domenica 25 ottobre 2009

Truffa Ilva e (solito) mobbing

Maxi truffa all’Ilva scatta la controdenuncia. La reazione di un dipendente allontanato dal posto di lavoro

•E' stato letteralmente buttato fuori dall'Ilva, invitato a lasciare la macchina aziendale, a prendere tutti i suoi effetti personali dall'ufficio e dallo spogliatoio e allontanato con frasi che lasciavano, lasciano, poco spazio all'immaginazione: «Evidentemente non hai fatto bene il tuo lavoro» e «Dei ricambi cosa ne dici?»
Giovanni Frascella, 39enne tarantino, tecnico di area in servizio nel reparto Manafo (manutenzione altoforno) dell'Ilva, azienda per la quale lavora dal gennaio del 2001, dopo aver tentato inutilmente di rientrare a lavoro venerdì scorso, presentandosi in portineria assieme al suo avvocato Giuseppe Lecce, passa al contrattacco. Domani mattina presenterà alla Procura della Repubblica una denuncia contro l'Ilva, ipotizzando due reati: esercizio arbitrario delle proprie ragioni e violenza privata.
Frascella è uno dei 24 dipendenti del siderurgico che l'Ilva ha messo in ferie forzate in attesa che la magistratura faccia luce su una presunta truffa milionaria legata a forniture inesistenti di materiali o a fatture gonfiate. Frascella è indicato come persona informata dei fatti nell'esposto che l'avv. Egidio Albanese ha presentato alla Procura per conto del consiglio di amministrazione dell'Ilva.
«Abbiamo già inoltrato all'Ilva una diffida. Ora saremo costretti a rivolgerci alla magistratura penale - ha detto l’avv. Lecce in una conferenza stampa - perché secondo noi quello che si sta verificando è gravissimo, siamo dinanzi ad un vero e proprio processo sommario. Quanto è avvenuto l'8 ottobre scorso, quando il mio assistito è stato allontanato dal suo posto di lavoro, rappresenta una grave lesione dei più elementari diritti spettanti ad ogni lavoratore, considerato che Frascella è stato accusato ingiustamente, senza possibilità di discolparsi, di gravi mancanze e in conseguenza di ciò è stato arbitrariamente allontato dall'Ilva. Si palesa da parte dell'azienda un evidente comportamento mobbizzante».
L'avvocato Lecce ha mostrato ai giornalisti la lettera con la quale l'Ilva ha risposto alle sue prime contestazioni. «Il dipendente in oggetto – si legge nella missiva inviata allo studio legale Lecce dal gruppo Riva – è stato posto in ferie per esigenze gestionali aziendali. Il signor Frascella, pertanto, sino a nuova e successiva disposizione aziendale che sarà inoltrata con congruo preavviso, dovrà astenersi dal prestare attività lavorativa e nelle more fruirà del trattamento economico e normativo spettante per legge e contratto».
Pagato per stare a casa, insomma. Dei 24 dipendenti allontanati dall'Ilva, però, solo Giovanni Frascella ha deciso di venire allo scoperto. Come mai? «Sono stato contattato da altre dipendenti dell'Ilva che si trovano nella sua stessa situazione – ha risposto il legale – e non escludo che nelle prossime ore possano esserci altre prese di posizione. Intanto, però, voglio sottolineare il gesto del signor Frascella che, sicuro del fatto suo e certo di essere completamente estraneo a questa vicenda, ha avuto il coraggio e la forza di ribellarsi».

Sono 24 i dipendenti di Riva segnalati alla Magistratura. Ecco cosa c’è nell’esposto sulla truffa delle forniture

Sono 24 i dipendenti dell’Ilva segnalati alla magistratura, nell’esposto presentato per fare chiarezza sulla presunta maxi-truffa sulle forniture, come persone informate sui fatti.
L’Ilva, però, non ha presentato alla magistratura un esposto querela contro ditte o persone ma ha raccontato quello che avviene nello stabilimento, sull’asse magazzino-ufficio acquisti, segnalando anomalie e fornendo i nomi delle possibili persone informate sui fatti: da chi ha collaborato attivamente con la Kpmg per fare chiarezza su quanto stava avvenendo ai dipendenti che materialmente si occupano degli acquisti e della gestione degli stessi. Non vengono ipotizzati reati ma si legge in trasparenza il riferimento ad una possibile associazione a delinquere dedita alla truffa aggravata e continuata.
Vengono segnalati alla magistratura 6 tecnici d’area, 3 capi reparto, 11 magazzinieri e 4 componenti dell’Ufficio acquisti di Milano.
Nell’esposto vengono fatti alcuni esempi, molto eloquenti, circa le modalità della truffa. È capitato all’Ilva di pagare un interruttore 2500 euro quando lo stesso pezzo, ma con un nome diverso (era questo uno degli stratagemmi utilizzati per sviare la rete dei controlli), era stato poco prima pagato appena 200 euro (cioè 12 volte di meno). Ma differenze enormi vengono sottolineate nell’acquisto di altre forniture elettromeccaniche, sempre nell’ordine di pezzi pagati più di 10 volte il reale valore di mercato. Poi c’è il capitolo contraffazione in quanto c’è il sospetto di aver acquistato materiale con marchio falso oppure materiale di tipo diverso (e con valore notevolmente inferiore) a quello ordinato, pagandolo ovviamente profumatamente.
La truffa, sempre presunta pur se ormai documentalmente accertata almeno in un caso, avrebbe avuto come protagonisti diversi dipendenti dell’Ilva, giacché la procedura per gli acquisti è guidata dall’ufficio che ha sede a Milano ma ha diversi addentellati nello stabilimento di Taranto, partendo dagli addetti al magazzino e salendo nella scala gerarchica. Se sembra acclarato il vantaggio per le ditte fornitrici (a quelle sospette sono stati bloccati tutti i pagamenti), è tutto da verificare il possibile (e intuibile) tornaconto per chi avrebbe agevolato le spese facili per conto di mamma Ilva.(La GAzzetta di Taranto, p.III)

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