E' comodo "dipingere" chi chiede legittimamente che le industrie vengano controllate e abbattano le emissioni di sostanze che ci ammazzano, come dei fondamentalisti della chiusura di tutte le industrie.
Eh no, cara Confindustria, questo non è un modo corretto di conciliare la volontà di una cittadinanza sempre più sveglia e cosciente del ruolo di bestie da soma cui è stata relegata per decenni, con gli interessi dei vostri potenti soci!
«È folle chi vuole chiudere le industrie»
Confindustria all’attacco: l’inquinamento c’è ma non lo si risolve dismettendo ogni attività
«Altrove la crisi imperversa e i posti di lavoro saltano. Qui le aziende producono e fronteggiano l’onda d’urto»
• «Non è con la chiusura delle industrie che si risolve il problema dell’inquinamen - to». Confindustria Taranto scende in campo ed assume una posizione molto netta in un momento in cui, soprattutto alla luce dell’investimento annunciato dall’Eni (la costruzione di una nuova centrale elettrica), riprendono corpo le mobilitazioni di protesta finalizzate a sottolineare l’emer - genza ambientale della città. «Specialmente in un momento in cui la crisi assume i caratteri dell’emergenza, Confindustria - si legge in un documento - esorta a valutare il problema dell’impatto ambientale con la dovuta serietà. Inoltre giudica irresponsabili le recenti dichiarazioni apparse sulla stampa riguardanti la chiusura delle industrie quale presunta soluzione all’inquinamento. Che a Taranto - dice Confindustria - l’inquinamento produca patologie gravi con una media superiore a quella nazionale è purtroppo cosa nota e ampiamente dibattuta, e certo mai, almeno negli ultimi anni, sottovalutata. Prova ne sono le battaglie portate avanti dalle istituzioni per ridurre l’impatto ambientale: prova ne è la maggiore coscienza ambientale che nel tempo le aziende, grandi e piccole, hanno sviluppato attorno al problema, maturando la consapevolezza che l’applicazione delle “best practices” ambientali è, oltre che vantaggioso sul piano dell’ecosostenibilità, anche sinonimo di modernità ed efficienza».
«E’ indubbio - rileva Confindustria - che la stagione delle manifestazioni e dei bracci di ferro ha avuto un merito:far crescere una consapevolezza che forse prima non c’era o non c’era abbastanza. Oggi, però, dopo anni di lotte per la tutela dell’ambiente, la città sembra aver recepito almeno una cosa: si ottiene più dalla negoziazione e dal dialogo che non dalle barricate e dagli slogan urlati». Quindi «ci pare assolutamente sconsiderato - oltre che irresponsabile - leggere ancora dichiarazioni che paventano quale “unica soluzione” al problema dell’inqui - namento la chiusura delle industrie “per trent’anni”. Dichiarazioni di questo genere, che rischiano di creare non soltanto coscienze distorte (e tutt’altro che ambientaliste) ma soprattutto false percezioni della realtà. Taranto - afferma Confindustria - è una città a vocazione industriale, e su questa evidente connotazione, riconosciuta a livello nazionale ed europeo, regge il suo prodotto interno lordo e quindi la gran parte dell’occupazione e della ricchezza circolante. Non sta a noi, qui, snocciolare cifre e dati. Certo è, però, che mentre in gran parte del Mezzogiorno la crisi imperversante fa chiudere o nel migliore dei casi traslocare intere filiere produttive al nord, da noi gli stabilimenti più rappresentativi della storia stessa della città - Ilva, Eni, Arsenale - continuano a produrre e ad assorbire occupazione consentendo al territorio di continuare a reggere l’urto della pesante crisi. Chi legge tutto questo solo in nome dell’inquinamento non soltanto vuol negare un’evidenza, ma produce un grave danno per la città». (La Gazz. di Ta., IV)
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