Questa sera alle 21.30 su RaiTre la trasmissione Presadiretta di Riccardo Iacona sarà interamente dedicata all'inchiesta sull'Ilva.
Interverrà anche il ministro circense Clini con qualcuno dei suoi numeri di equilibrismo impossibile. Alcune frasi già circolano per le agenzie di stampa:
“Grazie al lavoro della magistratura di Taranto,
che ha fatto un lavoro di supplenza incredibile rispetto alle
amministrazioni pubbliche”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Ambiente,
Corrado Clini, intervistato da Riccardo Iacona per Presadiretta, che va
in onda su Rai Tre alle ore 21 e 30, tutta dedicata al caso
Ilva. “I dati delle centraline esterne – spiega Clini – mettono
in evidenza che la situazione è progressivamente migliorata. In parte
perché‚ le misure imposte dalla magistratura come la riduzione della
produzione hanno determinato già un primo effetto. Ma non solo questo.
Gli interventi sui parchi minerali sono importanti”. Secondo il ministro
poi il risanamento dell’Ilva può e deve essere fatto in tre anni:
“Quello che penso io e che il risanamento di questo stabilimento può
avvenire in 36 mesi. In 36 mesi l’Ilva arriverà a non inquinare più".
Sul
sequestro dell’acciaio secondo il ministro "si potrebbe consentire
all’Ilva di venderlo e la Magistratura potrebbe sequestrare il ricavato
di quelle vendite al posto di tenere tutto l’acciaio bloccato. Comunque i
nostri uffici stanno anche controllando se è vero quello che l’Ilva
sostiene,cioè che se non vende l’acciaio entra in crisi di liquidità e
non può andare avanti con la produzione e tra pochi giorni lo
scopriremo". (GdM)
Oltre alle battute del capoclown però circola anche tutto quello che il Ministro non dice:
Ilva, ecco i dati che il ministro Clini non cita mai
Qualche mese fa abbiamo incontrato a Taranto il ministro dell’ambiente Corrado Clini per parlare dell’Ilva.
Era un incontro con le diverse associazioni e io chiesi al ministro
come mai a Genova lui sostenne, per la stessa azienda e per le stesse
problematiche inquinanti, la chiusura dell’area a caldo.
Per Genova infatti
Clini affermò: “La chiusura dell’altoforno e della cokeria delle acciaierie
è una questione urgente. Sul piano dei danni ambientali,
dell’inquinamento e della salute dei cittadini siamo già in ritardo”.
Dopo avergli letto testualmente queste parole di fronte alle massime
autorità locali, Clini si limitò a dire che quello era un altro contesto
e che non si potevano fare parallelismi.
Nella recentissima visita
a
Taranto (quella del 23 gennaio) ha sottolineato: “Non abbiamo un piano B
se la Consulta dovesse dire che la legge 231 è incostituzionale”.
Ed
eccoci di fronte ad una governo di “tecnici” che non trovano soluzioni
tecniche alternative. Questi sono i tecnici dell’esistente. Gestiscono
la realtà senza progettare le alternative.
Questi “tecnici” per me
sono stati una grande delusione. Non sono migliori dei “politici”. In
passato hanno scritto le relazioni tecniche per chi ha governato. Fanno
sostanzialmente parte dello stesso mondo, hanno scritto gli
allegati tecnici delle leggi.
Ora sono sostenuti da un arco politico trasversale, loro ne hanno
fornito il paravento tecnico. Hanno offerto una facciata tecnica a
scelte sostanzialmente politiche. Non cercare (e quindi non trovare)
alternative
è una scelta politica. Perché non
prospettare alternative per Ilva? Semplice: perché altrimenti dovrebbero
tagliare le spese militari e ritirare il contingente dall’Afghanistan.
Questo sarebbe il costo del “piano B”.
Ecco perché oggi tutti si aggrappano al solo
“piano A”,
quello della legge 231 che vorrebbe dare l’autorizzazione a continuare a
produrre, nonostante l’ordinanza della Procura che, sulla base delle
perizie, ha dichiarato pericolose le emissioni dell’Ilva per la salute
dei cittadini e del lavoratori.
Cercherò qui di riportare le ragioni per cui
la Procura ritiene pericolose le emissioni attuali.
Va
prima di tutto precisato che gli attuali impianti sono gli stessi su
cui è avvenuta la perizia dei tecnici della Procura. Non è cambiato
nulla nelle tecnologie, quelle erano e quelle sono, nonostante la tanta
proclamata AIA del 2012. Gli impianti dell’area a caldo (la stessa area a
caldo che Clini ha voluto far chiudere a Genova) a Taranto sono
caratterizzati
da queste emissioni :
Emissioni non convogliate delle polveri nel processo di
cokefazione:
1 g/t è il valore minimo Bref (la prestazione con la migliore tecnologia)
69.6 g/t è il valore stimato dal gestore post-intervento AIA 2011
17,2 g/t è l’inquinamento massimo consentito dalle Bref
Ossia: le emissioni della cokeria dell’Ilva con l’AIA sarebbero circa 70 volte superiori a quanto consentirebbe la migliore tecnologia!
Queste
sono le cose che Clini non dice ai giornalisti. E va constatato che la
Regione Puglia di Nichi Vendola è stata concorde nel consentire queste
emissioni approvando l’AIA del 2011.
La
cosa ancor più grave è che la nuova AIA (e la stessa legge 231 che
consente all’Ilva di continuare a produrre) non mette in crisi il dogma
di fondo: l’autorizzazione della cokeria a 300 metri dal centro abitato. Mettere
in dubbio questo dogma significa che l’Ilva deve comprare coke,
riducendo i margini di profitto. Ma i dogmi vanno messi in dubbio e –
come ai tempi di Galileo – la scienza smentisce il Potere.
Infatti
una cokeria – anche se dotata di BAT recenti – non è in grado di
scendere sotto 1 ng/m3 di benzo(a)pirene (inquinante cancerogeno e
genotossico) nel raggio di 1700 metri, come ha documentato PeaceLink
nelle proprie osservazioni presentate per l’AIA (Autorizzazione
Integrata Ambientale). Quel valore equivale per un bambino a respirare
un quantitativo complessivo di benzo(a)pirene cancerogeno pari a 700 sigarette all’anno.
Le
emissioni registrate dall’Arpa negli ultimi mesi indicano una riduzione
delle concentrazioni di polveri e benzo(a)pirene, ma tutto questo è
avvenuto in condizioni di stretta sorveglianza dei
custodi giudiziari, di riduzione delle commesse e di veri e propri
fermi. Un ritorno della produzione in condizioni di normalità sarebbe il
ritorno a quanto già conosciamo.
Il vero problema è
che per questa azienda fare profitto ha bisogno di marciare senza
intralci. Il motto era: produrre, produrre, produrre. I premi di
produzione erano legati ai ritmi che hanno fatto schizzare
il benzo(a)pirene ai livelli che abbiamo conosciuto.
La cokeria a 300 metri dalle case – assieme ai parchi minerali a cielo aperto – sono la vera grande criticità dell’Ilva.
In Europa ormai le cokerie sono allontanate dai centri abitati e su questo punto i tecnici si sono concentrati con
appositi studi.
Molto
chiari sono infatti i risultati degli studi riportati in Atmospheric
Environment 43 (2009) 2070–2079. Lo studio è stato condotto da Diane
Ciaparra (Corus Research, Development and Technology, UK), Eric Aries
(Corus Research, Development and Technology, UK), Marie-Jo Booth (Corus
Research, Development and Technology, UK), David R. Anderson (Corus
Research, Development and Technology, UK), Susana Marta Almeida (ISQ,
Portogallo), Stuart Harrad (Division of Environmental Health & Risk
Management, Public Health Building, School of Geography, Earth &
Environmental Sciences, University of Birmingham, UK).
A
conferma del fattore “distanza” e delle criticità della cokeria di
Taranto, c’è anche uno studio scientifico svolto a Genova che conferma
quanto sopra asserito dai tecnici della Corus Research per il
benzo(a)pirene. A Genova il “raggio di pericolo” sotto il quale il
benzo(a)pirene non scendeva sotto al valore ddi concentrazione di 1
nanogrammo a metro cubo era 1900 metri.
Quando a Genova hanno chieso le cokerie “
il benzo(a)pirene è diminuito fra il 92 e il 97%” ha documento il dott. Federico Valerio. E’ tutto documentato in questa ricerca scientifica: Se
questo è vero per Genova è anche vero per Taranto, anzi è ancor più
vero per Taranto, dato che la produzione di Genova è stata spostata
all’Ilva di Taranto, dopo la chiusura dell’area a caldo di Genova.
Appare
del tutto evidente che la Magistratura di Taranto ha ragioni tecniche
da vendere e solo una classe di governo sorda, cieca e incompetente può
andare avanti solo con il “piano A”, ignorando il peso di questi dati.
Particolarmente grave è la situazione del camino E312 dell’impianto
di agglomerazione dell’Ilva di Taranto che – benché abbia attirato
l’attenzione per le emissioni di diossina – è attualmente fuori dalle
BREF (le migliori tecnologie) per le polveri/orarie:
La
differenza in massa delle polveri emesse tra i valori misurati e quelli
di riferimento del BREF-BAT Conclusions della fase di processo
Sinterizzazione sono:
Minimo Bref 3,4 kg/h
Misurato dal gestore Ilva 85,5 kg/h
Massimo Bref 51 kg/h
Come si vede le emissioni di polveri di quel camino (noto per emettere diossina) si attestano su quantitativi orari di polvere 25 volte superiori rispetto ai minimi emissivi consentiti con la migliore tecnologia.
Anche il sistema di depolverazione secondaria dei camini E 314 ed E 315 si pone anch’esso al di fuori delle BREF per le polveri:
55,57 kg/h misurato dal gestore Ilva
Massimo Bref 17 kg/h
Per l’altoforno le cose non vanno benissimo, in quanto le prestazioni si collocano nella fascia peggiore delle Bref:
Altoforno, fase processo di caricamento minimo Bref polveri 2,14 kg/h
misurato dal gestore 29,88 kg/h
massimo Bref 31,97 kg/h
Come si vede si potrebbero ottenere emissioni orarie 14 volte inferiori con la migliore tecnologia.
E a 300 metri dalle abitazioni bisognerebbe utilizzare la migliore
tecnologia. E magari allontanare gli altoforni. L’acciaieria a Taranto
fu infatti clamorosamente costruita “al contrario”, con l’area a caldo
vicina alle case e l’area a freddo lontana, mentre doveva essere fatto
l’esatto opposto. Ma questa “inversione” dello schema non è stato
minimamente preso in considerazione, perché invertire la collocazione
spaziale degli impianti costerebbe troppo.
E così anche la fase di colaggio ghisa e loppa fornisce
– non lontano dalle case – prestazioni che sono inaccettabili, se si fa
riferimento all’art.8 del dlgs 59/2005 (ultilizzo delle migliori
tecnologie in assoluto). Infatti:
minimo Bref 0,42 g/t di ghisa
misurato dal gestore Ilva 40,1 g/t
massimo Bref 41,95 g/t
In
poche parole se venisse adottata la migliore tecnologia in assoluto, in
questa fase produttiva avremmo una diminuzione delle emissioni orarie
di 95 volte. Oggi le case degli abitanti del quartiere Tamburi (che sono state costruite prima e non dopo l’acciaieria) vengono invase da questi fumi.
Il ministro Clini chissà se ha mai dato un’occhiata – dato che è un “tecnico” – ai dati dell’acciaieria vera e propria, cioè a quegli impianti che i tecnici della Procura hanno criticato per le seguenti emissioni di polveri:
minimo Bref: 14 g/t di acciaio
massimo Bref: 143 g/t
stimato dal gestore Ilva post interventi AIA 2011: 218,68 g/t
In parole povere l’attuale valore di emissioni dell’acciaieria è ben 15 volte superiore a quello consentito dalla migliore tecnologia.
Ma la grande questione è quella dei grandi parchi minerali dell’Ilva che dovrebbero essere coperti “entro 36 mesi” (lo dice l’AIA 2012). Costo stimato: un miliardo di euro.
Troppo. Gli esperti dell’AIA hanno dato tre anni di tempo per ragioni
economiche. E un bambino che nasce oggi nel quartiere Tamburi dovrebbe
respirare quelle polveri per i suoi primi tre anni?