Ai fornitori Ilva 59 avvisi di garanzia
La Procura fa luce sulla truffa che ha portato l'Ilva a pagare molto di
più del loro reale valore una serie di beni strumentali consegnati da
aziende fornitrici e spedisce 59 avvisi di conclusione delle indagini
preliminari. Nel mirino finiscono i titolari di alcune imprese ma
soprattutto diversi dipendenti dell'Ilva di Taranto, Genova e Milano,
dove ha sede il quartier generale della società. Sono loro, infatti, con
funzioni nella struttura aziendale degli approvvigionamenti, della
liquidazione fatture e dell'organizzazione dei reparti, che avrebbero
incentivato il meccanismo che ha portato l'Ilva a pagare su una serie di
contratti oltre 3 milioni di euro in più rispetto al valore effettivo
dei beni strumentali forniti.
Le accuse mosse dalla Procura sono associazione a delinquere finalizzata
alla truffa e concorso in truffa. Sono 123 gli episodi finiti sotto la
lente dei magistrati, i quali hanno aperto questo fascicolo nel 2009 su
esposto alla Procura dell'avvocato Egidio Albanese, uno dei legali
dell'Ilva. L'esposto segnalò ai giudici 24 dipendenti dell'Ilva come
persone informate dai fatti e da qui ha preso le mosse l'inchiesta che
adesso è approdata ad una prima tappa.
L'Ilva, dal canto suo, ha promosso anche un'indagine interna attraverso
la Kpmg e bloccato i pagamenti alle imprese risultate coinvolte. I casi
acclarati vanno dall'apparecchiatura pagata anche dieci volte di più il
suo vero costo di mercato a materiale classificato in modo diverso, e
cioè falso, in modo da essere pagato di più. Ma ci sono anche casi in
cui sarebbe stato fornito all'Ilva materiale contraffatto.
La svolta nell'inchiesta sulle forniture piomba in un momento delicato
per l'Ilva di Taranto. La nuova Autorizzazione integrata ambientale sarà
firmata tra qualche giorno dal ministro Corrado Clini ma l'azienda
rimane con tutte le sue riserve, esplicitate dal presidente Bruno
Ferrante nella riunione di giovedì scorso a Roma. L'Ilva pone tre
problemi: i costi dell'Aia (stime parlano di 3 miliardi), i tempi
fissati dalle prescrizioni (dai progetti alle fermate impianti per i
rifacimenti) ritenuti non fattibili sotto il profilo tecnico,
l'agibilità effettiva dello stabilimento, la cui area a caldo continua
ad essere sotto sequestro.
Intanto i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm mercoledì
incontreranno l'azienda e anche se all'ordine del giorno non ci sono le
vicende dell'attualità, le rinnoveranno comunque l'invito a mettersi in
regola. «Se l'Ilva non rispetta l'Aia, che è l'autorizzazione a produrre
prevista dalla legge, dovrà chiudere, non ci sono alternative» commenta
Cosimo Panarelli, segretario Fim Taranto.
Nel frattempo la Procura sta valutando i contenuti dell'Aia ma certo non
blocca la sua azione affidata ai custodi: spegnere gli impianti per
porre fine all'inquinamento. E di Aia parla anche il direttore generale
di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, rispondendo all'Ilva che ritiene
l'autorizzazione uno svantaggio competitivo perché dal 2012 dovrà
attuare regole che in Europa i produttori d'acciaio applicheranno nel
2016 o forse solo nel 2020, se passerà la richiesta di proroga avanzata
dai siderurgici tedeschi. «In verità - dice Assennato - l'Ilva ha già
avuto anni di vantaggio competitivo rispetto ai suoi competitori europei
se consideriamo il ritardo con cui è avvenuto il rilascio della prima
Aia. Se l'azienda ora anticipa di quattro anni le migliori tecniche,
ovvero le Bat conclusion europee, non sarà un grave danno - sottolinea
il direttore generale di Arpa Puglia - perché le aziende che hanno
anticipato l'Aia hanno poi avuto condizioni di mercato migliori in
quanto le ristrutturazioni e le ambientalizzazioni non rappresentano un
limite allo sviluppo dell'impresa, ma al contrario ne esaltano la
competitività a livello mondiale».(Ilsole24h)
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