Salvare l'Ilva violando la Carta
Ecco perché il Giudice per le indagini preliminari di Taranto ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del cosiddetto decreto "salva Ilva", licenziato dal Governo e approvato con fiducia dal Parlamento. Una norma "improria", "approssimativa" e "grossolana" che ha bloccato il sequestro dell'altoforno Afo2, dove in giugno è morto un operaio.
L'Ilva di Taranto viene prima di tutto:
della sicurezza di chi ci lavora, dell'ambiente e -da qualche tempo-
della Costituzione italiana. Tra la Carta e l’ultimo decreto “salva
Ilva” (92/2015) del Governo ci sarebbe infatti una “siderale
divergenza”. È per questo motivo che il giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Taranto, Martino Rosati, ha deciso di
sollevare la questione di legittimità costituzionale del provvedimento
licenziato dal Governo in fretta e furia sabato 4 luglio, cinque giorni
dopo il decreto di sequestro dell’altoforno “Afo2” dell’Ilva. Lì il 12 giugno scorso era morto l’operaio Alessandro Morricella,
infortunatosi -secondo l’accusa- per via della “mancata predisposizione
di protezioni […] idonee a garantire l’incolumità dei lavoratori”. Non
c’erano nemmeno le “strumentazioni per il prelievo della ghisa e la
misurazione della relativa temperatura”.
Alla morte segue il sequestro preventivo d’urgenza.
Al sequestro seguono titoli scandalizzati di alcuni quotidiani
nazionali -per Il Sole 24 Ore “l’incidente mortale sul lavoro
verificatosi all'Ilva di Taranto rischia di rendere ancora più
complicata l'attuazione del progetto di risanamento”-. E ai titoli segue
l’intervento “atecnico e approssimativo” (le parole sono del Gip
Rosati) dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. L’obiettivo dichiarato è
salvaguardare l’operatività dell’Ilva.
Lo strumento prende la forma di un decreto legge, licenziato sabato
4 luglio e firmato dal Capo dello Stato Mattarella, dal premier e dai
tre ministri Orlando, Guidi e Galletti. Quest'ultimo, titolare dell’Ambiente, come abbiamo raccontato nell’articolo “L’Ambiente è scomparso” (Ae 171), ha
potuto beneficiare nel corso della campagna elettorale per le Politiche
2013 di un contributo di 30mila euro dalla Simbuleia spa,
detenuta da una fiduciaria (Euromobiliare Fiduciaria spa) e in minima
parte da Romano Conti, commercialista bolognese che risulta tra i
fondatori -insieme a Piero Gnudi- dello Studio Gnudi e
Associati. Lo stesso Gnudi, già ministro nel governo Monti, che
dall’estate 2014 è "Commissario straordinario per la Ilva Spa".
All’articolo 3, il decreto del governo svuota la portata
d’ogni iniziativa che leda l’attività di impresa “degli stabilimenti di
interesse strategico e nazionale”, che possono continuare ad
operare nonostante un provvedimento di sequestro anche “quando lo stesso
si riferisca ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei
lavoratori”.
Le 14 pagine dell’atto sottoscritto dal Gip Rosati e depositato il 14 luglio scorso (qui il documento integrale dalla rivista penalecontemporaneo.it) restituiscono un’immagine drammatica e farsesca dell’azione governativa, bollata come “eccentrica”, “impropria”, dalla “irripetibile singolarità”, per certi versi “grossolana”.
Non si tratta che di un “trattamento di favore” a danno di inviolabili
diritti costituzionali -eguaglianza e salute su tutti-, nell’interesse
dell’azienda chiamata (per onere e non per obbligo) a redigere entro 30
giorni dall’adozione del provvedimento di sequestro un piano
d’intervento senza che nessuno possa eccepirne il contenuto, o
verificarne l’attuazione.
“Nulla si dice -scrive Rosati- sulla natura di tali ‘misure
aggiuntive’: che quindi potrebbero essere rappresentate, in ipotesi,
anche soltanto da meri cartelli di segnalazione, dispositivi di
protezione individuale, prassi operative od altri strumenti (come i
rudimentali ed estemporanei pannelli metallici che l'ILVA s'è
affrettata a piazzare dopo la tragedia morte dell'operaio Morricella),
del tutto insufficienti a garantire adeguatamente la sicurezza dei
lavoratori”.
Ma l’Ilva viene prima di tutto, nonostante il Gip abbia ricordato
che ”Afo2” ha “manifestato anche nei giorni seguenti pericolose
disfunzioni, con massive dispersioni di materie incandescenti” e che
altro non sia che “un'offesa alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana di chi vi lavora”.
Gli articoli 2, 3, 4, 32, 35, 41 e 112 della Costituzione vengono così
sacrificati, in un “regime di deregolamentazione e
deresponsabilizzazione” -le parole sono del professor Francesco Forzati
dell’Università di Napoli- che abbraccia anche il commissario
straordinario Gnudi, cui è riservata dall’inizio dell’anno (decreto
5/2015) una “area di (sostanziale) immunità penale riferita alle azioni
attuative del piano previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale
Ilva del marzo 2014”. (Altreconomia)
Nessun commento:
Posta un commento