Ci si può vergognare di esserne concittadini? Di più!
Ecco Roma, vi mandiamo il nostro primo meschino, fategli la carità!
Il sindaco delle elemosine porge una mano per chiedere l'elemosina dipingendo una città miserabile mentre con l'altra mano sperpera milioni di euro per costruire 5000 alloggi in periferia (mentre la città si riempie di case vuote e pericolanti); 2milioni e mezzo di euro per costruire l'ecomostro detto l'ospedale delle tartarughe sul mare; migliaia di euro per rifarsi la piazzetta davanti al municipio. Per non parlare della raccolta differenziata dei rifiuti che produrrebbe lavoro e ricchezza e che qui è allo 0,5 percento!!!
Stefano, tu non rappresenti la città ma la stessa classe politica arrogante e avida che accusi a Roma!
«Oltre l'Ilva la mia città a pezzi»
Stefàno parla di emergenza sociale
Il sindaco racconta al Senato la situazione di Taranto
«Ogni giorno vengono da me persone a chiedermi soldi»
Rione Tamburi
TARANTO - «Ogni giorno 30, 40 persone vengono da me a chiedermi
soldi: per comprare la tachipirina per i figli ammalati, per la benzina
dovendo raggiungere Bari o San Giovanni Rotondo per farsi curare; per
pagare le bollette». Di vera profonda emergenza sociale ha parlato ieri
Ippazio Stefano - il sindaco di Taranto che domani siederà con i
presidenti di Provincia e Regione intorno al tavolo convocato dai
ministri Clini e Passera - "audito" dalla commissione Lavoro del Senato.
«Questa è la realtà di Taranto oggi - ha raccontato Stefàno — una città
a pezzi, dove una donna anziana, per dar da mangiare alle famiglie dei
suoi due figli deve andare dall’usuraio per farsi prestare 50 euro; una
realtà di 200mila abitanti dove si contano 500 sfratti per morosità ogni
anno che passa, dove 500 dipendenti di Ilva sono stati messi in ferie
forzate, dove ai 1100 dipendenti di Teleperformance è stato ridotto del
50% il già misero stipendio, costretti a campare con 400 euro. Ebbene
Taranto cerca di fare ciò che può, spende il doppio della media
regionale per il welfare, dando il sostegno minimo a 2500 famiglie,
pagando l’affitto ad altre 250, mentre aspetta da otto mesi che si
concretizzino le promesse del governo, sottoscritte con il protocollo
firmato a luglio, e che nomini il commissario che dovrà gestire quei
fondi».
Le parole del sindaco, sobrie ma pesanti come macigni,
hanno sorpreso un uditorio che tutto, o quasi, sapeva di Ilva, di Aia,
del contrasto magistratura-governo, ma che ignorava letteralmente ciò
che la città sta vivendo ormai da tempo: una crisi che si è aggravata di
anno in anno, il cui primo segnale è stato dato dallo smantellamento,
di fatto, dell’arsenale militare, il più importante d’Italia. E così
prendendo la parola, non solo la democratica Colomba Mongiello (ha
ricordato la visita dei parlamentari fatta cinque anni fa in una città
«dove si diceva che tutto sostanzialmente andava bene»), ma anche i
parlamentari pugliesi del Pdl, Rosario Costa e Pasquale Nessa, hanno
plaudito al sindaco, per la dedizione che mette nel suo lavoro. Ma
resta l’interrogativo che attanaglia Taranto: come si può coniugare
lavoro e salute? Intanto, ha replicato Stefàno, si faccia qualcosa
subito: per esempio mettendo a disposizione i 60 alloggi della Marina
militare che sono vuoti da 30 anni, facendo utilizzare anche ai civili
l’efficiente ospedale militare per evitare ai tarantini «di migrare per
cercare salute», in attesa che venga costruito il nuovo nosocomio.
«Perché le istituzioni non si parlano, perché non riusciamo a farci
sentire dal ministero della Difesa? Questo non lo capiamo, è una
burocrazia patologica che ci distrugge», ha detto il sindaco ricordando
quanto ha dato la città al Paese. Perché di mesotelioma pleurico a
Taranto si muore da tempo anche a causa delle emissioni della raffineria
Eni, del cementificio Cementir, dell’arsenale, senza avere nulla in
cambio. «Nemmeno lo sconto di 20 centesimi per il gasolio delle barche
che per pescare devono andare più al largo, essendo inquinato il mar
Piccolo». «Un quadro agghiacciante», l’ha definito il presidente della
commissione, Pasquale Giuliano, del Pdl, che con gli altri senatori
chiede sia il governo nel suo complesso a mettere mano. «Ci siamo
rivolti a Monti perché ci dica cosa vuol fare di Taranto, non si può
lasciare la città all’arbitrio di un imprenditore che potrebbe
abbandonare l’acciaieria. Non chiediamo tutto e subito, solo
l’indispensabile come, nonostante i vincoli di spesa, un numero maggiore
di posti letto negli ospedali per una realtà che conta il 30% in più di
neoplasie». Domani, forse, qualche risposta potrebbe arrivare dal
governo al sindaco che ieri si è sentito dire da Costa: «Sono orgoglioso
di essere salentino come lei». Ma intanto, ha chiosato Pasquale
Viespoli, senatore campano di Coesione nazionale: «Non si faccia passare
l’idea che Taranto sia un luogo di morte, perché si può fare ancora
molto per la città, iniziando dalla riqualificazione urbana». (CdM)Ilva: sindaco Taranto, Governo non puo' abbandonarci
(ASCA) - ''In questo momento togliere l'Ilva a Taranto sarebbe come togliere due ruote a un'auto: e' chiaro che si ferma, poi le possiamo sostituire, ma ci vuole tempo''. Lo ha detto a ''Prima di Tutto'', su Radio 1 Rai, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, che oggi sara' ascoltato in commissione lavoro al Senato. Il sindaco ha continuato: ''Taranto potrebbe anche vivere senza l'Ilva ma e' un'azione che va programmata, non si puo' fare nel giro di sei mesi.
Non saremmo in grado in sei mesi o in un anno di trovare 20mila posti di lavoro. ''Noi non vogliamo pagare ne' come citta' come lavoratori gli errori che sono stati fatti in 50 anni in questa citta'. Il Governo non puo' abbandonarci al destino stabilito da un privato'', ha continuato il sindaco e cosi' ha commentato la possibilita' che venga chiesto alla magistratura un dissequestro dei macchinari: ''Se la proposta presentata ai magistrati sara' credibile e concreta e giudicata nel rispetto dell'ambiente saremmo tutti felici''
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