La questione del referendum è estremamente torbida , come è stato notato sul blog Corporeus Corpora qui sintetizzato e a cui rimandiamo per approfondire e supportare:
ILVA: referendum cittadino, sentenze. Il comune di Taranto mente? Non sarà parte civile?
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Il referendum, proposto mesi fa e
soggetto a ritardi e censure nel tempo, rispunta adesso. Non prima del
14 Aprile, per fatti normativi. E privo del terzo quesito.
Ma leggiamo in proposito il corriere del mezzogiorno:
I cittadini di Taranto potranno rispondere il 14 aprile. Il sindaco Ippazio Stefàno, dopo il parere del comitato dei garanti, ha ufficializzato la data del referendum sulla grande acciaieria. La consultazione cittadina chiama i tarantini a esprimersi sulla chiusura o meno dell’acciaieria o della sua area a caldo. Si tratta di un referendum meramente consultivo proposto dal comitato Taranto Futura nel 2007. Dopo i ricorsi al Tar di Lecce di Ilva, Comune e sindacati, la data rimase in sospeso. Il dibattito è apertissimo e adesso vedrà i cittadini esprimersi sui due quesiti:
1) Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute nonché la salute dei lavoratori contro l'inquinamento, proporre la chiusura dell' acciaieria Ilva?
2) Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute e quella dei lavoratori, proporre la chiusura dell'area a caldo dell'Ilva, maggiore fonte di inquinamento, con conseguente smantellamento dei parchi minerali?».
Rimane fuori il terzo quesito sulla richiesta di risarcimento dei danni all’Ilva spa, perché - sottolinea una nota del Comune – «il Comune di Taranto ha già promosso l’azione di risarcimento nei confronti dei responsabili dello stabilimento per inquinamento ambientale». Il Comitato dei garanti ha anche respinto le proposte di referendum riguardanti Eni, Cementir e il nuovo ospedale "San Cataldo".
A leggerla così, avrebbe anche senso. Azione già promossa, il problema non è più attuale...
E invece no!
...
secondo il giudice monocratico di Taranto, nella persona del dottor Simone Orazio..., il
Municipio tarantino non avrebbe legittimazione attiva a domandare danni
ambientali ad ILVA e dirigenti in quanto solo lo Stato ne sarebbe
dotato.
Pertanto tale parte della domanda andrebbe rigettata.
Un'ennesima, vistosa contraddizione nelle versioni presentate dalla stampa locale e nazionale, di cui sarebbe molto interessante venire presto a capo.
Resta il fatto che un referendum così tardivo rispetto alle vicende in
stato avanzatissimo cui assistiamo può avere solo il significato di
rimettere in discussione, almeno in termini di consenso pubblico, quello
che è già diventato realtà. E pertanto fare il gioco dell'illegale
stabilimento, di cui ormai si dice senza ritegno non essere in grado di
sostenere i costi dell'AIA, nè i semplici stipendi di Febbraio della
manodopera locale.
Siamo stati pertanto ottimi profeti, ad esempio in "AIA che male..." ... (Corporeuscorpora)
Approfondendo quanto osservato dal blogger riguardo al referendum si legge che:
Il sindaco rammenta che “il Comune non ha
competenza su tale questione se non per l’espressione di un parere
endoprocedimentale sul rilascio dell’Aia”. Il Comitato dei garanti ha
invece respinto le proposte di referendum riguardanti Eni, Cementir e
nuovo ospedale 'San Cataldo'. (GdM)
Insomma, senza andare troppo oltre con i dati da tutto ciò emerge con evidenza che:
- il sindaco di Taranto e la sua giunta si confermano quali burattini dei poteri forti riuscendo a "ritardare il più possibile" (come promesso a "Girolamo") la consultazione referendaria sull'Ilva.
- Inoltre, grazie al solito giro di parole basato su falsità provate ma ripetute con quel suo tono da pediatra che affabula gli infanti capricciosi, il nostro anticampione è riuscito a rimuovere dai 3 quesiti quello che pesava sulla sua responsabilità e sottolineava l'ignavia del Comune: l'impegno ad ottenere il riconoscimento ed il risarcimento del danno in tutte le sedi e con tutte le facoltà a disposizione dell'ente e dei suoi cittadini.
- Infine, la scelta di una data di molto successiva alle elezioni; all'espressione della Corte Costituzionale sul decreto salva-Riva e sulla legge che lo integra; e troppo lontana dalla temperatura attuale dello scontro per diventare rilevante, non solo rende inutile (e quindi fa sprecare soldi pubblici) il referendum consultivo, come voleva l'Ilva, ma fa anche il gioco del Governo e dei poteri forti che si aspettano una diversa espressione della volontà popolare o auspicano la diserzione del referendum per smontare l'immagine di una città determinata a difendere i suoi diritti.
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