mercoledì 14 novembre 2012

Come disse l'assassino: "io non vedo nessun morto qui"

A cosa serviva la cortina di silenzio e di calma piatta che è stata calata a forza su Taranto e la questione Ilva?
Forse, ovviamente, a permettere ai manovratori di lavorare dietro le quinte con la vecchia tecnica berlusconiana del ripetere un milione di volte la stessa cosa, senza cambiarla di un briciolo senza dare nessun peso a qualsiasi risposta.
Serviva anche a separare gli italiani dall'empatia con i cittadini di Taranto e con la magistratura, facendo leva sugli spettri della crisi, sulla solita politica squallida del "ghe pensi mi"!
Il tutto con il favore dei sindacati amici che hanno tenuto bassi bassi i toni, pronti ad entrare nelle sale riservate a contrattare senza stampa e senza testimoni?
Cos'è che ripete l'Ilva da mesi e mesi per il tramite del dottor Ferrante, il rispettabile di turno scelto come faccia 4 stagioni?

ECCO LE TRE REGOLE DEL "FACCIO CHE MI PARE" NEL XXI SECOLO

  1. Dichiarare che "La situazione ambientale tarantina è nella norma. E' uguale a tante altre città italiane." Per far questo a) si pagano dei periti ad hoc; b) si diffondono dati-spot a mezzo stampa e tv; c) si evita di sottoporre questi dati al vaglio degli esperti.
  2. Contrapporre le parti in causa muovendo la rete di influenza e stare a guardare continuando a fare il proprio comodo. Enti locali contro enti nazionali. Governo contro magistratura. Cittadini contro operai. Sindacalisti contro sindacalisti. Industriali contro allevatori/agricoltori. ecc.
  3. Chiudere qualsiasi discorso sullo stato dell'azienda e sul futuro con il ricatto occupazionale 
FATTO! COME SI E' SEMPRE FATTO! E FUNZIONERA'? VEDRETE!

Che si vince? Il dissequestro degli impianti e il lasciapassare a tenere in mano la situazione con il solito sistema degli accordi di programma (ovvero delle promesse disattese) tradotto in chiave AIA dal Circo Clini.
100 campi da calcio, miliardi di euro, altoforni chiusi... un linguaggio per tutte le età e scolarità, pronto a colpire l'immaginario come una notte di fuochi d'artificio. Che nel cielo buio lasciano soltanto nuvole e nuvole di fumo e polvere.
Fumo e polvere.

Ilva: Ferrante, a Taranto nessuna emergenza

Dati di controperizie; ricadute su occupazione senza impianti


Nessuna emergenza ambientale e sanitaria a Taranto. E' questo quello che emerge da alcuni studi richiesti direttamente dal presidente dell'Ilva Bruno Ferrante, che in commissione Lavoro a Palazzo Madama ha illustrato quali potrebbero essere gli effetti occupazionali dell'indisponibilità degli impianti, posti sotto sequestro, su cui intervenire per dare seguito all'applicazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia): il "crollo" dello stabilimento di Taranto avrebbe "effetti eccezionali su tutto il Paese".

La documentazione - rileva a margine dell'audizione al Senato - farà parte di "controperizie" affidate "ad esperti di alto livello", fin dall'insediamento alla presidenza anche per scrupolo personale, e che "saranno rilasciate nei prossimi giorni". Le controperizie su Taranto - afferma Ferrante - "ci consegnano un quadro simile a molte altre città italiane" e dai quali emerge che non ci sarebbe "nessuna emergenza ambientale e sanitaria". Per Ferrante "il crollo del sistema Ilva e la rinuncia a Taranto avrebbe effetti eccezionali su tutto il Paese".

Lo stabilimento di "Taranto è strategico ed essenziale. Se lo chiudessimo la ricaduta sugli altri stabilimenti del gruppo sarebbe gravissima"; anche su "Genova, Novi Ligure, Racconigi". Il presidente spiega che "il quadro é destinato a mutare in modo drammatico perché chiudendo gli altiforni avremo una ricaduta occupazionale che non riguarderà soltanto lo stabilimento di Taranto ma anche altri stabilimenti del gruppo Riva e della stessa Ilva" che lavorano sul prodotto a caldo. Inoltre, Ferrante parla dei problemi di 'congruita'' con le richieste della Procura: "Dando seguito alle decisioni dei custodi, sicuramente avremo ripercussioni sul piano dell'occupazione quando da dicembre l'altoforno 1, dove lavorano circa 1000 persone, cesserà di funzionare" con la conseguente "diminuzione della capacità produttiva".

Senza contare "il problema giuridico" legato al fatto che quegli impianti sono nella disponibilità dei custodi, i quali potrebbero chiederci indicazioni sull'occupazione. Con l'applicazione dell'Aia, poi, "andremo incontro a una produzione minore", e questo "sicuramente avrà ricadute occupazionali" da affrontare probabilmente con alcune soluzioni come per esempio "i contratti di solidarietà", o qualcosa del genere. L'istanza di dissequestro - annuncia Ferrante - "per avere la piena disponibilità dei beni, presupposto fondamentale per applicare l'Aia", verrà presentata "nei prossimi giorni, non appena il ministero dell'Ambiente avrà concluso l'iter di valutazione del Piano" tecnico-operativo sull'Aia. Per il momento "la nostra disponibilità a predisporre il Piano industriale", con indicazioni finanziare e aspetti occupazionali, è "negata dal sequestro".

Rassicurano le parole di Corrado Clini: "Spero che prima del fine settimana il ministero dia la valutazione di congruità" del Piano di adeguamento all'Aia. Tra l'altro Ferrante offre, alla commissione di Palazzo Madama, un quadro sulla cassa integrazione, di cui viene confermata "la richiesta fino a un massimo di 1940 dipendenti dal 19 novembre: si tratta di persone che lavorano nei tubifici, veri e propri fiori all'occhiello; purtroppo però la congiuntura dei mercati e la mancanza di ordini, anche se speriamo prossimamente di averne due, ci hanno spinto a prendere questa decisione".

Oggi, intanto, Ferrante è stato invitato alla riunione della Conferenza provinciale permanente sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, presieduta dal prefetto di Taranto Claudio Sammartino, nel corso della quale verranno analizzate anche le problematiche sollevate dalle organizzazioni sindacali dopo l'incidente del 30 ottobre scorso in cui ha perso la vita il 29enne Claudio Marsella, schiacciato da un locomotore. (ANSA)

Ilva: Ferrante, per Aia necessari miliardi; serve dissequestro

"E' difficile presentare un piano industriale esatto con conseguente previsione finanziaria, lo possiamo fare solo avendo la piena disponibilita' degli impianti, senza accesso a aree a caldo e' impossibile fare qualsiasi previsione". Lo ha detto a Prima di Tutto, su Rai Radio 1, il presidente dell'ILVA Bruno Ferrante che ha spiegato: "Se noi avessimo bisogno di prestiti per chiedere finanziamento per i lavori da fare, non credo ci sarebbero istituti di credito disposti a dare fiducia a una societa' con gli impianti sotto sequestro". "L'AIA - ha poi aggiunto Ferrante - prevede interventi strutturali che richiedono interventi molto superiori ai 400 mln del piano di ristrutturazione, parliamo di miliardi: il nostro piano di risanamento era di urgenza, nulla di strutturale. Gli interventi richiesti ora prevedono il rifacimento di due altoforni e il progetto di copertura dei parchi minerari: un'estensione grandissima, quasi 70 ettari.
Praticamente 100 campi di calcio che secondo AIA devono essere coperti. Abbiamo gia' dato l'incarico a una societa' di studiare un progetto per la copertura". "Nel piano industriale che speriamo di poter elaborare - ha detto ancora Ferrante - dovra' essere inclusa anche una previsione sui livelli occupazionali, tutto dipendera' dalla capacita' produttiva che noi potremo esprimere". Il Presidente dell'Ilva ha spiegato che "dovendo fare dei lavori, in alcuni periodi diminuira' la capacita' produttiva, e per questo diminuira' anche l'esigenza di personale. Ma il ricorso agli ammortizzatori consentirebbe di superare questa fase per arrivare poi a completamento opere e interventi a un riassorbimento di tutta la manodopera attualmente presente a Taranto". Sulla nuova cassa integrazione per 1940 operai dei tubifici, Ferrante ha specificato: "Non e' legata al sequestro degli impianti: e' un problema di crisi del mercato, dovuto alla mancanza di ordini di tubi. Speriamo che questa fase sia momentanea, siamo in attesa di ordini importanti dall'estero. Ma la situazione in cui vive oggi ILVA, cioe' sequestro di impianti a caldo, qualche interrogativo nei clienti nel Mondo lo sta suscitando".
FERRANTE, TARANTO NON E' LA PRIMA CITTA' CHE INQUINA
"I dati da noi commissionati ci parlano di una citta' non diversa da tante altre italiane, con un tasso di inquinamento da contenere, ma che comunque non e' la prima citta' italiana a inquinare". Lo ha detto a Prima di tutto, su Rai radio 1, il presidente di ILVA Bruno Ferrante. "Abbiamo dato incarico a professionisti e consulenti internazionali - ha aggiunto - di verificare situazione dello stabilimento di Taranto e queste perizie ci raccontano una realta' diversa dalle perizie del tribunale sui dati epidemiologici". Ferrante ha detto che "dopo il sequestro degli impianti abbiamo cercato di mostrare la nostra disponibilita', ma anche in passato abbiamo investito su ambiente e tecnologia, 4 mld e mezzo per l'ammodernamento tecnologico e 1 miliardo e 100 milioni esclusivamente sull'ambiente. Noi vogliamo ancora dimostrare la nostra volonta' di andare verso le indicazioni del Governo, che sono all'avanguardia, ancora inattuate in Europa. Ma abbiamo bisogno della disponibilita' degli impianti, oggi non possiamo nemmeno intervenire per fare lavori su altoforni". (AGI)

Ferrante: ricadute gravi se l'Ilva chiude

Cassa integrazione per 2mila dipendenti per fronteggiare la crisi del mercato siderurgico e ricorso ai contratti di solidarietà per gestire l'applicazione dell'Autorizzazione integrata ambientale che certamente comporterà una produzione minore nello stabilimento di Taranto. Il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, espone alla commissione Lavoro del Senato lo scenario che attende a breve il più grande impianto siderurgico d'Europa.
L'Aia, rilasciata nei giorni scorsi dal ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, è l'unico strumento per risanare l'Iva ed abbattere le emissioni inquinanti. Ma intervenire sugli impianti per ammodernarli, significherà avere nell'arco di tre anni aree dello stabilimento che dovranno essere fermate. «Questo sicuramente avrà ricadute occupazionali – sottolinea Ferrante – che dovremo affrontare con alcune soluzioni come, per esempio, i contratti di solidarietà o qualcosa del genere». Sempre che la Procura, che ha messo sotto sequestro per disastro ambientale dallo scorso 25 luglio parco minerali, cokerie, altiforni, acciaierie e gestione rottami ferrosi, accetti il percorso prefigurato dall'Aia, ovvero risanamento mantenendo attiva una produzione minima, e non spinga, invece, per una soluzione più drastica: prima lo spegnimento degli impianti per bloccare l'inquinamento e in seguito la loro messa a norma. «Dando seguito alle decisioni dei custodi – rileva il presidente dell'Ilva – sicuramente avremo ripercussioni sul piano dell'occupazione quando, da dicembre, l'altoforno 1, dove lavorano circa mille persone, cesserà di funzionare. Nel momento in cui gli altoforni chiudono, diminuisce la capacità produttiva dell'azienda». Ma ci sono anche effetti che vanno ben oltre Taranto e Ferrante lo sottolinea: «Se chiudessimo Taranto, la ricaduta sugli altri stabilimenti del gruppo, Genova, Novi Ligure e Racconigi, sarebbe gravissima».
Ma è la cassa integrazione il nodo più imminente. L'Ilva l'ha chiesta a partire da lunedì prossimo per un tetto massimo di 2mila persone. Coinvolti tubifici, treni nastri, laminatoio e treno lamiere. «Congiuntura dei mercati e mancanza di ordine per i tubifici»: Ferrante motiva così al Senato il ricorso allo stop. E ieri pomeriggio incontrando a Taranto i sindacati Fim, Fiom e Uilm, l'azienda ha insistito perchè la «cassa» parta dal 19 perchè già da quel giorno ci saranno fermate per i rivestimenti tubi e il treno lamiere, che poi a metà settimana di estenderanno al tubificio 2. Si attende il perfezionamento di due nuovi ordini per i tubifici, ma per il momento il quadro resta critico. I sindacati hanno chiesto un rinvio della discussione di merito proponendo all'Ilva di gestire inizialmente la fermata degli impianti col ricorso alle ferie. «Anteponiamo alla trattativa sulla “cassa” – spiega Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto – il confronto sull'Aia e sul relativo piano di attuazione perchè ne va del futuro del siderurgico». E oggi alle 16 i sindacati incontreranno Ferrante a Taranto proprio per affrontare quest'aspetto. «Non neghiamo la crisi del mercato ma dai dati che l'Ilva ci ha fornito si è tornati ai livelli del 2001, mentre l'anno più critico per la siderurgia resta il 2009, almeno sinora», aggiunge Panarelli. «Chiederemo a Ferrante di ritirare la procedura di cassa integrazione perchè non ci sono i presupposti», sottolinea Donato Stefanelli, segretario Fiom Cgil Taranto. Anche la Fiom attribuisce priorità al piano industriale dell'Aia.

E oggi intanto finisce lo sciopero al Movimento ferroviario dell'Ilva, proclamato lo scorso 30 ottobre a seguito di un incidente mortale sul lavoro, vittima l'operaio 29enne Claudio Marsella, rimasto schiacciato tra due respingenti in fase di manovra di aggancio. La tregua è stata decisa dai lavoratori del Mof – che movimentano con i carri ferroviari coils e lamiere – e dal sindacato di base Usb dopo l'incontro di ieri in Regione. Gli assessori alla Sanità, Ettore Attolini, e all'Attuazione del programma, Nicola Fratoianni, hanno ascoltato prima i sindacalisti Fim, Fiom e Uilm, poi gli operai del Mof e gli esponenti dell'Usb. In precedenza era stata ascoltata l'Asl. La Regione ha affidato al Nucleo operativo interistituzionale (Inail, Asl, Uffici provinciali del lavoro) «una puntuale verifica della situazione attuale. Le prime attività di esame e verifica potrebbero essere disposte entro i prossimi 15 giorni». Per la Regione, «l'ultimo, gravissimo incidente va trasformato in un momento utile ad alzare ulteriormente la soglia di sicurezza per tutti i lavoratori». Gli addetti al Mof, tornando oggi in fabbrica, chiederanno che in attesa di completare le verifiche tecniche ci siano due operatori, e non uno, per ciascun carro ferroviario. (Sole24h)

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