Ora che hanno capito che hanno in mano Roma e che con il ricatto si ottiene proprio tutto, i Riva hanno ridato la carica alla marionetta Ferrante per farsi spianare la strada dei profitti garantiti.
Rien ne va plus! Ricomincia la roulette!
Ilva, a rischio il pagamento degli stipendi
Ferrante: "Abbiamo delle oggettive. La priorità è
risolvere la questione giudiziaria solo così potremo capire come
risolvere i problemi"
I dodicimila operai dell'Ilva potrebbero non ricevere lo
stipendio di dicembre il 12 gennaio, così come era previsto. L'azienda
ha infatti importanti problemi di liquidità, avendo dal 26 novembre
scorso un milione e 700mila tonnellate di acciaio (valore di mercato, un
miliardo di euro) bloccate in azienda, perché sotto sequestro della
magistratura. "Abbiamo delle difficoltà, difficoltà oggettive" spiega il
presidente del gruppo, Bruno Ferrante, rispondendo in serata ai timori
dei sindacati che dal primo pomeriggio avevano messo in allarme gli
operai in azienda. "La priorità è risolvere la questione giudiziaria -
dice Ferrante - solo così potremo capire come risolvere le difficoltà
". Il presidente smentisce però la voce rimbalzata in serata della
convocazione di un consiglio di amministrazione convocato per oggi. Si
vedranno i vertici dell'azienda ma per decidere come muoversi martedì,
la vera data cerchiata di rosso.
La prossima settimana è prevista
la decisione del gip Patrizia Todisco sul dissequestro dell'acciaio
prodotto e sequestrato. Se si sblocca, l'Ilva riprende liquidità.
"Altrimenti sono guai". Il Governo ha approvato una legge ad hoc,
pubblicata il 24 dicembre in Gazzetta ufficiale, non solo per poter
permettere all'Ilva di riprendere la produzione (cosa che è avvenuta) ma
anche per liberare quell'acciaio. Sulla base della nuova norma,
l'azienda ieri ha chiesto il dissequestro ma nel pomeriggio, a sorpresa, è arrivato il parere negativo della Procura.
Decisione che cambia le carte in tavola. Il giudice Patrizia Todisco
potrebbe ora non ordinare il dissequestro del materiale ma lasciare i
sigilli e sollevare contemporaneamente alla Corte costituzionale il
conflitto di attribuzione sostenendo, come già ha fatto la Procura, che
la legge votata praticamente all'unanimità dal Parlamento è
incostituzionale. Nelle more il prodotto rimarrebbe però sotto
sequestro.
Un'ipotesi questa che l'azienda ritiene però come
letale per il futuro della produzione: quando quindici giorni fa gli era
stato negato il dissequestro del prodotto, aveva annunciato la cassa
integrazione per circa 4000 dipendenti, tra Taranto, Genova e gli altri
stabilimenti sparsi nel mondo. "Così si fermano - spiega l'azienda -
tutti i centri di servizio come Torino, Milano e Padova, gli impianti
marittimi di Marghera e Genova oltre a quelli dell'Hellenic Steel di
Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti
in Francia". Allarmati dalla situazione, il Governo aveva fatto
approvare di tutta fretta un emendamento per spiegare che anche quel
prodotto andava dissequestrato. Una tesi che evidentemente non convince
la procura di Taranto che ieri ha detto di no. "A questo punto -
dicono i sindacati - la situazione diventa davvero difficile:
aspettiamo comunicazioni dall'azienda. Quest'anno, per la prima volta,
anche la tredicesima è stata pagata in ritardo. Qui c'è gente che ha
mutui, scadenze. Un discorso di questo tipo non è accettabile" (Repubblica)
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