Quanto scritto da Zaccagnini per noi è abbastanza condivisibile.
Apprezzabile soprattutto se proviene da un giovane deputato, scomodo al PD, che l'ha da poco rimosso dal suo incarico nella Commissione Agricoltura.
Ma non possiamo non rilevare il solito scollamento tra dire e fare che infetta anche i giovani e promettenti hipsters della politica italiana,
Per esempio, perché non entra più nello specifico delle pallottole spuntate che Vendola avrebbe scagliato contro l'Ilva eleggendosi a paladino della salute?
E, soprattutto, se le cose stanno come le scrive, perché si è astenuto dal dare il suo voto contrario ad almeno due fondamentali azioni del governo a favore dell'industria e specificamente dell'Ilva di Taranto?
Si tratta della legge sugli Ecoreati, che punisce solo le emissioni "abusive" e il "Decreto salva-Taranto" (in realtà la settima legge salva-Ilva).
Forse aveva altri impegni più importanti che decidere le sorti ecologiche del suo Paese?
Ilva: la sconfitta politica della sinistra nell'impossibile compromesso fra il diritto alla salute e al lavoro
L'Ilva di Taranto è certamente uno di quei luoghi simbolo dove si
sono scontrati e continuano a scontrarsi con forza gli interessi legati
al mantenimento dei posti di lavoro con quelli del diritto alla salute.
Il governo continua a difendere i livelli produttivi con l'ennesimo
decreto legge in materia (per la precisione l'ottavo in questa
legislatura), giustificando questa posizione come l'unica possibile per
attuare l'ambientalizzazione dell'azienda Ilva. Inoltre il governo
afferma che proprio il mantenimento della produzione è l'unica garanzia
affinché il
piano di ambientalizzazione possa andare avanti, piano che dovrebbe attivarsi concretamente in autunno.
Posto
che è tutto da vedere se il piano di risanamento questa volta andrà in
porto, quello che comunque stride fortemente, dal mio punto di vista e
credo anche da quello dell'aderenza ai principi della Costituzione, è
come si possa garantire il diritto alla salute per i lavoratori e per
tutti i cittadini di Taranto, i quali muoiono a causa di un'azienda
ubicata nelle vicinanze delle loro case. In realtà non c'è un
compromesso accettabile in questa situazione. È evidente la compressione
del diritto costituzionale alla salute.
Purtroppo buona parte
della sinistra, quella legata all'industrialismo, al comunismo, alla
tradizione operaista e sindacalista, hanno anteposto la salvaguardia dei
posti di lavoro rispetto alla salute e all'ambiente. Come spesso capita
in questi contesti, parte dell sinistra predilige un punto di vista
limitato come il benessere economico dei lavoratori, solo
successivamente ci si cura della salute di tutti i cittadini, dunque
viene anteposto un interesse di parte rispetto all'interesse collettivo.
Viene devastata ogni possibilità e prospettiva di vivere in un ambiente
sano e non immerso in una coltre che soffoca e uccide.
Questa
posizione tipica della sinistra industrialista, che poco ha saputo farsi
contaminare dall'ambientalismo e dall'ecologismo degli ultimi decenni,
ha riprodotto fino ad oggi a Taranto il disastro di un compromesso che
vorrebbe continuare a compenetrare i livelli produttivi dell'Ilva e
l'interesse dei tarantini, nonostante sia una cosa del tutto
incompatibile. Mettere un'acciaieria al centro di una città è certamente
frutto di una progettazione dissennata, di una concezione
industrialista della società, incapace di avere considerazione del
benessere ambientale dei cittadini. Una visione tipica degli anni '60,
ma decisamente impossibile da giustificare oggi, quella presenza al
centro di una città, tanto più se si conoscono i livelli delle emissioni
di diossina e degli altri inquinanti, è mortifera e va fermata a costo
di proposte politiche shock.
Quella sinistra che non ha mai
abbandonato l'orizzonte industrialista per portare avanti le proprie
lotte, credendo di poter rivoluzionare la società a partire dai mezzi di
produzione, ha prodotto una strategia, in definitiva, complementare a
quella del capitale e funzionale allo sviluppo industriale senza freni e
oggi, di fronte alla sfida ambientale dei cambiamenti climatici, non
riesce ancora a fare una dignitosa rielaborazione dei ripetuti errori di
analisi e di prospettiva, non riesce a capacitarsi della sua ormai
decennale sconfitta concettuale e conseguentemente materiale e storica,
incapace di individuare proprio nel suo angusto orizzonte produttivista
il suo vero tallone d'Achille, il punto da riformare.
Infatti una
società che difende i posti di lavoro a costo di distruggere il mondo
in cui vive, il cibo di cui ci nutriamo, una società che uccide le
persone che amiamo, è una società altrettanto alienata come quella
prodotta da chi ricerca solo il massimo profitto e l'accumulazione delle
risorse economiche.
Fortunatamente stiamo arrivando ad un punto di svolta e di
ragionevolezza, le evidenze scientifiche (materialistiche) sono così
forti oramai che probabilmente buona parte di quella sinistra
industrialista si è convinta che, in certi casi come l'Ilva, il lavoro e
la salute sono incompatibili fra loro e che la salute, ovvero la vita,
viene prima.
Certamente le persone comuni sono più consapevoli di
questo, mentre i dirigenti politici e sindacali troppo spesso ancora
cercano di chiudere gli occhi, crogiolandosi in antiche ideologie e
interessi particolari. La vera rivoluzione a Taranto per attuare un
altro modello di sviluppo, qui e subito, passa dalla chiusura shock
dell'Ilva, senza se e senza ma. La riapertura solo con la garanzia di
emissioni sostenibili. Cosa che peraltro si può fare. Altrimenti
delocalizzare non è un tabù, se necessario a bonificare un'intera città,
così come la nazionalizzazione dovrebbe essere una proposta più
fortemente sostenuta da chi vuole un vero cambiamento.
Questa è la
posizione da tenere per chi oggi si dichiara di sinistra, ogni altra
posizione è legittimare un compromesso fra la vita e l'inferno delle
polveri tossiche. La sinistra non è anche ecologia, ma è soprattutto
ecologia nel 2015, nel tempo in cui si avvicina sempre più minaccioso il
conto da pagare coi cambiamenti climatici se non riusciremo a
riconvertire industria, produzione energetica ed economia.
Riguardo
il rinvio a giudizio di Vendola non voglio partecipare al
giustizialismo che giudica prima del dovuto chi viene imputato, gli
auguro di uscirne illeso penalmente, così mi auguro che il garantismo
valga sempre per tutti e non a corrente alternata.
Tuttavia
voglio dichiararmi assolutamente estraneo al pensiero politico di Nichi
Vendola, che sottoscrive come positiva l'azione politica di aver
coniugato a Taranto il diritto alla salute con quello al lavoro.
Per me è una posizione insostenibile nel caso di Taranto, perché credo
che per cambiare modello di sviluppo e per non difendere soprattutto gli
interessi particolari dei lavoratori dell'Ilva, sarebbe servita una
posizione di vera rottura col gigante dei Riva. Serviva avere il
coraggio di mettersi contro i lavoratori e i sindacati a favore di una
intera città e delle sue generazioni future.
Altrimenti il
risultato è che nell'immediato si possono anche ottenere riconoscimento e
apparentemente dei buoni frutti, ma col passare del tempo diverrà
evidente come l'aver contribuito a tenere aperta l'Ilva, nonostante i
controlli installati per accertare le emissioni inquinanti, sarà una
sconfitta senza possibilità di rivincita. Soprattutto un monito da non
ripetere per la nuova sinistra post-industrialista.
Certamente
anche la legittimità costituzionale di coniugare il diritto al lavoro
col diritto alla salute traballa. La Repubblica fondata sul lavoro è una
locuzione con evidenti retaggi comunisti e industrialistici, ma che
aggiornata non sarebbe più la stessa. Di certo la Repubblica non deve
essere "affondata dal lavoro", come nel caso della città di Taranto. Il
diritto costituzionale alla salute di tutti i tarantini, come di tutti i
cittadini che si trovano vicino impianti eccessivamente inquinanti, è
preminente.
Il diritto alla salute non può venir meno mai,
altrimenti vengono meno le stesse condizioni di sopravvivenza. Oggi più
che mai è bene ricordare come questa lezione non sia efficacemente
penetrata nel mondo delle idee della sinistra o di ciò che ne resta,
nonostante in molti a partire da Langer abbiano provato a rifondare una
visione organica della società della solidarietà, in particolare rimane
il retaggio della visione industrialista a tutti i costi, soprattutto
nei dirigenti post-comunisti, attualmente presenti sia fra le fila della
maggioranza che dell'opposizione parlamentare.
Anche per rimanere
ingabbiati in questo schema sta morendo la visione socialista europea
che dalla spinta ecologista poteva trarre grande slancio. È necessaria
una nuova classe dirigente politica che dia respiro alla possibilità di
indirizzare le energie del nuovo soggetto politico della sinistra unita
verso una concreta riconversione ecologica della società a partire dai
mezzi di produzione, rimanere legati a vecchi percorsi non ci farà che
essere subalterni e complementari alle necessità e alle trasformazioni
del profitto.
Per mettere in campo un nuovo modello energetico ed economico
servono posizioni di rottura che scuotano la coscienza per abbracciare nuovi principi,
in primis quello della ecocompatibilità delle attività produttive, dove
la giustizia sociale è sempre legata alla giustizia ambientale.
(
Huffington Post -
Adriano Zaccagnini, Deputato ex 5Stelle ora gruppo Misto, simpatizzante SEL.
Su Twitter:
www.twitter.com/ZaccagniniAdri)