gioia di tutte le narici ex-spartane. Insieme all'ENI, l'Ilva, le discariche della Taranto-Massafra, l'Idrochemical e tutte le belle fonti di pestilenze del lato oscuro del territorio pare che non siano minimamente preoccupate del puzzometro a telefonate inventato dall'ARPA
Ora si cancella pure quel paravento di legge che potrebbe impensierire le mosche e... benvenuti nella città della puzza tossica e perenne. 
Buona puzza! (quattro stagioni, ovviamente!)

Emissioni odorigene in Puglia e a Taranto, l'Arpa scrive a Vendola: «Guai ad abolire i controlli».

Il direttore regionale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, ha scritto una lettera aperta al presidente della regione Puglia, Nichi Vendola e al presidente del Consiglio regionale, Onofrio Introna, chiedendo loro di non recepire la sospensione, approvata dalla V Commissione consiliare, di due articoli della legge regionale 7/99,ì riguardante la Disciplina delle emissioni odorifere delle aziende. Le modifiche porterebbero a eliminare un provvedimento che «pur con evidenti limiti applicativi», precisa l'Arpa, rappresenta «l'unico riferimento normativo per reprimere i fenomeni emissivi odorigene».
Assennato propone invece di approvare «l'articolato messo a punto dal tavolo tecnico assessorato Ecologia-Arpa, che risolverà le incongruenze normative della legge regionale 7/99, permettendone l'applicazione e consentendo la continuità del sistema di controlli, necessario per tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini, piuttosto che gli interessi di pochi soggetti inquinatori». «Chi andrà ad informare i cittadini di Taranto - si chiede tra l'altro Assennato - che in base alla cancellazione della legge viene meno l'unico riferimento normativo in base al quale l'attività di monitoraggio delle sostanze odorigene, svolta da Arpa, poteva condurre a concreti interventi di mitigazione?».L'Arpa fa rilevare, inoltre, che la norma «aveva lo scopo di regolamentare le emissioni puntuali di tutte le aziende responsabili di impatto osmogeno oltre che dei sansifici» e che «è stata utilizzata come riferimento nei numerosi procedimenti autorizzativi regionali di Aia, Via, ecc.», ed ha consentito di effettuare «numerosi controlli su vari insediamenti produttivi, con successiva attuazione di procedimenti correttivi a tutela della popolazione interessata».
Questa attività, puntualizza Assennato, «si è svolta in tutte le province pugliesi, anche a supporto delle iniziativa dell'autorità giudiziaria ma, in particolare, a Taranto ha visto la realizzazione di un progetto innovativo (Odortel), frutto di una utile sinergia con il mondo universitario». Nel progetto sono coinvolte decine di cittadini del quartiere Tamburi e di altre aree della città che, attraverso un numero verde, informano l'Arpa degli eventi odorigeni che si verificano nell'area attivando, nel contempo, un sistema di campionamento che viene automaticamente acceso attraverso il software del sistema.
La V Commissione consiliare, aggiunge Assennato, ha approvato «inopinatamente» un progetto di legge «che la sospensione degli articoli 1 e 1 bis della legge regionale 7/99, annullando, di fatto, la validità della normativa in questione, senza tener alcun conto della proposta approvata congiuntamente da Assessorato regionale all'Ecologia e Arpa Puglia». Qualora il Consiglio regionale pugliese «approvasse - conclude Assennato - tale improvvido disegno di legge, ciò costituirebbe un atto in completa controtendenza rispetto alla produzione normativa regionale degli ultimi anni, che ha visto l'emanazione di dettati assolutamente innovativi, volti alla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, atto di sapore reazionario, che farebbe arretrare la governance pugliese di almeno 16 anni».

(Quotidiano)

Il settimo nato, già vecchio

Decreto Ilva 2015: il testo della legge pubblicato in Gazzetta

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge di conversione del decreto Ilva 2015, approvato lo scorso martedì 3 marzo alla Camera dei deputati in via definitiva dal nome “Disposizioni urgenti per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto”.
Il provvedimento contiene le ultime indicazioni del governo per la questione dell’impianto siderurgico di Taranto e non solo. A esprimersi a favore del testo, alla Camera, 284 deputati, contro i 126 che hanno detto no e i 50 astenuti.
Molto atteso, il provvedimento è stato così convertito prima della scadenza. Rilevanti le novità che impattano sulla situazione dell’Ilva, e che riguardano anche altre imprese in stato di difficoltà.
Cosa c’è nel decreto 
L’amministrazione straordinaria viene allargata anche alle imprese di interesse strategico nazionale, ivi compresa l’Ilva, appena entrata nel terzo anno consecutivo di solidarietà per circa 11.200 lavoratori.
Viene sbloccata la somma sequestrata alla famiglia Riva, già detentrice delle quote di maggioranza del polo industriale, per un valore di 1,2 miliardi di euro.
Ambiente. Entro il 31 luglio, andranno realizzate almeno l’80% delle prescrizioni in scadenza, mentre in riferimento alle indicazioni su Aia – autorizzazione integrata ambientale – l’obiettivo è quello del 100% entro il 4 agosto 2016. Vengono erogati 5 milioni in due anni per sostenere la regione Puglia a lottare contro i tumori, specie quelli che colpiscono persone in età infantile.
Scudo. Al commissario straordinario sarà attribuita la presunzione di liceità delle condotte, sempre che siano rivolte alla realizzazione degli scopi prefissati in tema di ambiente e prevenzione.
Indotto. Viene favorito l’accesso al credito per le Pmi fornitrici dell’Ilva compresa la prededucibilità sia per le piccole che per le medie imprese. Blocco alle cartelle esattoriali e ai versamenti dei tributi erariali fino al prossimo 20 dicembre a favore degli autotrasportatori e delle compagnie che fanno parte dell’indotto Ilva. (leggioggi)

Leggi il testo definitivo sul sito della Gazzetta ufficiale

Scarica il testo definitivo del decreto Ilva 2015

LEGGE 4 marzo 2015, n. 20 

 
 La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
 
                              Promulga 
 
la seguente legge: 
 
                               Art. 1 
 
  1. Il decreto-legge 5 gennaio  2015,  n.  1,  recante  disposizioni
urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico  nazionale
in crisi e per lo sviluppo della citta' e dell'area  di  Taranto,  e'
convertito in legge con le modificazioni riportate in  allegato  alla
presente legge. 
  2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a  quello
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente  legge,
munita  del  sigillo  dello  Stato,  sara'  inserita  nella  Raccolta
ufficiale degli atti normativi della  Repubblica  italiana. E'  fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarla e  di  farla  osservare  come
legge dello Stato. 
    Data a Roma, addi' 4 marzo 2015 
 
                             MATTARELLA 
 
 
                            Renzi,  Presidente  del   Consiglio   dei
                            ministri 
 
                            Guidi, Ministro dello sviluppo economico 
 
                            Galletti, Ministro dell'ambiente e  della
                            tutela del territorio e del mare 
 
                            Franceschini, Ministro dei beni  e  delle
                            attivita' culturali e del turismo 
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando 

          Avvertenza: 
              Il decreto-legge 31 dicembre 2014,  n.  192,  e'  stato
          pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale  -  n.
          302 del 31 dicembre 2014. A norma dell'art.  15,  comma  5,
          della  legge   23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
          dell'attivita' di Governo e  ordinamento  della  Presidenza
          del Consiglio di Ministri), le  modifiche  apportate  dalla
          presente legge di conversione hanno  efficacia  dal  giorno
          successivo a quello della sua pubblicazione. 
              Il testo del decreto-legge coordinato con la  legge  di
          conversione  e'  pubblicato  in  questa   stessa   Gazzetta
          Ufficiale alla pag. 51. 
 

                                                             Allegato 
 
           MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE 
                AL DECRETO-LEGGE 5 GENNAIO 2015, N. 1 
 
    All'articolo 1: 
    dopo il comma 2 e' inserito il seguente: 

Tumori e incidenti, ce n'è per tutti

Taranto, decessi per tumori: altra inchiesta in arrivo 

Il procedimento «Ambiente svenduto» è ancora in piena corsa e già la procura medita un’altra inchiesta.È quella che sarà aperta sui decessi da malattie tumorali, i cui fascicoli sono stati ammessi di diritto dal gup Vilma Gilli nel maxi-procedimento sfociato in udienza preliminare. Si tratta, ha chiarito ieri il procuratore di Taranto Francesco Sebastio, di quei casi di cui il giudice si è occupato nelle scorse udienze, dando l’ok alle costituzioni di parte civile. Se i familiari delle vittime possono costituirsi parte civile - ha evidenziato il procuratore - è perchè il gup ha ritenuto fondate le ragioni alla base delle istanze. Di qui la richiesta di trasmissione degli atti, per valutare i singoli casi e accertare le eventuali responsabilità in quelle malattie sfociate nei decessi.
Dagli accertamenti necessari, ha fatto intendere il dottor Sebastio, potrebbero scaturire elementi di reità nei confronti dei quali la magistratura di Taranto ha il dovere di procedere. Nella giornata della procura, nell’ambito della preliminare di «Ambiente svenduto» sulle produzioni inquinanti dell’Ilva e sui presunti intrecci affaristici dei suoi ex vertici, proprio la procura della Repubblica di Taranto ha fornito un elemento di rilevante novità in fase di udienza. D’altra parte, non era un caso che proprio la giornata di ieri, a conclusione degli interventi del pool della procura della Repubblica, fosse dedicata alla sicurezza e alla tutela della salute: nel caso specifico, all’interno della fabbrica tarantina.
Sul punto, nell’udienza celebrata dal gup Gilli, è intervenuto il sostituto procuratore della Repubblica Raffaele Graziano, titolare della tranche di inchiesta legata agli infortuni sul lavoro. Nello stabilimento Ilva di Taranto, ha sottolineato il dottor Graziano, sussisteva «un modello organizzativo insicuro». Insicuro e pericoloso, dal momento che era (ed è) strettamente collegato con il piano della tutela ambientale, della prevenzione degli incidenti rilevanti e dell'igiene e della sicurezza sul lavoro. Nel corso del suo intervento, il pubblico ministero ha evidenziato anche le presunte violazioni amministrative di cui si sarebbero rese responsabili le tre società, cioè Ilva spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici, imputate insieme con quarantanove persone fisiche.
Il magistrato inquirente ha parlato anche delle presunte responsabilità dei vertici dell’industria siderurgica per due morti “bianche”. Quelle di Claudio Marsella (che fu schiacciato da un locomotore all’interno del reparto Movimento ferroviario il 30 ottobre 2012) e di Francesco Zaccaria (che finì in mare con la cabina in cui stava lavorando, mentre era impegnato ad un'altezza di circa sessanta metri: l’uomo e la sua cabina furono travolti dal passaggio di un tornado il 28 novembre 2012). In sostanza, il dottor Graziano ha sottolineato come quei decessi sarebbero avvenuti “per colpa e negligenza”, e per inosservanza di quelle regole basilari che sono il fondamento della tutela dei lavoratori.
In una inchiesta divenuta nota, soprattutto, per il coinvolgimento della politica, l’inserimento di contestazioni riferite a omicidi e a lesioni colposi aveva corrisposto all’esigenza dimostrare che l’ambiente gestito dalla società siderurgica, compreso quindi anche quello del lavoro, non sarebbe mai stato in cima ai pensieri dei padroni dell’acciaio. Nella prossima udienza del 12 marzo sono previsti i primi interventi dei legali delle parti civili, a cominciare dall’avvocato Sergio Torsella che rappresenta gli allevatori (che subirono danni dall’abbattimento dei capi di bestiame contaminati dalle diossine). (Quotidiano)

Dopo l'arsenico è la volta del piombo.

Le analisi per la piombemia

Un'infermiera incaricata dal Fondo Antidiossina onlus di Taranto questa mattina si è recata a domicilio da venti volontari residenti nel rione Tamburi di Taranto, il più vicino allo stabilimento Ilva, per prelevare campioni di sangue da sottoporre ad analisi per la piombemia.
L'obiettivo è quello di rilevare l'eventuale presenza in eccesso del metallo. I primi prelievi hanno riguardato cittadini che abitano in via Manzoni, via Troilo e via De Vincentis. Tra questi anche alcuni componenti della famiglia Corisi, simbolo di Taranto contro l'inquinamento.
Durante la campagna di monitoraggio il Fondo Antodiossina ha intenzione di fare almeno 100 prelievi a domicilio. Le analisi saranno effettuate in Germania.(Quotidiano)

venerdì 6 marzo 2015

Sviluppi processuali

Processo Ilva, pm su Vendola «Imbestialito con Assennato» Chieste carte su altre morti

Nello stabilimento Ilva di Taranto c'era un "un modello organizzativo insicuro" sul piano della tutela ambientale, della prevenzione di incidenti rilevanti e dell’igiene e sicurezza sul lavoro: lo ha detto il pm della Procura di Taranto Raffaele Graziano discutendo nell’udienza preliminare dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva.
Graziano lo ha detto riferendosi alle presunte violazioni amministrative delle tre società imputate, ovvero Ilva spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici. Il magistrato ha parlato anche delle presunte responsabilità dei vertici aziendali per due morti 'bianchè, quelle di Claudio Marsella (schiacciato da un locomotore al reparto Movimento ferroviario il 30 ottobre 2012) e Francesco Zaccaria (finito in mare con la cabina in cui stava lavorando da un’altezza di circa 60 metri al passaggio di un tornado il 28 novembre 2012).
Il pm Remo Epifani ha trattato le posizioni dei politici, a partire dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, accusato di concorso in concussione aggravata per aver cercato, secondo gli inquirenti, di far 'ammorbidirè la posizione dell’Arpa Puglia in relazione alle emissioni dell’Ilva. Graziano si è occupato di due omicidi colposi e della posizione delle tre società – Ilva spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici – imputate di reati di natura amministrativa. Nell’udienza odierna il collegio difensivo potrebbe presentare richiesta di riti alternativi per alcuni imputati.
Il direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, ha rinunciato a essere interrogato nell’udienza preliminare per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva. Lo ha comunicato al gup il legale di Assennato. Ha confermato invece di voler essere interrogato, ma in una prossima udienza, il funzionario regionale Pierfrancesco Palmisano. Ha chiesto di essere sentito in udienza anche un altro imputato, Antonio Colucci, dirigente Ilva.

Pm: Archinà dette 10mila euro a consulente - "Sia chiaro: Archinà ha consegnato i 10mila euro a Liberti, non all’arcivescovo": lo ha detto, discutendo nell’udienza preliminare (a porte chiuse) per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva, il pm Remo Epifani riferendosi al presunto episodio di corruzione tra l’ex dirigente Ilva Girolamo Archinà e l’allora (siamo nel 2010) consulente tecnico della Procura di Taranto Lorenzo Liberti, che è accusato tra l’altro di corruzione in atti giudiziari.
Secondo l’accusa, il 26 marzo 2010 Archinà consegnò a Liberti, in una stazione di servizio della A14 ad Acquaviva delle Fonti (Bari) una busta contenente la somma di 10mila euro in contanti per falsificare il contenuto di una consulenza tecnica affidatagli dalla Procura sulle emissioni di diossina dallo stabilimento Ilva. Passaggio di busta, ha aggiunto il pm, che sarebbe stato visto chiaramente da un’addetta al bar della stazione di servizio. La difesa di Archinà ha sempre sostenuto che in quella busta ci fossero solo documenti, mentre i 10mila euro fatti prelevare dalle casse dell’Ilva sarebbero stati donati alla Curia arcivescovile di Taranto.

«Vendola imbestialito con l'Arpa» - Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, nel giugno 2010 era "imbestialito" nei confronti del direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per l'atteggiamento troppo rigido dell’Agenzia regionale per l'ambiente nei confronti dell’Ilva. Lo ha sostenuto il pm della Procura di Taranto, Remo Epifani, discutendo nell’udienza preliminare, in corso nel capoluogo ionico, del procedimento per il disastro ambientale causato dal Siderurgico.
Nell’inchiesta Vendola è imputato di concorso in concussione aggravata per avere, secondo l'accusa, cercato di 'ammorbidirè la posizione di Assennato in relazione al rispetto delle normative ambientali da parte dell’Ilva.
Epifani ha ricordato che il 22 giugno 2010 Vendola tenne una riunione con dirigenti regionali, assessori e l’allora dirigente Ilva Girolamo Archinà, alla quale avrebbe dovuto partecipare anche Assennato, che però sarebbe stato lasciato fuori dalla stanza. In quell'incontro, secondo l’accusa, Vendola avrebbe tra l'altro detto che "così com'è Arpa Puglia può andare a casa perchè hanno rotto...". Lo stesso Archinà comunicò successivamente alla direzione dell’Ilva, ha aggiunto il pm, che in quella riunione Vendola era "imbestialito" con Assennato.
Prima di trattare la posizione di Vendola, il pm aveva discusso sul ruolo dell’ex presidente della Provincia, Gianni Florido (imputato di concussione per induzione), sottolineando che l’ex dirigente Ilva Girolamo Archinà "era di casa" e "spadroneggiava" negli uffici dell’ente.

Procura chiede atti al gup - Nell’udienza preliminare dell’ inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva, la Procura della Repubblica di Taranto ha chiesto al gup Vilma Gilli la trasmissione al proprio ufficio degli atti riguardanti alcune presunte morti per inquinamento, non trattate nel procedimento in corso, sulla base della costituzione di parte civile dei famigliari delle persone decedute. La richiesta è stata avanzata in aula dal procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio.
La richiesta, ha spiegato Sebastio a margine di una sospensione dell’udienza, è stata fatta per valutare se ci sono estremi per aprire un procedimento penale per eventuali responsabilità per i decessi.

Interrogatorio funzionario - Con l’interrogatorio del funzionario della Regione Puglia Pierfrancesco Palmisano, chiesto dallo stesso imputato, si è conclusa l’udienza odierna dinanzi al gup del tribunale di Taranto relativa all’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva. Palmisano è accusato di rivelazione di segreti d’ufficio per il rilascio all’Ilva dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) del 4 agosto 2011.
Il funzionario regionale si è difeso sostenendo che, quando all’epoca in Conferenza dei servizi, per conto della Regione che rappresentava in quella sede, sostenne il progetto di barrieramento dei parchi minerali, non intendeva escludere l'ipotesi della copertura degli stessi parchi, nè quindi favorire l’Ilva. L’udienza è stata aggiornata al 12 marzo prossimo. (GdM)

giovedì 5 marzo 2015

Le barzellette non finiscono mai

Ilva, Riva al contrattacco, citati i commissari

«La mano pubblica potrà impunemente non eseguire quelle stesse misure per la realizzazione delle quali ha illegittimamente sottratto a degli imprenditori privati la propria fabbrica». La famiglia Riva passa al contrattacco e con una citazione al tribunale civile di Milano depositata dagli avvocati Luisa Torchia, Alessandro Triscornia, Nicola Rondinone, Sirio D’Amanzo e Francesca Luchi, tutti domiciliati presso lo studio legale dell’ex presidente della Consob Guido Rossi, chiede di revocare lo stato di insolvenza della società Ilva, dichiarando al contrario lo stato di insolvenza della impresa Ilva soggetta a commissariamento straordinario, oppure di inviare gli atti alla Corte Costituzionale, affinché dichiari l’ille gittimità delle leggi salva Ilva varate nel 2013 e appena l’altro ieri dal Parlamento.
Un attacco a tutto tondo dal quale non si salva praticamente nessuno. Nelle 64 pagine dell’atto giudiziario, ce n’è per la magistratura di Taranto - rea di aver sequestrato gli impianti dell’area a caldo pur regolarmente autorizzati dall’Aia del 2011 e senza che vi sia stata una formale contestazione di quella stessa Aia - e per il governo che ha commissariato la società nel giugno del 2013 pur non essendoci i requisiti di legge e che nel dicembre del 2014, con il decreto della vigilia di Natale, ha fatto in modo di farla ammetere alla procedura straordinaria dopo una gestione dissennata attribuibile, secondo i legali della famiglia Riva, unicamente ai commissari statali Enrico Bondi e Piero Gnudi. Secondo la ricostruzione dei legali dei Riva, il commissariamento dell’Ilva era stato giustificato dall’eccezionale contingenza creata dal sequestro dei beni delle società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici nel maggio del 2013, sequestro che comportò le dimissioni del consiglio di amministrazione dell’Ilva. Quel sequestro venne annullato dalla Cassazione nel dicembre 2013 ma il commissariamento non fu revocato.
Gli avvocati segnalano che Riva Fire, socio di maggioranza dell’Ilva, ha più volte espresso ai commissari governativi la volontà di collaborare per il futuro dell’azienda ma «l’azionista di maggioranza è stato tagliato fuori - si legge nell’atto - da ogni flusso informativo in merito alla gestione dell’azienda».
La situazione sarebbe poi precipitata con il passaggio di consegne tra Bondi e Gnudi, nel giugno del 2014. «Il nuovo commissario - proseguono gli avvocati dei Riva - ha da subito concentrato dichiaratamente la propria attività nella ricerca di un acquirente di Ilva, sebbene tale alternativa dal sapore marcatamente espropriativo non fosse legislativamente percorribile». Vengono poi allegati i numeri, in verità eloquenti, riguardanti lo stato di salute dei conti dell’Ilva.
Il bilancio del 2012, malgrado la bufera giudiziaria di metà anno, si è chiuso con ricavi per 6 miliardi e un utile netto di 88 milioni. Perché «pur avendo subito sul piano industriale prima e sul piano economico poi l’impatto negativo dei provvedimento di sequestro disposti dal gip di Taranto, Ilva restava una società solida patrimonialmente, resiliente economicamente e sana finanziariamente ». Invece nel 2013 i ricavi sono franati a 3 miliardi e 600 milioni di euro, quasi la metà del 2011, e nel 2014 non è andata meglio.
«E dal punto di vista industriale - si legge nella citazione - con 3,5 miliardi di euro l’Ilva non può operare. È evidente che l’impatto della gestione commissariale sull’Ilva è stato devastante».
Per questa citazione è stata fissata una udienza per il prossimo 10 giugno e sempre prima dell’estate dovrebbe essere discusso il ricorso presentato al Tar del Lazio da Riva Fire per chiedere l’annullamento di tutti gli atti varati dai governi Letta e Renzi finora. La settima legge salva Ilva, promulgata ieri dal presidente Mattarella dopo il via libera del Parlamento, finisce peraltro nel mirino dell’Unione Europea. Bruxelles infatti «sta seguendo attentamente gli sviluppi» relativi all’ultimo provvedimento legislativo e «ha chiesto alle autorità italiane informazioni sull'eventuale concessione di aiuti statali». Lo ha specificato il commissario europeo all’ambiente, Karmenu Vella, risponde all’interrogazione presentata da nove eurodeputati del M5s, con la tarantina Rosa D’Amato quale prima firmataria. (GdM)