Taranto, Ilva e inquinamento La denuncia del medico «Possibili 1500 tumori l'anno»
«Le persone hanno paura. Purtroppo a Taranto sono
stati persi dieci anni. E’ dal 2000 che noi sappiamo che c’è un
incremento della mortalità del 30% per la neoplasia del polmone e del
15% per altre neoplasie. Questi sono dati noti a tutti. E’ ignoto,
invece, il motivo per cui non è stato fatto niente dal 2000 al 2010.
Oggi occorrerebbe un piano speciale per l’oncologia a Taranto: non solo
di prevenzione primaria e secondaria, ma anche di diagnosi precoce e di
cura. Gli effetti di quello che è stato, noi li vedremo per i prossimi
venti anni. Si tratta, quindi, di potenziare assolutamente le risorse
terapeutiche della città perché altrimenti non riusciremo a far fronte a
questa emergenza. Nei calcoli di statistica epidemiologica, il numero
delle neoplasie attese a Taranto è di 1300 in una condizione normale.
Verosimilmente, però, Taranto, per i noti problemi, ha u n’incidenza di
neoplasie attese di 1500 nuovi casi all’anno».
E’ un grido
d’allarme severo quello lanciato ieri dal direttore dell’Unità operativa
di Radioterapia oncologica dell’ospedale Moscati, Giovanni Silvano, in
occasione del congresso organizzato per «celebrare» i dieci anni di
attività del reparto a Taranto.
Dottor Silvano, cosa è successo in questi dieci anni?
«Quando dieci anni fa sono arrivato a Taranto, si parlava di u n’attesa
di 1309 nuovi casi all’anno di interesse radioterapico e della
necessità di tre acceleratori lineari per soddisfare queste esigenze.
Dai 300 pazienti radiati nel 2002 siamo arrivati a 900 pazienti radiati
nel 2011. E’ chiaro che ancora mancano 300 pazienti e abbiamo delle
liste d’attesa, non lunghissime ma nemmeno trascurabili. E’ dunque
assolutamente indispensabile un terzo acceleratore lineare che ci
permetta sia di ridurre le liste d’attesa, sia di fornire tecnologie e
trattamenti adeguati.
Continua...
Già l’innovazione tecnologica fatta ultimamente ci
permetterà di essere abbastanza adeguati ai nuovi standard, ma
assolutamente abbiamo bisogno di una terza macchina che ci permetta di
fare tecniche a controllo di posizionamento del paziente molto precise
per i trattamenti più delicati».
Quali pazienti si è costretti a mandare ancora fuori?
«Dal 5 al 10% dei pazienti con neoplasie del testa-collo, della base
del cranio, con alcuni tipi di sarcoma. Ma ora la radioterapia sta
evolvendosi e quello che prima era quasi un trattamento di eccezione,
cioè i trattamenti in modulazione di intensità, adesso stanno diventato
la norma. Con l’up-grade fatto sulle nostre due macchine, saremmo anche
noi in grado di fare questo tipo di trattamento».
Macchinari, dunque, già all’altezza?
«Sì, già sufficienti da un punto di vista qualitativo per alcune
neoplasie. Ad esempio, nelle neoplasie del polmone, dove è fondamentale
anche vedere il posizionamento della massa che si sposta col respiro,
abbiamo machine che ci permettono di poter controllare volta per volta,
prima di ogni applicazione, il reale posizionamento della neoplasia.
Questo vale per le neoplasie piccole, mentre per quelle grandi il
problema si pone diversamente».
Però c’è sempre da fare i conti con la carenza d’organico, vero?
«Assolutamente, sì. Abbiamo una grossa carenza di medici. Avremmo
assolutamente bisogno di un sesto medico per far lavorare le macchine
almeno all’80% delle loro potenzialità. Abbiamo necessità anche della
stabilizzazione dei tecnici radiologi perché su 14 in organico, 4 sono a
contratto con scadenza a marzo e 2 sono stabilizzati ma hanno chiesto
il trasferimento ed andranno via. Da considerare, inoltre, che tecnici e
medici, una volta assunti, hanno bisogno almeno di due-tre mesi di
addestramento. Insomma, a marzo, tra i contratti a termine ed i tecnici
che si trasferiranno, potrei essere nelle condizioni di dover chiudere.
Mi rendo perfettamente conto delle esigenze di risparmio, ma di fronte a
certi tipi di malattie penso che forse occorrerebbe spostare i risparmi
altrove».
Questo rende inutile - quand’anche ce ne fosse la possibilità - potenziare i macchinari …
«Certo. Non a caso la penultima pianta organica prevedeva 8 medici, 16
tecnici e 4 fisici, il numero sufficiente di personale per far andare
avanti i tre acceleratori che erano in previsione. La nuova pianta
organica mandata in Regione stranamente prevede 6 medici invece di 8,
mentre il numero di tecnici, infermieri e fisici è uguale. Non capisco,
non sono riuscito a sapere il motivo di questa scelta. E 6 medici sono
il minimo indispensabili per fare funzionare solo due macchine. Certo,
confidiamo nel nuovo ospedale…»
Ma i tempi saranno lunghi…
«Sì, e dopo cinque anni di novelle la città non può assolutamente
aspettare altri cinque anni Dobbiamo trovare soluzioni che ci permettano
con una certa di rapidità di potenziare quello che già esiste per
permetterci in un anno al massimo di offrire un servizio adeguato». MARIA ROSARIA GIGANTE (GdM)
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