lunedì 27 luglio 2015

Giovani profeti crescono

Quanto scritto da Zaccagnini per noi è abbastanza condivisibile.
Apprezzabile soprattutto se proviene da un giovane deputato, scomodo al PD, che l'ha da poco rimosso dal suo incarico nella Commissione Agricoltura.
Ma non possiamo non rilevare il solito scollamento tra dire e fare che infetta anche i giovani e promettenti hipsters della politica italiana,
Per esempio, perché non entra più nello specifico delle pallottole spuntate che Vendola avrebbe scagliato contro l'Ilva eleggendosi a paladino della salute? 
E, soprattutto, se le cose stanno come le scrive, perché si è astenuto dal dare il suo voto contrario ad almeno due fondamentali azioni del governo a favore dell'industria e specificamente dell'Ilva di Taranto?
Si tratta della legge sugli Ecoreati, che punisce solo le emissioni "abusive" e il "Decreto salva-Taranto" (in realtà la settima legge salva-Ilva).
Forse aveva altri impegni più importanti che decidere le sorti ecologiche del suo Paese?

Ilva: la sconfitta politica della sinistra nell'impossibile compromesso fra il diritto alla salute e al lavoro

L'Ilva di Taranto è certamente uno di quei luoghi simbolo dove si sono scontrati e continuano a scontrarsi con forza gli interessi legati al mantenimento dei posti di lavoro con quelli del diritto alla salute. Il governo continua a difendere i livelli produttivi con l'ennesimo decreto legge in materia (per la precisione l'ottavo in questa legislatura), giustificando questa posizione come l'unica possibile per attuare l'ambientalizzazione dell'azienda Ilva. Inoltre il governo afferma che proprio il mantenimento della produzione è l'unica garanzia affinché il piano di ambientalizzazione possa andare avanti, piano che dovrebbe attivarsi concretamente in autunno.
Posto che è tutto da vedere se il piano di risanamento questa volta andrà in porto, quello che comunque stride fortemente, dal mio punto di vista e credo anche da quello dell'aderenza ai principi della Costituzione, è come si possa garantire il diritto alla salute per i lavoratori e per tutti i cittadini di Taranto, i quali muoiono a causa di un'azienda ubicata nelle vicinanze delle loro case. In realtà non c'è un compromesso accettabile in questa situazione. È evidente la compressione del diritto costituzionale alla salute.
Purtroppo buona parte della sinistra, quella legata all'industrialismo, al comunismo, alla tradizione operaista e sindacalista, hanno anteposto la salvaguardia dei posti di lavoro rispetto alla salute e all'ambiente. Come spesso capita in questi contesti, parte dell sinistra predilige un punto di vista limitato come il benessere economico dei lavoratori, solo successivamente ci si cura della salute di tutti i cittadini, dunque viene anteposto un interesse di parte rispetto all'interesse collettivo. Viene devastata ogni possibilità e prospettiva di vivere in un ambiente sano e non immerso in una coltre che soffoca e uccide.
Questa posizione tipica della sinistra industrialista, che poco ha saputo farsi contaminare dall'ambientalismo e dall'ecologismo degli ultimi decenni, ha riprodotto fino ad oggi a Taranto il disastro di un compromesso che vorrebbe continuare a compenetrare i livelli produttivi dell'Ilva e l'interesse dei tarantini, nonostante sia una cosa del tutto incompatibile. Mettere un'acciaieria al centro di una città è certamente frutto di una progettazione dissennata, di una concezione industrialista della società, incapace di avere considerazione del benessere ambientale dei cittadini. Una visione tipica degli anni '60, ma decisamente impossibile da giustificare oggi, quella presenza al centro di una città, tanto più se si conoscono i livelli delle emissioni di diossina e degli altri inquinanti, è mortifera e va fermata a costo di proposte politiche shock.
Quella sinistra che non ha mai abbandonato l'orizzonte industrialista per portare avanti le proprie lotte, credendo di poter rivoluzionare la società a partire dai mezzi di produzione, ha prodotto una strategia, in definitiva, complementare a quella del capitale e funzionale allo sviluppo industriale senza freni e oggi, di fronte alla sfida ambientale dei cambiamenti climatici, non riesce ancora a fare una dignitosa rielaborazione dei ripetuti errori di analisi e di prospettiva, non riesce a capacitarsi della sua ormai decennale sconfitta concettuale e conseguentemente materiale e storica, incapace di individuare proprio nel suo angusto orizzonte produttivista il suo vero tallone d'Achille, il punto da riformare.
Infatti una società che difende i posti di lavoro a costo di distruggere il mondo in cui vive, il cibo di cui ci nutriamo, una società che uccide le persone che amiamo, è una società altrettanto alienata come quella prodotta da chi ricerca solo il massimo profitto e l'accumulazione delle risorse economiche.
Fortunatamente stiamo arrivando ad un punto di svolta e di ragionevolezza, le evidenze scientifiche (materialistiche) sono così forti oramai che probabilmente buona parte di quella sinistra industrialista si è convinta che, in certi casi come l'Ilva, il lavoro e la salute sono incompatibili fra loro e che la salute, ovvero la vita, viene prima.
Certamente le persone comuni sono più consapevoli di questo, mentre i dirigenti politici e sindacali troppo spesso ancora cercano di chiudere gli occhi, crogiolandosi in antiche ideologie e interessi particolari. La vera rivoluzione a Taranto per attuare un altro modello di sviluppo, qui e subito, passa dalla chiusura shock dell'Ilva, senza se e senza ma. La riapertura solo con la garanzia di emissioni sostenibili. Cosa che peraltro si può fare. Altrimenti delocalizzare non è un tabù, se necessario a bonificare un'intera città, così come la nazionalizzazione dovrebbe essere una proposta più fortemente sostenuta da chi vuole un vero cambiamento.
Questa è la posizione da tenere per chi oggi si dichiara di sinistra, ogni altra posizione è legittimare un compromesso fra la vita e l'inferno delle polveri tossiche. La sinistra non è anche ecologia, ma è soprattutto ecologia nel 2015, nel tempo in cui si avvicina sempre più minaccioso il conto da pagare coi cambiamenti climatici se non riusciremo a riconvertire industria, produzione energetica ed economia.
Riguardo il rinvio a giudizio di Vendola non voglio partecipare al giustizialismo che giudica prima del dovuto chi viene imputato, gli auguro di uscirne illeso penalmente, così mi auguro che il garantismo valga sempre per tutti e non a corrente alternata.
Tuttavia voglio dichiararmi assolutamente estraneo al pensiero politico di Nichi Vendola, che sottoscrive come positiva l'azione politica di aver coniugato a Taranto il diritto alla salute con quello al lavoro. Per me è una posizione insostenibile nel caso di Taranto, perché credo che per cambiare modello di sviluppo e per non difendere soprattutto gli interessi particolari dei lavoratori dell'Ilva, sarebbe servita una posizione di vera rottura col gigante dei Riva. Serviva avere il coraggio di mettersi contro i lavoratori e i sindacati a favore di una intera città e delle sue generazioni future.
Altrimenti il risultato è che nell'immediato si possono anche ottenere riconoscimento e apparentemente dei buoni frutti, ma col passare del tempo diverrà evidente come l'aver contribuito a tenere aperta l'Ilva, nonostante i controlli installati per accertare le emissioni inquinanti, sarà una sconfitta senza possibilità di rivincita. Soprattutto un monito da non ripetere per la nuova sinistra post-industrialista.
Certamente anche la legittimità costituzionale di coniugare il diritto al lavoro col diritto alla salute traballa. La Repubblica fondata sul lavoro è una locuzione con evidenti retaggi comunisti e industrialistici, ma che aggiornata non sarebbe più la stessa. Di certo la Repubblica non deve essere "affondata dal lavoro", come nel caso della città di Taranto. Il diritto costituzionale alla salute di tutti i tarantini, come di tutti i cittadini che si trovano vicino impianti eccessivamente inquinanti, è preminente.
Il diritto alla salute non può venir meno mai, altrimenti vengono meno le stesse condizioni di sopravvivenza. Oggi più che mai è bene ricordare come questa lezione non sia efficacemente penetrata nel mondo delle idee della sinistra o di ciò che ne resta, nonostante in molti a partire da Langer abbiano provato a rifondare una visione organica della società della solidarietà, in particolare rimane il retaggio della visione industrialista a tutti i costi, soprattutto nei dirigenti post-comunisti, attualmente presenti sia fra le fila della maggioranza che dell'opposizione parlamentare.
Anche per rimanere ingabbiati in questo schema sta morendo la visione socialista europea che dalla spinta ecologista poteva trarre grande slancio. È necessaria una nuova classe dirigente politica che dia respiro alla possibilità di indirizzare le energie del nuovo soggetto politico della sinistra unita verso una concreta riconversione ecologica della società a partire dai mezzi di produzione, rimanere legati a vecchi percorsi non ci farà che essere subalterni e complementari alle necessità e alle trasformazioni del profitto.
Per mettere in campo un nuovo modello energetico ed economico servono posizioni di rottura che scuotano la coscienza per abbracciare nuovi principi, in primis quello della ecocompatibilità delle attività produttive, dove la giustizia sociale è sempre legata alla giustizia ambientale.
(Huffington Post -   Adriano Zaccagnini, Deputato ex 5Stelle ora gruppo Misto, simpatizzante SEL.
)

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