martedì 7 luglio 2015

Era meglio darli alla Grecia!

Ilva, 1,2 miliardi sequestrati ai Riva fermi in Svizzera per ricorso eredi

In Italia hanno rinunciato all’eredità del padre, l’ex patron di Ilva Emilio Riva. Ma in Svizzera la rivendicano. E così nonostante il via libera da parte dell’autorità elvetica, i circa 1,2 miliardi di euro che erano stati sequestrati su richiesta della magistratura italiana presso diversi conti Ubs ad alcuni componenti della famiglia Riva non sono ancora rientrati in Italia. A bloccare il trasferimento dei fondi, appunto, è il ricorso presentato al Tribunale federale di Bellinzona — per bloccare il provvedimento col quale la Procura di Zurigo, in conformità con la richiesta della magistratura italiana, aveva disposto la revoca del blocco del denaro depositato presso Ubs — fatto da due figlie di Emilio Riva: l’11 maggio scorso il tribunale di Milano aveva disposto il rientro in Italia dei fondi, accogliendo la richiesta dei commissari dell’Ilva di Taranto che grazie a quei soldi potranno emettere bond di pari valore per il risanamento ambientale e sanitario dell’impresa. Mancava il via libera al passaggio da conti Ubs in Svizzera a Ubs in Italia, sotto il controllo del Fug (Fondo giustizia) da parte delle autorità elvetiche, e ora che questo è arrivato sono le figlie di Emilio Riva a opporsi al trasferimento. E il risanamento della più grande acciaieria d’Europa può attendere perché l’effetto del ricorso presentato dalle figlie di Emilio Riva, morto più di un anno fa, è quello di sospendere lo sblocco dei fondi destinati all’Ilva. Nei prossimi giorni arriverà la decisione nel merito del Tribunale di Bellinzona, ma intanto tutto è bloccato. La rinuncia all’eredità del padre in Italia potrebbe essere stata decisa dalle figlie di Emilio Riva per sottrarsi alle pretese dei creditori.
La provenienza dei fondi
Il complicato iter per riportare la somma in Italia, come previsto dal decreto «Salva Ilva» convertito in legge il 3 marzo scorso, subisce quindi l’ennesimo stop. I soldi erano stati sbloccati il 19 giugno dalla magistratura elvetica e precedentemente erano stati sequestrati alla famiglia Riva nel 2013 per reati finanziari e valutari. La somma, appena disponibile, verrà messa a disposizione del commissario straordinario dell’Ilva, Pietro Gnudi, in modo che questi possa convertire l’intero importo in obbligazioni destinate a essere lanciate sul mercato e poi utilizzate a vantaggio dello stabilimento di Taranto, come previsto dal decreto. La somma di 1,2 miliardi era stata sequestrata nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura di Milano contro Adriano Riva e due commercialisti accusati di truffa ai danni dello Stato e trasferimento fittizio di beni. Secondo l’ipotesi accusatoria, formulata dai pm Mauro Clerici e Stefano Civardi, sarebbero soldi volutamente distratti dalle casse dell’Ilva per essere poi trasferiti nell’isola di Jersey, paradiso fiscale nel canale della Manica. In particolare, secondo il Gip di Milano, quei fondi costituivano il frutto di alcuni reati commessi dagli indagati in danno della società Fire Finanziaria, poi divenuta Riva Fire, quindi portati illegalmente all’estero attraverso il loro occultamento in otto trust domiciliati in un paradiso fiscale e poi fatti riemergere attraverso lo scudo fiscale del 2009 ma in maniera irregolare. (CdS)

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