lunedì 6 luglio 2015

La deflagrazione dei poteri

Guariniello attacca il decreto salva-Ilva: “La salute dovrebbe prevalere sui dollari”

«In tanti anni che mi occupo di sicurezza sul lavoro non avevo mai visto una cosa del genere. Capisco le esigenze strategiche, ma se in mancanza di misure di sicurezza adeguate dovesse accadere un infortunio cosa succederebbe?». Il pm di Torino Raffaele Guariniello attacca il decreto cosiddetto salva-Ilva, nel punto in cui consente l’operatività degli stabilimenti di interesse strategico nazionale per 12 mesi se il sequestro a cui sono stati sottoposti riguarda reati inerenti la sicurezza dei lavoratori.
Guariniello, che ha portato avanti le inchieste e i processi per l’incendio nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino in cui persero la vita sette operai e per i morti da amianto negli stabilimenti italiani della Eternit, commenta: «Ho sempre pensato che la salute dovesse prevalere sui dollari», ha commentato il magistrato.  (LaStampa)

Decreto salva-Ilva, l’ira dei giudici: «Pericolosa spaccatura fra poteri»

In giornata hanno cominciato i Cinque Stelle, definendolo «aberrante». Poi anche il neogovernatore Michele Emiliano e la magistratura, attraverso la voce dell’Anm (Associazione nazionale magistrati), hanno espresso giudizi pesanti sul decreto con il quale il governo Renzi ha di fatto scavalcato il sequestro della Procura di Taranto e permesso all’Ilva di usare l’Altoforno 2 nel quale, poco meno di un mese fa, è rimasto ucciso da una colata di ghisa l’operaio Alessandro Morricella.
Il governatore
Da Foggia, dov’è intervenuto al Gay Pride, Emiliano ha ricordato come «utilizzare decreti legge nel corso di un processo penale sia scelta costituzionalmente forte». Ma il governatore non si è fermato qui, dopo che già nei giorni scorsi aveva chiaramente detto come «una fabbrica che uccide, non può che essere chiusa». Ieri, invece, si è soffermato sull’aspetto squisitamente giuridico della questione. «Incontrando il commissario Gnudi e gli avvocati, in questi giorni avevo tentato di capire cosa rendesse impossibile la facoltà d’uso. Evidentemente - secondo Emiliano - i magistrati hanno ritenuto che gli impianti fossero talmente pericolosi da non concederla. Il governo, invece, li riapre. E s’inventa una nuova forma di sequestro, quello post tergato: per un impianto di natura strategica come l’Ilva diventa efficace dopo un anno. È una decisione molto forte dal punto di vista costituzionale - ha chiosato il presidente della Regione Puglia - ne sto discutendo con gli alleati e con l’avvocatura per verificare come comportarci».
Il magistrato
Tra i magistrati tarantini, peraltro, no comment e musi lunghi all’indomani dell’ennesimo decreto del governo salva Ilva, l’ottavo, che dissequestra l’altoforno 2 dell’Ilva di Taranto. Per il magistrato inquirente prima, e per il gip dopo, l’impianto non era sicuro pertanto doveva essere fermato per evitare altri incidenti mortali. Ad esprimere il malessere che serpeggia tra i magistrati tarantini, ma non solo, è il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Maurizio Carbone, egli stesso pubblico ministero presso la procura della Repubblica di Taranto. «Il caso Ilva – dice – è la dimostrazione di come il legislatore tuteli l’interesse economico rispetto ad altri interessi come quelli sulla sicurezza dei lavoratori e della tutela ambientale».
Le motivazioni
Il segretario dell’Anm mette in luce una pericolosa spaccatura tra i due poteri dello Stato. «Tutto questo – prosegue Carbone - crea un’ulteriore contrapposizione tra potere giudiziario e potere legislativo sulla base di una evidente e più volte dimostrata priorità di quest’ultimo verso la tutela economiche rispetto ad altri diritti». E il caso dell’Ilva, per salvare la quale, in più occasioni, si sono scomodati sia governo che ministeri e in definitiva intere maggioranze del Parlamento, sarebbe lo specchio di una nuova concezione critica del legislatore nei confronti della magistratura. Un esempio, spiega ancora il segretario di Anm, sono i recenti commenti dei politici alla decisione della Corte Costituzionale che ha bocciato il provvedimento del governo sulle pensioni. «Anche in quel caso – spiega Carbone - il potere politico ha attaccato la magistratura accusandola di aver preso quella decisione per mettere in difficoltà economiche il governo». Ma esiste il rischio che questa frattura diventi insanabile e che di riflesso crei, tra i magistrati e quindi anche nell’opinione pubblica, un senso di sconfitta o di impotenza? «Non lo so. Certo è – conclude il magistrato – che scelte come questa sull’Ilva, da parte della politica, non possono che lasciare perplessi e destare preoccupazione e non soltanto tra gli operatori della giustizia». (CdS)

Ilva, il governo blocca la chiusura ma c’è da fare i conti con il mercato

C’è voluto un decreto ad hoc del consiglio dei Ministri, approvato venerdì scorso a tarda ora, per scongiurare la chiusura dell’Ilva. Il decreto stabilisce che, nei casi di aziende di rilevanza strategica nazionale sottoposti a provvedimenti cautelari da parte della magistratura, il provvedimento non impedisca la prosecuzione dell’attività d’impresa purché l’azienda presenti in termini “stringenti” ( 30 giorni) un piano di misure aggiuntive sulla sicurezza del lavoro. “Non viene così leso il motivo per il quale il magistrato ha disposto il sequestro - l’indagine sulla morte di un operaio - ma l’Ilva potrà presentare istanza alla magistratura, con un piano integrativo di sicurezza, per il dissequestro dell’altoforno e la prosecuzione delle attività”, hanno spiegato fonti governative.
Il magistrato aveva disposto la chiusura di due altofni per motivi ambientali, l’1 e il 5, e il sequestro del 2 dopo la morte dell’operaio Alessandro Morricella. L’azienda a quel punto era in ginocchio, ed era sul punto di chiudere. Le prime intenzioni del nuovo Governatore Michele Emiliano danno una strada precisa al futuro del siderurgico: in una lettera ad Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione ambientalista Peacelink che chiedeva ragguagli sull’attuazione del piano ambientale, il presidente della Regione ha annunciato la “convocazione dei commissari Ilva” e l’incarico all’Arpa di verificare punto per punto le risposte che verranno date. In campagna elettorale Emiliano non ha mai visto come un tabù la chiusura del siderurgico.
Ma prima della politica, o della magistratura, a sancire la fine dell’Ilva potrebbe essere il mercato. Da un punto di vista commerciale a brevissimo non si riuscirà più a far fronte alle richieste dei clienti che chiedono prodotto di qualità in tempi stretti, così come accadeva nella fabbrica che inquinava e produceva utili (solo per i Riva). L’amministrazione straordinaria aveva dato da subito garanzie sul piano ambientale. Ma aveva legato l’attuazione del piano previsto dall’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, a una ripresa di produzione e vendite grazie ai contanti freschi arrivati. Ci sono il miliardo e duecento milioni sequestrati ai Riva per motivi fiscali e messi a disposizione degli amministratori dal tribunale di Milano. E gli altri 800 di origine statale, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti. «Per fare fruttare gli investimenti – dicono fonti aziendali – devono darci la possibilità di lavorare». Il nuovo piano industriale prevedeva un azzeramento delle perdite tra il 2016 e il 2017, il rispetto del cronoprogramma degli investimenti ambientali grazie ai fondi governativi, e il riassorbimento la forza lavoro nel giro di 18-24 mesi. La situazione attuale rende questi numeri fantascienza. Da oggi ci sarà un abbassamento di carica per mettere definitivamente in sicurezza l’altoforno 2. E lo stesso dovrebbe accadere per il 4, l’unico ancora in funzione, ma che per ragioni tecniche e di sicurezza non può continuare a lavorare da solo. Questo significa che tra il 16 e il 22 luglio entrambi gli altoforni verranno spenti. Per la prima volta sarà sospesa la produzione di ghisa. Ad agosto dovrebbe riprendere almeno il numero 1. «Ma così rischia di saltare tutto», dicono i sindacati, preoccupati che gli attuali 5mila contratti di solidarietà siano trasformati in esuberi. «Presto – dice Mimmo Panarelli della Fim Cisl – potrebbero rimanere a casa tutti gli 11mila dipendenti del siderurgico più quelli dell’indotto».
In ogni caso, i commissari straordinari - Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi – hanno deciso di voler puntare su una nuova strategia con i giudici. “Lavoriamo per lo stesso datore di lavoro: lo Stato. E non possiamo che essere dalla stessa parte”, è il ragionamento nei piani alti del siderurgico. Ma la pratica è più complessa. Un primo no, per esempio, è arrivato dalla Procura che ha espresso parere negativo al patteggiamento dell’azienda nel maxi processo Ambiente svenduto, ritenendo troppo bassa la proposta economica di tre milioni di euro. “Il danno ambientale – hanno detto – supera il miliardo di euro”. Ora il dialogo l’azienda lo vuole ritrovare proprio sulla questione del sequestro dell’Altoforno 2.
L’impianto – ha scritto il gip Martino Rosati convalidando il sequestro dopo la morte di Morricella - è sprovvisto dei più elementari dispositivi destinati e idonei alla protezione della incolumità dei lavoratori, in caso di fiammate o di dispersioni di gas o solidi incandescenti”. Di contro, però, l’azienda ha presentato un cronoprogramma di interventi di sicurezza all’interno dell’impianto che immediatamente si metterebbe in regola con le prescrizioni dello Spesal, il servizio di sicurezza sul lavoro della Asl, e nel medio periodo invece prevederebbe altri interventi di sicurezza per i lavoratori. Morricella è morto mentre controllava la temperatura della ghisa, a causa di una fiammata dovuta probabilmente a un guasto dell’altoforno. Ma quel tipo di operazione, nei siderurgici moderni, viene effettuata non manualmente ma con un sistema automatizzato. (Rep)

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