Termovalorizzatori killer.
di Roberto Topino (Specialista in Medicina del Lavoro) , Rosanna Novara (Biologa con Dottorato di Ricerca il Oncologia)
I medici di tutto il mondo sono contrari a questo tipo di smaltimento dei rifiuti e riportiamo di seguito alcune brevi precisazioni documentate.
I termovalorizzatori sono responsabili della diffusione di idrocarburi aromatici policiclici, di policlorobifenile (PCB), di metalli pesanti, quali piombo, zinco, rame, cromo, cadmio, arsenico, mercurio e di furani; inoltre, come qualsiasi processo di combustione, rilasciano nell’aria polveri sottili, la cui quantità emessa aumenta al crescere della temperatura (specialmente il particolato ultrafine PM<2,5).
A proposito di mercurio, la maggioranza degli studiosi sostiene che è pressoché impossibile escogitare sistemi efficaci per abbatterne con sicurezza l’emissione; ricordiamo che il mercurio provoca gravissimi danni al sistema nervoso centrale. Per quanto riguarda le polveri fini PM2,5 e quelle ultrafini (da PM2,5 a PM0,1) di tipo inorganico, va innanzitutto detto che non esistono filtri efficaci, per cui un limite alla loro emissione non sarebbe attuabile al momento, se non vietando il funzionamento degli impianti di incenerimento. Le nanopolveri o particolato ultrafine, cioè quelle a PM<2,5, sono responsabili, secondo dati OMS del 2005, di un calo di vita medio di 8,6 mesi in Europa e di 9 mesi in Italia (morti per malattie cardiovascolari e respiratorie).
L’azione mutagena e cancerogena degli idrocarburi aromatici policiclici e del policlorobifenile è fin troppo nota, mentre per quanto riguarda il cadmio, questo ha mostrato un danno genotossico da stress ossidativi con accumulo nel sistema nervoso centrale, renale ed epatico e inoltre è causa di malformazioni fetali e cancerogenesi a carico di diversi tessuti così come la diossina la cui presenza nelle emissioni è ormai fuori discussione.
Alleghiamo il 4° rapporto della Società Britannica di Medicina Ecologica, che sintetizzando oltre trecento studi scientifici realizzati in varie parti del mondo, ha fatto il punto della situazione lanciando un allarme circostanziato ed incontestabile sui gravi rischi per la salute e per l’ambiente causati dall’incenerimento dei rifiuti.
Alleghiamo inoltre un recente articolo apparso sulla rivista dell’Ordine dei Biologi, che analizza attentamente la situazione relativa al termovalorizzatore di Brescia e dimostra che quel “modello” fa acqua da tutte le parti.
L’articolo, firmato da Marino Ruzzenenti, riporta anche la presenza di elevate concentrazioni di PCB e diossine nell’aria di Brescia. I dati sono stati resi noti il 20 marzo 2008 e sono relativi ad una campagna di rilevamento delle diossine, PCB e alcuni metalli nell’aria di Brescia, effettuata tra il 2 ed il 21 agosto 2007, cioè nel periodo feriale, e promossa dall’Istituto Superiore di Sanità. Tutte le misure dimostrano una situazione di inquinamento da diossine diffuso e rilevantissimo (media di 83 fg/m3), addirittura superiore a quella rilevata a Taranto nei dintorni della grande acciaieria Ilva, nel giungo 2007 (38,4-67,8 fg/m3 – Arpa Puglia 2007).
Poiché i mezzi di informazione, per motivi ovvi, tendono a tacere questi rischi, l’unica possibilità che hanno le persone giustamente preoccupate per la salute propria e delle future generazioni, è quella di cercare di fare informazione alternativa coinvolgendo esperti in materia, che non abbiano conflitti di interesse.
La verità sulla termovalorizzazione si basa su leggi scientifiche esatte, nulla si crea e nulla si distrugge: se brucio una tonnellata di rifiuti produco una tonnellata di altre cose, in questo caso, più pericolose, che vengono disperse nell’ambiente.
Sono fatti che nessuno può contestare. (Agoràmagazine)
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