lunedì 20 luglio 2015

La vergogna del decreto salva-ilva sparpagliato nelle leggi in corso di approvazione

Ilva e Fincantieri: decade provvedimento ad hoc. Le misure già all’esame del Parlamento

L'Italia sta lentamente uscendo dalla crisi iniziata nell'ormai lontano 2008, ma la strada da percorrere è ancora lunga e certo non aiutano certe iniziative della magistratura che, pur muovendosi nella giusta ottica di far rispettare la legge, soprattutto in materia di tutela ambientale e di salvaguardia della salute dei cittadini e dei lavoratori, sequestra impianti produttivi o parte di essi danneggiando e le aziende coinvolte nelle indagini e l'economia italiana nel suo complesso. Creando, come avvenuto anche di recente, anche alta tensione coi lavoratori.
Gli ultimi casi eclatanti che hanno obbligato il governo ad intervenire con un decreto legge sono stati quelli dell'Ilva di Taranto (siamo già giunti all'ottavo decreto per l'impianto siderurgico) e della Fincantieri di Monfalcone, che hanno visto il sequestro giudiziario di parte o di tutte le strutture degli stabilimenti di queste due grandi realtà della nostra economia, favorendo indirettamente i concorrenti stranieri del più grande produttore europeo di acciaio (l'Ilva) - è da tempo che a Taranto si lavora non utilizzando tutti gli impianti - e facendo correre il rischio alla Fincantieri di perdere importanti commesse navali a favore di Francia e Corea del Sud.
Come detto, il governo è intervenuto con un decreto legge (il n.92 del 4 luglio 2015) che già chiarisce nel titolo qual è l'intendimento dell'esecutivo in una fase così delicata. Leggiamo infatti che il provvedimento reca "misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l'esercizio dell'attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale". La normativa è racchiusa in quattro articoli e già nelle motivazioni della necessità e urgenza del decreto viene esplicitato, tra l'altro, che le disposizioni in esso contenute sono volte ad "assicurare la prosecuzione, per un periodo determinato, dell'attività produttiva degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale interessati da un provvedimento giudiziario di sequestro dei beni"; inoltre si vuole garantire che le misure, anche di carattere provvisorio volte ad assicurare la prosecuzione dell'attività produttiva dei medesimi stabilimenti, "siano adempiute secondo condizioni e prescrizioni contenute in un apposito piano, a salvaguardia dell'occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell'ambiente".
Il provvedimento, che aveva già iniziato il suo iter in sede di commissione alla Camera, sarà però fatto decadere perché, considerati i limiti ristretti per la sua approvazione (incombe il “generale agosto” quando tutta l’Italia, Parlamento compreso, va in vacanza) il governo ha preferito riversare il suo contenuto in due precedenti decreti legge calendarizzati per l’aula già da questa settimana al Senato ed alla Camera (ciò permetterà di portare a casa con quasi assoluta sicurezza l’approvazione delle misure per la Fincantieri e l’Ilva).
Così i primi due articoli, che concernono problemi ambientali e che interessano in particolare la delicata situazione dei cantieri di Monfalcone, sono stati racchiusi in un emendamento al decreto legge n.78 recante misure finanziarie per gli enti locali (il provvedimento scade il prossimo 18 agosto) all’esame dell’aula del Senato a partire da lunedì 20 luglio. Una volta approvato a Palazzo Madama, la normativa approderà a Montecitorio per il sì definitivo. L’art.3, invece, che concerne più propriamente l’Ilva di Taranto, con un altro emendamento, è stato inserito nel decreto legge n.83 del 27 giugno 2015 recante “misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria” che sempre questa settimana inizia il suo iter in aula alla Camera per poi andare al Senato per il voto definitivo. In questo modo, si attuerà una staffetta fra i due provvedimenti che eviterà rischi temporali per la conversione in legge delle misure adottate.
Entrando nel merito del provvedimento, di particolare rilievo è per l’appunto l'ex art.3. Esso prevede, al comma 1, che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni d'impresa titolare dello stabilimento quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori e debba garantirsi il necessario bilanciamento tra la continuità dell'attività produttiva, la salvaguardia dell'occupazione, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Ai sensi poi del comma 4 del già citato art.3, le disposizioni che consentono allo stabilimento di proseguire l'attività trovano applicazione anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento. In questo caso, i provvedimenti di sequestro non impediscono, nel corso del periodo di tempo indicato nell'autorizzazione, l'esercizio dell'attività di impresa.
Il decreto, in particolare, prevede che l'attività dello stabilimento possa proseguire per un periodo massimo di 12 mesi dall'adozione del provvedimento di sequestro subordinatamente alla presentazione - entro 30 giorni - di un piano contenente le misure aggiuntive, anche di natura provvisoria, per la tutela della sicurezza dei lavoratori sull'impianto oggetto del provvedimento di sequestro (commi 2 e 3). Il piano - si sottolinea - deve essere comunicato all'autorità giudiziaria che ha disposto il sequestro ed è altresì trasmesso al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, agli uffici della Asl e dell'Inail competenti per territorio perché possano svolgere le rispettive attività di vigilanza e controllo.
Questa disciplina - si evidenzia nel provvedimento - si applica anche ai provvedimenti di sequestro già adottati dalla magistratura alla data del 4 luglio 2015. Si riuscirà con queste misure ad evitare ulteriori episodi di blocco della produzione di stabilimenti industriali che - a giudizio della magistratura - non rispettano le regole ambientali e di salvaguardia della salute dei lavoratori? E' presto per dirlo anche perché i precedenti dimostrano che i "conflitti' tra le giuste esigenze di tutela del territorio e dei cittadini e la necessità di non danneggiare l'economia nazionale sono all'ordine del giorno. Come già detto, solo per l'Ilva di Taranto, a partire dal 7 agosto 2012 (decreto legge n. 129 recante disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto) il governo ha dovuto fare ricorso alla decretazione d'urgenza per ben otto volte. Si sperava che questo contenzioso con la magistratura fosse terminato, ma non è così perché c’è da registrare l’ennesimo ricorso in Cassazione da parte del Gip di Taranto avverso il decreto appena smembrato.
Quello che appare quasi certo, comunque, è che continuerà anche la “querelle” con la Comunità europea. Già il 14 ottobre dello scorso anno, infatti, la Commissione Ue ha emesso un parere motivato nei confronti dell'Italia nell'ambito della procedura di infrazione (n.2177/2013) avviata il 26 settembre 2013 nella quale si contesta, in relazione allo stabilimento Ilva di Taranto, la violazione della direttiva 2008/Ue sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento fino al 7 gennaio 2014 e della direttiva 2010/Ue, relativa alle emissioni industriali.
Vale la pena di sottolineare che nel parere motivato la Commissione europea contesta la violazione delle direttive sopra citate in tre diversi ambiti: 1) inadempienze in relazione a numerose prescrizioni previste dall'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell'ottobre 2012; 2) violazioni di disposizioni delle direttive Ue IPPC e sulle emissioni industriali; 3) mancato aggiornamento dell'AIA nel 2013 e assenza di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee. Come si vede, il contenzioso con l'Europa per l'Ilva, è abbastanza corposo ed è difficile pensare che le nuove misure possano aver posto le condizioni per sanarlo. E' comunque importante che il governo ed il Parlamento siano intervenuti nuovamente per permettere al 'Sistema Italia' di non perdere pezzi importanti della sua economia. (Ilghirlandaio)                            

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