giovedì 22 gennaio 2009

Uno scrittore tarantino e un problema meridionale


Il libro racconta con attenzione e sentimento la storia dei “nuovi schiavi delle campagne del sud”, ovvero di tutti quei polacchi che tra il 2004 ed il 2007 sono stati liberati dalla segregazione nelle campagne del Tavoliere foggiano grazie all’indagine Terra Promessa, contro il caporalato e lo schiavismo. Leogrande segue la vicenda ripercorrendone tutti i tratti salienti, approfondendo con interviste ed incontri con i protagonisti (dal console di Polonia Domenico Centrone ai primi ragazzi coraggiosi che hanno denunciato i caporali, dal procuratore Lorenzo Lerario ai parenti dei braccianti scomparsi), e ripercorrendo la lunghissima storia del caporalato in Puglia: una storia che affonda le radici nei primi anni del ‘900, quando i contadini venivano sfruttati e le rivolte erano sedate con le armi.

Leogrande, di origini pugliesi (Taranto, 1977), ha voluto lasciare testimonianza di questa nuova mafia, una mafia che non coinvolge più i clan del posto, ma crea un nuovo movimento transeuropeo che vede nella riduzione a schiavitù la fonte di guadagni. Decine e decine di polacchi sono morti sui campi e molti di essi sono rimasti seppelliti “senza nome”, altri sono scappati dalla schiavitù facendo perdere le loro tracce, altri hanno subito per anni i maltrattamenti, senza speranza. Con una paga di 3 euro a cassone (non ad ora, ma a cassone che sono diversi quintali) di pomodori raccolti, un affitto da pagare per una casa comune senza igiene e senza acqua, cibo razionato e pagato il triplo, e poi quei caporali violenti e senza scrupoli, pronti a picchiare fino ad uccidere, che hanno agito per anni senza intralci, fino a quando due giovanissimi studenti polacchi hanno deciso di denunciare la situazione.


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