Punto e a capo per la vicenda Ilva di Cornigliano. Al processo d´appello, la corte presieduta da Giorgio Odero ha annullato la sentenza di primo grado nella parte con cui il patron dello stabilimento siderurgico Emilio Riva e i suoi due figli Fabio Arturo e Claudio venivano condannati a un anno e 4 mesi di arresto ciascuno, perché ritenuti responsabili dell´inquinamento provocato dall´altoforno. Nullità della contestazione, per un "vizio giuridico". Perciò, atti all´ufficio del pubblico ministero per la riformulazione dell´addebito. Una decisione che sotto non pochi aspetti ha il sapore di una beffa: trascorrerà infatti ancora del tempo, tanto da arrivare quanto meno ai primi mesi del 2010, anno in cui il reato sarà dichiarato prescritto.
Di più. Il verdetto contiene un´altra chicca. Alle parti civili, a cui il tribunale aveva riconosciuto il risarcimento dei danni da quantificare con un giudizio separato, è stato negato l´indennizzo. A Legambiente (rappresentata dall´avvocato Stefano Bigliazzi) e all´Associazione "Per Cornigliano" presieduta da Cristina Pozzi (assistita dagli avvocati Stefano Savi, Micaela Calzetta e Roberto Damonte) è stato dato soltanto il contentino del rimborso delle spese legali, 2500 euro a testa. Del tutto esclusa, assolutamente ignorata, la costituzione dei Verdi in quanto, trattandosi di partito politico, non sarebbero stati legittimati per reclamare un qualsiasi risarcimento. Quanto al resto, conferma della sentenza di primo grado. E´ cioè uscito di nuovo indenne dalla tormentata vicenda il terzo figlio di Emilio Riva, Nicola, perché mancavano a suo carico prove di corresponsabilità negli addebiti contestati ai congiunti, in particolare l´inquinamento atmosferico e ambientale causato dallo stabilimento. Conferma delle assoluzioni per alcuni direttori del complesso industriale succedutisi via via nel tempo, dal 1995 in poi e prescrizione per gli altri dirigenti. Va ricordato che il rappresentante dell´accusa, Carlo Felice Tramontano, aveva chiesto la conferma della sentenza di prima istanza.
L´Associazione "Per Cornigliano» ha reagito con un fermo comunicato stampa alla sentenza. «... per difendere il diritto alla salute dei cittadini in anni bui di feroce inquinamento, avevamo fatto ricorso alla magistratura, perché la politica da decenni si mostrava impotente e non assolveva al proprio ruolo della tutela della cittadinanza. Confidavamo di essere tutelati dalla magistratura che oggi, dopo sei anni di processo e fatiche immani da parte di noi cittadini nel porci contro un colosso quale è il Gruppo Riva, decide di trasmettere nuovamente agli atti alla Procura della Repubblica». La presa di posizione prosegue ribadendo «l´impegno di proseguire la lotta per sopperire alla noncuranza con cui da sempre vengono trattati i cittadini di Cornigliano, tutelandoli con ogni mezzo a disposizione, sia di carattere civile, penale, politico o mediatico».
Punto e a capo, dunque, per una vicenda nella quale i sostituti procuratori Francesco Albini Cardona e Vittorio Ranieri Miniati profusero non poca fatica in un´inchiesta ricca di colpi di scena, di ordinanze a catena, di vertici politici a Genova e a Roma, di decine di ricorsi e così via. Un´inchiesta che ritenne sempre prevalente l´esigenza di tutelare due beni di primaria importanza, la salute e l´ambiente, con particolare riguardo alla collettività di Cornigliano. Si ricorderà che furono proprio Cardona e Miniati a disporre il sequestro della cockeria delle acciaierie, per impedire che la prosecuzione dell´attività dell´impianto avesse l´effetto, inaccettabile, di gravi conseguenze per la salute dei dipendenti dello stabilimento e dei cittadini di Cornigliano.
Senza dimenticare che nel 2002 a Genova morirono 361 persone per inquinamento ambientale.
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