Ilva fa un passo indietro. «L'Aia ci danneggia»
Da Arcelor al gruppo Hebei l'acquirente si trova a Est
Taranto 21esima al mondo per acciaio prodotto
Per manifestazioni d'interesse il Porto diventa strategico
«Per il momento non è ipotizzabile lasciare Taranto». Ma è come
dire: un domani chissà. «Per noi significa minore competitività e quindi
i nostri competitori europei nei prossimi anni potranno produrre in un
regime assolutamente diverso dal nostro, cioè più favorevole alla loro
produzione». E ancora: «Dobbiamo valutare anche la nostra futura
capacità produttiva: c'è un limite che è stato indicato, dobbiamo
verificare se è coerente con l'impegno finanziario che ci viene
richiesto». Tre indizi, quelli lanciati ieri dal presidente dell’Ilva,
Bruno Ferrante, all’uscita dal ministero dell’Ambiente rispondendo a chi
gli chiedeva dell’eventualità di lasciare il sito di Taranto. Tre
indizi che non sempre fanno una prova. Ma qualche volta sì. E allora si
può anche prendere in considerazione l’ipotesi che il gruppo Riva metta
in vendita le acciaierie di Taranto. Ma chi potrebbe comprarle? Lo
sguardo deve essere rivolto a Est, laddove si è spostato il baricentro
del mondo: la Cina produce il 45% dell’acciaio mondiale e dieci anni fa,
nel 2002, era solo al 15 per cento. Per rendere l’idea, se i cinesi
producono quasi 700 milioni di tonnellate di acciaio, l’Italia — che
pure è undicesima — non arriva a 30 (e gli Usa, terzi, non superano 90).
La conferma arriva anche dall’occupazione: su quasi due milioni di
addetti che lavorano nelle acciaierie, un milione e 250 mila sono in
Asia, contro i poco meno di 230 mila in Europa (circa 37 mila in
Italia). È in Asia, quindi, che occorre cercare i colossi mondiali dell’acciaio. In Asia perché non c’è soltanto la Cina, in prima fila, ma anche l’India: il più grande gruppo produttivo al mondo di acciaio è l’indo-franco-lussemburghese ArcelorMittal con 97,2 milioni di tonnellate all’anno secondo i dati 2011 della Worldsteel association. A seguire, in classifica, c’è solo oriente: il secondo gruppo è il cinese Hebei (44,4 milioni di tonnellate), il terzo il cinese Baostell group (43,3 milioni), il quarto la coreana Posco (39,1 milioni), il quinto il cinese Wuhan group (37,7 milioni). E l’Europa? I tedeschi di Thyssen Krupp, con 17,9 milioni di tonnellate, si fermano al 16esimo posto e il gruppo Riva, il numero uno italiano, a livello mondiale è solo 21esimo. Insomma, il primo della serie B, se la A, come nel calcio, si restringe ai primi 20. Se mai i Riva mettessero in vendita l’Ilva e se mai si facesse avanti un compratore, questo non potrebbe quindi che essere indiano o cinese. Più probabilmente cinese, considerando la strategicità del porto jonico che più o meno periodicamente, tra alti e bassi, ha nell’ultimo decennio attirato l’attenzione degli operatori con gli occhi a mandorla. Se lo sguardo a Est, per i compratori, è scontato, non altrettanto lo è la convenienza dell’operazione. La tempistica, al contrario, non è delle migliori per un venditore. Le ultime statistiche di Worldsteel evidenziano come nello scorso mese di agosto nell’Unione europea sono state prodotte 12,2 milioni di tonnellate di acciaio grezzo, il 4,4% in meno rispetto ad agosto 2011 e — su base giornaliera — il minimo da dicembre 2009. Con un calo di produzione mensile, a livello globale, dell’1% e dell’1,7% in Cina. Sì, anche in Cina, perché persino i cinesi hanno sbagliato i calcoli: la sovraproduzione di acciaio, con conseguente discesa dei prezzi, riguarda anche loro. Una volta che sarà smaltita, però, non c’è dubbio che la produzione di acciaio a ritmi elevati ripartirà da lì, da oriente, così come fa il sole ogni mattina. E se il mondo, non solo dell’acciaio, negli ultimi vent’anni si è davvero spostato a Est, non è escluso che non possa accadere anche a Taranto.
2 commenti:
Buon pezzo.
Vorrei sottolineare però che su queste dimensioni e per queste tipologie produttive non si tratta più solo di "mercato" ma di politica internazionale.
Arcelor Mittal si sta ritirando quasi ovunque dall'Europa.
Ma con questo non voglio dire che ci sia via libera per la Cina... anzi.
Forse è proprio sbarrata e non certo dal governo italiano, piuttosto filocinese...
prima o poi scriverò al riguardo, sto cercando le fonti necessarie.
Ad ogni modo hai centrato il punto, ciò che si sta muovendo lo fa per il mercato, più che per altro.
E i tarantini subiscono ancora.
Si, sapevamo del bluff di Arcelor... In generale basta citare l'Est per evocare le paure... non a caso queste cose compaiono sui "media amici" non di certo su riviste serie di finanza e industria!
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