martedì 14 luglio 2015
Re Arturo resta al fresco
Fabio Arturo Riva resta in carcere. Il gup Vilma Gilli ha infatti respinto l’istanza di revoca della misura cautelare presentata dall’avvocato Nicola Marseglia per conto dell’industriale lombardo.
«Sussistono esigenze cautelari connesse» con il pericolo di reiterazione dei reati e dell’inquinamento probatorio, ha spiegato il giudice dell’udienza preliminare che nella prossima settimana dovrà definire il destino del procedimento «Ambiente svenduto» in cui l’industriale è imputato a pieno titolo, insieme con altri 48 soggetti e tre società, per le produzioni inquinanti dell’Ilva e per gli intrecci illeciti che sarebbero stati stretti dalla famiglia Riva.
Nel respingere l’istanza di revoca della misura cautelare, la dottoressa Gilli ha fatto riferimento ad un presunto «patto familiare» con cui i Riva, a suo tempo, avrebbero concordato di utilizzare gli utili della gestione societaria nel settore siderurgico.
Di questo «patto familiare» sarebbe stato fatto riferimento in un rapporto che la guardia di finanza di Milano aveva prodotto nell’ambito dell’inchiesta diretta dal procuratore aggiunto lombardo Francesco Greco sulla pluralità delle attività della famiglia degli industriali.
Il rapporto, secondo quanto è stato possibile sapere, era stato trasmesso alla magistratura di Taranto e da questa trasfusa negli atti con cui la procura tarantina aveva dato parere negativo alla revoca della misura restrittiva a carico di Riva.
Dal presunto patto che sarebbe stato stretto dai componenti della famiglia Riva si desumerebbe l’interesse sempre vivo nutrito dal nucleo familiare - da tempo orfano del patron Emilio - nelle vicende dell’Ilva, capaci di produrre utili milionari che sarebbero poi stati trasferiti all’estero, come scaturtito da una indagine della magistratura lombarda.
Alla luce di questa decisione adottata dal giudice dell’udienza preliminare, non è improbabile che la difesa di Fabio Arturo Riva ricorra in tempi brevi in Tribunale, contestando proprio la sussistenza delle esigenze cautelari alla base del mantenimento della misura. Come è noto, Fabio Arturo Riva è accusato, in concorso con altri, di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento delle sostanze alimentari, all'omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro, in aggiunta ad altre contestazioni formulate dalla procura della Repubblica: corruzione, falso e abuso d'ufficio.
L’industriale figura fra gli imputati dei quali la procura di Taranto ha già richiesto il rinvio a giudizio o la condanna (nei casi in cui gli imputati hanno optato per il giudizio abbreviato). Fabio Riva si trovava a Londra ed aveva ingaggiato una battaglia legale per evitare l'estradizione, tuttavia la Corte di Londra aveva dato il suo assenso. Un'altra ordinanza di custodia cautelare era stata emessa dal gip di Milano Fabrizio D'Arcangelo per una presunta truffa ai danni dello Stato da circa cento milioni di euro, per cui l’industriale è stato già condannato in primo e secondo grado a 6 anni e mezzo di reclusione.
Nel maggio scorso, Fabio Riva aveva “incassato” una cocente delusione: per la seconda volta c’era infatti stato l’ok alla sua estradizione da Londra. Era stato il giudice della «City of Westminster Magistrates Court» John Zani ad esprimersi favorevolmente al trasferimento dell’industriale in Italia anche per la richiesta avanzata da Milano.
Lo snodo che aveva portato all’ordinanza si collega con le indagini legate all’inchiesta aperta dalla procura di Milano (pm Stefano Civardi e procuratore Francesco Greco) su vicende finanziarie, societarie e fiscali del gruppo Riva. Agli inizi di giugno, d’accordo con i suoi legali, Riva aveva deciso di chiudere i conti con la giustizia italiana, senza attendere gli appelli alle due estradizioni e si era costituito in Italia.(Quot)
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