giovedì 20 dicembre 2012

Niente di nuovo sotto il sole

Decreto “salva Ilva”, l’ok della Camera e le sconcertanti dichiarazioni dei parlamentari  

Tutto è filato liscio. E non poteva essere diversamente visto il livello e lo spessore dei parlamentari che occupano i banchi della Camera dei Deputati. Il governo tecnico, dopo aver incassato lunedì la fiducia alla prima chiamata (con 421 sì, 71 no e 24 astenuti), ha ottenuto ieri il via libera sul decreto ‘salva-Ilva’ grazie ad una maggioranza schiacciante. Approvato, dunque, il decreto legge recante “Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell’ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale (dl Ilva)”, grazie a 420 sì, 21 no e 49 astenuti. La Lega si è astenuta, mentre i radicali hanno votato contro. Eppure, nonostante questi numeri, il governo ha scelto la strada più sicura: il voto di fiducia.
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Il testo passerà già oggi all’esame del Senato per l’approvazione in seconda seduta. Nel frattempo a Taranto, negli stessi istanti, il presidente Ilva Bruno Ferrante – all’indomani del discorso di Natale in cui ha nuovamente attaccato la magistratura tarantina – depositava presso la cancelleria del tribunale del Riesame di Taranto la rinuncia al ricorso presentato nei giorni scorsi con cui si chiedeva la revoca del sequestro del prodotto finito e semi-lavorato posto sotto sigilli lo scorso 26 novembre. Revoca che tra l’altro aveva già incassato il no della Procura e del gip Patrizia Todisco. Grazie a questo decreto, l’Ilva rientra definitivamente in possesso degli impianti dell’area a caldo, così come dell’acciaio finito sotto sequestro perché considerato “corpo del reato” essendo stato prodotto nonostante il sequestro degli impianti dell’area a caldo ordinasse la non facoltà d’uso per l’attività produttiva, attuando quindi una condotta definita dalla Procura “contra legem”.
Poco prima del voto, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha ringraziato tutti, sostenendo come questo decreto è un provvedimento chiave per coniugare “ambiente, salute e lavoro”, che consentirà al nostro paese di intraprendere la strada di uno sviluppo industriale “finalmente sostenibile”. Cancellate dunque le disposizioni dell’autorità giudiziaria, che ora – come ha ripetuto ancora una volta Clini – dovrà “tenere conto di questa legge”. Come detto, l’approvazione del decreto è stata possibile grazie a centinaia di personaggi che a definirli politici e rappresentanti dello Stato ci vuole davvero fantasia. E’ stato infatti sconcertante ascoltarli durante i loro discorsi in cui hanno motivato il loro voto a favore del ‘salva-Ilva’.
Ciò che maggiormente colpisce è l’ignoranza totale che caratterizza i nostri parlamentari. Che anche ieri hanno dimostrato di possedere una cultura prossima allo zero. In molti infatti, hanno lamentato la mancanza di “dialogo” e di “collaborazione” da parte della Procura tarantina. Una tesi destituita di ogni fondamento, visto che la separazione (o divisione) dei poteri è uno dei principi fondamentali dello stato di diritto. E consiste nell’individuazione di tre funzioni pubbliche – legislazione, amministrazione e giurisdizione – e nell’attribuzione delle stesse a tre distinti poteri dello stato, intesi come organi o complessi di organi dello Stato indipendenti dagli altri poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario.
Quest’ultimo, nel caso specifico, è dovuto intervenire perché si era in presenza di un reato penale: ma evidentemente, per i nostri parlamentari, il gip Todisco e il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, avrebbero dovuto sedersi intorno ad un tavolo con il governo e l’Ilva per contrattare sul da farsi. Un’assurdità che non merita ulteriori commenti. Inoltre, sempre restando in tema di ignoranza, in molti hanno lamentato l’assenza di “dati certi o comunque non veritieri sulla situazione ambientale e sanitaria di Taranto”, frutto di un “allarmismo ingiustificato” e di un “ambientalismo radicale”.
Se solo si fossero presi la briga di andarsi a leggere le decine di studi su Taranto prodotti dalla comunità scientifica dagli anni ’80 ad oggi (non ultimo lo studio Sentieri aggiornato al 2010 che ha descritto una situazione sanitaria compromessa come affermato dal ministro della Salute Renato Balduzzi), forse avrebbero scoperto che la realtà è molto diversa da quella che alberga nelle loro menti. Inoltre, fieri della loro totale ignoranza, dimostrano di non aver assolutamente letto le oltre 600 pagine dell’ordinanza di sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo dello scorso luglio. Altrimenti avrebbero scoperto che il teorema della magistratura tarantina, é molto più semplice di quello immaginato e non compreso: ovvero fermare gli impianti per risanarli e bonificarli, dopo di che farli ripartire.
Avrebbero scoperto, leggendo le carte della Procura e del gip Todisco, che non vi è traccia alcuna di chiusura a vita dello stabilimento tarantino. Ed invece, ancora ieri, erano lì a domandarsi con toni drammatici quale sarebbe stata l’alternativa economica all’eventuale chiusura dell’Ilva. Enunciando per l’ennesima volta il dramma economico che si sarebbe trovato a vivere il nostro paese dovendo acquistare l’acciaio da produttori esteri. Sottolineando, inoltre, che la chiusura dello stabilimento di Taranto avrebbe comportato il fermo di tanti impianti del Nord: e vuoi che per colpa di una Procura del Sud si debba fermare la produttività del ricco e prosperoso motore dell’economia italiana?
C’è chi, tra le tante altre cose, si è anche spinto nell’invocare il ritorno alla libertà per i componenti della famiglia Riva: i domiciliari e il carcere non hanno “più senso” una volta approvato il decreto. Concludendo il tutto con una frase che si commenta da sola: “Questo decreto è un segno di civiltà per il nostro paese”. Il filosofo greco Socrate, vissuto oltre 2.400 anni fa, lo aveva già intuito: “C’è un solo bene: il sapere. E un solo male: l’ignoranza”.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 20.12.12)

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