Così i funzionari dell’Ambiente volevano aggirare il sequestro
«Una versione due punto zero» chiede Giuseppe Lo Presti, dirigente
del ministero dell’Ambiente. Un comma a una legge che consenta alla
Tirreno Power di aggirare il provvedimento di sequestro della Procura
di Savona. «Ho i conati», dice scherzando, ma la norma si rende
necessaria.
È uno dei particolari che emergono dalle carte dei magistrati liguri,
nell’indagine sulla centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure. Un
procedimento che conta 87 persone iscritte nel registro degli indagati
per disastro ambientale, omicidio colposo e abuso d’ufficio. Gli
investigatori dei carabinieri del Noe seguono con attenzione le
conversazioni dei personaggi coinvolti nella vicenda. Tra questi spunta
anche l’allora vice ministro del Mise, Claudio De Vincenti (attuale
sottosegretario alla presidenza del Consiglio) il quale non risulta
indagato. Dalle intercettazioni ambientali salta fuori una conversazione
che svelerebbe un presunto malaffare radicato in ambienti ministeriali.
E così Lo Presti discute con i funzionari del ministero dell'Ambiente
Antonio Melillo e Antonio Fardelli. Lo Presti parte dalla vicenda Ilva,
finita a Taranto in un’indagine per disastro ambientale: «Ma poi ci
siamo evoluti rispetto all’Ilva…e su…facci una versione due punto zero»
di una norma che consente alle industrie di continuare a produrre pur in
presenza di un atto di sequestro dell'autorità giudiziaria. Tuttavia
«la norma sul sequestro» è brutta fanno presente. Per Fardelli «non è
brutta. Ha già un precedente. Le disposizioni di cui al comma uno…
trovano applicazione anche quando l’autorità giudiziaria abbia adottato
provvedimento di sequestro sui beni dell’impresa e delle aree dello
stabilimento…in tale caso i provvedimenti di sequestro…non
impediscono…nel corso dei 180 giorni…l’esercizio dell’attività di
impresa a norma del comma uno…Dai mettigliela…mettigliela».
(Sole24h)
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