COMUNICATO STAMPA
Direttivo CGIL. Allarme lavoro e eco-sostenibilità
Il referendum sulla chiusura dell’ILVA: lo strumento più sbagliato per affrontare il problema.
Un esercito di “senza lavoro” (circa 68mila disoccupati e circa 40mila inoccupati in tutta la provincia jonica – ndr) è la prima preoccupazione della CGIL di Taranto che ieri ha svolto uno screening approfondito sulle grandi tematiche che investono il futuro del territorio nel corso del direttivo svoltosi sotto l’egida del Segretario regionale, Gianni Forte e del segretario provinciale, Luigi D’Isabella.
Un serrare le fila che ha il sapore della contingenza con il sindacato stretto tra la necessità di salvare il lavoro che c’è, promuoverne vie alternative e di incremento e la grande questione ambientale.
Questa vicenda dell’ambiente bisogna vederla anche aggravata nel contesto del dibattito sull’ambiente che in queste ore si sente costantemente in città – dice Gianni Forte – perché noi sappiamo che quando i livelli di occupazione si riducono, si riduce automaticamente anche le sensibilità di fronte a queste questioni perché subentra una maggiore preoccupazione. Non so cosa accadrà nella testa di tante famiglie dopo la riduzione già annunciata del 50% degli appalti in ILVA.
Così all’inquinamento atmosferico rischia di aggiungersi l’inquinamento ideale per questo la CGIL prova a fare ordine e a dire la sua annunciando una campagna di ascolto e verifica.
Non avremo atteggiamenti schizofrenici – dice D’Isabella, segretario generale della CGIL di Taranto – verificheremo ogni investimento e ogni operazione che le imprese proporranno in tema di abbattimento del peso degli inquinanti, ma staremo anche attenti ai livelli occupazionali, non consentendo che l’imminente campagna elettorale possa strumentalizzare questo o quell’altro argomento cavalcando prima la spinta ambientalista e poi l’emergenza occupazionale.
Così anche dalla platea si avverte la responsabilità di questi giorni. E su ILVA, ma anche centrale ENI Power e Referendum per la chiusura del siderurgico riemerge la parola d’ordine: ascolto e verifica.
Il problema per noi non è fare gli investimenti per avere un aumento vertiginoso dell’occupazione – dice D’Isabella, riferendosi all’investimento dell’ENI Power - ma avere investimenti sul territorio che ad esempio sorreggano produzioni energetiche in autonomia, come la CGIL ha sempre chiesto e che assicurino il futuro produttivo ed occupazionale di impianti industriali che altrimenti rischierebbero la marginalità e la chiusura come nel caso dell’Eni di Livorno. E su questo occorre avere posizioni libere e scevre da ogni pregiudizio perché a nessuno è consentito giocare sulla pelle dei lavoratori.
Sulla questione della centrale noi siamo sempre stati del parere di guardare nel merito – sottolinea anche Gianni Forte, numero uno della CGIL pugliese - sappiamo che il PEAR Puglia non prevede la costruzione di nuove centrali, ma là dove si può riscontrare un abbattimento complessivo degli inquinanti in termini diretti o in termini di compensazione si deve poter ragionare, anche chiedendo ad esempio alla stessa ENI di attrezzare il territorio con interventi di energia rinnovabile o di ammodernamento degli impianti all’interno dello stabilimento.
Eco-sostenibilità e responsabilità sociale delle imprese.
La prima cosa che dobbiamo chiedere è quella di abbattere gli impatti ambientali che pesano sul nostro territorio – dice ancora D’Isabella – ma devono anche risanare i danni fatti, per questo il tema delle bonifiche e lo sblocco di quegli investimenti diventa tema cruciale di cui la politica dovrebbe farsi carico seriamente.
Il modello è quello del confronto. Il modello che si afferma nella riunione del direttivo ha ispirato l’importante Legge sulla diossina.
Dobbiamo avviare percorsi di condivisione con le associazioni ambientaliste, con le istituzioni, con le controparti e con il grande movimento di Altamera – dice D’Isabella – ponendo sul tavolo tutte le questioni, nessuna esclusa e sapendo anche che il Referendum proposto per la chiusura dell’ILVA rischia di ripiombarci addosso come un boomerang.
Il Referendum è lo strumento più sbagliato per affrontare la tematica ambientale e occupazionale – spiega Forte - perché in caso di vittoria del SI non ha il potere di chiudere realmente lo stabilimento e rischia di marginalizzare ancora di più il mondo del lavoro, e in caso di vittoria del NO può rafforzare l’ILVA e le altre imprese che potrebbero sentirsi forti. Bisogna lavorare sul merito e il metodo Diossina è l’unico percorribile.
Della stessa opinione il segretario della FIOM di Taranto, Rappa. La CGIL – dice – deve continuare a tenere una sua posizione autonoma in questo dibattito, pur confrontandosi con tutte le parti in causa. Ma il tema portante è un altro. A Bagnoli il peso della grande industria è ancora lì. L’impianto si è chiuso, i lavoratori spesso non sono stati ricollocati e le bonifiche che servivano per rendere il territorio sgombro dal peso inquinante non sono state fatte.
Pensare a un superamento dell’industria a Taranto è fuori dal mondo – commenta Forte – ricordiamo tutti ancora la chiusura della Belleli e sappiamo quante ferite sono rimaste aperte e quanto è stato difficile ricollocare quei lavoratori.
E’ un momento storico importante per la città. Lo si avverte dagli interventi e dalla preoccupazione che si legge negli occhi di tutti i rappresentanti il direttivo.
Ma siamo il sindacato – dice D’Isabella – e dobbiamo pensare a far vivere bene i lavoratori dentro e fuori dalla fabbrica, a non innescare una guerra fredda tra gli operai e l’opinione pubblica. Vivremo momenti difficili e l’onda d’urto di un nuovo tsunami occupazionale. Siamo pronti ad avviare il confronto con tutti, verificare se le piattaforme proposte da Altamera, ad esempio, sono condivisibili o no. Capire cosa intende dire il Comune su questo referendum e sulla vertenza che la città sta vivendo. Saremo autonomi e liberi in nome del lavoro.
Nel corso del direttivo confermati gli impegni di mobilitazione del sindacato: il 7 novembre con Diritti in Piazza a Taranto, l’11 per l’attivo sindacale con Susanna Camusso, il 14 e il 28 le due grandi mobilitazioni nazionale e regionale: la prima a Roma per le “Realtà produttive in crisi” e la seconda (quella del 28) a Bari per la Crisi e il Mezzogiorno.
Taranto, 22 ottobre 2009
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