giovedì 13 dicembre 2012

Giustizia dopo sei anni

Morì per il gas all’Ilva condannati sei dirigenti

Si è chiuso con la condanna di tutti gli imputati, il processo di primo grado per la morte di Antonino Mingolla, 47enne operaio di Mesagne, dipendente della ditta Costruzioni metalliche tubolari (Cmt) deceduto sul lavoro il 18 aprile 2006 all’interno dello stabilimento Ilva. Il giudice del tribunale di Taranto, Massimo De Michele ha condannato i sei dirigenti finiti alla sbarra a pene comprese tra i due anni e due anni e sei mesi di reclusione. La pena maggiore è stata inflitta a Pietro Mantovani: per il titolare della ditta Smi sas, subappaltatrice della Cmt, il tribunale in composizione monocratica avrebbe riconosciuto una maggiore responsabilità condannandolo alla pena di due anni e sei mesi. Due anni di carcere, invece, sono stati inflitti ad Alfredo De Lucreziis, tecnico d’area energia manutenzione meccanica dell’Ilva, Antonio Assentato, capo cantiere della ditta Cmt, Angelo Lalinga, responsabile di produzione, distribuzione e trattamento acque, soffiaggio vapore, aria e gas dell’Ilva, Mario Abbattista, capo reparto energia, aria e gas dell’Ilva e Francesco Ventruto, responsabile del servizio di prevenzione e protezione rischi per la sicurezza e salute durante il lavoro.

Le condanne decise dal magistrato, infine, sono state superiori anche alle richieste formulate dal pubblico ministero. Durante la sua requisitoria, infatti, il sostituto procuratore della Repubblica Enrico Bruschi, aveva chiesto al tribunale la condanna di tutti gli imputati a una pena di un anno e otto mesi di carcere. Per tutti l’ipotesi di reato contestata dalla procura ionica era di cooperazione in omicidio colposo.

Quel 18 aprile 2006, Antonino Mingolla fu investito da una nube tossica mentre era impegnato assieme ad altri suoi tre colleghi nella sostituzione di una valvola alla rete gas «Afo» in prossimità della centrale elettrica Cet1, all'interno dello stabilimento siderurgico. Il tribunale, quindi, ha accolto la tesi accusatoria della procura della Repubblica secondo la quale la ditta Cmt avrebbe predisposto un generico piano per la sicurezza «senza che a monte ci fosse una valutazione dei rischi effettivamente connessi all'attività lavorativa e alla specifica definizione delle modalità operative più idonee». Inoltre, nel piano in questione «non vi è traccia dello stretto coinvolgimento dei lavoratori in un efficace processo conoscitivo dei rischi ai quali andavano esposti».

Mingolla e gli altri operai furono investiti da sostanze tossiche probabilmente sprigionate dalla tubazione a cui stavano lavorando: una vera e propria nube tossica inodore, insapore e incolore contenente una cospicua quantità di ossido di carbonio. I soccorsi furono immediati, ma l’operaio mesagnese morì poco dopo l’arrivo al pronto soccorso dell’ospedale «Santissima Annunziata». Nel procedimento erano costituite parti civili la Fiom Cgil, organizzazione sindacale alla quale l’operaio era iscritto e l’Associazione nazionale mutilati e invalidi su lavoro, per le quali il giudice ha stabilito il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 2500 euro. Il giudice De Michele, inoltre, ha subordinato la sospensione della pena al pagamento della provvisionale in favore della sigla sindacale Cgil rappresentata dall’avvocato Massimiliano Del Vecchio e dell’Anmil, assistita dall’avvocato Maria Luigia Tritto, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della decisione.

Con la sentenza emessa nel tardo pomeriggio di ieri nell’aula G del palazzo di giustizia, si è conclusa una vicenda giudiziaria durata oltre sei anni. Un dispositivo letto in un’aula semideserta: accanto a Franca Caliolo, moglie dell’operaio non c’erano i compagni di lavoro del marito, ma i rappresentanti delle associazioni «Libera», «12 giugno» e «Donne per Taranto». FRANCESCO CASULA (GdM)

Nessun commento: