Ilva, 1,2 miliardi sequestrati ai Riva fermi in Svizzera per ricorso eredi
In Italia
hanno rinunciato all’eredità del padre, l’ex patron di Ilva Emilio Riva.
Ma in Svizzera la rivendicano. E così nonostante il via libera da parte
dell’autorità elvetica, i circa 1,2 miliardi di euro che erano stati
sequestrati su richiesta della magistratura italiana presso diversi
conti Ubs ad alcuni componenti della famiglia Riva non sono ancora
rientrati in Italia. A bloccare il trasferimento dei fondi, appunto, è
il ricorso presentato al Tribunale federale di Bellinzona — per bloccare
il provvedimento col quale la Procura di Zurigo, in conformità con la
richiesta della magistratura italiana, aveva disposto la revoca del
blocco del denaro depositato presso Ubs — fatto da due figlie di Emilio
Riva: l’11 maggio scorso il tribunale di Milano aveva disposto il
rientro in Italia dei fondi, accogliendo la richiesta dei commissari
dell’Ilva di Taranto che grazie a quei soldi potranno emettere bond di
pari valore per il risanamento ambientale e sanitario dell’impresa.
Mancava il via libera al passaggio da conti Ubs in Svizzera a Ubs in
Italia, sotto il controllo del Fug (Fondo giustizia) da parte delle
autorità elvetiche, e ora che questo è arrivato sono le figlie di Emilio
Riva a opporsi al trasferimento. E il risanamento della più grande
acciaieria d’Europa può attendere perché l’effetto del ricorso
presentato dalle figlie di Emilio Riva, morto più di un anno fa, è
quello di sospendere lo sblocco dei fondi destinati all’Ilva. Nei
prossimi giorni arriverà la decisione nel merito del Tribunale di
Bellinzona, ma intanto tutto è bloccato. La rinuncia all’eredità del
padre in Italia potrebbe essere stata decisa dalle figlie di Emilio Riva
per sottrarsi alle pretese dei creditori.
La provenienza dei fondi
Il complicato iter per riportare la somma in Italia, come previsto dal
decreto «Salva Ilva» convertito in legge il 3 marzo scorso, subisce
quindi l’ennesimo stop. I soldi erano stati sbloccati il 19 giugno dalla
magistratura elvetica e precedentemente erano stati sequestrati alla
famiglia Riva nel 2013 per reati finanziari e valutari. La somma, appena
disponibile, verrà messa a disposizione del commissario straordinario
dell’Ilva, Pietro Gnudi, in modo che questi possa convertire l’intero
importo in obbligazioni destinate a essere lanciate sul mercato e poi
utilizzate a vantaggio dello stabilimento di Taranto, come previsto dal
decreto. La somma di 1,2 miliardi era stata sequestrata nell’ambito
dell’inchiesta avviata dalla Procura di Milano contro Adriano Riva e due
commercialisti accusati di truffa ai danni dello Stato e trasferimento
fittizio di beni. Secondo l’ipotesi accusatoria, formulata dai pm Mauro
Clerici e Stefano Civardi, sarebbero soldi volutamente distratti dalle
casse dell’Ilva per essere poi trasferiti nell’isola di Jersey, paradiso
fiscale nel canale della Manica. In particolare, secondo il Gip di
Milano, quei fondi costituivano il frutto di alcuni reati commessi dagli
indagati in danno della società Fire Finanziaria, poi divenuta Riva
Fire, quindi portati illegalmente all’estero attraverso il loro
occultamento in otto trust domiciliati in un paradiso fiscale e poi
fatti riemergere attraverso lo scudo fiscale del 2009 ma in maniera
irregolare.
(CdS)
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