venerdì 16 gennaio 2009

Fornaro scrive a Zaia

On.le Sig. Ministro,
mi chiamo Angelo Fornaro e sono un imprenditore agricolo, per la precisione sono uno degli allevatori colpiti dalla sciagura “diossina” che, lo scorso 10 dicembre, ha condotto al massacro 1200 animali tra capre e pecore. Naturalmente scrivo da Taranto. Sono giunto alla decisione di rivolgermi direttamente a lei confidando nella determinazione con cui le ho visto affrontare svariate situazioni nel problematico mondo dell’agricoltura. Come le dicevo scrivo da Taranto, già, Taranto, la “città dei veleni”; la città dove ha sede il polo siderurgico più grande d’Europa; la città dove viene prodotto circa il 90% della diossina emessa in Italia; la città dimenticata certamente dagli uomini ma non da Dio, perché so che prima o poi, soprattutto grazie a Lui, anche per noi si aprirà uno spiraglio. Per la verità uno spiraglio già si è aperto ed è per allargarlo sempre più, che lavoriamo ormai ossessivamente giorno dopo giorno cercando di mantenere alta l’attenzione su un problema di cui non si è mai parlato, ma che ha raggiunto proporzioni che difficilmente uomini di coscienza potrebbero continuare ad ignorare. Eppure…Taranto sta morendo piano piano. I volti di noi cittadini hanno decisamente assunto il colore grigiastro dei fumi che da più di 40 anni invadono il nostro cielo. I nostri figli si ammalano sempre più sin da piccoli e ancora siamo costretti ad ascoltare, quando si ricordano di noi, politici che, pur comprendendo il nostro dramma, dichiarano che in un momento di crisi mondiale come questo bisogna sacrificarsi per conservare il posto di lavoro. Non considerando che, entrando nel caso personale, nonostante i nostri tanti sacrifici, ad oggi noi allevatori il lavoro lo abbiamo comunque perso, mi chiedo come si possa pensare di liquidare il problema dando a noi la responsabilità della scelta. Morire di fame o di cancro?
Tutto quello che noi vorremmo sarebbe semplicemente poter continuare a lavorare per vivere, non per morire…ma come fanno coloro che noi abbiamo eletto per rappresentarci, per tutelarci, coloro che lavorano grazie a noi e quindi per noi, ad ignorarci, fuorviando l’informazione e quindi l’attenzione collettiva, evitando di ascoltare con le loro occupatissime orecchie il nostro grido “disperato e di speranza”? Non è mio compito stabilire chi sia il responsabile dell’inquinamento tarantino. Per questo ci sono i magistrati che stanno lavorando alacremente e con imparzialità, con lo scopo di fornirci a breve delle
risposte chiare. Credo però che sia mio diritto, alla luce di quanto ho appena detto, esprimere il mio profondo rammarico nei confronti di tutti coloro che hanno permesso che ciò accadesse, pur apprezzando profondamente i recenti tentativi di rimediare effettuati dalla giunta regionale attualmente in carica, peraltro, mi dispiace sottolinearlo ma mi sembra doveroso farlo proprio in questa sede, nell’indifferenza totale da parte degli organi governativi. La giunta regionale per la verità ha anche stanziato per noi allevatori un risarcimento calcolato considerando il numero di animali abbattuti appartenenti a ciascuno,
comunque, quando lo riceveremo, a malapena sufficiente a colmare le spese sostenute nei mesi durante i quali le nostre aziende, sottoposte a vincolo sanitario, sono rimaste inattive. Concludo dicendo che noi tarantini per anni siamo stati abbandonati dalle istituzioni in balia di eventi giganteschi e dolorosi. Per anni abbiamo vissuto nel silenzio e nell’omertà ignorando o fingendo di ignorare ciò che stava accadendo.
Oggi tutto è cambiato perché abbiamo accumulato troppo veleno e troppo dolore. Il dolore per coloro che ci hanno lasciato per sempre vittime della malattia e degli infortuni sul lavoro; il dolore per tutte le possibilità di crescita economica ed occupazionale legate alla nostra terra, alla nostra storia, al nostro mare, che ci sono state sottratte; il dolore per la facilità con cui abbiamo permesso che ciò accadesse (e con questo la nostra unica vera responsabilità ce la assumiamo, noi!).
Nel caso specifico che riguarda noi allevatori, il dolore per un’attività che portiamo avanti con passione e dedizione da decenni, ereditata dai nostri padri e, speravamo, destinata ai nostri figli; un’attività che dava da vivere a noi e ai nostri dipendenti e, nonostante questo, soppressa perché avvelenata nostro malgrado. Poiché il veleno e il dolore o uccidono o fortificano, noi, più consapevoli che mai, non smetteremo di farci sentire nella speranza di ricevere ascolto e sostegno. Per questo le ho scritto, per chiederle di non dimenticarci.
Abbiamo passato un terribile Natale, ministro, vogliamo guardare con speranza al nuovo anno, ci aiuti, quindi, a capire cosa sarà del nostro futuro, ci aiuti a fare chiarezza in attesa che chi di dovere faccia giustizia. Per conoscenza, considerando che in un paese democratico l’informazione è tutto, invierò questa lettera anche ad alcune testate giornalistiche. Con questo la ringrazio della sua attenzione e la saluto.
Cordimente, Angelo Fornaro

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