Nuovo conflitto tra Ilva e custodi
Il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale da parte del ministro Corrado Clini non rasserena affatto la situazione dell'Ilva. Anzi, un nuovo conflitto rischia di aprirsi nei prossimi giorni tra Procura e custodi giudiziali da un lato e azienda dall'altro. Ieri c'è stato un lungo incontro tra i Pm che si stanno occupando del caso Ilva e i responsabili delle aree del siderurgico sotto sequestro dal 25 luglio ed è stata pienamente confermata l'attuazione della direttiva, notificata dai magistrati ai custodi, che prevede la fermata e lo spegnimento di una serie di impianti per bloccare le emissioni nocive. È qui, secondo la Procura, il «cuore» del reato di disastro ambientale che ha portato al sequestro di metà siderurgico. Solo che l'attuazione di questa direttiva trova ancora, a giudizio di pm e custodi, difficoltà lungo la sua strada.
Il nuovo problema riguarda le risorse necessarie a spegnere gli impianti. Pm e custodi affermano che l'Ilva deve assicurare queste risorse, ma sinora, secondo la loro osservazione, non c'è alcuna delibera del consiglio di amministrazione dell'azienda che lo preveda. Si attende, quindi, che il cda dell'Ilva, presieduto da Bruno Ferrante, deliberi. Altrimenti Procura e custodi potrebbero farlo anche in danno. In questo caso dovrebbe essere lo Stato a farsi carico del costo delle operazioni per poi rivalersi sui Riva.
Lo spegnimento degli impianti per porre fine all'inquinamento, così come il fatto che il sequestro non preveda alcuna facoltà d'uso a fini produttivi, non è mai stato messo in discussione da Procura e custodi, che, anzi, su questo versante hanno accusato più volte l'Ilva di non prestare alcuna collaborazione. E anche quando Ferrante ha messo a disposizione dei custodi il personale necessario alle operazioni da loro programmate, l'osservazione mossa dagli stessi custodi è stata che si trattava di un elenco generico e non di un piano specifico con l'individuazione precisa di funzioni e competenze.
Inoltre, ora che il Tribunale del riesame ha anche sospeso Ferrante dalla funzione di custode, accogliendo così il ricorso della Procura in attesa che si pronunci la Cassazione, è molto probabile che tutta l'azione dei custodi subisca un'accelerazione, visto che i giudici del Riesame hanno evidenziato che Ferrante andava rimosso per l'incompatibilità del doppio ruolo (custode e presidente del cda) e perchè ha sinora ha impedito l'attuazione del sequestro.
Il ruolino di marcia delle fermate i custodi l'hanno già delineato da settimane e parte dall'altoforno 1 e prosegue con l'altoforno 5, la dismissione definitiva dell'altoforno 3, e una serie di batterie delle cokerie e di torri di spegnimento. In alcuni punti sembra esserci convergenza tra le disposizioni dei custodi e le prescrizioni dell'Aia. Per esempio, l'altoforno 1 si fermerà dall'1 dicembre e i 942 lavoratori che si renderanno in esubero verranno ricollocati all'interno della fabbrica; la dismissione dell'altoforno 3 rientra poi nel primo step di azioni di risanamento da intraprendere, e così anche la fermata delle batterie 3-4-5-6.
Il punto di maggiore divergenza riguarda invece l'altoforno 5, che l'Ilva avrebbe voluto fermare per rifacimento a luglio 2015, l'Aia lo anticipa di un anno esatto, ma i custodi vogliono che si faccia prima perché anche il più grande altoforno d'Europa, cuore produttivo dell'Ilva di Taranto, genera un livello di inquinamento non tollerabile. D'altra parte il procuratore capo, Franco Sebastio, è abbastanza chiaro quando rileva che prima del diritto all'ambiente salubre o al mantenimento del posto di lavoro, viene quello alla vita, diritto, questo, che la Procura ritiene sia gravemente minacciato dalle emissioni nocive del siderurgico.
Tutto quindi lascia supporre che si vada verso una nuova fase di tensione per l'Ilva di Taranto e che Procura e custodi terranno la guardia molto alta e non si fermeranno solo perché adesso c'è l'Aia che impone all'azienda il risanamento ambientale. Oltretutto alla Procura (si veda Il Sole 24 Ore del 28 ottobre) non è affatto piaciuta la nota dell'Ilva nella quale, accettando l'Aia, l'azienda ha anche detto che «presupposto indispensabile» per l'attuazione del piano industriale con gli investimenti era il superamento del sequestro. Una sottolineatura che Sebastio ha interpretato come un'accettazione condizionata dell'Aia stessa.(Sole24h)
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