Ilva, un Natale di crisi, operai senza luminarie
I lavoratori temono per la conservazione del posto: "Abbiamo famiglie da mantenere". Atmosfera pesante in fabbrica
In fabbrica non ci sono luminarie, ma neanche in alcune case. Sarà un
Natale povero per 2.500 operai dell'Ilva. A loro l'azienda ha fatto
recapitare le lettere che annunciano la cassa integrazione: ordinaria,
in deroga e per 'eventi atmosferici eccezionali'. Al sequestro
giudiziario degli impianti si è aggiunta la crisi di mercato. Poi una
tromba d'aria ha devastato parte dello stabilimento e ucciso un giovane
operaio, Francesco Zaccaria, rimasto intrappolato nella cabina di una
gru inghiottita dal mare.
Nonostante la legge 'salva Ilva',
approvata due giorni fa, abbia ridato il via alla produzione a pieno
ritmo, i lavoratori, anello debole della catena produttiva, hanno paura
per il futuro. Ognuno ha una storia da raccontare. Massimiliano
Portulano è entrato in Ilva a 24 anni. Ora ne ha 39 e lavora nel Reparto
Ril (Officina riparazione locomobili), proprio nell'area portuale
devastata dal tornado del 28 novembre scorso.
"Questo -
sottolinea Massimiliano, in cassa integrazione per calamità - è un
periodo davvero tragico e lo stiamo vivendo malissimo. Prenderemo l'80%
dello stipendio perchè il sindacato non è riuscito a farci avere
l'integrazione salariale. La mia famiglia è monoreddito. Sono sposato e
ho una figlia di 9 anni, a cui devo dare spiegazioni e non trovo le
parole". Il lavoratore si commuove. Vorrebbe urlare la sua rabbia, ma
quando parla della bambina i suoi occhi si inumidiscono. "Lei è
preoccupata per me. Per noi. Tra mutuo e bollette varie spendiamo 800
euro al mese".
Continua...
Armando Sallustio, 32 anni (da quasi otto in Ilva), operatore del reparto Laf
decatreno, in cassa integrazione in deroga fino al 31 gennaio, dice che
"nessun operaio vuole la chiusura dell'azienda". "Le iniziative del
Governo e della magistratura - aggiunge - dovevano andare in un'unica
direzione, invece si sta dando maggiore importanza al profitto, alla
famiglia Riva.
L'azienda dice che la magistratura si sta mettendo di
traverso, invece è il Governo che si sta mettendo di traverso perchè se
andassero di pari passo qualcosa si risolverebbe".
E la legge
salva-Ilva? "Non risolve i problemi" afferma Ebony Carbone, di 30 anni,
da quasi 10 alle dipendenze del siderurgico, operaio del Grf (Gestione
materiali ferrosi). "Io - racconta - sono in cassa integrazione per
calamità e dovrei rientrare al lavoro dopo il 30 dicembre. Sono sposato.
Mia moglie è lavoratrice precaria nella scuola, ma anche noi dobbiamo
pagare il mutuo, la rata per l'acquisto della macchina e le tasse. I
miei familiari mi dicono di pensare al posto fisso che può garantire
l'Ilva, ma forse non hanno capito che non possiamo lavorare per morire".
Il
Natale è ancora più amaro in casa di Vincenzo Curcio, di 30 anni, da
circa 10 in Ilva, altro operaio del reparto Laf decatreno, in cassa
integrazione ordinaria per crisi di mercato. E' sposato, con un figlio
di 2 anni e "un altro in arrivo".
"Anche mio fratello - spiega - è
un cassintegrato, lavorava per Evergreen ed è tornato a vivere con i
miei genitori, che a loro volta devono dargli una mano. Quindi la crisi
pesa sul bilancio di due famiglie". Il lavoratore non si scoraggia, ma
ammette di vivere questa situazione con grande disagio.
"Ho un
mutuo di 650 euro, un finanziamento acceso per la ristrutturazione della
casa di 250 euro e non credo che questa cassa integrazione potrà
coprire le spese. Nei giorni scorsi sono andato in banca per sapere se
era possibile la sospensione del mutuo e mi hanno detto che si poteva
congelare solo la quota capitale, che è la più bassa, mentre sarò
costretto a pagare per intero la quota interessi. Sono tornato a casa,
ho abbracciato mia moglie e ci siamo messi a piangere. In questa
situazione tristissima ci hanno messo loro". (Repubblica)
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