Ilva, vertice a Palazzo Chigi. Governo e parti sociali: "si applichi la legge”
Un gruppo di operai dell’Ilva ha trovato le porte della portineria della fabbrica chiuse.
Riunione con Monti, Ferrante, Vendola e le parti sociali per
sbloccare l’impianto di Taranto. Il presidente del Consiglio: l’azienda
pagherà gli stipendi. Martedì il decreto in cdm per chiarire il
provvedimento
roma
La legge salva-Ilva deve essere applicata da tutte le parti in
causa «integralmente e immediatamente», «pur in pendenza del giudizio
della Corte Costituzionale», e «l’azienda pagherà le retribuzioni»: sono
queste le conclusioni del vertice convocato d’ urgenza a Palazzo Chigi
dal governo, raggiunte d’intesa con i rappresentanti dell’ Ilva e delle
parti sociali.Impianti che funzionano a singhiozzo con rischi per la sicurezza, cancelli d’ingresso presidiati dai lavoratori, scioperi ad oltranza proclamati da un paio di sigle sindacali e Prefettura allertata per la tensione che sta arrivando alle stelle, tanto da ipotizzare la precettazione di gruppi di maestranze: Taranto, per la vicenda Ilva, sta assumendo sempre più i connotati di una polveriera sociale che può esplodere da un momento all’altro. È questo probabilmente il motivo per il quale il sottosegretario alle presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, ha convocato in tutta fretta il vertice a Palazzo Chigi.
Al termine della riunione il presidente del Consiglio Mario Monti ha detto che la legge `salva Ilva´, «pur in pendenza del giudizio della Corte Costituzionale, deve essere applicata dalle istituzioni e dall’azienda» che conferma il proprio impegno al rispetto delle prescrizioni Aia e alla tutela dell’occupazione», assicurando «il regolare pagamento delle retribuzioni a tutti i lavoratori». La numero uno della Cgil, Susanna Camusso, ha commentato che «l’applicazione della legge è la chiave per risanare la città e la fabbrica e per garantire il lavoro a 20 mila persone. Questo è ciò che stasera abbiamo detto».
Dopo il vertice, durato diverse ore e al quale hanno partecipato il premier Mario Monti, il presidente della Puglia Nichi Vendola, i segretari nazionali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, e il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, oltre ai rappresentanti degli enti locali, un comunicato inequivocabile: «nell’assoluto rispetto della magistratura e nell’ intento comune prioritario di tutelare l’ambiente e la salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto, e in attesa del giudizio di costituzionalità in corso», la legge va applicata senza se e senza ma, in modo da «innescare il circolo virtuoso risanamento ambientale-tutela della salute-tutela dell’occupazione che deve risolvere il problema Ilva di Taranto».
A sottolinearne i contenuti, in una conferenza stampa, lo stesso Monti e il ministro Clini, che ha precisato come la legge preveda che «l’azienda rientri nella disponibilità dei prodotti finiti per la loro commercializzazione». Il sottosegretario Antonio Catricalà durante una pausa dei lavori ha spiegato invece che il governo dovrebbe portare in consiglio dei ministri un provvedimento per chiarire la legge «Salva Ilva» già martedì, e sbloccare così la situazione.
Che la situazione dell’Ilva sia diventata esplosiva lo ha sottolineato, prima del vertice, il governatore pugliese Nichi Vendola. «Ho detto a Monti - ha dichiarato ai cronisti - che c’era la necessità di fare il punto perché non credo che si debba aspettare che scoppi l’incendio per chiamare i pompieri. Ci sono 12 mila stipendi da pagare e non ci sono i soldi». Vendola ha definito poi «indispensabile» che la Corte Costituzionale valuti quanto prima l’ammissibilità del ricorso presentato dalla Procura della Repubblica che solleva il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sulla legge 231 del dicembre 2012. L’udienza è stata già fissata per il 13 febbraio.
La giornata convulsa è iniziata di buon’ora con i presidi dinanzi ai cancelli dello stabilimento, in particolare all’ingresso della portineria C dalla quale accedono le merci, mentre un gruppo di operai ha trascorso la notte nella sede del consiglio di fabbrica. Lo sciopero ad oltranza proclamato sin dalle 14 di ieri dalla Fim Cisl ha cominciato a provocare le prime ripercussioni: fermi gli approvvigionamenti delle Acciaierie 1 e 2 e dell’Altoforno 5; alla stessa sorte è destinato, per 48 ore, l’Altoforno 4. E alla linea dura dei “cislini” si è aggiunta poche ore dopo l’Unione sindacale di Base (Usb), chiedendo, tra l’altro, una legge speciale per Taranto e i suoi lavoratori.
Situazione diventata incandescente che ha costretto all’ora di pranzo il Prefetto, Claudio Sammartino, a convocare d’urgenza una riunione del Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico, allargata a sindacati e vertici Ilva. Si è deciso un monitoraggio costante della situazione degli impianti, ma la prosecuzione degli scioperi potrebbe creare problemi di copertura delle comandate, cioè dei gruppi di lavoratori addetti alla sicurezza degli impianti stessi. Linea dura della Fim non condivisa da Fiom e Uilm, che hanno ribadito l’importanza dell’incontro con Ferrante del prossimo 22 gennaio e dell’arrivo a Taranto, il giorno dopo, del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, insieme al Garante per l’attuazione dell’Aia e al Commissario per la bonifica dell’area ionica. Lo stesso Clini, in una riunione odierna del Consiglio dei ministri, ha confermato «l’impegno per la piena attuazione della legge 231 del 24 dicembre per accelerare il risanamento ambientale» dell’Ilva.
A scendere in campo sulla vicenda Ilva sono stati, a questo punto, anche i leader dei sindacati. «Vorremmo dire al governo - ha dichiarato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso - preparate la linea di uscita perché, se l’azienda non rispetta i suoi impegni, noi riproporremo il tema che l’impianto di Taranto è troppo importante per poter semplicemente lasciare ad una famiglia la decisione sulla siderurgia italiana». Anche per Luigi Angeletti (Uil) «la situazione dell’Ilva sta precipitando» e «allo stato, le probabilità di una catastrofe occupazionale ed economica stanno crescendo». Resta da capire se la gente di Taranto accetterà che nel suo futuro ci sia ancora l’Ilva.
Nessun commento:
Posta un commento