martedì 9 ottobre 2012

Tra i buffoni spunta il solito Buffo...

Non è per copiare, ma per diffondere il più possibile (annunciamo un po' in sordina che il nostro blog ha toccato quota 500 visite in un giorno!) l'ottimo post pubblicato sul blog di Corporeus Corpora che rende giustizia tecnica e giuridica della nostra "più ironica" visione di quella bimba capricciosa che si chiama Ilva di Taranto. Riportiamo il testo integralmente per completezza ma vi inviatiamo a leggerlo direttamente sul loro blog cliccando qui

Ilva inizia gli spegnimenti ma ciurla nel manico: Corporeus corpora la pensa così 

Il neo direttore Buffo in conferenza stampa

Proviamo a vedere che accade se quel che l'ingegner Buffo (neodirettore dell'ILVA di Taranto) comunica oggi, riguardo alle operazioni di spegnimento e bonifica - ex misure cautelari, lo mettiamo a confronto col testo del provvedimento di rigetto dell'istanza già presentata dall'azienda e respinta drasticamente dalla dottoressa Todisco. Documento da noi non a caso pubblicato integralmente nella tarda serata di ieri. In più, alcune considerazione tecniche necessarie sulle tempistiche di spegnimento.



Iniziamo la disamina, volutamente scevra da considerazioni di mercato e geopolitiche (che pure hanno parte non piccola nella faccenda, sebbene mai se ne parli), partendo da quel che abbiamo appreso dalle labbra del dottor Buffo, utilizzando le parole de "La Repubblica":




"L'altoforno 1 sarà spento entro la fine di novembre. E' stato affidato l'incarico alla società Paul Wurth, che si occuperà anche del progetto per ricostruirlo". Annuncia il direttore dello stabilimento Ilva di Taranto, Adolfo Buffo durante la conferenza stampa convocata per tranquillizzare gli animi e spiegare le strategie dell'azienda."Tutte le attività prescritte sono state realizzate e comunicate ai custodi giudiziari", continua Buffo che annuncia anche l'intenzione di procedere allo spegnimento dell'altoforno 5, il più grande d'Europa. "La società Paul Wurth ha ricevuto incarico il 4 ottobre scorso dall'Ilva di progettare lo spegnimento dell'altoforno 5", spiega il direttore dello stabilimento. La Paul Wurth ha cominciato a raccogliere i disegni della struttura dell'altoforno, che venne costruito dai giapponesi della Nippon Steel. Il tutto "è stato comunicato ai custodi giudiziari", riferisce ancora Buffo. Tempi lunghi, però, per lo stop, previsto per il primo luglio 2015: la sua ricostruzione si concluderà il 31 dicembre 2015.

Per avere nozione più estesa delle dichiarazioni di Buffo, passate dall'ottimo blog Comitato per Taranto, che giunge a conclusioni simili alle nostre.
Proseguiamo intanto col mostrarvi l'articolo del
Corriere del Giorno in cui appena due giorni fa si scriveva per sommicapi quali fossero i più recenti ordini dei custodi e della procura, a quanto pare rivolti a reprimere comportamenti dilatori:



Riassumendo, "lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, la dismissione dell'altiforno 3 (da sottoporre a bonifica), lo stop di 7 batterie e interventi di bonifica delle acciaierie".
A questo punto occorre far presente due cose fondamentali:

  • La prima è che l'altiforno 5, il meno obsoleto (ma comunque quasi trentennale) ed il più grande, è il cuore della produzione, che potrebbe svolgersi quasi interamente lì. Ovviamente è anche il più inquinante, per ragioni di quantità: non a caso ne è stato ordinato il rapido spegnimento
  • La seconda è che non esistono ragioni di ordine tecnico che giustifichino una tale differenza di tempistiche tra lo spegnimento del cosiddetto AFO1 e quello dell'AFO5. Parliamo infatti di quasi 3 anni. Immaginiamo intanto che la ricollocazione dei 942 operai internamente all'azienda, promessa da Aldo Buffo, si realizzi con lo spostamento da un altiforno all'altro, allo scopo di mantenere inalterata la produzione e inevitabilmente l'inquinamento. Bonis Pauca.

In merito a quanto qui sopra affermato riportiamo delle fonti (Politecnico di Torino):



L'altoforno è una struttura in muratura rivestita al proprio interno di refrattari dove si raggiunge una temperatura di 2 mila gradi e avviene la fusione.
Mentre la cokeria, l'impianto più inquinante, ha un ciclo di vita che può arrivare a 40 anni, l'altoforno ha una vita media di 12-15 anni.
In questo arco di tempo marcia 24 ore su 24 a regime termico costante. [...]

Il blocco dell'attività produttiva è un aspetto molto critico e delicato, perchè può produrre danni enormi a tutta la filiera siderurgica se non operato correttamente.
L'impianto più complicato da fermare è la cokeria, formata nel caso di Taranto, da una serie di circa 200 forni in sequenza. [...]

Per fermare la cokeria pugliese servono almeno 2 mesi.
Molto meno, una ventina di giorni, dovrebbero essere sufficienti a bloccare e svuotare ciascuno degli altoforni.
Anche qui, il minimo errore può provocare il crollo dell'impianto, ovvero il cedimento interno di tutto il materiale refrattario.
L'altoforno è una sorta di reattore, alto fra i 35 e i 40 metri, con una base, detta crogiolo, di 14 metri. [...]

«Anche se non si verificassero guasti - dice Carlo Mapelli, docente di metallurgia al Politecnico di Milano, al sito siderweb.com - il tempo per rimandare a regime l'area a caldo dell'Ilva sarebbe tra i sei e gli otto mesi».
Questo breve testo ci permette alcune considerazioni importanti. Ogni tot anni (15 parrebbe) gli altiforni sono in qualche modo "rigenerati". Per condurre in porto questa operazione, certamente delicata, tali impianti devono essere "spenti". E quindi riaccesi. Ciò indica che la cosa non solo è possibile, ma che avviene necessariamente ed è già avvenuta varie volte dagli anni '60 in poi. Andando a buon fine, sia nel fermare che nel ripartire. Come tecnici di provata esperienza ci hanno altrove confermato.

Prendiamo per buone queste tempistiche: più o meno 20 giorni per spegnere gli altiforni (senza chissà quali differenze tra l'uno e l'altro), sei/otto mesi per "riaccenderli"; due mesi per arrestare invece le cockerie.

Alla luce della tecnica attuale parrebbe pertanto che 3 anni per cessare le attività altamente inquinanti dell'AFO5 siano davvero una mostruosità.

La motivazione "tecnica" di tale enorme differenza nelle tempistiche di spegnimento degli altiforni 1 e 5 riteniamo sia pertanto inaccettabile.

Passiamo adesso alla grande ossessione italica, il diritto, tanto bello a leggersi quanto tristemente ovunque inapplicato. In questo caso, alla cosiddetta norma del caso singolo, quella che promana dal giudice naturale. In questa fase del procedimento dal GIP e dal Tribunale del riesame.

Quale fonte migliore se non, appunto, l'ultimo provvedimento del GIP che rigettava le richieste aziendali di proseguire la produzione?

In quelle pagine, a vostra disposizione su Corporeus corpora, leggiamo fra le altre cose questo:

 




Il PM chiama i custodi alla pronta eliminazione (non riduzione) delle emissioni nocive ancora in atto (cioè tutte quelle ancora in atto), immediatamente. Fin qui, appunto, la Procura, che abbiamo già visto esprimersi in modo ancora più cogente e dettagliato, successivamente all'atto in questione, nell'articolo del Corriere del Giorno. Ma, al solito, Patrizia Todisco nulla lascia al caso e passa a riferirsi all'altra fonte, a lei sovraordinata, ovvero il Tribunale del riesame. Che cita per lunghissimi estratti:

 


 
"L'obiettivo è uno ed uno solo, ovverosia il raggiungimento, il più celermente possibile, del risanamento ambientale e l'interruzione delle attività inquinanti." Molto chiaro, posto che appunto gli altiforni 1 e 5 inquinano e se ne ordina lo spegnimento. Ancora:

 


Nel conflitto, laddove esistente come a Taranto, tra "iniziativa economica e diritto alla salute (dei cittadini e dei lavoratori) è scontato che debba prevalere il secondo... per la stessa previsione - contenuta nell'articolo 41 cpv. della Costituzione - che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana". Forse non è scontato ricordare che la dignità (umana) e la sicurezza sono generate dalla salute personale ed ambientale. In assenza di tali requisiti non c'è nemmeno libertà, se non quella di sopportare ansia, dolore e finanche morte.
E continuiamo col riesame, ancora citato, sul perchè dell'azienda non ci possa fidare:

 


Qui non c'è nemmeno da evidenziare, solo da leggere. Senza procura, custodi, GIP, riesame, ILVA ha dimostrato negli anni la sua capacità di sgusciare, elidere, rallentare quasi ogni operazione che comportasse costi. E' idea di Corporeus Corpora che anche oggi, mediante il dottor Buffo, abbia fatto lo stesso.
Ma non precorriamo i tempi, qui parla il direttamente GIP, traducendo a parole i richiami del riesame a realtà e Costituzione, appena letti :

 



"... non è possibile aspettare i 3 o 4 anni previsti da ILVA per realizzare le misure indicate (peraltro non assolutamente sufficienti) ed in attesa di subire le sue dannose emissione, occorre invece adottare un piano drastico che da subito impediscxa l'attività inquinante...".

Se pensate ai tempi, indicati da ILVA oggi, per lo spegnimento di AFO5 (previsto nel 2015, quindi tra 3 anni pieni), torniamo infine alle solite profferte e promesse aziendali, a cui risponde negativamente il GIP già con questo provvedimento datato 29.9.2012. Ci paiono semplicemente ripresentate sotto mentite spoglie.

Prima di trarre le conclusioni accludiamo un'ultima parte testuale, in cui il GIP accuratamente riporta un passo chiave vergato dal riesame. Esso per certi aspetti pare davvero tagliare la testa al toro, riparando all'ambiguità, da noi all'epoca prontamente stigmatizzata, dell'originario dispositivo:




Nel passo, citato dalla dottoressa Todisco, il riesame ammette "la gravità e l'attualità dell'emergenza sanitaria ed ambientale" ai fini di un "tempestivo intervento... funzionale alla neutralizzazione delle fonti inquinanti e, conseguentemente, alla eliminazione delle emissioni illecite." e prosegue che "va condiviso pienamente quanto osservato dal GIP... allorquando viene specificato come la situazione di grave ed attualissima emergenza ambientale e sanitaria imponga l'immediata adozione del sequestro preventivo - senza facoltà d'uso" e che "solo la compiuta realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo.... potrebbe legittimare l'autorizzazione .... ad una ripresa della operatività dei predetti impianti".

Che ne deduciamo?
In primo luogo il riesame, organo sovraordinato alla procedura, accetta dati e deduzioni del GIP. In secondo luogo parla di una "ripresa" eventuale, quando e se tutte le emissioni oltre le soglie saranno neutralizzate. Mai di una continuazione. Una ripresa.

E quando si riprende? Dopo che ci si è fermati, necessariamente, nella produzione di inquinamento letale.
E quando ci si ferma? "Immediatamente", poichè la minaccia è "gravissima ed attuale" e l'inquinamento deve cessare integralmente "il più celermente possibile". A parere concorde di Procura, GIP, Riesame, periti, ARPA.

Corporeus corpora ritiene pertanto che le dichiarazioni rese in conferenza stampa dal direttore Buffo, all'apparenza rivolte a soddisfare le richieste del tribunale (e così presentate dai media), appartengano invece alla usuale strategia ILVA di guadagnar tempo, rimanendo inerte sugli snodi importanti e costosi del gigantesco problema, da loro causato. Oltrechè da controlli palesemente morbidi e disattenti. E forse penalmente rilevanti.

Nessuna motivazione a nostra conoscenza, vuolsi di carattere tecnico o giuridico o processuale (con voi ormai condivisa), portano a ritenere che lo spegnimento di un impianto obsoleto, già da tempo messo a regime bassissimo, più la chiusura di due batterie integrino minimamente quel che il diritto chiede e la tecnica consente. Per tacere di morale e buon senso.

Un'altra brutta pagina che prima Italsider, oggi ILVA, ci pare regalino a questa angosciata comunità. Una brutta pagina come sempre amplificata dai media.
Alla luce di quanto da noi raccontato, guardate un pò che servizio manda in onda Repubblica, ad esempio:

Intervista di Repubblica Web a Palombella, UILM - clicca qui

Molto più interessante sarebbe parlare in concreto di bonifiche, magari aprendo un dibattito pubblico.
Magari al margine di un grande convegno, di cui da tanto auspichiamo l'avvento.

Wired ha iniziato. Leggete QUI.

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