sabato 25 luglio 2015

Il solito ministro dell'Ambiente che tifa per le industrie: un vizietto italiano!

Galletti:«Ilva rinasce, basta critiche»

L’ultima audizione alla Camera dei tre commissari di Ilva si è svolta in un clima definito «tranquillo». Tra pochi giorni tornerà in funzione l’altoforno 1 e c’è chi ha fondati motivi per prevedere che la magistratura tarantina non insisterà con il fermo dell’altoforno 2, sulla base della documentazione sui sistemi di sicurezza dell’impianto che Piero Gnudi, Corrado Carrubba e Enrigo Laghi hanno stilato per la custode giudiziaria dell’acciaieria. Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti è ottimista, anche se, prima di dire va tutto bene, vuole incassare risultati concreti. Del resto la situazione è chiara: se l’Altoforno 2 si ferma, si ferma l’Ilva. Se si ferma l’Ilva va a rotoli la fragile economia italiana.
Ministro Galletti, quale futuro si delinea per l’Ilva?
«La situazione, oggettivamente difficile, é il risultato degli ultimi decenni, durante i quali si è perpetrato il disastro ambientale che è sotto gli occhi di tutti. Ora però siamo in una fase nuova: non condivido il pessimismo di chi dice che non sono stati fatti passi in avanti, perché stiamo lavorando affinché produzione e ambientalizzazione vadano di pari passo. Il piano ambientale, il cui costo è di 1 miliardo e 600 milioni, sta andando avanti grazie ai 400 milioni disponibili, mentre il resto è ancora sotto sequestro per decisione della magistratura elvetica, ma io credo che diventeranno disponibili in tempi non lunghi, anche se l’esito non è ancora certo».
Durante l’audizione il deputato Ludovico Vico ha posto una domanda rimasta senza risposta che giriamo a lei: è vero che c’è l’intera copertura finanziaria di Aia, per cui non sono indispensabili le risorse sotto sequestro?
«Non è così. Disponibili sono solo 400 milioni».
Il 31 luglio, nel rispetto della legge, l’80% delle prescrizioni Aia sarà stata attuata, ma manca l’intervento più importante, la copertura dei parchi minerari.
«Anche a me risulta, anche se non ancora certificato ufficialmente, il raggiungimento dello step di fine luglio, ottenuto grazie alle risorse disponibili. Per l’intervento sui parchi sono necessarie, come ho detto, le risorse ferme in Svizzera, ma ciò non fa venir meno l’attuazione del piano ambientale».
Taranto, città stremata, attende le vicende legate all’Afo 2 con ansia, divisa tra il bisogno di lavoro, la sicurezza e la necessità di vivere in un ambiente pulito. Quali garanzie può darle il governo?
«In questo anno il governo ha operato per salvaguardare 11 mila posti di lavoro, tutelare la salute e l’ambiente. Non voglio che in Italia un lavoratore debba più trovarsi di fronte al dilemma: lavoro o salute».
Intanto, però, non c’è certezza sul futuro dell’azienda. L’altro giorno Romano Prodi ha raccontato di un colloquio con i dirigenti di Mittel - il colosso dell’acciaio che sembrava il più vicino all’acquisizione di Ilva – i quali gli hanno detto di non potersi impegnare con l’azienda italiana per le troppe incertezze che la contraddistinguono.
Il governo che fa?
«Se ci fosse stata un’azienda intenzionata a risanare l’Ilva l’avremmo già venduta. Per questo il nostro massimo sforzo è renderla appetibile sul mercato».
Ci sono trattative in corso?
«Stiamo lavorando per rendere l’acciaieria più competitiva, perché l’alternativa è una sola: chiudere».
Questo sforzo pare che non sia tenuto in conto dalla magistratura tarantina: è così?
«La situazione attuale è figlia del passato, per decenni l’Ilva ha prodotto non solo acciaio, ma anche inquinamento. Ci stiamo impegnando per ristabilire serenità tra i poteri dello Stato e mi auguro che si arrivi a questo».
Nei giorni scorsi è circolata la notizia di un possibile viaggio a Taranto del vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini: risulta anche a lei?
«Non so proprio». (CdM)

Nessun commento: