martedì 21 luglio 2015

Le leggi scritte male e la tragedia barese

Mentre i giornalisti non sanno più quali parole politicamente corrette adottare per far passare i magistrati - gli unici che in tutta questa vicenda stanno facendo il loro lavoro con serietà e determinazione - per talebani cattivi; mentre il governo scrive decreti coi piedi e mezzo neurone per tenere in vita quel colabrodo mortale dell'Ilva, ieri abbiamo anche assistito alla tragedia in salsa barese dei potenti regionali, le primedonne di appena un paio d'anni fa, che fanno le pittime e si inginocchiano sui ceci davanti ai giudici. La loro arringa rivela tutta la differenza tra il ruolo di "difensori del popolo" che credevano di avere e quello di burocrati o al massimo di arbitri (non sempre imparziali) che ricoprivano nella disperata battaglia impari tra cittadini umiliati e grandi poteri globali.
Finché non si svegliò il terzo potere ed anche a Taranto si cominciò a parlare di Giustizia!

In quell’enorme gioco dell’oca che sembra Taranto – tiri un dado e ritorni sempre al punto di partenza – la Procura ha notificato un nuovo provvedimento di spegnimento dell’Altoforno 2 dello stabilimento siderurgico, l’unico al momento ancora in funzione. In sostanza significa far chiudere l’impianto.

Questa volta, come si legge nelle due pagine consegnate all’Ilva dal custode giudiziario dell’impianto, l’ingegner Barbara Valenzano, c’è però una data: “Entro il 24 luglio dovremo essere informati del cronoprogramma per lo spegnimento dell’impianto”. Siamo allo scontro totale, l’ennesimo tra procura e Governo.

Che può essere così sintetizzato: dopo la morte dell’operaio Alessandro Morricella, la procura di Taranto sequestra l’Altoforno 2 perché considerato troppo pericoloso per i lavoratori. Qualche giorno dopo il gip Martino Rosati ne conferma il sequestro. Il Governo, davanti alla prospettiva di una chiusura della fabbrica, firma un decreto legge straordinario (l’ottavo nel giro di due anni “ad Ilvam”) che dispone il dissequestro dell’impianto e consente la ripresa dell’attività. L’Ilva riapre lo stabilimento e chiede il dissequestro al gip Martino Rosati sulla base della nuova legge. Ma Rosati solleva la questione di costituzionalità sulla nuova norma. Nel frattempo l’Ilva continua il lavoro, tra le polemiche dell’Anm (che considera illegittimo il provvedimento legge) e la spinta del ministro Guidi che considera irresponsabile la posizione dei magistrati. Vengono mandati i carabinieri in azienda per identificare gli operai che lavoravano, il Prefetto assicura che non accadrà mai più, il presidente della Regione, Michele Emiliano, dice per la prima volta che “l’apertura dell’Ilva non è un dogma”.

Poi, il nuovo colpo di scena. “Il custode – si legge nel provvedimento – chiede alla società di voler procedere, nell’immediato, all’attuazione del programma di interventi per lo spegnimento in sicurezza dell’Altoforno 2, così come previsto dal decreto di sequestro preventivo. Contestualmente il custode chiede di essere informato, entro la data del 24 luglio, in merito alla realizzazione delle opere da realizzarsi per procedere alle attività di spegnimento”.

E l’Ilva? Per il momento domani i lavoratori lavoreranno come al solito. “Si prende atto dell’accesso effettuato in data odierna dal custode – mette a verbale il legale dell’Ilva, Angelo Loreto – Attesa la procedura seguita dall’Autorità giudiziaria, e in vigenza del decreto legge che legittima l’esercizio di attività di impresa negli stabilimenti strategici di interesse nazionale come il sito Ilva, ci si riserva ogni valutazione e iniziativa volta a chiarire il perimetro e i contenuti dell’eventuale provvedimento giudiziario di esecuzione che giustificherebbe l’iniziativa odierna”.

Tradotto: per il momento rimane com’è, ma presto chiederemo l’intervento di un nuovo giudice.Tutto si muove, dunque, ma tutto rimane fermo, quindi. Un po’ com’è  accaduto nei 40 gradi e più della palestra dei Vigili del fuoco dove si svolge l’udienza preliminare del maxi processo 'Ambiente svenduto'. Il gup Wilma Gilli avrebbe dovuto esprimersi ma le lunghissime controrepliche dei difensori degli imputati l’hanno spinta a rimandare tutto a giovedì quando però, per alcune situazioni, potrebbe anche chiedere un supplemento di indagini.

Tra gli altri, hanno voluto parlare personalmente il direttore generale dell’Arpa, Giorgio Assennato, e l’ex assessore all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, che visibilmente emozionato, ha chiesto che gli venga restituita la “dignità da magistrato”. "Mi si accusa di aver venduto la salute dei cittadini di Taranto", passando "da eroe a traditore. Io nego che ci sia stato qualsiasi tipo di arrendevolezza nei confronti dell'Ilva", ha sostenuto Assennato

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