Taranto, l'Ilva ferma lo spegnimento dell'altoforno 2. L'arcivescovo: "Ma nessuna bonifica"
Dopo il decreto legge del governo che ha scongiurato in extremis lo spegnimento dell'altoforno 2, in seguito al sequestro senza facoltà d'uso disposto dalla Procura di Taranto dopo l'incidente mortale delle settimane scorse, l'Ilva riprende la sua attività. Il direttore dello stabilimento di Taranto, Ruggero Cola, ha ricevuto dall'azienda una disposizione che lo invita a sospendere le manovre preliminari di fermata dell'altoforno 2, che erano cominciate nei giorni scorsi, e a riportare l'impianto al suo normale assetto di marcia.La disposizione è stata fatta sia alla luce del decreto sia in considerazione della specifica posizione del direttore dello stabilimento, che è uno dei dieci indagati dalla Procura con l'accusa di omicidio colposo per la morte di Alessandro Morricella, il 35enne dipendente del siderurgico rimasto gravemente ustionato l'8 giugno da una fiammata e poi morto il 12 giugno nel Policlinico di Bari. Se non fosse intervenuto il decreto legge che stoppa gli effetti del sequestro, l'altoforno 2 dell'Ilva sarebbe stato fermato. La Procura aveva detto no anche a un rinvio di dieci giorni chiesto dall'Ilva e lunedì, quindi, avrebbe avuto termine il cronoprogramma disposto dall'azienda e comunicato al custode giudiziario dell'impianto, Barbara Valenzano, nominato dal pm Antonella De Luca, titolare dell'inchiesta.
Sulla questione è intervenuto il neopresidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, secondo cui "non si può più andare avanti a colpi di chiusure e riaperture. È una via crucis insopportabile". "Lancio un appello - ha detto - E' arrivato il momento che si stabilisca un clima di fiducia e un rapporto di collaborazione leale fra magistratura e governo". E per il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, a "essere chiamati in causa" sono anche i magistrati, i quali devono "cogliere e prevedere le conseguenze delle decisioni giudiziarie: il loro impatto sull'economia e sulla società non può più essere considerato un tabù".
Il decreto numero 92 stabilisce che "l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non è impedito dal provvedimento di sequestro quando lo stesso si riferisca a ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori". Nella stessa giornata in cui il decreto è andato in Gazzetta ufficiale, gli avvocati dell'Ilva lo hanno trasmesso con una lettera alla Procura di Taranto. Fonti aziendali dicono che la stessa Procura avrebbe chiesto l'invio di una lettera insieme col testo del provvedimento.
Ma se l'impianto non si ferma più, questo però non vuol dire che l'Ilva a Taranto ha risolto i suoi problemi. Mentre ambientalisti ed esponenti del M5S attaccano duramente le ultime decisioni del governo e annunciano iniziative in proposito, esponenti dello stesso Governo, sindacati e mondo dell'impresa ritengono che il decreto legge fosse invece un passo necessario per non compromettere sia l'attività dell'acciaieria sia la continuità del risanamento. Il punto è, osservano a Taranto sindacati, Confindustria Taranto, sindaco e arcivescovo, che il risanamento adesso va accelerato e i fondi previsti per l'Ilva spesi nel risanamento della fabbrica.
"Abbiamo sacrificato salute, figli e mariti al Paese - commenta l'arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, che è anche presidente della commissione Cei problemi del lavoro - e ancora non abbiamo visto un passo avanti nella direzione del risanamento degli impianti e tantomeno interventi a risarcimento della città e della provincia". Il decreto richiama quanto già previsto dall'articolo 1 del decreto numero 207 del 3 dicembre 2012, convertito nella legge 231 del 24 dicembre 2012 (la prima legge sull'Ilva) a proposito appunto di stabilimento di interesse strategico nazionale.
Quello del 2012 è il provvedimento che gip e Procura di Taranto impugnarono anche alla Corte costituzionale nei primi mesi del 2013, ma la Consulta ad aprile dello stesso anno respinse le eccezioni di incostituzionalità sollevate dai magistrati tarantini dichiarando legittima la norma del parlamento. Spiegando ora la nuova norma, il decreto fa riferimento al "necessario bilanciamento fra le esigenze di continuità dell'attività produttiva, di salvaguardia dell'occupazione, della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell'ambiente salubre, nonché delle finalità di giustizia". (RepBa)
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