In Senato il “Piano B” di Altamarea
Altamarea
in Senato dopo Ilva
Una
delegazione di Altamarea, comprendente anche membri delle associate AIL e
Cittadinanzattiva, il 13 novembre
2012 ha partecipato all’audizione su “TARANTO E ILVA” presso la
Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato. Cittadini volontari, liberi
da appartenenze partitiche, fiduciosi di poter essere utili, hanno illustrato,
nei punti focali, una memoria di 7 pagine, corredata da un CD contenente i 73
più importanti documenti prodotti su “TARANTO E ILVA”.
Altamarea ha
relazionato dopo Ilva e così ai Senatori è arrivata subito la sconfessione delle
minacciose affermazioni dell’azienda pur presentate in guanti di velluto.
Il dramma
di Taranto viene da lontano
L’incredibile e generale sottovalutazione del problema Ilva di
Taranto si è interrotta solo dopo i rigorosi provvedimenti della Magistratura
del 26 luglio 2012 che ha ordinato gli arresti domiciliari per i massimi vertici
aziendali ed il sequestro preventivo senza facoltà di uso degli impianti della
cosiddetta “area a caldo” con conseguenze sull’intero stabilimento. E’ emerso
così il conflitto tra il valore strategico nazionale dell’acciaio prodotto a
Taranto e il diritto individuale della tutela della salute di una comunità che
per quella produzione subisce morti e malattie ormai certificate anche dalle
massime autorità sanitarie.
Il dramma di
Taranto, però, viene da lontano e si incentra sulla impossibile convivenza tra
una immensa industria fortemente inquinante ed una città medio-piccola. Esso è
figlio di 50 anni di negligenza, incuria e trascuratezza dello Stato e
dell'intera classe politica e dirigente e di 17 anni di strapotere della
famiglia Riva, divenuta proprietaria del Centro siderurgico di Taranto, già
statale.
Gravissima crisi sanitaria e sociale di Taranto
L’inquinamento non ha provocato solo morti e malattie di
cittadini e di lavoratori ma ha azzerato anche interi settori economici come
mitilicoltura, allevamento, agricoltura. Il nuovo presidente Ilva dice invece
che a Taranto non c’è nessuna emergenza sanitaria. Quali sono i suoi parametri
di riferimento? quale numero di morti per inquinamento è accettabile per lui?
Nel
sindacato c’è stato qualcuno che, con impudenza, ha detto: l’Ilva di Taranto è
strategica per l’Italia, assicura tante migliaia di posti di lavoro per cui è
bene che continui a produrre; i tarantini hanno subito l’avvelenamento per oltre
40 anni, possono continuare a subirlo per altro tempo. Il G.i.p. e il Tribunale
del riesame sostengono, invece, che l’inquinamento deve cessare subito ed hanno
sequestrato gli impianti senza facoltà d’uso. Tocca, quindi, ad altri,
soprattutto all’azienda e al Governo, trovare la risposta alla domanda su cosa
fare del personale e dello stabilimento incompatibile con la città per ragioni
sanitarie e “non ambientalizzabile” per ragioni tecniche o economiche che
siano.
Valore
“salvifico” dell’AIA
Il
presidente di Ilva, forse all’oscuro delle intercettazioni telefoniche che
mettono in luce come l’Ilva ha ottenuto l’AIA del 4 agosto 2011, ha cercato di
attribuire a quell’AIA “fasulla” un “valore salvifico” per l’Ilva e per i suoi
proprietari agli arresti domiciliari. In questi giorni, contando su una supposta
“copertura governativa”, egli dichiara che il dissequestro degli impianti è
pregiudiziale per la sottoscrizione della nuova AIA “riesaminata”, che secondo
noi invece è omissiva ed insufficiente. Egli aggiunge che, non avendo facoltà di
uso degli impianti, non si possono elaborare piani e progetti di risanamento,
come se quelle “carte” fossero prodotte dagli impianti e non da volontà e
cervelli umani. D’altro canto, con l’AIA “riesaminata” anche il Governo
punterebbe implicitamente a far modificare le attuali disposizioni giudiziarie.
Il contesto economico, politico e sociale ha molta influenza sui governanti,
specie se non toccati direttamente da fatti sanitari.
Il
conflitto tra Governo e Magistratura
Il conflitto
tra Governo e Magistratura si avvicina sempre più. Suscitano sconcerto le
recenti dichiarazioni del Ministro dell’ambiente che ventila ricorsi contro “la
Procura di Taranto per la mancata applicazione dell’AIA”. L’eventuale ricorso
del Ministro dell’ambiente dovrebbe essere contro la Magistratura giudicante,
non contro la Procura che cura l’esecuzione del provvedimento giudiziario. Un
Ministro, inoltre, non può ignorare l’enorme differenza che c’è tra un atto
amministrativo (AIA) e un provvedimento giudiziario conseguente a reati
gravissimi. L’abnorme e velleitario ricorso, comunque, avrebbe solo il risultato
di allungare i tempi per il redde rationem e di permettere ad Ilva di
organizzare al meglio “la ritirata”. Riteniamo, insomma, che nessuno avrebbe il
cinismo di imporre ai cittadini di Taranto ed ai lavoratori dell’Ilva di
continuare a sopportare, ope legis, le morti e le malattie che subiscono
da decenni.
I
provvedimenti di Ilva, nero su bianco
A tutti
chiediamo di non accontentarsi del comportamento dialogante del nuovo presidente
Ilva che, però, non ha i cordoni della borsa dei Riva. Ilva deve mettere nero su
bianco se intende risolvere i notissimi problemi impiantistici dello
stabilimento di Taranto: prese a mare da sempre prive di valutazione di impatto
ambientale; scarichi a mare e relativi controlli a monte; bonifica dei terreni e
delle falde; discarica dalle navi e parchi primari; cokerie, agglomerati,
altiforni e acciaierie; mare magnum incontrollato di emissioni
convogliate, diffuse e fuggitive presenti in uno stabilimento più esteso del
quartiere EUR di Roma.
Occorre
uscire dall’incertezza e dall’ambiguità. Siamo, invece, in presenza di un
incredibile marasma di mezze verità, omissioni e mistificazioni che vanno
spazzate via. Occorre avere un’idea completa del “conto della spesa” e
prospettare il futuro.
Cosa fare di questo
stabilimento – Il “Piano B”
In estrema sintesi, l’inquinamento prodotto
nell’area a caldo non è abbattibile, per ragioni tecniche o economiche, come
sarebbe necessario per tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori. L’area
a caldo, quindi, va fermata, ma senza di essa un ciclo siderurgico integrale
delle dimensioni di quello di Taranto non può sopravvivere. Su questo bisogna
ragionare.
La partita, però, non va giocata nelle aule
giudiziarie ma in viale Certosa, sede del Gruppo Riva, e nei palazzi di Roma
dove, sulla prevalenza chiara e netta del diritto alla vita espressa dalla
Magistratura, rischiano di prevalere, al di là di ipocrite affermazioni di
maniera, gli aspetti strategici, economici e sociali. Occorre impedire che il
governo “tecnico” si comporti come il precedente Governo “politico” che a
ferragosto 2010 emise il famigerato decreto legislativo 155/2010 sul
benzo(a)pirene, definito “salvazienda”, che impedì così che si
affrontasse allora il problema delle emissioni cancerogene delle cokerie
dell’Ilva di Taranto.
E’
necessario desistere dall’ “accanimento terapeutico” che vuole tenere in vita
uno stabilimento che, nella mostruosa configurazione attuale, è estremamente
pericoloso per la salute ed è privo di futuro per ragioni tecnico-economiche.
Occorre mettere mano al suo ripensamento
totale, a un “Piano B”.
A nostro parere i Riva, spinti dal Governo,
invece di pensare alla fuga, dovrebbero pensare a un piano industriale di
riconversione, ristrutturazione e diversificazione che abbia un futuro. Esso
potrebbe essere basato su: riduzione importante della capacità produttiva;
produzione di acciaio liquido da forni elettrici, Corex, Finex, ecc.;
ridimensionamento della laminazione; logistica integrata portuale convertendo le
enormi aree di cui dispone in zona porto incluso un pontile attrezzabile subito
per l’attracco di portacontainer di ultima generazione senza aspettare i
dragaggi; business della rottamazione navale dato che l’agenzia ONU
International Maritime Organization sta mettendo fuori legge nel mondo migliaia
di navi mercantili; utilizzo dei rottami nello stabilimento “convertito”. Tra
l’altro, a Taranto sono in abbandono da decenni gli ex cantieri navali Tosi,
ristrutturabili per la rottamazione navale, per non parlare di eventuale
utilizzazione di strutture dell’Arsenale Marina Militare in odore di
dismissione. Se i Riva non ci stessero, occorrerebbe passare ad altri.
La legge
speciale per Taranto
La
complessità e l’urgenza sono tali che non si vede altra via che quella di una
legge speciale per Taranto che affronti l’insieme dei problemi, non solo quello
enorme dei lavoratori dell’Ilva ma anche quelli dei mitilicoltori, allevatori,
agricoltori, sanitari, disoccupati giovani e vecchi. A Taranto si rischia un
conflitto esplosivo. “In altri tempi, in altri contesti le piazze sarebbero già
incendiate, con effetti laceranti.”
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