venerdì 25 gennaio 2013

Procura cristallina, Ilva e amici sempre in trincea

«Non sono possibili compromessi»


«All'Autorità giudiziaria non è consentita l'adozione di «misure di compromesso», magari anche comprensibili da diversi altri punti di vista, ma che non trovino il loro fondamento in specifiche disposizioni normative processuali e penali».
LA NOTA - Lo scrive il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, sulla vicenda Ilva. «È possibile rivalutare, in tutto o in parte, eventuali questioni poi insorte, però sempre nei limiti» delle disposizioni normative processuali e penali. Sotto tale punto di vista - prosegue la nota - non ci si sta sottraendo a tale valutazione, così come evidenziato anche al signor ministro dell'Ambiente nel corso dell'incontro, sereno e a tratti anche cordiale, con lui avuto». Franco Sebastio, in cui fa il punto della situazione sul caso Ilva e interviene soprattutto sul punto delle merci sequestrate (un milione e 700mila tonnellate) per le quali ieri la Procura ha respinto l'istanza di dissequestro vincolato avanzata dall'azienda che aveva chiesto lo sblocco e la destinazione del ricavato a stipendi e interventi dell'Aia. Sebastio spiega anche che «allo stato l'azienda può continuare la sua attività di produzione in quanto la decisione di sospendere il giudizio sul dissequestro delle merci rimettendo la legge alla Consulta non riguarda tale diverso aspetto. Oggetto delle ulteriori contestazioni - precisa il procuratore - è solo la richiesta del materiale prodotto nei quattro mesi antecedenti il secondo provvedimento di sequestro la cui disponibilità viene considerata dall'azienda assolutamente e ineluttabilmente indispensabile per garantire la sua attività che, in caso contrario, dovrebbe essere sospesa per insuperabili difficoltà finanziarie. Tutto cio' pur essendo stata essa abilitata alla commercializzazione dell'acciaio prodotto dalla data del decreto legge in poi. Giova evidenziare a questo punto - rileva il procuratore di Taranto - che, come ovvio e assodato, l'autorità giudiziaria può assumere le sue determinazioni solo ed esclusivamente nell'ambito delle vigenti disposizioni processual-penalistiche, mentre le è vietata una qualunque decisione che dovesse invece basarsi su mere considerazioni di opportunità anche di tipo sociale ed economico, specialmente nel caso in cui tale determinazione potrebbe determinare una possibile sopravvenuta decadenza (inammissibilità) della questione di legittimità costituzionale per essere venuta meno la rilevanza della questione stessa».
LA MERCE SEQUESTRATA- Sulla possibilità di intervenire in qualche modo sul sequestro delle merci dell'Ilva, ma sempre nell'ambito di quanto prevede il Codice penale e la legge, il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, fa un'apertura: «E' quindi possibile - dice il procuratore in proposito - rivalutare, in tutto o in parte, eventuali questioni poi insorte, però' sempre nei limiti delle disposizioni esistenti. Sotto tale punto di vista - dice il procuratore - non ci si sta sottraendo a tale valutazione, così come anche evidenziato al signor ministro dell'Ambiente nel corso dell'incontro - sereno e, a tratti anche cordiale - con lui avuto». (CdM)

Ed ecco cosa dice l'Ilva per "bocca" di uno dei suoi giornali-bollettino che anticipa scenari di custodi giudiziari che si trasformano in venditori porta a porta di acciaio e non perde occasione per sottolineare la versione della difesa Ilva sulla legittimità del sequestro.
Insomma, il solito attacco mediatico quotidiano alla magistratura!

Ilva, ai custodi la vendita delle merci

Si fa strada l'ipotesi che la Procura della Repubblica possa dissequestrare le merci Ilva e affidarne la vendita ad uno dei custodi giudiziari-amministratori nominati dal gip. Il ricavato della vendita, però, non andrebbe all'Ilva, nè servirebbe a finanziare il pagamento dei prossimi stipendi (servono 75 milioni di euro) e gli interventi per il risanamento ambientale del siderurgico, ma verrebbe «congelato» in un deposito sempre a disposizione dell'autorità giudiziaria, essendo coils e lamiere beni soggetti a confisca. L'ipotesi è allo studio e la sua applicazione è legata anche agli esiti di una perizia tecnica che dica alla Procura se la merce stoccata tra magazzini e piazzali dallo scorso 26 novembre è deteriorabile (come asserisce l'Ilva) o meno.
Altro punto da chiarire è poi il valore della stessa merce: l'Ilva dice che quel milione e 700mila tonnellate valgono un miliardo di euro («un sesto del fatturato dell'azienda» ha affermato l'altro ieri il presidente Bruno Ferrante), per la Procura, invece, si apprende da fonti giudiziarie, potrebbero valere meno, circa 600 milioni di euro.
Se la Procura decidesse di vendere le merci, affidandone il relativo incarico al custode-amministratore Mario Tagarelli (nominato dal gip Patrizia Todisco insieme ad altri tre custodi per il sequestro degli impianti dell'area a caldo), verrebbe sì incontro ai clienti dell'Ilva che quei beni hanno ordinato, ma non sposterebbe di un millimetro la situazione finanziaria aziendale. Che resterebbe pesante con gli stipendi a fortissimo rischio. D'altra parte nel vertice di ieri col ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, Ferrante è stato esplicito: quei soldi servono all'Ilva per generare altra liquidità visto che le banche hanno frenato sugli affidamenti all'azienda. L'Ilva oggi è un po' come un'auto col serbatoio a secco e che ha bisogno di carburante per ripartire. L'unica cosa che si otterrebbe dallo sblocco dei prodotti è che si libererebbero piazzali e magazzini. L'Ilva, che oggi dice di non avere aree in cui stoccare, avrebbe di nuovo i suoi spazi, e gli impianti dell'area a freddo - fermi da fine novembre - potrebbero essere rimessi in marcia, così come chiedono i sindacati. Se si sta studiando un dissequestro con le caratteristiche prima dette, sembrano quindi perdere attualità le ipotesi pure emerse l'altro ieri, ovvero la possibilità di trasferire il fermo delle merci su soluzioni alternative come il sequestro per equivalente o il deposito cauzionale.
Ieri, in una lunga nota, il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, non ha chiuso la porta a una possibile evoluzione. «È possibile rivalutare, in tutto o in parte - scrive Sebastio -, eventuali questioni poi insorte», ma ci sono dei paletti da rispettare, «limiti» li definisce il procuratore che così spiega: «All'autorità giudiziaria non è consentita l'adozione di misure "di compromesso", magari anche comprensibili da diversi altri punti di vista, ma che non trovino il loro fondamento in specifiche disposizioni normative processuali e penali. Giova evidenziare - scrive ancora il procuratore - che, come ovvio e assodato, l'autorità giudiziaria può assumere le sue determinazioni solo ed esclusivamente nell'ambito delle vigenti disposizioni processual-penalistiche, mentre le è vietata una qualunque decisioni che dovesse basarsi invece su mere disposizioni di opportunità, anche di tipo sociale-economico, specialmente nel caso in cui tale determinazione potrebbe determinare una possibile decadenza (inammissibilità) della questione di legittimità costituzionale per essere venuta meno la rilevanza della questione stessa». Fermo restando questi «limiti», perciò, afferma il procuratore, «non ci si sta sottraendo» ad una possibile, nuova valutazione della vicenda, «così come evidenziato anche al signor ministro dell'Ambiente nel corso dell'incontro - sereno e, a tratti, anche cordiale - con lui avuto».
Al procuratore replica l'Ilva. «Il provvedimento di sequestro da parte della magistratura - dice l'azienda - ha natura meramente facoltativa così come l'eventuale confisca anche in caso di sussistenza dei reati contestati; l'esercizio del potere discrezionale da parte dei giudici di Taranto avrebbe consentito e consente quindi la valutazione di ogni elemento di opportunità dell'emissione del provvedimento. Andrebbe in primo luogo valutata ogni conseguenza sociale che ne deriva». E infine «sulle questioni di legittimità costituzionale proposte» dai giudici, l'Ilva parla di «manifesta infondatezza, posto che la tutela della salute è costituzionalmente demandata agli organi di Governo che con la decretazione d'urgenza ne ha tenuto conto, e non alla magistratura». (Sole24h)


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