Ovvero la catena indissolubile tra l'assenza (interessata ed omertosa) di senso della realtà di chi parla per i lavoratori e i lavoratori che vengono mandati a casa.
Genova - Maurizio Landini, segretario
nazionale della Fiom-.Cgil ha dichiarato questa mattina il suo auspicio
verso un intervento pubblico-privato per salvare ILVA
"Ci auguriamo che sia possibile che tra procura e governo si possa
trovare dissequestro parziale dei materiali stoccati in banchina a
Taranto, sequestrando poi i soldi dei Riva per investirli dentro
l'azienda ma pensiamo che l'assetto proprietario non sia più in grado e
non abbia la credibilità di garantire investimenti e rilancio. Quello
che si dovrebbe fare è decidere che ci sia un intervento diretto publico
nella gestione dell'impresa e nel pacchetto azionario ma ci rivolgiamo
anche alle altre imprese siderurgiche del Paese. Sarebbe utile pensare a
una joint venture che garantisse la riorganizzazione dell'Ilva gli
investimenti e rilanciarla".
Ha proseguito poi Landini, "Naturalmente non può essere che la
famiglia Riva semplicemente assista e quindi c'é bisogno che chi ha
inquinato dia un contributo per risanare". Insomma, "il blocco
definitivo dell'Ilva non è il modo per difendere e risanare l'azienda.
Un intervento pubblico assieme all'intervento privato: se davvero gli
imprenditori hanno interesse che la siderurgia resti nel paese devono
intervenire". (Primocanale)
Ilva, scatta la cassa integrazione nell'indotto
Cassa integrazione per tredici settimane alla Omev, azienda
elettromeccanica dell'indotto Ilva che opera a Vado Ligure. Il
provvedimento è stato deciso per la situazione di stallo nella quale
versa l’Ilva di Taranto, uno dei principali clienti dell'industria del
ponente savonese.
“Speriamo – ha detto il direttore dello stabilimento Franco Poggio –
che si possa acquisire una serie di commesse che facciano rientrare al
piu' presto questo periodo di cassa. Ma siamo preoccupati per la
situazione che si sta delineando per l'Ilva per la quale sono in gioco
in tutta Italia 50 mila posti di lavoro”. Preoccupati anche i sindacati:
“Nel Savonese abbiamo ormai raggiunto quota 25.000 disoccupati, e 2.000
su 3.500 metalmeccanici sono in casa integrazione” ha detto Andrea Pasa
della Fiom/Cgil. (Savonanews)
Ilva, sindacati sul piede di guerra. "L'azienda paghi gli stipendi"
Per i lavoratori dell'Ilva si apre oggi un'altra settimana cruciale.
Dovrebbero essere affrontati, infatti, i nodi degli stipendi di febbraio
e della nuova cassa integrazione negli stabilimenti Ilva di Taranto,
Genova e Novi Ligure. L'azienda l'ha prospettata per 7-8mila lavoratori a
causa della particolare situazione determinatasi a Taranto, ma il
Governo l'ha temporaneamente fermata perché vuole prima approfondire il
dossier Ilva e vedere se la permanenza del sequestro giudiziario delle
merci e la scelta aziendale di non far ripartire gli impianti dell'area a
freddo a Taranto sono vincoli insormontabili o c'è ancora uno spazio di
mediazione in modo da alleggerire la situazione. Preoccupa soprattutto
la possibilità che l'azienda non possa fronteggiare la scadenza degli
stipendi che è immediata e per la quale servono ogni mese 78 milioni di
euro.
Questo tipo di verifica è cominciata già giovedì scorso,
all'indomani della decisione della Procura di Taranto di respingere
anche l'ultima richiesta di dissequestro vincolato fatta dall'Ilva e
probabilmente proseguirà anche nei primissimi giorni della prossima. I
sindacati dei metalmeccanici attendono una convocazione dell'azienda per
capire quali sono gli scenari a breve termine, chiedono la puntuale
corresponsione delle retribuzioni, e pongono un paletto affermando che
non c'è alcuna disponibilità a trattare su un'eventuale nuova cassa
integrazione al buio. Se trattativa deve esserci, precisano i sindacati,
può avvenire solo su una cassa straordinaria dovuta alla ristrutturazione del sito di Taranto e alla sua messa a norma ambientale.
In
ogni caso, dicono ancora i sindacati, dovrà essere una cassa inferiore
rispetto ai numeri prospettati dall'azienda e prioritariamente ci dovrà
essere la ripartenza a Taranto degli impianti dell'area a freddo
(laminatoi, tubifici, produzione lamiere) che sono fermi da quasi due
mesi. L'Ilva, infatti, aveva fermato questi impianti già a metà novembre
ricorrendo alla cassa per crisi di mercato. Dopo che la magistratura,
alla fine dello stesso mese, ha sequestrato anche un milione e 700mila
tonnellate fra coils e lamiere, ha deciso di rinviarne la ripartenza a
data da destinarsi. Governo e sindacati sono in pressing sull'Ilva per
rimettere in marcia l'area a freddo della fabbrica. In questo modo,
spiegano i sindacati, "ci sarebbe una ripresa del lavoro, parte degli
addetti lascerebbero la cassa integrazione per tornare in produzione, e
soprattutto non si perderebbero più altre commesse di lavoro dopo che è
stata già persa quella americana che prevedeva la fornitura di 25mila
tonnellate di tubi per un valore di 25 milioni di dollari".
Sinora
l'azienda ha fatto cadere ogni invito a far ripartire questo settore
del siderurgico, sostenendo che l'occupazione di piazzali e magazzini da
parte delle merci sequestrate preclude la possibilità di stoccare le
merci di nuova produzione. Tuttavia, piazzali e magazzini potrebbero
essere sgomberati nei prossimi giorni se la magistratura desse via
libera alla vendita delle merci sequestrate.
La vendita partirebbe
dalle merci più a rischio deterioramento e sarebbe gestita da uno dei
custodi giudiziari-amministratori nominati tempo addietro dal gip di
Taranto, Patrizia Todisco. Le relative risorse, però, non andrebbero
all'Ilva ma sarebbero congelate in un deposito, essendo le merci
sequestrate soggette ad eventuale confisca.
Coils e lamiere
andrebbero o ai legittimi acquirenti o, qualora questi ultimi le
rifiutassero, a nuovi compratori. Prima di dar via a quest'operazione,
la Procura attende due riscontri tecnici: effettiva deteriorabilità
delle merci e reale valore commerciale (l'Ilva ha dichiarato un
miliardo). Nel caso specifico, a ordinare la vendita sarebbe lo stesso
gip Todisco, al quale ora spetta l'ultima parola sull'istanza di
dissequestro vincolato presentata martedì scorso dall'azienda. La
Procura, infatti, ha espresso un parere negativo e chiesto al gip di
sollevare anche un'eccezione di incostituzionalità in merito alle legge
231, ma al gip resta comunque il verdetto definitivo. Intravedere la
luce in fondo al tunnel rimane un'impresa. (Repubblica)
2 commenti:
Consiglio i miei ultimi due post. Soprattutto l'ultimo, che pur nella tecnicità, credo che dica a chi vuole intendere a chiare lettere...
Non vi sarà dissequestro fino a sentenza della corte costituzionale, Sebastio l'ha detto chiaramente.
Svuoterebbe il giudizio, creando la possibilità di rifiutare l'istanza.
A presto.
Non abbiamo resistito a diffondere le riflessioni postate sul tuo blog! ovviamente in anteprima che rimanda al post originale!
http://comitatopertaranto.blogspot.it/2013/01/cortina-di-fumo-o-numeri-da-circo.html
Posta un commento