sabato 5 gennaio 2013

Non bastano le braghe, giù pure le mutande!

Ora che hanno capito che hanno in mano Roma e che con il ricatto si ottiene proprio tutto, i Riva hanno ridato la carica alla marionetta Ferrante per farsi spianare la strada dei profitti garantiti.
Rien ne va plus! Ricomincia la roulette!

Ilva, a rischio il pagamento degli stipendi

Ferrante: "Abbiamo delle oggettive. La priorità è risolvere la questione giudiziaria solo così potremo capire come risolvere i problemi"

I dodicimila operai dell'Ilva potrebbero non ricevere lo stipendio di dicembre il 12 gennaio, così come era previsto. L'azienda ha infatti importanti problemi di liquidità, avendo dal 26 novembre scorso un milione e 700mila tonnellate di acciaio (valore di mercato, un miliardo di euro) bloccate in azienda, perché sotto sequestro della magistratura. "Abbiamo delle difficoltà, difficoltà oggettive" spiega il presidente del gruppo, Bruno Ferrante, rispondendo in serata ai timori dei sindacati che dal primo pomeriggio avevano messo in allarme gli operai in azienda. "La priorità è risolvere la questione giudiziaria  -  dice Ferrante  -  solo così potremo capire come risolvere le difficoltà ". Il presidente smentisce però la voce rimbalzata in serata della convocazione di un consiglio di amministrazione convocato per oggi. Si vedranno i vertici dell'azienda ma per decidere come muoversi martedì, la vera data cerchiata di rosso.

La prossima settimana è prevista la decisione del gip Patrizia Todisco sul dissequestro dell'acciaio prodotto e sequestrato. Se si sblocca, l'Ilva riprende liquidità. "Altrimenti sono guai". Il Governo ha approvato una legge ad hoc, pubblicata il 24 dicembre in Gazzetta ufficiale, non solo per poter permettere all'Ilva di riprendere la produzione (cosa che è avvenuta) ma anche per liberare quell'acciaio. Sulla base della nuova norma, l'azienda ieri ha chiesto il dissequestro ma nel pomeriggio, a sorpresa, è arrivato il parere negativo della Procura. Decisione che cambia le carte in tavola. Il giudice Patrizia Todisco potrebbe ora non ordinare il dissequestro del materiale ma lasciare i sigilli e sollevare contemporaneamente alla Corte costituzionale il conflitto di attribuzione sostenendo, come già ha fatto la Procura, che la legge votata praticamente all'unanimità dal Parlamento è incostituzionale. Nelle more il prodotto rimarrebbe però sotto sequestro.

Un'ipotesi questa che l'azienda ritiene però come letale per il futuro della produzione: quando quindici giorni fa gli era stato negato il dissequestro del prodotto, aveva annunciato la cassa integrazione per circa 4000 dipendenti, tra Taranto, Genova e gli altri stabilimenti sparsi nel mondo. "Così si fermano  -  spiega l'azienda  -  tutti i centri di servizio come Torino, Milano e Padova, gli impianti marittimi di Marghera e Genova oltre a quelli dell'Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia". Allarmati dalla situazione, il Governo aveva fatto approvare di tutta fretta un emendamento per spiegare che anche quel prodotto andava dissequestrato. Una tesi che evidentemente non convince la procura di Taranto che ieri ha detto di no. "A questo punto  -  dicono i sindacati  -  la situazione diventa davvero difficile: aspettiamo comunicazioni dall'azienda. Quest'anno, per la prima volta, anche la tredicesima è stata pagata in ritardo. Qui c'è gente che ha mutui, scadenze. Un discorso di questo tipo non è accettabile" (Repubblica)

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