Ilva: Consulta accelera, 13/2 decide su ricorso Procura
La Corte Costituzionale accelera sul caso Ilva. E' fissata per il 13
febbraio la camera di consiglio per valutare l'ammissibilità del
conflitto d'attribuzione tra poteri dello Stato che la Procura di
Taranto ha sollevato nei confronti del governo e che ruota attorno alla
legge salva-Ilva. Datato 21 dicembre, il ricorso dei pm che porta in
calce come prima firma quella del procuratore di Taranto Francesco
Sebastio, era stato materialmente depositato nella cancelleria della
Corte il 31 dicembre con richiesta di trattazione urgente. E in effetti
la calendarizzazione della camera di consiglio con cui i giudici
decideranno se il conflitto ha tutti i presupposti per essere ammesso, è
avvenuta in tempi celeri. Il che fa pensare che, in caso di
ammissibilità, anche successivamente la Consulta potrebbe scegliere di
accorciare i termini per la notifica del ricorso al governo da parte
della Procura, per i successivi depositi degli atti e per la
costituzione in giudizio della controparte, ossia, appunto, l'Esecutivo.
Giudice relatore è Gaetano Silvestri: sarà lui ad illustrare i
termini della vicenda in Corte Costituzionale. Il 13 febbraio la
Consulta non entrerà nel merito del caso, questo avverrà
successivamente, in un'apposita udienza, qualora il 13 l'azione promossa
dalla Procura abbia il via libera.
"Non credo ci siano particolari dubbi sull'ammissibilità - osserva
Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale -. In
questo primo passaggio i giudici devono valutare se i soggetti in gioco
sono poteri dello Stato titolari di attribuzioni costituzionali, ed è
pacifico che procura e governo lo siano; e se il conflitto ha 'tono'
costituzionale. Sull'ammissibilità, quindi, ho pochi dubbi, tanto più
che, tecnicamente, anche in fase di merito la Corte potrebbe dichiarare
il ricorso inammissibile, anche se avviene raramente. Proprio riguardo
al merito, la tesi dei pm mi pare un po' artificiosa. Al centro della
loro azione c'è infatti un atto normativo nuovo che disciplina
ampiamente la materia e ne trae conseguenze. E' una nuova normativa
complessiva, rispetto alla quale non ritengo vi sia una sottrazione, una
menomazione di poteri all'autorità giudiziaria". Su questo, infatti,
poggia il ricorso inviato da Taranto: nell'atto si sostiene che il
governo, con il salva-Ilva, consentendo al gruppo siderurgico di
proseguire produzione e commercializzazione dei prodotti nonostante il
sequestro giudiziario, abbia leso i principi costituzionali
sull'obbligatorietà dell'azione penale e sull'autonomia del pm,
determinando così un "grave vulnus".
La battaglia di fronte alla Consulta si annuncia complessa. A questo
primo conflitto d'attribuzione se ne affiancherà un secondo sulla legge
231 di conversione del decreto, che presenta alcune modifiche rispetto
al testo originario: la Procura lo sta elaborando, non è escluso che la
Consulta possa poi trattarlo congiuntamente al primo. C'è poi un
ulteriore fronte: secondo i pm, la norma è incostituzionale e per questo
hanno sollevato questione di legittimità costituzionale sia al gip sia
al Tribunale del Riesame. Questo filone potrebbe vedere in campo anche
l'Ilva, che non può entrare nel conflitto tra poteri, ma su questo
versante potrebbe decidere di costituirsi. Proprio oggi, tra l'altro, i
legali dell'azienda hanno depositato al Tribunale dell'appello di
Taranto una memoria a difesa della legge 231, affermando che non viola
la Costituzione e che non espropria la funzione della magistratura,
chiedendo che il Tribunale dichiari irrilevante e/o manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale. (ANSA)
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