domenica 21 ottobre 2012

Stanno tutti "avvisati"..

Ai fornitori Ilva 59 avvisi di garanzia

La Procura fa luce sulla truffa che ha portato l'Ilva a pagare molto di più del loro reale valore una serie di beni strumentali consegnati da aziende fornitrici e spedisce 59 avvisi di conclusione delle indagini preliminari. Nel mirino finiscono i titolari di alcune imprese ma soprattutto diversi dipendenti dell'Ilva di Taranto, Genova e Milano, dove ha sede il quartier generale della società. Sono loro, infatti, con funzioni nella struttura aziendale degli approvvigionamenti, della liquidazione fatture e dell'organizzazione dei reparti, che avrebbero incentivato il meccanismo che ha portato l'Ilva a pagare su una serie di contratti oltre 3 milioni di euro in più rispetto al valore effettivo dei beni strumentali forniti.
Le accuse mosse dalla Procura sono associazione a delinquere finalizzata alla truffa e concorso in truffa. Sono 123 gli episodi finiti sotto la lente dei magistrati, i quali hanno aperto questo fascicolo nel 2009 su esposto alla Procura dell'avvocato Egidio Albanese, uno dei legali dell'Ilva. L'esposto segnalò ai giudici 24 dipendenti dell'Ilva come persone informate dai fatti e da qui ha preso le mosse l'inchiesta che adesso è approdata ad una prima tappa.
L'Ilva, dal canto suo, ha promosso anche un'indagine interna attraverso la Kpmg e bloccato i pagamenti alle imprese risultate coinvolte. I casi acclarati vanno dall'apparecchiatura pagata anche dieci volte di più il suo vero costo di mercato a materiale classificato in modo diverso, e cioè falso, in modo da essere pagato di più. Ma ci sono anche casi in cui sarebbe stato fornito all'Ilva materiale contraffatto.
La svolta nell'inchiesta sulle forniture piomba in un momento delicato per l'Ilva di Taranto. La nuova Autorizzazione integrata ambientale sarà firmata tra qualche giorno dal ministro Corrado Clini ma l'azienda rimane con tutte le sue riserve, esplicitate dal presidente Bruno Ferrante nella riunione di giovedì scorso a Roma. L'Ilva pone tre problemi: i costi dell'Aia (stime parlano di 3 miliardi), i tempi fissati dalle prescrizioni (dai progetti alle fermate impianti per i rifacimenti) ritenuti non fattibili sotto il profilo tecnico, l'agibilità effettiva dello stabilimento, la cui area a caldo continua ad essere sotto sequestro.
Intanto i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm mercoledì incontreranno l'azienda e anche se all'ordine del giorno non ci sono le vicende dell'attualità, le rinnoveranno comunque l'invito a mettersi in regola. «Se l'Ilva non rispetta l'Aia, che è l'autorizzazione a produrre prevista dalla legge, dovrà chiudere, non ci sono alternative» commenta Cosimo Panarelli, segretario Fim Taranto.
Nel frattempo la Procura sta valutando i contenuti dell'Aia ma certo non blocca la sua azione affidata ai custodi: spegnere gli impianti per porre fine all'inquinamento. E di Aia parla anche il direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, rispondendo all'Ilva che ritiene l'autorizzazione uno svantaggio competitivo perché dal 2012 dovrà attuare regole che in Europa i produttori d'acciaio applicheranno nel 2016 o forse solo nel 2020, se passerà la richiesta di proroga avanzata dai siderurgici tedeschi. «In verità - dice Assennato - l'Ilva ha già avuto anni di vantaggio competitivo rispetto ai suoi competitori europei se consideriamo il ritardo con cui è avvenuto il rilascio della prima Aia. Se l'azienda ora anticipa di quattro anni le migliori tecniche, ovvero le Bat conclusion europee, non sarà un grave danno - sottolinea il direttore generale di Arpa Puglia - perché le aziende che hanno anticipato l'Aia hanno poi avuto condizioni di mercato migliori in quanto le ristrutturazioni e le ambientalizzazioni non rappresentano un limite allo sviluppo dell'impresa, ma al contrario ne esaltano la competitività a livello mondiale».(Ilsole24h)

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