domenica 14 ottobre 2012

La solita porcata...

Ilva, ambientalisti: "Il limite Aia è un bluff" Esposto in procura, cittadini in piazza

Polemica sull'abbassamento del 50 per cento della capacità produttiva dello stabilimento rispetto alla precedente autorizzazione. Bonelli: "Documento sovrapponibile alle proposte dell'azienda". Peacelink: "Garantita la produzione attuale dovuta alla crisi, e resta l'inquinamento". In nodo delle migliori tecnologie: "La commissione ammette la propria incompetenza, ma autorizza"
TARANTO - La nuova Autorizzazione ambientale per l'Aia non convince gli ambientalisti che si rivolgono nuovamente alla magistratura, dopo la presentazione del documento da parte del ministro Corrado Clini. Mentre i cittadini di Taranto scendono in pizza per chiedere ancora garanzie di salute e lavoro, Verdi e associazioni spulciano nelle carte e puntano il dito contro un passaggio dell'Aia in cui la commissione si dichiara incompetente a valutare l'efficacia dell'impiego delle "migliori tecnologie disponibili"; tecnologie che comunque, in base agli studi scientifici presentati dagli ambientalisti non sono comunque in grado di abbattere le emissioni in misura significativa.

DOCUMENTI LA NUOVA AIA PER L'ILVA
Nuova Aia Ilva

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"Un bluff quel limite alla produzione" - "Il ministro fornisce un annuncio che non garantisce riduzioni di inquinamento in quanto, anche con 7 milioni di tonnellate/anno, nel quartiere Tamburi di Taranto è stato sforato il limite di 1 nanogrammo/m3 di benzoapirene, che è un pericoloso cancerogeno emesso in massima parte dalla cokeria Ilva". Lo sostiene Alessandro Marescotti, presidente
di Peacelink Taranto, riferendosi ai contenuti della nuova Autorizzazione integrata ambientale per l'azienda siderurgica. Autorizzazione che appena sarà ufficiale, verrà esaminata dalla magistratura. "Formalmente il provvedimento dell'Aia all'Ilva ancora non c'è nel senso che non è ancora ufficiale e definitivo - ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio - quando ci sarà, lo leggeremo e lo esamineremo con molta attenzione".

Il no degli ambientalisti - Secondo il presidente dell'associazione ambientalista, l'annunciata riduzione "della produzione da 15 a 8 milioni di tonnellate di acciaio all'anno è un bluff. L'attuale crisi internazionale dell'acciaio - aggiunge Marescotti - non consente di produrre oltre le 8 milioni di tonnellate di acciaio all'anno in quello stabilimento. L'Ilva non riesce a produrre tecnicamente più di 10 milioni di tonnellate/anno". "Non ha impianti sufficienti per produrre 15 milioni di tonnellate/anno e infatti - conclude Marescotti - non è mai arrivata a tali risultati produttivi". Sulla stessa linea il commento di Angelo Bonelli, leader dei Verdi, per il quale "il massimo della vergogna però è l'aver deciso di tenere fuori dall'istruttoria la questione sanitaria e dati epidemiologici, che ancora oggi non sono stati resi pubblici". "Il parere istruttorio Aia non risolve problemi ma li sposta nel tempo - sostiene Bonelli - ed è sovrapponibile alla proposta dell'Ilva presentata alcuni giorni fa dal direttore del Polo siderurgico Buffo. Questa Aia consente a Ilva di mantenere inalterata l'attuale attività produttiva, e l'altro scandalo è il rifiuto da parte del ministero dell'Ambiente di introdurre le migliori tecnologie in assoluto così come previsto dal codice ambiente".

Il nodo delle migliori tecnologie, nuova denuncia in Procura - Al centro della polemica il documento del ministero e la questione delle migliori tecnologie, indicate come Bat nel testo. "L'efficacia delle Bat non è di competenza della Commissione nell’ambito della procedura di Aia", si legge a pagina 124 della documentazione. Di qui, la decisione di Peacelink di presentare un esposto in Procura: "Avevamo inviato alla Commissione AIA - si legge in un comunicato dell'associazione - uno studio scientifico che documentava con apposite misurazioni come anche l’adozione di migliori tecnologie disponibili non è in grado di assicurare, nel raggio di 1700 metri da una cokeria dotata di Bat, un valore concentrazione di benzo(a)pirene inferiore a 1 nanogrammo a metro cubo. Appare evidente che di fronte a una situazione di pericolo segnalata la commissione Aia non dà risposte sulla sussistenza o sulla eliminazione del pericolo stesso ma dichiara che non è di sua competenza valutare l'efficacia delle migliori tecnologie disponibili che a tale pericolo dovrebbero dare una risposta. E' un'esplicita ammissione di inadeguatezza e ciò nonostante si autorizza un impianto che la Procura della Repubblica considera pericoloso. PeaceLink ha pertanto deciso di portare tutte le proprie informazioni sugli impianti alla Procura della Repubblica unitamente alla documentazione Aia con l'evidenziazione delle carenze osservate". (Repubblica)


Ilva, la Procura chiede garanzie

Adesso che l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per l'Ilva c'è e le sue prescrizioni ferree sono note (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), a Taranto ci si chiede: basterà questo provvedimento, che obbliga l'azienda a risanare, ad evitare la chiusura della fabbrica da parte dei magistrati? Il procuratore capo della Repubblica, Franco Sebastio, non si sbilancia, nè risponde al ministro Corrado Clini che l'altra sera ha auspicato la possibilità di superare ogni conflitto. «Il giudizio sull'Aia non possiamo certo darlo adesso – osserva il procuratore – per il semplice fatto che il provvedimento definitivo non c'è. Esiste solo una bozza che deve compiere ancora qualche passaggio prima di diventare decreto. Quando l'atto sarà ufficiale, lo studieremo e valuteremo».
E tuttavia qualche paletto, inteso come garanzia di attuazione, Sebastio sembra porlo quando dice che «bisogna anche intendersi sulla realtà che abbiamo difronte. Ovvero se pensiamo che lo stabilimento non sia pericoloso, allora gli diamo tempo, anni e forse anche decenni per mettersi a norma, ma se tutti conveniamo, come mi pare, che il pericolo c'è, allora la situazione è diversa». Insoluto è l'interrogativo se l'Ilva possa risanare producendo, e l'Aia (che sarà esaminata in Conferenza dei servizi il 18 ottobre) si muove senza dubbio in questa direzione, oppure se la produzione potrà riprendere solo a risanamento compiuto, dopo l'eliminazione delle emissioni nocive, la fonte del reato, che, a luglio, ha fatto scattare l'ordine di sequestro.
«Leggo – osserva ancora Sebastio – che l'Ilva dovrebbe scendere con la produzione di acciaio da 15 milioni a 8 milioni di tonnellate l'anno. Non sono un tecnico ma vado a memoria perchè vivo a Taranto: anche negli anni migliori, l'Ilva si è sempre attestata intorno ai 9 milioni. Poi, se sto al Tribunale del Riesame, la cui pronuncia non è stata appellata dall'azienda in Cassazione, l'Ilva nemmeno 1 milione di tonnellate potrebbe produrre».
In verità, già un mese fa Sebastio è stato molto esplicito quando ha detto, proprio per spazzare via ogni equivoco, che all'azienda è «inibita» la produzione, e coerente con questa direttiva è anche l'ultimatum di sabato scorso dei custodi all'Ilva: avviate entro cinque giorni le operazioni di spegnimento.
Sembrerebbe difficile un allentamento della tensione. Però, più volte lo stesso Sebastio ha manifestato piena disponibilità ad esaminare le proposte dell'Ilva, per cui non è azzardato pensare che un nuovo piano aziendale attuativo dell'Aia, con cronoprogramma e finanziamenti, potrebbe aprire scenari diversi. Dalle prossime mosse dei custodi si capirà in quale direzione si va. (Sole24h)

1 commento:

Abate di Théléme ha detto...

inizio a ritenere che per tutti ILVA sia un caso disperato.
Al massimo il gioco sarà a ritardare la chiusura di qualche mese e ho serissimi dubbi, come da miei post precedenti riportati qui, che ciò possa accadere.
Vi dico questo perchè nell'AIA c'è comunque lo stop alle cockerie, che nel sistema produttivo ILVA hanno svariate funzioni collaterali di grande importanza, oltre alla produzione del pet coke. E tra l'altro sono certamente (non me l'ha detto nessuno, ma ci si arriva) uno dei sistemi con cui il prezzo dell'acciaio made in ILVA sta ancora sul mercato.
Quindi a mio parere, al di là di quel che si legge, la strada mi pare segnata anche nel percorso immaginato dai sostenitori della fabbrica, tra cui certamente ministri, presidenti di regione, sindaci, sindacati etc.
E non è che su di una chiusura di reparto si possa fingere più di tanto, come si faceva con le soglie da non superare che poi si superavano oppure erano mal poste oppure non si rilevavano appositamente, non so se rendo...
Se chiude si vede, se non chiude idem.
Alla prossima.