Taranto, l’Ilva si prepara all’annuncio «Cassa integrazione per tutti». L’azienda: sarà a turno per i 12mila dipendenti
Pochi ordini per il polo siderurgico tarantino
TARANTO — La domanda di acciaio rimane bassa, i consumi non riprendono e Ilva è costretta a ricorrere alla cassa integrazione straordinaria. La misura sarà annunciata mercoledì 9 dicembre dai vertici aziendali durante l’incontro con le rappresentanze sindacali organizzato proprio per avviare le procedure di cigs. Il 7 del prossimo mese scadono le cinquantadue settimane di cassa ordinaria scattata l’anno scorso nello stabilimento siderurgico di Taranto, che hanno coinvolto fino a seimila dipendenti, e il gruppo Riva si appresta a prolungare il periodo di applicazione degli ammortizzatori sociali per tenere a bada gli effetti della crisi.
Questa volta sarà coinvolto tutto lo stabilimento. «La situazione è ancora molto difficile — ha confermato ieri Pietro De Biasi, responsabile delle relazioni sindacali del gruppo Riva a margine del congresso della Uilm, — registriamo un grave e perdurante calo della domanda di acciaio mentre i consumi rimangono molto bassi. Per noi, di fronte a questa realtà, è difficile fare pronostici per il futuro, non siamo oggi in grado di capire dai segnali di mercato se ci sarà una ripresa. Dobbiamo difenderci dalla concorrenza sleale e dal dumping. I segnali positivi di luglio ed agosto non sono stati confermati dai mesi successivi, ma noi abbiamo voluto ugualmente scommettere sulla ripresa». L’azienda ha manifestato questo ottimismo annunciando la riattivazione di un secondo altoforno e riportando la produzione al cinquanta per cento delle potenzialità dell’impianto tarantino. «Purtroppo — aggiunge De Biasi — nei prossimi mesi, in assenza di segnali incoraggianti e stabili da parte dei mercati, rimarremo al di sotto dei livelli ottimali di produzione».
Mercoledì mattina, intanto, azienda e organizzazioni sindacali hanno sottoscritto l’accordo necessario a completare il tetto delle cinquantadue settimane di cassa integrazione ordinaria, aggiungendoci gli ultimi sette giorni. Partita il primo dicembre scorso, la cig era ferma a cinquantuno, in base ai pacchetti di tredici settimane di volta in volta concordati nel rispetto della normativa. La cassa straordinaria, invece, è una misura non frazionabile e abbraccerà l’intero 2010. Per questa ragione Ilva la chiederà per tutto lo stabilimento, includendo nella richiesta anche quei reparti, come il tubificio e il treno lamiere, finora esclusi dalle fermate lavorative. Questa scelta non significa che rimarranno a casa i dodicimila dipendenti degli impianti di Taranto, ma l’azienda si premunisce non potendo spacchettare il periodo di cigs. Vedrà, a seconda dei ritmi produttivi e della domanda di mercato dei diversi settori in cui colloca il prodotto, quali reparti eventualmente fermare. La progressione potrebbe non seguire l’andamento della cassa ordinaria del 2008.
Quest’anno l’azienda ha dapprima messo a riposo 2146 dipendenti, poi il numero salì a 3544, da marzo diventarono 5146 per attestarsi a 6658. Da settembre calarono a 5138. Si tratta di quote massime, ma virtuali. In realtà non sono mai state raggiunte perché tra ferie arretrate e fermate parziali dei singoli impianti i lavoratori a zero ore sono sempre stati di meno. La produzione, dopo aver raggiunto il livello minimo pari al trenta per cento della potenzialità complessiva, è ritornata a quota cinquanta, non sufficiente per tranquillizzare gli addetti dell’appalto nè per riportare in fabbrica tutti i lavoratori. Nel frattempo l’azienda procede con gli interventi legati alla manutenzione e a rendere compatibili gli impianti con l’ambiente. Cesare Bechis (Corriere del Mezzogiorno)
sabato 31 ottobre 2009
Taranto amara
Colangeli e la fuga da Taranto-Marpiccolo: andarsene è come partecipare all'Erasmus
L'attore romano sul film girato nella città pugliese: «Il protagonista non scappa, vuole solo sopravvivere»
TARANTO - Una città anche bellissima ma in cui «dell’inquinamento se ne sente l’odore, se ne vede il colore, è cosparsa ovunque di una polvere rossa, che entra negli occhi». Così Alessandro Di Robilant descrive Taranto, che per la presenza dell’impianto siderurgico dell’Ilva «è la terza città più inquinata d’Europa». È dove ha ambientato Marpiccolo, storia di scelte sbagliate, ribellione e voglia di fuga di un adolescente (Giulio Beranek), in uscita il 6 novembre in 30-50 copie distribuito da Bolero.
Il film, tratto dal romanzo Stupido di Andrea Cotti (Rizzoli), che ha nel cast Michele Riondino, Valentina Carnelutti, e Giorgio Colangeli, è stato in concorso nella sezione Alice nella Città al Festival del film di Roma. «Marpiccolo non è solo un film di denuncia su Taranto, ma come il libro racconta la vita in quartieri difficili, che in Italia sono tanti» precisa il regista. «Inizialmente - spiega - la sceneggiatura non aveva un’ambientazione. Poi un giorno sono passato per Taranto e mi ha molto colpito. È una città greca bellissima, con anime contrapposte, ferita da tante cose fra cui la presenza dell’Ilva».
La pellicola ruota intorno a Tiziano, 17 anni, che vive con la madre(Anna Ferruzzo) e la sorellina a Taranto, nel degradato quartiere Paolo VI. Il padre del ragazzo, schiavo del videopoker, si è indebitato fino al collo con il giovane boss locale, Tonio (Michele Riondino). Per ripagarlo, Tiziano accetta di lavorare per lui, compiendo scelte sempre più disperate. La speranza di ricominciare, magari altrove, gli arriva dall’amore per la coetanea Stella (Selenia Orzella), da un’insegnante che con lui non si arrende (Valentina Carnelutti) e da un educatore (Giorgio Colangeli) incontrato dietro le sbarre. «Il film mostra come in una situazione di degrado, la comunità non sia umiliata e offesa ma molto viva, con donne straordinarie capaci di reggere realtà difficilissime».
Per il bravissimo esordiente tarantino Giulio Beranek, 21 anni (un passato da calciatore, ora lavora come giostraio) «il mio personaggio è realissimo. Anche oggi l’unica via d’uscita per un ragazzo di determinati quartieri di Taranto è andare via, per non stare a contatto con certi soggetti e ambienti. Bisognerebbe dare ai giovani nuove possibilità di lavoro e studio per restare, perchè se i buoni se ne vanno, la gente che rimane è sempre la stessa». È d’accordo con lui Giorgio Colangeli: «Il film è positivo e ottimista, questo è il suo vero coraggio. Quella di Tiziano non è una fuga ma una strategia di sopravvivenza, è come un Erasmus (il programma universitario che consente periodi di studio e soggiorno all’estero, ndr). Andare in un posto dove forse si vive meglio, gli consentirà, una volta rientrato, di vedere meglio la propria realtà». (Corriere del Mezzogiorno)
L'attore romano sul film girato nella città pugliese: «Il protagonista non scappa, vuole solo sopravvivere»
TARANTO - Una città anche bellissima ma in cui «dell’inquinamento se ne sente l’odore, se ne vede il colore, è cosparsa ovunque di una polvere rossa, che entra negli occhi». Così Alessandro Di Robilant descrive Taranto, che per la presenza dell’impianto siderurgico dell’Ilva «è la terza città più inquinata d’Europa». È dove ha ambientato Marpiccolo, storia di scelte sbagliate, ribellione e voglia di fuga di un adolescente (Giulio Beranek), in uscita il 6 novembre in 30-50 copie distribuito da Bolero.
Il film, tratto dal romanzo Stupido di Andrea Cotti (Rizzoli), che ha nel cast Michele Riondino, Valentina Carnelutti, e Giorgio Colangeli, è stato in concorso nella sezione Alice nella Città al Festival del film di Roma. «Marpiccolo non è solo un film di denuncia su Taranto, ma come il libro racconta la vita in quartieri difficili, che in Italia sono tanti» precisa il regista. «Inizialmente - spiega - la sceneggiatura non aveva un’ambientazione. Poi un giorno sono passato per Taranto e mi ha molto colpito. È una città greca bellissima, con anime contrapposte, ferita da tante cose fra cui la presenza dell’Ilva».
La pellicola ruota intorno a Tiziano, 17 anni, che vive con la madre(Anna Ferruzzo) e la sorellina a Taranto, nel degradato quartiere Paolo VI. Il padre del ragazzo, schiavo del videopoker, si è indebitato fino al collo con il giovane boss locale, Tonio (Michele Riondino). Per ripagarlo, Tiziano accetta di lavorare per lui, compiendo scelte sempre più disperate. La speranza di ricominciare, magari altrove, gli arriva dall’amore per la coetanea Stella (Selenia Orzella), da un’insegnante che con lui non si arrende (Valentina Carnelutti) e da un educatore (Giorgio Colangeli) incontrato dietro le sbarre. «Il film mostra come in una situazione di degrado, la comunità non sia umiliata e offesa ma molto viva, con donne straordinarie capaci di reggere realtà difficilissime».
Per il bravissimo esordiente tarantino Giulio Beranek, 21 anni (un passato da calciatore, ora lavora come giostraio) «il mio personaggio è realissimo. Anche oggi l’unica via d’uscita per un ragazzo di determinati quartieri di Taranto è andare via, per non stare a contatto con certi soggetti e ambienti. Bisognerebbe dare ai giovani nuove possibilità di lavoro e studio per restare, perchè se i buoni se ne vanno, la gente che rimane è sempre la stessa». È d’accordo con lui Giorgio Colangeli: «Il film è positivo e ottimista, questo è il suo vero coraggio. Quella di Tiziano non è una fuga ma una strategia di sopravvivenza, è come un Erasmus (il programma universitario che consente periodi di studio e soggiorno all’estero, ndr). Andare in un posto dove forse si vive meglio, gli consentirà, una volta rientrato, di vedere meglio la propria realtà». (Corriere del Mezzogiorno)
venerdì 30 ottobre 2009
Campionamento ENI: una battaglia vinta
COMUNICATO STAMPA
Altamarea ha vinto il braccio di ferro con l'Eni sul campionamento in continuo, ossia il controllo 24 ore su 24 di alcune pericolose sostanze inquinanti. L'azienda aveva infatti tentato di “allentare i controlli” chiedendo al Ministero dell'Ambiente una semplice “analisi semestrale” sulle sostanze organiche volatili, fra cui alcuni cancerogeni. Ma Altamarea aveva “intercettato” l'email rendendo nota ai mezzi di comunicazione di massa, su Internet e su Facebook questa inaccettabile richiesta. Ne è nata un'ondata di indignazione dell'opinione pubblica, accresciuta dal fatto che l'Eni diceva di avere ottenuto anche il consenso dell'Arpa nell'accantonare il campionamento continuo, cosa smentita categoricamente dal Direttore Generale dell'Arpa, Giorgio Assennato.E' stata la sinergia fra opinione pubblica e Arpa ad ottenere il campionamento continuativo nella riunione tecnica del 29 ottobre al Ministero dell'Ambiente. E' un successo. E' la dimostrazione che sono vincenti le lotte ambientali ben condotte, ossia basate su un'informazione ampiamente pubblicizzata, documentata scientificamente e fondata sulla stragrande maggioranza della volontà popolare.
Altamarea intende proseguire su questa strada, unitaria ed efficace. Nessuna scelta può passare sulla testa di un'intera città se i cittadini sono uniti, attivi e bene informati.
Il controllo continuativo della centrale termoelettrica Enipower si estenderà anche ai camini di Edison ed Eni a Taranto.
Altamarea ritiene che adesso occorre rilanciare la lotta sul campionamento continuo chiedendo che i dati vengano resi pubblici con il minor ritardo possibile (massimo 1 giorno) su un sito web, come si fa a Bolzano (clicca qui).
Non solo: occorre estendere il campionamento in continuo all'Ilva. La popolazione ha diritto di avere un sistema di controllo 24 ore su 24 sulla diossina, così come previsto dall'articolo 3 della legge regionale antidiossina. Su questo le resistenze della dirigenza Ilva sono fortissime. Occorrerà scendere in piazza a migliaia il 28 novembre prossimo nel corteo contro l'inquinamento. Ci sono tecnologie ed esempi di controllo continuativo delle diossina in tutta l'Europa. Anche a Taranto deve arrivare questa tecnologia di “vigilanza permanente” sulla diossina.
Se la città saprà essere unita, forte e attenta vinceremo assieme anche questo braccio di ferro per controllare una sostanza altamente cancerogena come la diossina che ha effetti spaventosi e devastanti sulla salute umana.
Chiediamo ai cittadini di Taranto e in particolare ai giovani di alzare il livello della mobilitazione: in tutte le scuole si organizzino momenti di dibattito. Si prepari una folta partecipazione per il 28 novembre. Contro una forte pressione popolare nessuno può vincere e anche l'Ilva dovrà adeguarsi al campionamento continuo.
Altamarea
Coordinamento di cittadini e associazioni
Argomenti
aia,
campionamento,
edison,
Eni,
enipower,
ipa,
ministeroambiente
Finita la crisi?
«Niente tagli, Ilva punta alla ripresa»
De Biasi scommette sul 2010. Angeletti: meno Irap? No, meno tasse sulle tredicesime
• La ripresa dopo la crisi è possibile? A questo interrogativo ha cercato di dare risposta la tavola rotonda organizzata nel secondo giorno di lavori del 14esimo congresso provinciale della Uilm. «La ripresa che tarda a venire - Le opportunità possibili per il Meridione d’Italia». Al tavolo il segretario generale nazionale della Uil Luigi Angeletti, il sottosegretario al Lavoro Pasquale Viespoli, l’assessore regionale al Lavoro Michele Losappio, il presidente della Provincia Gianni Florido, il direttore generale delle relazioni industriali per il gruppo Riva, Pietro De Biasi, il condirettore generale di Alenia Aeronautica, Giuseppe Ragni, il presidente di Confindustria Puglia Nicola De Bartolomeo. Ha moderato il dibattito Massimo Mascini direttore della rivista «Diario del lavoro» e opinionista del Sole 24 Ore.
«Nella ripresa bisogna credere - ha spiegato De Biasi dell'Ilva - anche se gli indicatori mostrano che il momento resta difficile. Un atto di fede, se vogliamo, ma è importante che imprese e sindacati abbiano obiettivi condivisi». L’iniziativa della Uilm ha messo a confronto le esperienze di Ilva e Alenia sul filo logico della difesa del lavoro e delle imprese. Restano ovviamente migliaia di lavoratori in cassa integrazione e i tagli pesanti alla produzione a segnare le criticità nel settore siderurgico mentre, al contrario, la ripresa produttiva di Alenia marca la differenza. «Scommettiamo sul prossimo anno riaccendendo un altoforno - ha spiegato De Biasi - e ci attrezziamo per una ripresa significativa». L’Ilva non intende ricorrere a provvedimenti drastici sul fronte del lavoro, anzi punta sullo stabilimento di Taranto ma chiede all’Europa misure anti-dumping per contrastare la concorrenza cinese. Ragni di Alenia Aeronautica ha confermato che «nonostante la crisi, il settore aerospaziale è in crescita. Entro fine anno ci sarà il volo di prova del Boeing 787. Nel 2010 ci sarà una produzione del 50 per cento in più nello stabilimento di Grottaglie: costruiremo 30 coppie di fusoliere. Il progetto Boeing-Alenia 787 “Dreamliner” ha già mille velivoli venduti a diversi acquirenti».
Da queste risposte alla crisi ha preso spunto il presidente degli industriali pugliesi, De Bartolomeo, per ribadire «la vitalità del mondo imprenditoriale nel Mezzogiorno e in Puglia in particolare. Per superare il momento e puntare alla ripresa - ha aggiunto De Bartolomeo - bisogna chiamare a raccolta intorno alle imprese e all’economia anche attori sociali come il mondo della cultura, l’università e il settore della ricerca oltre agli interlocutori istituzionali».
«Taranto ha 50mila addetti all’industria - ha ricordato il presidente della Provincia Florido - malgrado l’altissimo tasso di disoccupazione. Questo non va dimenticato quando si ragiona sul futuro della città». Florido ha lamentato il deficit di classe dirigente nel Mezzogiorno e a Taranto elencando sette punti per la ripresa con un minimo comune denominatore: «Al Sud ci vuole più Stato».
Il primo punto riguarda le Partecipazioni statali: dopo quell’esperienza, quale politica nazionale per il Sud? Il secondo punto è quello della creazione di una scuola di Pubblica amministrazione per il Mezzogiorno sganciata dalla politica. Terzo punto: il welfare locale. E poi ancora: gli investimenti pubblici, l’alta tecnologia partendo da modelli come Alenia, le bonifiche ambientali e una nuova Agenzia per lo sviluppo del Sud, la formazione di qualità».
L’assessore Losappio ha ricordato gli oltre 600 milioni di euro investiti dalla Regione Puglia per contratti di programma (tra i quali due riguardanti Alenia), ha respinto l’idea che a Taranto il referendum possa essere una soluzione ai problemi dell’ambiente e del lavoro e ha concluso indicando l’obiettivo «di ridurre le tasse regionali ai cittadini partendo dall’addizionale Irpef» come elemento determinante per la ripresa. A una ripresa che passi attraverso l’alleggerimento del peso fiscale crede Angeletti. Ma il segretario della Uil ha ripetuto che val la pena puntare sul taglio delle tasse sulla tredicesima piuttosto che sull’Irap: «In Italia e al Sud, in particolare, se dopo la crisi non torna a crescere la domanda non ci sarà ripresa. Sono preoccupato perché la crisi potrebbe non esser superata nello stesso momento e allo stesso modo dalle varie zone del Paese per cui potremmo avere regioni oaree già fuori dalla recessione e altre che non usciranno mai».
Il sottosegretario Viespoli, in conclusione, ha focalizzato la «nuova» questione meridionale che passa attraverso la riflessione sulla qualità della politica. A giudizio del rappresentante di governo «se taglio dell’Irap ci deve essere va fatto partendo dal Sud. Con circa 600 milioni di euro si potrebbe abbattere di un punto la tassa per le imprese del Mezzogiorno che sostengono un carico fiscale superiore al Nord». (La Gazzetta di Taranto, p.VII)
De Biasi scommette sul 2010. Angeletti: meno Irap? No, meno tasse sulle tredicesime
• La ripresa dopo la crisi è possibile? A questo interrogativo ha cercato di dare risposta la tavola rotonda organizzata nel secondo giorno di lavori del 14esimo congresso provinciale della Uilm. «La ripresa che tarda a venire - Le opportunità possibili per il Meridione d’Italia». Al tavolo il segretario generale nazionale della Uil Luigi Angeletti, il sottosegretario al Lavoro Pasquale Viespoli, l’assessore regionale al Lavoro Michele Losappio, il presidente della Provincia Gianni Florido, il direttore generale delle relazioni industriali per il gruppo Riva, Pietro De Biasi, il condirettore generale di Alenia Aeronautica, Giuseppe Ragni, il presidente di Confindustria Puglia Nicola De Bartolomeo. Ha moderato il dibattito Massimo Mascini direttore della rivista «Diario del lavoro» e opinionista del Sole 24 Ore.
«Nella ripresa bisogna credere - ha spiegato De Biasi dell'Ilva - anche se gli indicatori mostrano che il momento resta difficile. Un atto di fede, se vogliamo, ma è importante che imprese e sindacati abbiano obiettivi condivisi». L’iniziativa della Uilm ha messo a confronto le esperienze di Ilva e Alenia sul filo logico della difesa del lavoro e delle imprese. Restano ovviamente migliaia di lavoratori in cassa integrazione e i tagli pesanti alla produzione a segnare le criticità nel settore siderurgico mentre, al contrario, la ripresa produttiva di Alenia marca la differenza. «Scommettiamo sul prossimo anno riaccendendo un altoforno - ha spiegato De Biasi - e ci attrezziamo per una ripresa significativa». L’Ilva non intende ricorrere a provvedimenti drastici sul fronte del lavoro, anzi punta sullo stabilimento di Taranto ma chiede all’Europa misure anti-dumping per contrastare la concorrenza cinese. Ragni di Alenia Aeronautica ha confermato che «nonostante la crisi, il settore aerospaziale è in crescita. Entro fine anno ci sarà il volo di prova del Boeing 787. Nel 2010 ci sarà una produzione del 50 per cento in più nello stabilimento di Grottaglie: costruiremo 30 coppie di fusoliere. Il progetto Boeing-Alenia 787 “Dreamliner” ha già mille velivoli venduti a diversi acquirenti».
Da queste risposte alla crisi ha preso spunto il presidente degli industriali pugliesi, De Bartolomeo, per ribadire «la vitalità del mondo imprenditoriale nel Mezzogiorno e in Puglia in particolare. Per superare il momento e puntare alla ripresa - ha aggiunto De Bartolomeo - bisogna chiamare a raccolta intorno alle imprese e all’economia anche attori sociali come il mondo della cultura, l’università e il settore della ricerca oltre agli interlocutori istituzionali».
«Taranto ha 50mila addetti all’industria - ha ricordato il presidente della Provincia Florido - malgrado l’altissimo tasso di disoccupazione. Questo non va dimenticato quando si ragiona sul futuro della città». Florido ha lamentato il deficit di classe dirigente nel Mezzogiorno e a Taranto elencando sette punti per la ripresa con un minimo comune denominatore: «Al Sud ci vuole più Stato».
Il primo punto riguarda le Partecipazioni statali: dopo quell’esperienza, quale politica nazionale per il Sud? Il secondo punto è quello della creazione di una scuola di Pubblica amministrazione per il Mezzogiorno sganciata dalla politica. Terzo punto: il welfare locale. E poi ancora: gli investimenti pubblici, l’alta tecnologia partendo da modelli come Alenia, le bonifiche ambientali e una nuova Agenzia per lo sviluppo del Sud, la formazione di qualità».
L’assessore Losappio ha ricordato gli oltre 600 milioni di euro investiti dalla Regione Puglia per contratti di programma (tra i quali due riguardanti Alenia), ha respinto l’idea che a Taranto il referendum possa essere una soluzione ai problemi dell’ambiente e del lavoro e ha concluso indicando l’obiettivo «di ridurre le tasse regionali ai cittadini partendo dall’addizionale Irpef» come elemento determinante per la ripresa. A una ripresa che passi attraverso l’alleggerimento del peso fiscale crede Angeletti. Ma il segretario della Uil ha ripetuto che val la pena puntare sul taglio delle tasse sulla tredicesima piuttosto che sull’Irap: «In Italia e al Sud, in particolare, se dopo la crisi non torna a crescere la domanda non ci sarà ripresa. Sono preoccupato perché la crisi potrebbe non esser superata nello stesso momento e allo stesso modo dalle varie zone del Paese per cui potremmo avere regioni oaree già fuori dalla recessione e altre che non usciranno mai».
Il sottosegretario Viespoli, in conclusione, ha focalizzato la «nuova» questione meridionale che passa attraverso la riflessione sulla qualità della politica. A giudizio del rappresentante di governo «se taglio dell’Irap ci deve essere va fatto partendo dal Sud. Con circa 600 milioni di euro si potrebbe abbattere di un punto la tassa per le imprese del Mezzogiorno che sostengono un carico fiscale superiore al Nord». (La Gazzetta di Taranto, p.VII)
Campionamento ENI sulla stampa
AMBIENTE VIA LIBERA DEL MINISTERO DELLA PRESTIGIACOMO
Inquinamento, sì parziale per il campionamento continuo di Edison ed Eni
• Il ministero dell’Ambiente ha confermato ieri a Roma il campionamento in continuo dei composti organici volatili della centrale Enipower di Taranto, dei due camini della raffineria Eni e della centrale Edison.
La notizia è giunta in serata alla fine della riunione tecnica in programma nella capitale.
Fonti Arpa confermano: il monitoraggio prevede limiti prescrittivi; le polveri non dovranno superare i 20 milligrammi per metro cubo d’aria. L’esame da parte dei tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente, cui sono affidati i controlli, avverrà attraverso l’osservazione del carbonio totale organico da cui saranno tratte le stime delle emissioni dei cosiddetti composti organici volatili.
Il monitoraggio in continuo è previsto anche per le polveri sottili pm 10 e pm 2,5 emesse dagli impianti Eni, Enipower e Edison. In questo caso, però, l’attività di controllo non avrà limiti prescrittivi e sarà puramente conoscitiva. Un altro tipo di monitoraggio, mensile e discontinuo, ha ricevuto il via libera del ministero. L’Arpa dovrà effettuare periodicamente (ogni 30 giorni e non continuativamente) controlli per valutare gli effetti delle emissioni. «Anche se - ha spiegato un soddisfatto direttore dell’Arpa Giorgio Assennato - gli impianti Eni e Enipower e la centrale Edison hanno problemi contenuti per quel che riguarda la dispersione di polveri nell’atmosfera».
E meno male, parafrasando un inno assai in voga, che Assennato c’è. Nel senso che l’Arpa, ieri a Roma, ha di fatto rappresentato gli interessi ambientali della città lavorando perché fossero confermate le attività di monitoraggio. Un punto, questo, che sta molto a cuore al movimento ambientalista che vede nel controllo continuo un elemento di salvaguardia e di garanzia per i cittadini.
Certo, sulle polveri sottili, pm 10 e pm 2,5, non ci sarà lo stesso stringente controllo previsto sui composti organici volatili. Non ci saranno prescrizioni, né limiti da non superare. La valutazione degli effetti delle polveri sottili, come detto, sarà effettuata solo mensilmente e senza un monitoraggio continuo. Tuttavia, in questi tempi di concessioni Aia «a sorpresa» da parte delle commissioni tecnico-politiche, il risultato non è da buttare.
E a essere soddisfatti sono gli ambientalisti riuniti nel cartello di Altamarea: «Il risultato è positivo - ha dichiarato il leader di Peacelink Alessandro Marescotti - e la nostra lettera al ministero dell’Ambiente perché il campionamento continuo fosse adottato, ritenendolo indispensabile, ha sortito i suoi effetti».
Il fronte ecologista spiegava nella lettera al ministro che il campionamento continuo è imprescindibile in quanto è un controllo 24 ore su 24 degli inquinanti, per tutto l’anno. Se venisse accantonato verrebbe meno una importante garanzia per i cittadini. Sappiamo che l’Eni - accusavano gli ambientalisti - non vuole il controllo continuativo sulle emissioni della sua centrale termoelettrica Enipower di Taranto. Il cosiddetto campionamento continuo, secondo l’Eni, andrebbe infatti sostituito da una verifica semestrale. Sottrarsi ad una misurazione costante significa infatti limitare il potere dei cittadini di informarsi, conoscere e controllare». Non è andata così. (La Gazzetta di Taranto, p.VII)
Inquinamento, sì parziale per il campionamento continuo di Edison ed Eni
• Il ministero dell’Ambiente ha confermato ieri a Roma il campionamento in continuo dei composti organici volatili della centrale Enipower di Taranto, dei due camini della raffineria Eni e della centrale Edison.
La notizia è giunta in serata alla fine della riunione tecnica in programma nella capitale.
Fonti Arpa confermano: il monitoraggio prevede limiti prescrittivi; le polveri non dovranno superare i 20 milligrammi per metro cubo d’aria. L’esame da parte dei tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente, cui sono affidati i controlli, avverrà attraverso l’osservazione del carbonio totale organico da cui saranno tratte le stime delle emissioni dei cosiddetti composti organici volatili.
Il monitoraggio in continuo è previsto anche per le polveri sottili pm 10 e pm 2,5 emesse dagli impianti Eni, Enipower e Edison. In questo caso, però, l’attività di controllo non avrà limiti prescrittivi e sarà puramente conoscitiva. Un altro tipo di monitoraggio, mensile e discontinuo, ha ricevuto il via libera del ministero. L’Arpa dovrà effettuare periodicamente (ogni 30 giorni e non continuativamente) controlli per valutare gli effetti delle emissioni. «Anche se - ha spiegato un soddisfatto direttore dell’Arpa Giorgio Assennato - gli impianti Eni e Enipower e la centrale Edison hanno problemi contenuti per quel che riguarda la dispersione di polveri nell’atmosfera».
E meno male, parafrasando un inno assai in voga, che Assennato c’è. Nel senso che l’Arpa, ieri a Roma, ha di fatto rappresentato gli interessi ambientali della città lavorando perché fossero confermate le attività di monitoraggio. Un punto, questo, che sta molto a cuore al movimento ambientalista che vede nel controllo continuo un elemento di salvaguardia e di garanzia per i cittadini.
Certo, sulle polveri sottili, pm 10 e pm 2,5, non ci sarà lo stesso stringente controllo previsto sui composti organici volatili. Non ci saranno prescrizioni, né limiti da non superare. La valutazione degli effetti delle polveri sottili, come detto, sarà effettuata solo mensilmente e senza un monitoraggio continuo. Tuttavia, in questi tempi di concessioni Aia «a sorpresa» da parte delle commissioni tecnico-politiche, il risultato non è da buttare.
E a essere soddisfatti sono gli ambientalisti riuniti nel cartello di Altamarea: «Il risultato è positivo - ha dichiarato il leader di Peacelink Alessandro Marescotti - e la nostra lettera al ministero dell’Ambiente perché il campionamento continuo fosse adottato, ritenendolo indispensabile, ha sortito i suoi effetti».
Il fronte ecologista spiegava nella lettera al ministro che il campionamento continuo è imprescindibile in quanto è un controllo 24 ore su 24 degli inquinanti, per tutto l’anno. Se venisse accantonato verrebbe meno una importante garanzia per i cittadini. Sappiamo che l’Eni - accusavano gli ambientalisti - non vuole il controllo continuativo sulle emissioni della sua centrale termoelettrica Enipower di Taranto. Il cosiddetto campionamento continuo, secondo l’Eni, andrebbe infatti sostituito da una verifica semestrale. Sottrarsi ad una misurazione costante significa infatti limitare il potere dei cittadini di informarsi, conoscere e controllare». Non è andata così. (La Gazzetta di Taranto, p.VII)
Argomenti
aia,
campionamento,
edison,
Eni,
enipower,
monitoraggio
Bambini in marcia
ALTAMAREA RISPONDE ALLE ASSOCIAZIONI CHE SI SONO DISSOCIATE DALL’INIZIATIVA DEL 28
«I bambini in marcia per l’ambiente? Una protesta giusta e che va incoraggiata»
• «I bambini italiani che protestano contro il lavoro minorile e le ingiustizie nel mondo vendono lodati ovunque. Ma i bambini di Taranto che protestano contro l’inquinamento sono in odore di “str umentalizzazione”. Siamo veramente al paradosso se non al ridicolo». Così Altamarea, il movimento che mette insieme una serie di associazioni ambientaliste, replica alle accuse di altre associazioni, esterne al movimento, che «non condividono la partecipazione dei bambini alle mobilitazioni cittadine contro l’inquina - mento e hanno pertanto invitato a “lasciarli a casa”». Il riferimento è alla manifestazione del 28 novembre a Taranto.
«Questa presa di posizione - rileva Altamarea - ricalca l’educa - zione ottocentesca che separava scuola e società e considerava il “fanciullo” come un soggetto incapace di intendere e di volere, ancora da formare e da istruire». Altamarea cita l’Unicef che «porta i bambini in piazza a rivendicare i propri diritti e così fa l’Arciragazzi ogni anno organizzando in tutt’Italia le “marce dei bambini”, con il patrocinio degli enti locali e la partecipazione delle scuole. Per non parlare di Legambiente, con le sue “classi del cigno”, il Wwf con i “Panda club” e i tanti progetti della “città dei bambini” diffusi in Italia. Queste iniziative per i diritti dell’inf anzia sono state organizzate anche a Taranto e i cortei dei bambini hanno riscosso un notevole successo». A Taranto i diritti dei bambini «sono stati violati in quanto non solo si ammalano di inquinamento ma non sono stati neppure informati sulla loro esposizione a diossina, benzopirene, piombo, mercurio e altre micidiali sostanze. Continuano a studiare e a giocare a ridosso dell’area industriale. E se tutti i diritti che tutelano la loro vita vengono violati, perché privarli anche del diritto di esprimere la loro opinione in piazza?» (La Gazzetta di Taranto, p.VII)
«I bambini in marcia per l’ambiente? Una protesta giusta e che va incoraggiata»
• «I bambini italiani che protestano contro il lavoro minorile e le ingiustizie nel mondo vendono lodati ovunque. Ma i bambini di Taranto che protestano contro l’inquinamento sono in odore di “str umentalizzazione”. Siamo veramente al paradosso se non al ridicolo». Così Altamarea, il movimento che mette insieme una serie di associazioni ambientaliste, replica alle accuse di altre associazioni, esterne al movimento, che «non condividono la partecipazione dei bambini alle mobilitazioni cittadine contro l’inquina - mento e hanno pertanto invitato a “lasciarli a casa”». Il riferimento è alla manifestazione del 28 novembre a Taranto.
«Questa presa di posizione - rileva Altamarea - ricalca l’educa - zione ottocentesca che separava scuola e società e considerava il “fanciullo” come un soggetto incapace di intendere e di volere, ancora da formare e da istruire». Altamarea cita l’Unicef che «porta i bambini in piazza a rivendicare i propri diritti e così fa l’Arciragazzi ogni anno organizzando in tutt’Italia le “marce dei bambini”, con il patrocinio degli enti locali e la partecipazione delle scuole. Per non parlare di Legambiente, con le sue “classi del cigno”, il Wwf con i “Panda club” e i tanti progetti della “città dei bambini” diffusi in Italia. Queste iniziative per i diritti dell’inf anzia sono state organizzate anche a Taranto e i cortei dei bambini hanno riscosso un notevole successo». A Taranto i diritti dei bambini «sono stati violati in quanto non solo si ammalano di inquinamento ma non sono stati neppure informati sulla loro esposizione a diossina, benzopirene, piombo, mercurio e altre micidiali sostanze. Continuano a studiare e a giocare a ridosso dell’area industriale. E se tutti i diritti che tutelano la loro vita vengono violati, perché privarli anche del diritto di esprimere la loro opinione in piazza?» (La Gazzetta di Taranto, p.VII)
giovedì 29 ottobre 2009
Marcia Altamarea: dite la vostra!
Il Comitato per Taranto partecipa all'organizzazione della Manifestazione Altamarea del 28 novembre. La versione per punti della piattaforma, in forma ancora di bozza si può visionare sul sito di Tarantosociale.
Di seguito riportiamo la versione riveduta dal Comitato pregandovi di commentare e di inserire commenti per integrarla o modificarla. I vostri suggerimenti saranno discussi alla prossima riunione di Altamarea che si terrà lunedì 2 novembre alle ore 18.00 presso la sede AIL.
1. INQUINANTI, MONITORAGGIO, STANDARD EUROPEI. Prescrizioni restrittive per le emissioni industriali a tutela della salute di cittadini e lavoratori. Autorizzazione Intergrata Ambientale (AIA) che fissi limiti agli inquinanti secondo standard europei e preveda l'adeguamento degli impianti alla migliori tecnologie in assoluto (in particolare per la cokeria). Copertura completa dei parchi minerali. Piena applicazione delle leggi per la sicurezza sul lavoro. Sistema di monitoraggio delle emissioni industriali complessive e informazione dei cittadini su Internet.
2. ILVA E DIOSSINA. Piena applicazione della legge regionale antidiossina. Controllo 24 ore su 24 con il "campionamento continuo".
3. ENI - ENIPOWER. No all'incremento della raffinazione e della produzione energetica. Campionamento continuo. No a sondaggi e perforazioni petrolifere nel Golfo di Taranto.
4. OCCUPAZIONE E SVILUPPO ECOSOSTENIBILE. Difesa dell'occupazione con bonifica dei siti inquinati, aumento delle squadre di manutenzione, rifacimento degli impianti obsoleti e loro messa a norma, adozione di tecnologie ecosostenibili, investimenti in sicurezza, programmazione ed incentivazione dell'economia alternativa alla grande industria.
5. RISARCIMENTO MESTIERI TRADIZIONALI. realizzazione di mappe d'impatto. Sostegno e risarcimento ad allevatori, agricoltori, pescatori ed imprenditori locali rovinati dalle emissioni industriali
6. INFORMAZIONE DELLA POPOLAZIONE. Applicazione sul territorio della "legge Seveso" sui rischi di incidente rilevante con informazione della popolazione sui piani di emergenza.
7. RIFIUTI. No ad inceneritori e assimilati, sì alla raccolta differenziata porta a porta e all'incremento dei posti di lavoro per la gestione del recupero. Sostegno alle lotte dei comitati antidiscarica della provincia di Taranto.
8. ENERGIE RINNOVABILI. No al nucleare, sì al risparmio energetico e alle energie rinnovabili.
9. SALUTE. Screening dei cittadini per verificare la contaminazione dei cittadini (diossina, arsenico, ecc.), realizzazione di un effettivo registro tumori e di mappe epidemiologiche per tutte le patologie legate all'impatto industriale.
10. CONTROLLI E RICERCA. Attivazione nell'ex Ospedale Testa di un Centro Ambiente e Salute specializzato nei controlli ambientali e sanitari dell'area industriale. Creazione di un polo scientifico-tecnologico di eccellenza in campo ambientale.
Ed ecco la versione estesa adottata da cittadini ed associazioni all'ultima riunione:
Taranto_piattaforma altamarea 28_11_2009
Di seguito riportiamo la versione riveduta dal Comitato pregandovi di commentare e di inserire commenti per integrarla o modificarla. I vostri suggerimenti saranno discussi alla prossima riunione di Altamarea che si terrà lunedì 2 novembre alle ore 18.00 presso la sede AIL.
GRANDE MARCIA CONTRO L'INQUINAMENTO
1. INQUINANTI, MONITORAGGIO, STANDARD EUROPEI. Prescrizioni restrittive per le emissioni industriali a tutela della salute di cittadini e lavoratori. Autorizzazione Intergrata Ambientale (AIA) che fissi limiti agli inquinanti secondo standard europei e preveda l'adeguamento degli impianti alla migliori tecnologie in assoluto (in particolare per la cokeria). Copertura completa dei parchi minerali. Piena applicazione delle leggi per la sicurezza sul lavoro. Sistema di monitoraggio delle emissioni industriali complessive e informazione dei cittadini su Internet.
2. ILVA E DIOSSINA. Piena applicazione della legge regionale antidiossina. Controllo 24 ore su 24 con il "campionamento continuo".
3. ENI - ENIPOWER. No all'incremento della raffinazione e della produzione energetica. Campionamento continuo. No a sondaggi e perforazioni petrolifere nel Golfo di Taranto.
4. OCCUPAZIONE E SVILUPPO ECOSOSTENIBILE. Difesa dell'occupazione con bonifica dei siti inquinati, aumento delle squadre di manutenzione, rifacimento degli impianti obsoleti e loro messa a norma, adozione di tecnologie ecosostenibili, investimenti in sicurezza, programmazione ed incentivazione dell'economia alternativa alla grande industria.
5. RISARCIMENTO MESTIERI TRADIZIONALI. realizzazione di mappe d'impatto. Sostegno e risarcimento ad allevatori, agricoltori, pescatori ed imprenditori locali rovinati dalle emissioni industriali
6. INFORMAZIONE DELLA POPOLAZIONE. Applicazione sul territorio della "legge Seveso" sui rischi di incidente rilevante con informazione della popolazione sui piani di emergenza.
7. RIFIUTI. No ad inceneritori e assimilati, sì alla raccolta differenziata porta a porta e all'incremento dei posti di lavoro per la gestione del recupero. Sostegno alle lotte dei comitati antidiscarica della provincia di Taranto.
8. ENERGIE RINNOVABILI. No al nucleare, sì al risparmio energetico e alle energie rinnovabili.
9. SALUTE. Screening dei cittadini per verificare la contaminazione dei cittadini (diossina, arsenico, ecc.), realizzazione di un effettivo registro tumori e di mappe epidemiologiche per tutte le patologie legate all'impatto industriale.
10. CONTROLLI E RICERCA. Attivazione nell'ex Ospedale Testa di un Centro Ambiente e Salute specializzato nei controlli ambientali e sanitari dell'area industriale. Creazione di un polo scientifico-tecnologico di eccellenza in campo ambientale.
Ed ecco la versione estesa adottata da cittadini ed associazioni all'ultima riunione:
Taranto_piattaforma altamarea 28_11_2009
mercoledì 28 ottobre 2009
Differenziata? Ultimi, come sempre!
Chiacchiere e distintivo
La torta dell'arsenale attira tanti pesci...
Tutti con la soluzione in tasca in attesa di un incarico.
Tutti con la soluzione in tasca in attesa di un incarico.
Si nomineranno i garanti per il referendum?
AMBIENTALISTA HA RESO NOTO CHE PALAZZO DI CITTÀ PROCEDERÀ ALLE NOMINE NEL PROSSIMO CONSIGLIO COMUNALE
«Referendum Ilva vicino»
Russo (Taranto Futura): incontreremo gli operai per spiegare l’iniziativa
• «Ma certo che inconteremo gli operai. Ci dia il tempo di iniziare la campagna elettorale referendaria». Nicola Russo invita i giornalisti e conferma: il 29 novembre (dopodomani, ndr) la nomina dei garanti del referendum sulla chiusura dell’Ilva durante il Consiglio comunale. Ma la notizia è un’altra. O, meglio, sono altre. Raccolte nella reazione della comunità ambientalista dell’associazione Taranto Futura. «Finalmente l’accesso a questo strumento di democrazia».
Non è solo Russo a dirlo, ma un coro ampio e articolato di voci che si rincorre nella sala del collegio Ipasvi dove i sostenitori di quella «pazza idea» del referendum assistono alla conferenza stampa. «Abbiamo dovuto combattere una guerra contro il Comune per poter esercitare questo diritto» ricorda Russo. «Abbiamo dovuto combattere perché questo strumento di democrazia diretta fosse finalmente nelle mani dei cittadini. E’ anche una questione di libertà di pensiero».
La questione referendaria sormonta la vicenda quote negli Enti locali o l’ancor più spinoso tema del futuro ospedale del Mediterraneo (San Raffaele). Perché è questione diretta: è qui e ora. Tra la gente. «Il Comune finora ha avuto colpe che non eiterei a definire gravi nel ritardare la procedura di indizione del referendum - aggiunge Russo - ma finalmente siamo riusciti a superare gli ostacoli fin qui trovati sul nostro percorso».
E gli operai? Cosa dire agli operai del loro futuro, di posti di lavoro che, venendo meno l’Ilva, sprofonderebbero la città in una crisi economica senza precedenti? «A loro parleremo. E chiederemo come ci si sente a stare in prima linea tra il fuoco della produzione e la polvere dell’inquinamento».
«E ricorderemo che è dovere della politica ricollocare i lavoratori in attività eco-compatibili a cominciare dalle bonifiche delle aree». A Bagnoli, in provincia di Napoli, non ha funzionato. O almeno non ancora anche se son passati tanti anni ormai dalla chiusura dello stabilimento Ilva. Bene ricordarlo quando si parla di chiusure, di politica e classe dirigente, di referendum.
«Anche il sindacato - spiega Russo - deve porsi il problema. Chiamare gli operai e dire che il lavoro serve per vivere e non per morire. Finora lo ha fatto? La partita che si gioca è una partita sulla rappresentatività e sulla delega. Io dico che Taranto è stufa di delegare tutto. In passato ha delegato le scelte più importanti. Gli errori fin qui commessi dimostrano che non è più tempo di affidare ad altri il destino della città. Ecco il principio di democrazia diretta, senza deleghe, che il referendum contiene in sé».
E il fronte ambientalista? «Bene fa l’associazione Blu Taranto a mediare per eivtare strappi. Taranto Futura è sostenuta da 2mila 300 iscritti. Insistiamo: sì alla marcia del 28 novembre, ma senza i bambini e senza strumentalizzazioni nei loro confronti». Fulvio Colucci, La Gazzetta di Taranto, p.VIII
«Referendum Ilva vicino»
Russo (Taranto Futura): incontreremo gli operai per spiegare l’iniziativa
• «Ma certo che inconteremo gli operai. Ci dia il tempo di iniziare la campagna elettorale referendaria». Nicola Russo invita i giornalisti e conferma: il 29 novembre (dopodomani, ndr) la nomina dei garanti del referendum sulla chiusura dell’Ilva durante il Consiglio comunale. Ma la notizia è un’altra. O, meglio, sono altre. Raccolte nella reazione della comunità ambientalista dell’associazione Taranto Futura. «Finalmente l’accesso a questo strumento di democrazia».
Non è solo Russo a dirlo, ma un coro ampio e articolato di voci che si rincorre nella sala del collegio Ipasvi dove i sostenitori di quella «pazza idea» del referendum assistono alla conferenza stampa. «Abbiamo dovuto combattere una guerra contro il Comune per poter esercitare questo diritto» ricorda Russo. «Abbiamo dovuto combattere perché questo strumento di democrazia diretta fosse finalmente nelle mani dei cittadini. E’ anche una questione di libertà di pensiero».
La questione referendaria sormonta la vicenda quote negli Enti locali o l’ancor più spinoso tema del futuro ospedale del Mediterraneo (San Raffaele). Perché è questione diretta: è qui e ora. Tra la gente. «Il Comune finora ha avuto colpe che non eiterei a definire gravi nel ritardare la procedura di indizione del referendum - aggiunge Russo - ma finalmente siamo riusciti a superare gli ostacoli fin qui trovati sul nostro percorso».
E gli operai? Cosa dire agli operai del loro futuro, di posti di lavoro che, venendo meno l’Ilva, sprofonderebbero la città in una crisi economica senza precedenti? «A loro parleremo. E chiederemo come ci si sente a stare in prima linea tra il fuoco della produzione e la polvere dell’inquinamento».
«E ricorderemo che è dovere della politica ricollocare i lavoratori in attività eco-compatibili a cominciare dalle bonifiche delle aree». A Bagnoli, in provincia di Napoli, non ha funzionato. O almeno non ancora anche se son passati tanti anni ormai dalla chiusura dello stabilimento Ilva. Bene ricordarlo quando si parla di chiusure, di politica e classe dirigente, di referendum.
«Anche il sindacato - spiega Russo - deve porsi il problema. Chiamare gli operai e dire che il lavoro serve per vivere e non per morire. Finora lo ha fatto? La partita che si gioca è una partita sulla rappresentatività e sulla delega. Io dico che Taranto è stufa di delegare tutto. In passato ha delegato le scelte più importanti. Gli errori fin qui commessi dimostrano che non è più tempo di affidare ad altri il destino della città. Ecco il principio di democrazia diretta, senza deleghe, che il referendum contiene in sé».
E il fronte ambientalista? «Bene fa l’associazione Blu Taranto a mediare per eivtare strappi. Taranto Futura è sostenuta da 2mila 300 iscritti. Insistiamo: sì alla marcia del 28 novembre, ma senza i bambini e senza strumentalizzazioni nei loro confronti». Fulvio Colucci, La Gazzetta di Taranto, p.VIII
martedì 27 ottobre 2009
l'ENI aumenta e tutto tace. Tranne un giornalista sagace...
Qualche giorno fa attaccammo Fulvio Colucci per la sua visione manichea riguardo al fronte ambientalista, a suo parere rotto tra referendari e istituzionalisti.
Oggi dobbiamo riconoscere la sagacia dell'Autore nell'avvivare il dibattito su un tema così scottante troppo presto messo a tacere anche all'interno dello stesso fronte di cittadini attivi.
Questa (tanto anelata) professionalità nei giornali locali, anzichè farci indignare per la critica che ci rivolge, dal nostro punto di vista è il segno di una stampa che si sta un po' liberando dai vincoli dei poteri forti e degli editori per elevarsi al ruolo di quarto potere.
Evidentemente i tempi sono maturi perchè tutti gli attori intervengano nel dibattito e nelle richieste di un territorio sano e pulito (in tutti i sensi).
E noi non faremo mancare il nostro apporto!
Alla raffineria via libera ambientale sui nuovi impianti. Il ministro Prestigiacomo impone la costruzione del metanodotto. Servirà alla nuova centrale da garantire i controlli sulle emissioni. Smentiti politici e ambientalisti
FULVIO COLUCCI
• Tutta la verità, nient’altro che la verità. Quella che emerge, finalmente, dal verbale della riunione del 22 ottobre a Roma redatto dalla Direzione salvaguardia ambientale del ministero dell’Am - biente. E che dissipa l’inspiegabile equivoco (o cortina fumogena se preferite) sollevato nei giorni scorsi.
La “Gazzetta” è venuta in possesso del documento che aiuta a far luce sull’intera vicenda del rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali per la raffineria Eni e le centrali Enipower e Edison.
La prima verità smentisce Enti locali, ambientalisti e media che, forse troppo in fretta, hanno «corretto» le notizie. L’Eni non ha ottenuto nessuna Autorizzazione integrata ambientale per i vecchi impianti i quali hanno da tempo certificazioni di qualità, per esempio la ISO 14000, che da sole spiegano la regolarità d’esercizio.
Sulla base degli allegati prodotti da Eni ed Enipower, durante la riunione romana con Enti locali e ministero, la richiesta di Autorizzazione integrata ambientale è stata avanzata per quattro nuove strutture: Idrocracking (serve a «ricavare» più benzina e gasolio dai residui di lavorazione), impianto Scott (per la desolforazione del greggio), impianto a idrogeno (utilizzato per la produzione della benzina) e terza torcia. Quest’ultima, affiancando le altre due, consentirà un processo di raffinazione più sicuro evitando così i black out che hanno provocato, nei mesi scorsi, la fuoriuscita di fumo nero dalle altre due torce in funzione.
Come si legge nel verbale, la conferenza (cioè il ministero dell’Ambiente e i ministeri dell’Interno, dello Sviluppo economico, del Lavoro, della Salute, gli Enti locali, l’Ispra, i rappresentanti della commissione istruttoria per l’Aia e l’Ar - pa Puglia) si è «espressa favorevolmente al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali per l’esercizio della raffineria Eni e delle centrali Enipower e Edison».
I nuovi impianti, una volta in funzione, dovrebbero consentire un aumento della capacità produttiva. Non sarà il «raddoppio», ormai tramontato e erroneamente evocato dalla “Gazzetta”, ma passare da 6,5 a 8 milioni di barili all’anno potrebbe significare comunque un bel salto di qualità. Verifiche permettendo. Il direttore dell’Arpa Assennato è riuscito a farle mettere a verbale. Tocca al movimento ambientalista incalzare. Interessante sapere, su tutto questo, il giudizio dei governanti locali, degli ambientalisti presenti e assenti a Roma, degli opinion leader...
Sempre dal verbale romano emerge un’altra verità, la più importante, circa le prescrizioni alle quali Eni e Enipower devono attenersi per il rilascio definitivo dell’autorizzazione integrata ambientale. I nuovi impianti «non potranno entrare in esercizio» fino «all’attuazione della prescrizione inerente la realizzazione del gasdotto di collegamento alla rete gas nazionale». Questo significa che, al di là di monitoraggi, controlli sulla qualità dell’aria e verifiche sanitarie pretese a gran voce e verbalizzate, Eni e Enipower devono realizzare al più presto il metanodotto. E il metanodotto è essenziale perché entri in funzione la nuova centrale turbogas da 240 megawatt in sostituzione di quella vecchia che inquina. Un tassello determinante che vale quanto un’Autorizzazione integrata ambientale anche per il nuovo impianto. Proprio quello che sosteneva la “Gazzetta” forse in maniera un po’ grossolana e con qualche semplificazione di troppo. Ma sempre per amore della verità.
Facile abusare...ma processare, quando?
PROCESSO ECOLEVANTE
esito dell’udienza del 26 ottobre 2009
Avrebbe dovuto iniziare oggi 26 ottobre 2009 il processo nei confronti del rappresentante legale della Ecolevante spa dott. Boccini e del funzionario della Provincia ing. Ruggieri, a seguito dell’azione legale avviata nel luglio 2006 dal comitato Vigiliamo per la discarica.
Ma ancora una volta, dopo il primo rinvio deciso il 5 ottobre scorso dal presidente della seconda sezione penale dott. Ciro Fiore, l’udienza è stata rinviata per il mancato riscontro della notifica del decreto di citazione a giudizio al rappresentante legale della Ecolevante spa.
Nel procedimento, oltre a Vigiliamo, si sono costituiti alcuni cittadini grottagliesi, nella loro qualità di elettori, che hanno proposto una “azione popolare” in sostituzione del Comune di Grottaglie e della Provincia e, nel 2007, le associazioni Sud in movimento, Anpana e Lida, oltre al Comune e alla Pro loco Marciana di S. Marzano.
La prossima udienza, a due anni e mezzo dall’esposto presentato da Vigiliamo dopo che il Tribunale amministrativo di Lecce ne aveva accolto il ricorso per le illegittimità nelle autorizzazioni per il cosiddetto III lotto, è stata fissata al prossimo 7 dicembre 2009; intanto il Tribunale eseguirà una nuova notifica al rappresentante legale della Ecolevante spa.
esito dell’udienza del 26 ottobre 2009
Avrebbe dovuto iniziare oggi 26 ottobre 2009 il processo nei confronti del rappresentante legale della Ecolevante spa dott. Boccini e del funzionario della Provincia ing. Ruggieri, a seguito dell’azione legale avviata nel luglio 2006 dal comitato Vigiliamo per la discarica.
Ma ancora una volta, dopo il primo rinvio deciso il 5 ottobre scorso dal presidente della seconda sezione penale dott. Ciro Fiore, l’udienza è stata rinviata per il mancato riscontro della notifica del decreto di citazione a giudizio al rappresentante legale della Ecolevante spa.
Nel procedimento, oltre a Vigiliamo, si sono costituiti alcuni cittadini grottagliesi, nella loro qualità di elettori, che hanno proposto una “azione popolare” in sostituzione del Comune di Grottaglie e della Provincia e, nel 2007, le associazioni Sud in movimento, Anpana e Lida, oltre al Comune e alla Pro loco Marciana di S. Marzano.
La prossima udienza, a due anni e mezzo dall’esposto presentato da Vigiliamo dopo che il Tribunale amministrativo di Lecce ne aveva accolto il ricorso per le illegittimità nelle autorizzazioni per il cosiddetto III lotto, è stata fissata al prossimo 7 dicembre 2009; intanto il Tribunale eseguirà una nuova notifica al rappresentante legale della Ecolevante spa.
Campionamento in continuo, si deve fare!
Al Ministero dell’Ambiente
c.a. dott. Giuseppe Lo Presti
Oggetto: riunione del 29 ottobre sul campionamento continuo centrale Enipower di Taranto
Il 29 ottobre si terrà a Roma un incontro tecnico per decidere il campionamento continuo dei composti organici volatili della centrale Enipower di Taranto.
Scriviamo al Ministero dell’Ambiente perché il campionamento continuo sia adottato. Lo consideriamo indispensabile.
Riteniamo imprescindibile il “campionamento continuo” in quanto è un controllo 24 ore su 24 degli inquinanti, per tutto l’anno. Se venisse accantonato verrebbe meno una importante garanzia per i cittadini.
Sappiamo che l’ENI non vuole il controllo continuativo sulle emissioni della sua centrale termoelettrica Enipower di Taranto. Il cosiddetto “campionamento continuo”, secondo ENI, andrebbe infatti sostituito da una “verifica semestrale”.
Per supportare questa posizione l’ENI ha sostenuto di avere ottenuto anche il consenso dell’Arpa Puglia, cosa che è stata categoricamente smentita dal prof. Giorgio Assennato, Direttore Generale di Arpa Puglia.
Altamarea è un coordinamento di cittadini e associazioni che ha organizzato nel 2008 a Taranto la grande manifestazione di 20 mila persone (29/11/2008) e che sta preparando una manifestazione analoga per il prossimo 28 novembre. A Taranto la sensibilità sulla questione ambientale divenuta è cresciuta enormemente.
In questo contesto di grande attenzione dell’opinione pubblica, Altamarea ha scoperto questo grave tentativo di accantonamento del “campionamento continuo” analizzando con attenzione lo scambio di email fra ENI e Ministero dell’Ambiente. L’opinione pubblica è stata informata ampiamente da Altamarea e dai mezzi di comunicazione. L’indignazione è stata grande.
Sottrarsi ad una misurazione costante significa infatti limitare il potere dei cittadini di informarsi, conoscere e controllare.
In particolare il campionamento continuo consentirebbe di verificare l’entità delle emissioni di formaldeide dato che tale agente chimico è classificato come “cancerogeno per l’uomo” dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro.
E’ sulla base delle ragioni su esposte che Altamarea esige fermamente che il risultato della riunione tecnica del 29 ottobre sia quello di ribadire la scelta del campionamento continuo. L’attenzione della città è puntata sulle vostre decisioni. Ogni scelta difforme sarebbe una gravissima violazione della volontà popolare.
Altamarea
c.a. dott. Giuseppe Lo Presti
Oggetto: riunione del 29 ottobre sul campionamento continuo centrale Enipower di Taranto
Il 29 ottobre si terrà a Roma un incontro tecnico per decidere il campionamento continuo dei composti organici volatili della centrale Enipower di Taranto.
Scriviamo al Ministero dell’Ambiente perché il campionamento continuo sia adottato. Lo consideriamo indispensabile.
Riteniamo imprescindibile il “campionamento continuo” in quanto è un controllo 24 ore su 24 degli inquinanti, per tutto l’anno. Se venisse accantonato verrebbe meno una importante garanzia per i cittadini.
Sappiamo che l’ENI non vuole il controllo continuativo sulle emissioni della sua centrale termoelettrica Enipower di Taranto. Il cosiddetto “campionamento continuo”, secondo ENI, andrebbe infatti sostituito da una “verifica semestrale”.
Per supportare questa posizione l’ENI ha sostenuto di avere ottenuto anche il consenso dell’Arpa Puglia, cosa che è stata categoricamente smentita dal prof. Giorgio Assennato, Direttore Generale di Arpa Puglia.
Altamarea è un coordinamento di cittadini e associazioni che ha organizzato nel 2008 a Taranto la grande manifestazione di 20 mila persone (29/11/2008) e che sta preparando una manifestazione analoga per il prossimo 28 novembre. A Taranto la sensibilità sulla questione ambientale divenuta è cresciuta enormemente.
In questo contesto di grande attenzione dell’opinione pubblica, Altamarea ha scoperto questo grave tentativo di accantonamento del “campionamento continuo” analizzando con attenzione lo scambio di email fra ENI e Ministero dell’Ambiente. L’opinione pubblica è stata informata ampiamente da Altamarea e dai mezzi di comunicazione. L’indignazione è stata grande.
Sottrarsi ad una misurazione costante significa infatti limitare il potere dei cittadini di informarsi, conoscere e controllare.
In particolare il campionamento continuo consentirebbe di verificare l’entità delle emissioni di formaldeide dato che tale agente chimico è classificato come “cancerogeno per l’uomo” dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro.
E’ sulla base delle ragioni su esposte che Altamarea esige fermamente che il risultato della riunione tecnica del 29 ottobre sia quello di ribadire la scelta del campionamento continuo. L’attenzione della città è puntata sulle vostre decisioni. Ogni scelta difforme sarebbe una gravissima violazione della volontà popolare.
Altamarea
ENI indagata per i morti di Molfetta
Il giudice ordina: «Indagate sull’Eni»
«Ordina, infine, alla cancelleria la trasmissione degli atti alla procura della repubblica di Taranto e alla procura della Repubblica di Grosseto per le valutazioni del caso in ordine a quanto emerso chiaramente nel dibattimento in relazione al trasporto e allo smaltimento di sostanze qualificabili come rifiuti, alle emissioni non controllate di acido solfidrico in atmosfera ed infine alle violazioni delle prescrizioni in materia di sicurezza del lavoro, fatti accaduti rispettivamente presso la raffineria dell’Eni spa di Taranto e presso l’impianto di produzione di acido solforico della nuova Solmine di Scarlino».
Spunta anche il nome della raffineria Eni di Taranto nel dispositivo che ieri ha chiuso il processo sulla morte di cinque operai avvenuta il 3 marzo dello scorso anno nella Truck center di Molfetta.
Da Taranto, infatti, era partita la cisterna carica di zolfo liquido nella quale morirono asfissiate le cinque vittime.
Anche quella circostanza è stata scandagliata nel corso del dibattimento ed, evidentemente, ha portato alla luce una serie di elementi che sono balzati agli occhi del giudice Lorenzo Gadaleta, che ieri ha condannato i vertici delle società che gestirono quella operazione di trasporto poi sfociata nella tragedia costata la vita ai cinque lavoratori che dovevano ripulire la cisterna.
Per questo il magistrato a chiusura del suo dispositivo ha dedicato qualche riga alla raffineria di Taranto.
Nel documento si parla di violazioni emerse «chiaramente» durante il procedimento che ha posto l’attenzione sulla tragedia di Molfetta. Nei verbali ci sarebbero elementi tali da consentire di puntare il dito anche contro il grosso stabilimento di Taranto al centro di polemiche dopo la ventilata ipotesi di raddoppio. Quei verbali ora sono in viaggio dal Tribunale di Trani con destinazione il palazzo di giustizia ionico. Toccherà ai magistrati della sezione reati ambientali verificare la sussistenza di ipotesi di reato da contestare anche in riva allo Ionio. (Tarantosera)
«Ordina, infine, alla cancelleria la trasmissione degli atti alla procura della repubblica di Taranto e alla procura della Repubblica di Grosseto per le valutazioni del caso in ordine a quanto emerso chiaramente nel dibattimento in relazione al trasporto e allo smaltimento di sostanze qualificabili come rifiuti, alle emissioni non controllate di acido solfidrico in atmosfera ed infine alle violazioni delle prescrizioni in materia di sicurezza del lavoro, fatti accaduti rispettivamente presso la raffineria dell’Eni spa di Taranto e presso l’impianto di produzione di acido solforico della nuova Solmine di Scarlino».
Spunta anche il nome della raffineria Eni di Taranto nel dispositivo che ieri ha chiuso il processo sulla morte di cinque operai avvenuta il 3 marzo dello scorso anno nella Truck center di Molfetta.
Da Taranto, infatti, era partita la cisterna carica di zolfo liquido nella quale morirono asfissiate le cinque vittime.
Anche quella circostanza è stata scandagliata nel corso del dibattimento ed, evidentemente, ha portato alla luce una serie di elementi che sono balzati agli occhi del giudice Lorenzo Gadaleta, che ieri ha condannato i vertici delle società che gestirono quella operazione di trasporto poi sfociata nella tragedia costata la vita ai cinque lavoratori che dovevano ripulire la cisterna.
Per questo il magistrato a chiusura del suo dispositivo ha dedicato qualche riga alla raffineria di Taranto.
Nel documento si parla di violazioni emerse «chiaramente» durante il procedimento che ha posto l’attenzione sulla tragedia di Molfetta. Nei verbali ci sarebbero elementi tali da consentire di puntare il dito anche contro il grosso stabilimento di Taranto al centro di polemiche dopo la ventilata ipotesi di raddoppio. Quei verbali ora sono in viaggio dal Tribunale di Trani con destinazione il palazzo di giustizia ionico. Toccherà ai magistrati della sezione reati ambientali verificare la sussistenza di ipotesi di reato da contestare anche in riva allo Ionio. (Tarantosera)
Città Vecchia: rifugio spazzatura per continuare a segregare!
IL SINDACO: HO REDATTO UN’ORDINANZA PER VENIRE INCONTRO A CHI È IN DIFFICOLTÀ
«I locali nella Città vecchia li utilizzeremo come case»
• Emergenza case, c’è l'ordinanza del sindaco per la riapertura di alcuni locali commerciali di proprietà comunale in Città vecchia. Il sindaco Ezio Stefàno precisa alla «Gazzetta» che «questo provvedimento non è affatto una decisione dell'ultim’ora, maturata in seguito alla protesta dei cittadini. Si tratta, piuttosto, di un percorso individuato già da alcune settimane proprio per aiutare le numerose famiglie di Taranto che non possono permettersi una casa». E proprio mentre rilascia queste dichiarazioni, Stefàno si trova proprio insieme ad una delegazione di cittadini che ieri hanno protestato con veemenza davanti al Comune.
«Mi sono già confrontato con il prefetto di Taranto su questa soluzione. Al dottor Pironti - prosegue il sindaco - ho personalmente posto il problema una decina di giorni fa, quando ci siamo incontrati in Prefettura insieme ai dirigenti al Patrimonio pubblico e ai funzionari del Comune».
L'ordinanza, dunque, stabilisce la rimessa in uso, laddove le condizioni strutturali lo permettano, di palazzi e uffici situati nel cuore del centro storico, tra cui quelli di via Cava. L’intento è quello di assegnarli ad alcune delle famiglie tarantine in difficoltà. Le operazioni di riapertura e successiva bonifica di questi siti avranno inizio già da stamattina con il supporto tecnico dell'Amiu mentre già nei giorni scorsi i vigili urbani hanno affisso cartelli davanti a questi portoni per chiedere agli eventuali occupanti di farsi identificare.
«Non intendiamo mandare via nessuno - sottolinea il sindaco alla "Gazzetta" - ma semplicemente regolarizzare l'eventuale posizione abusiva di chi dovesse abitare in questi edifici. Nel caso in cui gli stessi siano vuoti, li consegneremo a chi ne ha bisogno, ma la priorità spetta a chi ci vive già».
Il Comune, inoltre, allestirà un deposito nel quale lasciare in custodia tutto ciò che sarà ritrovato all'interno dei locali riaperti in Città vecchia. «I legittimi proprietari - afferma Stefàno - potranno venire a recuperarli».
L'obiettivo del Comune è duplice: far uscire dall'illegalità chi già risiede nelle proprietà comunali della Città vecchia «senza mandar via nessuno» e «dare un ricovero nei siti vuoti a chi vive in palazzi fatiscenti che stanno crollando in balia di piogge, vento e umidità». Un chiaro riferimento agli inquilini di via Duca degli Abruzzi 85, palazzo dichiarato a rischio crollo: «Insieme - dice Stefàno - siamo andati anche dal prefetto la scorsa settimana».
Resta in ogni caso valido l'appello già rivolto ai proprietari di appartamenti vuoti: «Ce li diano in locazione. Per un anno il Comune pagherà il fitto per conto degli inquilini». Pamela Giufrè (La Gazzetta di Taranto, p. III)
«I locali nella Città vecchia li utilizzeremo come case»
• Emergenza case, c’è l'ordinanza del sindaco per la riapertura di alcuni locali commerciali di proprietà comunale in Città vecchia. Il sindaco Ezio Stefàno precisa alla «Gazzetta» che «questo provvedimento non è affatto una decisione dell'ultim’ora, maturata in seguito alla protesta dei cittadini. Si tratta, piuttosto, di un percorso individuato già da alcune settimane proprio per aiutare le numerose famiglie di Taranto che non possono permettersi una casa». E proprio mentre rilascia queste dichiarazioni, Stefàno si trova proprio insieme ad una delegazione di cittadini che ieri hanno protestato con veemenza davanti al Comune.
«Mi sono già confrontato con il prefetto di Taranto su questa soluzione. Al dottor Pironti - prosegue il sindaco - ho personalmente posto il problema una decina di giorni fa, quando ci siamo incontrati in Prefettura insieme ai dirigenti al Patrimonio pubblico e ai funzionari del Comune».
L'ordinanza, dunque, stabilisce la rimessa in uso, laddove le condizioni strutturali lo permettano, di palazzi e uffici situati nel cuore del centro storico, tra cui quelli di via Cava. L’intento è quello di assegnarli ad alcune delle famiglie tarantine in difficoltà. Le operazioni di riapertura e successiva bonifica di questi siti avranno inizio già da stamattina con il supporto tecnico dell'Amiu mentre già nei giorni scorsi i vigili urbani hanno affisso cartelli davanti a questi portoni per chiedere agli eventuali occupanti di farsi identificare.
«Non intendiamo mandare via nessuno - sottolinea il sindaco alla "Gazzetta" - ma semplicemente regolarizzare l'eventuale posizione abusiva di chi dovesse abitare in questi edifici. Nel caso in cui gli stessi siano vuoti, li consegneremo a chi ne ha bisogno, ma la priorità spetta a chi ci vive già».
Il Comune, inoltre, allestirà un deposito nel quale lasciare in custodia tutto ciò che sarà ritrovato all'interno dei locali riaperti in Città vecchia. «I legittimi proprietari - afferma Stefàno - potranno venire a recuperarli».
L'obiettivo del Comune è duplice: far uscire dall'illegalità chi già risiede nelle proprietà comunali della Città vecchia «senza mandar via nessuno» e «dare un ricovero nei siti vuoti a chi vive in palazzi fatiscenti che stanno crollando in balia di piogge, vento e umidità». Un chiaro riferimento agli inquilini di via Duca degli Abruzzi 85, palazzo dichiarato a rischio crollo: «Insieme - dice Stefàno - siamo andati anche dal prefetto la scorsa settimana».
Resta in ogni caso valido l'appello già rivolto ai proprietari di appartamenti vuoti: «Ce li diano in locazione. Per un anno il Comune pagherà il fitto per conto degli inquilini». Pamela Giufrè (La Gazzetta di Taranto, p. III)
lunedì 26 ottobre 2009
Se la cantano e se la suonano...
A volte i giornalisti pur di fare notizia si inventano spaccature e dissidi che non esistono. Il Comitato per Taranto, sempre aperto al dialogo con tutta la cittadinanza, pur nella differenza di metodo adottato dalle varie associazioni attive sul territorio, non ha mai rilevato una frattura del cosiddetto "fronte ambientalista" (che nome di rivoluzionaria memoria!) con cui si indica il numero sempre crescente di persone informate e partecipi al futuro della città.
Qui la necessità è una soltanto: quella di avere una città vivibile e civile che non sia terra di conquista e sfruttamento di nessuno!
Ma si sa, quando si va troppo d'accordo i lettori si annoiano... e allora si inventano le fratture!
Ma volete veramente farci credere che si possa contrapporre il referendum (cioè l'opinione della cittadinanza espressa attraverso il voto) alla manifestazione e alle osservazioni (cioè l'opinione della stessa cittadinanza espressa attraverso l'azione e la codificazione)? Mah!
«Niente divisioni sull’ambiente». Referendum Ilva e marcia, i movimenti tentano la riappacificazione su Facebook
• «Sì alla marcia del 28 novembre e sì al referendum. Noi non ci spacchiamo». E’ l’associazione culturale Blu Taranto, attraverso il social network Facebook, a mantenere vivo il dibattito dentro il fronte ambientalista dopo le polemiche dei giorni scorsi.
La partecipazione dei bambini alla marcia, organizzata dal cartello delle associazioni ambientaliste «Altamarea», ha suscitato la reazione di quattro gruppi che hanno deciso di non partecipare alla manifestazione mostrando dissenso aperto per il rischio di strumentalizzazione: «L’ambiente va difeso dagli adulti» hanno scritto Taranto Futura, gli Amici di Beppe Grillo, i Malati cronici, Tamburi 9 luglio 1960. E sulla spaccatura prodottasi sono fioccati i commenti in rete. C’è chi è rimasto «sbigottito» per gli articoli e i commenti della «Gazzetta» e chi ha voluto ancora soffermarsi sui distinguo scrivendo: «Non era necessario aderire ufficialmente ad Altamarea per sensibilizzare la gente su questioni ambientali».
L’articolo e il commento della «Gazzetta» non erano certo frutto di valutazioni disancorate dalle realtà. Fotografavano un disagio evidenziato dalla cronaca senza finalità «scissioniste»; sottolineando, anzi, i pericoli di una divisione tra le associazioni.
Dai botta e risposta tra aderenti e simpatizzanti della crociata ambientalista è emersa la volontà di «cantare in coro». Sul profilo Facebook dell’asso - ciazione Blu Taranto il dibattito è stato serrato con scambi di battute vivaci: saper bene per cosa manifestare il 28 novembre «perché il rilascio dell’Aia è a favore di Ilva e Eni. Se marciamo per quello marciamo per tenere aperta l’area a caldo e per autorizzare l’Eni». «Ventimila persone (l’allusione è alla marciadi“Altamarea”delloscorsoanno - ndr) in piazza vengono comunque sensibilizzate ai temi ambientali. Ventimila persone che comunque possono andare a votare per il referendum». Molti i passaggi nei quali si stigmatizza l’atte ggiamento ambiguo di chi critica il cartello «Altamarea» e non marcia al suo fianco «pur partecipando alle riunioni». Alla fine il commento dell’associazione culturale Blu Taranto prova a rammendare gli strappi alla bandiera dell’am - bientalismo: «Si può partecipare alla marcia e votare al referendum». E’ così.
Il cantiere dell’opinione pubblica prova a costruire, anche nella polemica, una coscienza condivisa lievito di una città migliore. E anche se qualcuno chiosa: «La coscienza va ancora costruita», la certezza di essere sulla buona strada resta. (Fulvio Colucci, La gazzetta di taranto, p. VII)
Qui la necessità è una soltanto: quella di avere una città vivibile e civile che non sia terra di conquista e sfruttamento di nessuno!
Ma si sa, quando si va troppo d'accordo i lettori si annoiano... e allora si inventano le fratture!
Ma volete veramente farci credere che si possa contrapporre il referendum (cioè l'opinione della cittadinanza espressa attraverso il voto) alla manifestazione e alle osservazioni (cioè l'opinione della stessa cittadinanza espressa attraverso l'azione e la codificazione)? Mah!
«Niente divisioni sull’ambiente». Referendum Ilva e marcia, i movimenti tentano la riappacificazione su Facebook
• «Sì alla marcia del 28 novembre e sì al referendum. Noi non ci spacchiamo». E’ l’associazione culturale Blu Taranto, attraverso il social network Facebook, a mantenere vivo il dibattito dentro il fronte ambientalista dopo le polemiche dei giorni scorsi.
La partecipazione dei bambini alla marcia, organizzata dal cartello delle associazioni ambientaliste «Altamarea», ha suscitato la reazione di quattro gruppi che hanno deciso di non partecipare alla manifestazione mostrando dissenso aperto per il rischio di strumentalizzazione: «L’ambiente va difeso dagli adulti» hanno scritto Taranto Futura, gli Amici di Beppe Grillo, i Malati cronici, Tamburi 9 luglio 1960. E sulla spaccatura prodottasi sono fioccati i commenti in rete. C’è chi è rimasto «sbigottito» per gli articoli e i commenti della «Gazzetta» e chi ha voluto ancora soffermarsi sui distinguo scrivendo: «Non era necessario aderire ufficialmente ad Altamarea per sensibilizzare la gente su questioni ambientali».
L’articolo e il commento della «Gazzetta» non erano certo frutto di valutazioni disancorate dalle realtà. Fotografavano un disagio evidenziato dalla cronaca senza finalità «scissioniste»; sottolineando, anzi, i pericoli di una divisione tra le associazioni.
Dai botta e risposta tra aderenti e simpatizzanti della crociata ambientalista è emersa la volontà di «cantare in coro». Sul profilo Facebook dell’asso - ciazione Blu Taranto il dibattito è stato serrato con scambi di battute vivaci: saper bene per cosa manifestare il 28 novembre «perché il rilascio dell’Aia è a favore di Ilva e Eni. Se marciamo per quello marciamo per tenere aperta l’area a caldo e per autorizzare l’Eni». «Ventimila persone (l’allusione è alla marciadi“Altamarea”delloscorsoanno - ndr) in piazza vengono comunque sensibilizzate ai temi ambientali. Ventimila persone che comunque possono andare a votare per il referendum». Molti i passaggi nei quali si stigmatizza l’atte ggiamento ambiguo di chi critica il cartello «Altamarea» e non marcia al suo fianco «pur partecipando alle riunioni». Alla fine il commento dell’associazione culturale Blu Taranto prova a rammendare gli strappi alla bandiera dell’am - bientalismo: «Si può partecipare alla marcia e votare al referendum». E’ così.
Il cantiere dell’opinione pubblica prova a costruire, anche nella polemica, una coscienza condivisa lievito di una città migliore. E anche se qualcuno chiosa: «La coscienza va ancora costruita», la certezza di essere sulla buona strada resta. (Fulvio Colucci, La gazzetta di taranto, p. VII)
E processo sia!
Ecolevante, oggi parte il processo. Nel mirino le autorizzazioni rilasciate per il terzo lotto. La Provincia parte civile?
• Dopo la falsa partenza dello scorso 5 ottobre, quando la prima udienza del processo sulla realizzazione del terzo lotto della discarica Ecolevante - ubicata tra Grottaglie e san Marzano - di fatto saltò in quanto il presidente della seconda sezione penale Ciro Fiore chiese di essere sostituito da un altro giudice in quanto lontano parente e conoscente di una persona costituitasi parte civile, oggi il dibattimento dovrebbe entrare nel vivo.
Alla sbarra ci sono Paolo Boccini, legale rappresentante della Ecolevante spa, e Antonio Ruggieri, funzionario della Provincia, all’epoca dei fatti dirigente responsabile del settore ecologia ed ambiente. I due imputati rispondono di abuso in atti d’ufficio e violazione di norme ambientali legate alle autorizzazioni concesse dalla Provincia alla Ecolevante per la costruzione e l’ampliamento della discarica, sita in località Torre Caprarica, fra Grottaglie e San Marzano, il così detto terzo lotto. Secondo l’accusa, il rilascio delle autorizzazioni fu viziato da numerose irregolarità.
Durante l’udienza preliminare hanno chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile diverse associazioni interessate alla vicenda: la Pro Loco di San Marzano, l’associazione “Sud in movimento”, nonché il Comune di San Marzano ed alcuni cittadini, che con un’azione popolare si sono sostituiti al comune di Grottaglie ed alla provincia di Taranto, chiedendo i danni agli imputati.
Il Consiglio Comunale di San Marzano all’unanimità martedì scorso ha approvato un documento con il quale, tra l’altro, viene chiesto alla Provincia di costituirsi parte civile nel processo che prenderà il via quest’oggi, documento approvato anche da due esponenti della maggioranza che sostiene il presidente Florido: l’assessore provinciale Giampiero Mancarelli, che in Consiglio comunale guida l’opposizione per conto del Pd, e il consigliere provinciale dell’Udc An - tonio Caprino che a San Marzano è assessore comunale ai lavori pubblici. C’è attesa per capire, quindi, se la Provincia darà seguito a questa richiesta (sempre se ci siano i termini legali per farlo) e se la Provincia asseconderà le altre richieste formulate dal Consiglio comunale e dalle associazioni di San Marzano, ovvero la revoca delle autorizzazioni rilasciate alla società Ecolevante. Mimmo Mazza (la Gazzetta di Taranto, p. V)
• Dopo la falsa partenza dello scorso 5 ottobre, quando la prima udienza del processo sulla realizzazione del terzo lotto della discarica Ecolevante - ubicata tra Grottaglie e san Marzano - di fatto saltò in quanto il presidente della seconda sezione penale Ciro Fiore chiese di essere sostituito da un altro giudice in quanto lontano parente e conoscente di una persona costituitasi parte civile, oggi il dibattimento dovrebbe entrare nel vivo.
Alla sbarra ci sono Paolo Boccini, legale rappresentante della Ecolevante spa, e Antonio Ruggieri, funzionario della Provincia, all’epoca dei fatti dirigente responsabile del settore ecologia ed ambiente. I due imputati rispondono di abuso in atti d’ufficio e violazione di norme ambientali legate alle autorizzazioni concesse dalla Provincia alla Ecolevante per la costruzione e l’ampliamento della discarica, sita in località Torre Caprarica, fra Grottaglie e San Marzano, il così detto terzo lotto. Secondo l’accusa, il rilascio delle autorizzazioni fu viziato da numerose irregolarità.
Durante l’udienza preliminare hanno chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile diverse associazioni interessate alla vicenda: la Pro Loco di San Marzano, l’associazione “Sud in movimento”, nonché il Comune di San Marzano ed alcuni cittadini, che con un’azione popolare si sono sostituiti al comune di Grottaglie ed alla provincia di Taranto, chiedendo i danni agli imputati.
Il Consiglio Comunale di San Marzano all’unanimità martedì scorso ha approvato un documento con il quale, tra l’altro, viene chiesto alla Provincia di costituirsi parte civile nel processo che prenderà il via quest’oggi, documento approvato anche da due esponenti della maggioranza che sostiene il presidente Florido: l’assessore provinciale Giampiero Mancarelli, che in Consiglio comunale guida l’opposizione per conto del Pd, e il consigliere provinciale dell’Udc An - tonio Caprino che a San Marzano è assessore comunale ai lavori pubblici. C’è attesa per capire, quindi, se la Provincia darà seguito a questa richiesta (sempre se ci siano i termini legali per farlo) e se la Provincia asseconderà le altre richieste formulate dal Consiglio comunale e dalle associazioni di San Marzano, ovvero la revoca delle autorizzazioni rilasciate alla società Ecolevante. Mimmo Mazza (la Gazzetta di Taranto, p. V)
Crolla la storia ma resta l'industria
riguardo al film The Fall of Redemption, nessuno si è ancora accorto di alcuni dettagli curiosi, e questo non vuol dire che sto svelando lo scoop del secolo ma che bisogna ritornare ad avere amore di verifica, ricerca, approfondimento, perchè se si impara un metodo torna utile sempre. Guardate un po' quanto Agrusti sia legato a questo tipo di storia. Nel 2005, la prima conferenza stampa dello sceneggiatore nostrano, Fernando Agrusti su "My Families" di Zoo Film e Parallel Pictures (alcuni esponenti della seconda si trovarono coinvolti in quel grottesco caso di armi giocattolo in Africa per girare un film, che però erano illegali lo stesso!!!). Doveva avere un cast che attingeva a personaggi dei reality e dei telefilm. Non se ne fece più niente nonostante l'arrivo a Taranto di Danny Quinn. Questo film molto presto nel 2006 prese un altro nome "Two Families", con una trama sostanzialmente uguale (http://www.victoriamedia.net/movie.html). Si scomodò Franco Nero. Ma Agrusti s'arrabbiò per motivi che finirono sotto indagine. Poi non se ne seppe più niente. Nè nessuno ha avuto il piacere o dispiacere di vedere o recensire questo film. In qualche sito internet compare il nome di Agrusti, in altri no. Ed infine, nel 2009, arriva The Fall Redemption, sempre Agrusti in primo piano, in compagnia dell'avvocato che lo segue dal 2005 come consulente. E se andate a guardare la trama, ci sono ancora tante somiglianze.
Solo una delle attrici già annunciate in My Families, Susie Amy (insieme ad Adrian Paul, l’Higlander del telefilm, Frank Finlay, Araba Dell’Utri, Joe Capalbo e Maurizio Mosetti, Danny Quinn che doveva fare il regista), fu contattata anche in Two Families. E, comunque, in ogni occasione, è stato sempre ripetuto l'auspicio di andare al Festival di Berlino.
Insomma, chissà se per Agrusti sarà la volta buona....siamo al terzo tentativo, chissà se questo film riuscirà a vederlo qualcuno!!!!! (F.R.)
Le "ricadute" delle industrie sul turismo. Cioè: la polvere!
Porti turistici salentini, pochi e maltenuti. Dalle polveri corrosive di Taranto agli insabbiamenti di Campomarino alla precoce crisi di Brindisi
BRINDISI - I porti turistici sono indicati unanimemente come un importante mezzo per favorire lo sviluppo della nautica da diporto lungo le coste pugliesi. Ma qual è la situazione dei principali Marina che sono già operativi? Partiamo dal porto turistico di Taranto, il Marina Sant’Eligio. Questa struttura è attiva dal 2003 ed ha una capienza di oltre 250 posti barca. Offre servizi ed attrezzature efficienti ma è afflitta da un problema che potremmo definire congenito: la vicinanza alle ciminiere industriali e alle banchine del porto mercantile provoca il deposito di polveri e pulviscoli sulle imbarcazioni ormeggiate.
Per convivere con questa sgradevole situazione ci sono due rimedi: alcuni armatori si armano di manichetta e lavano spesso le loro barche per evitare che le polveri anneriscano la vetroresina ed intacchino le attrezzature di coperta, mentre altri le coprono con dei generosi teloni. Un discorso a parte merita, invece, l'area che si trova alle spalle dei locali della Capitaneria di Porto. Si tratta di una zona demaniale, confinante con il Marina Sant'Eligio, che avrebbe dovuto ospitare un delfinario dedicato alla cura dei mammiferi marini. Finalmente, da qualche giorno, sono cominciati dei lavori di pulizia di questo spazio, ma fino a domenica scorsa lo scenario era tutt'altro che rassicurante: sembrava di trovarsi davanti ad una vera e propria discarica in cui erano sistemati vecchi carrelli, legnami di ogni tipo e materiale di risulta. Ad oggi, la situazione è migliorata ma c'è ancora molto da lavorare per riportarla in uno stato decorso. Scendendo verso Sud, ad una ventina di miglia da Taranto, troviamo il porticciolo di Campomarino di Maruggio.
La struttura sembra accogliente e ben integrata con il paese ma, anche in questo caso, esiste una problematica importante: gli insabbiamenti di una buona parte del porto riducono i fondali, rendendo la navigazione insidiosa, specie per le barche a vela. A tutto ciò si aggiunge un fronte di segnalazioni, promosse da alcuni fruitori della struttura, in cui si sostiene che il porticciolo non è sicuro oltre che per il mancato dragaggio dei fondali, per la presenza di un numero di imbarcazioni superiore alla capienza consentita. Alcuni hanno evidenziato anche il mancato rispettato della percentuale di posti barca riservati al transito. Lasciato il Mar Ionio per raggiungere l’Adriatico, ci 'incagliamo' nei problemi del Marina di Brindisi, di cui abbiamo già ampiamente parlato in queste pagine.
Gli argomenti che tengono banco vanno dal consistente calo dei traffici, segnalato dal Sole 24 Ore, ai disservizi, senza dimenticare la recente 'querelle' con gli ormeggiatori. Facendo rotta verso Nord, la situazione migliora, specialmente nel modernissimo Marina di Rodi Garganico che è stato inaugurato alla fine di luglio. Eppure, anche in questo caso, c’è qualcosa da segnalare: la colonnina per il rifornimento del carburante non è ancora entrata in funzione. Ma il gestore del servizio sarebbe stato individuatio ed entro il 30 novembre la situazione sarà sbloccata definitivamente. Christiano Spagnoletti (Corriere del Mezzogiorno)
BRINDISI - I porti turistici sono indicati unanimemente come un importante mezzo per favorire lo sviluppo della nautica da diporto lungo le coste pugliesi. Ma qual è la situazione dei principali Marina che sono già operativi? Partiamo dal porto turistico di Taranto, il Marina Sant’Eligio. Questa struttura è attiva dal 2003 ed ha una capienza di oltre 250 posti barca. Offre servizi ed attrezzature efficienti ma è afflitta da un problema che potremmo definire congenito: la vicinanza alle ciminiere industriali e alle banchine del porto mercantile provoca il deposito di polveri e pulviscoli sulle imbarcazioni ormeggiate.
Per convivere con questa sgradevole situazione ci sono due rimedi: alcuni armatori si armano di manichetta e lavano spesso le loro barche per evitare che le polveri anneriscano la vetroresina ed intacchino le attrezzature di coperta, mentre altri le coprono con dei generosi teloni. Un discorso a parte merita, invece, l'area che si trova alle spalle dei locali della Capitaneria di Porto. Si tratta di una zona demaniale, confinante con il Marina Sant'Eligio, che avrebbe dovuto ospitare un delfinario dedicato alla cura dei mammiferi marini. Finalmente, da qualche giorno, sono cominciati dei lavori di pulizia di questo spazio, ma fino a domenica scorsa lo scenario era tutt'altro che rassicurante: sembrava di trovarsi davanti ad una vera e propria discarica in cui erano sistemati vecchi carrelli, legnami di ogni tipo e materiale di risulta. Ad oggi, la situazione è migliorata ma c'è ancora molto da lavorare per riportarla in uno stato decorso. Scendendo verso Sud, ad una ventina di miglia da Taranto, troviamo il porticciolo di Campomarino di Maruggio.
La struttura sembra accogliente e ben integrata con il paese ma, anche in questo caso, esiste una problematica importante: gli insabbiamenti di una buona parte del porto riducono i fondali, rendendo la navigazione insidiosa, specie per le barche a vela. A tutto ciò si aggiunge un fronte di segnalazioni, promosse da alcuni fruitori della struttura, in cui si sostiene che il porticciolo non è sicuro oltre che per il mancato dragaggio dei fondali, per la presenza di un numero di imbarcazioni superiore alla capienza consentita. Alcuni hanno evidenziato anche il mancato rispettato della percentuale di posti barca riservati al transito. Lasciato il Mar Ionio per raggiungere l’Adriatico, ci 'incagliamo' nei problemi del Marina di Brindisi, di cui abbiamo già ampiamente parlato in queste pagine.
Gli argomenti che tengono banco vanno dal consistente calo dei traffici, segnalato dal Sole 24 Ore, ai disservizi, senza dimenticare la recente 'querelle' con gli ormeggiatori. Facendo rotta verso Nord, la situazione migliora, specialmente nel modernissimo Marina di Rodi Garganico che è stato inaugurato alla fine di luglio. Eppure, anche in questo caso, c’è qualcosa da segnalare: la colonnina per il rifornimento del carburante non è ancora entrata in funzione. Ma il gestore del servizio sarebbe stato individuatio ed entro il 30 novembre la situazione sarà sbloccata definitivamente. Christiano Spagnoletti (Corriere del Mezzogiorno)
Argomenti
ILVA,
mare,
polveri sottili,
porto,
turismo
domenica 25 ottobre 2009
Truffa Ilva e (solito) mobbing
Maxi truffa all’Ilva scatta la controdenuncia. La reazione di un dipendente allontanato dal posto di lavoro
•E' stato letteralmente buttato fuori dall'Ilva, invitato a lasciare la macchina aziendale, a prendere tutti i suoi effetti personali dall'ufficio e dallo spogliatoio e allontanato con frasi che lasciavano, lasciano, poco spazio all'immaginazione: «Evidentemente non hai fatto bene il tuo lavoro» e «Dei ricambi cosa ne dici?»
Giovanni Frascella, 39enne tarantino, tecnico di area in servizio nel reparto Manafo (manutenzione altoforno) dell'Ilva, azienda per la quale lavora dal gennaio del 2001, dopo aver tentato inutilmente di rientrare a lavoro venerdì scorso, presentandosi in portineria assieme al suo avvocato Giuseppe Lecce, passa al contrattacco. Domani mattina presenterà alla Procura della Repubblica una denuncia contro l'Ilva, ipotizzando due reati: esercizio arbitrario delle proprie ragioni e violenza privata.
Frascella è uno dei 24 dipendenti del siderurgico che l'Ilva ha messo in ferie forzate in attesa che la magistratura faccia luce su una presunta truffa milionaria legata a forniture inesistenti di materiali o a fatture gonfiate. Frascella è indicato come persona informata dei fatti nell'esposto che l'avv. Egidio Albanese ha presentato alla Procura per conto del consiglio di amministrazione dell'Ilva.
«Abbiamo già inoltrato all'Ilva una diffida. Ora saremo costretti a rivolgerci alla magistratura penale - ha detto l’avv. Lecce in una conferenza stampa - perché secondo noi quello che si sta verificando è gravissimo, siamo dinanzi ad un vero e proprio processo sommario. Quanto è avvenuto l'8 ottobre scorso, quando il mio assistito è stato allontanato dal suo posto di lavoro, rappresenta una grave lesione dei più elementari diritti spettanti ad ogni lavoratore, considerato che Frascella è stato accusato ingiustamente, senza possibilità di discolparsi, di gravi mancanze e in conseguenza di ciò è stato arbitrariamente allontato dall'Ilva. Si palesa da parte dell'azienda un evidente comportamento mobbizzante».
L'avvocato Lecce ha mostrato ai giornalisti la lettera con la quale l'Ilva ha risposto alle sue prime contestazioni. «Il dipendente in oggetto – si legge nella missiva inviata allo studio legale Lecce dal gruppo Riva – è stato posto in ferie per esigenze gestionali aziendali. Il signor Frascella, pertanto, sino a nuova e successiva disposizione aziendale che sarà inoltrata con congruo preavviso, dovrà astenersi dal prestare attività lavorativa e nelle more fruirà del trattamento economico e normativo spettante per legge e contratto».
Pagato per stare a casa, insomma. Dei 24 dipendenti allontanati dall'Ilva, però, solo Giovanni Frascella ha deciso di venire allo scoperto. Come mai? «Sono stato contattato da altre dipendenti dell'Ilva che si trovano nella sua stessa situazione – ha risposto il legale – e non escludo che nelle prossime ore possano esserci altre prese di posizione. Intanto, però, voglio sottolineare il gesto del signor Frascella che, sicuro del fatto suo e certo di essere completamente estraneo a questa vicenda, ha avuto il coraggio e la forza di ribellarsi».
Sono 24 i dipendenti di Riva segnalati alla Magistratura. Ecco cosa c’è nell’esposto sulla truffa delle forniture
Sono 24 i dipendenti dell’Ilva segnalati alla magistratura, nell’esposto presentato per fare chiarezza sulla presunta maxi-truffa sulle forniture, come persone informate sui fatti.
L’Ilva, però, non ha presentato alla magistratura un esposto querela contro ditte o persone ma ha raccontato quello che avviene nello stabilimento, sull’asse magazzino-ufficio acquisti, segnalando anomalie e fornendo i nomi delle possibili persone informate sui fatti: da chi ha collaborato attivamente con la Kpmg per fare chiarezza su quanto stava avvenendo ai dipendenti che materialmente si occupano degli acquisti e della gestione degli stessi. Non vengono ipotizzati reati ma si legge in trasparenza il riferimento ad una possibile associazione a delinquere dedita alla truffa aggravata e continuata.
Vengono segnalati alla magistratura 6 tecnici d’area, 3 capi reparto, 11 magazzinieri e 4 componenti dell’Ufficio acquisti di Milano.
Nell’esposto vengono fatti alcuni esempi, molto eloquenti, circa le modalità della truffa. È capitato all’Ilva di pagare un interruttore 2500 euro quando lo stesso pezzo, ma con un nome diverso (era questo uno degli stratagemmi utilizzati per sviare la rete dei controlli), era stato poco prima pagato appena 200 euro (cioè 12 volte di meno). Ma differenze enormi vengono sottolineate nell’acquisto di altre forniture elettromeccaniche, sempre nell’ordine di pezzi pagati più di 10 volte il reale valore di mercato. Poi c’è il capitolo contraffazione in quanto c’è il sospetto di aver acquistato materiale con marchio falso oppure materiale di tipo diverso (e con valore notevolmente inferiore) a quello ordinato, pagandolo ovviamente profumatamente.
La truffa, sempre presunta pur se ormai documentalmente accertata almeno in un caso, avrebbe avuto come protagonisti diversi dipendenti dell’Ilva, giacché la procedura per gli acquisti è guidata dall’ufficio che ha sede a Milano ma ha diversi addentellati nello stabilimento di Taranto, partendo dagli addetti al magazzino e salendo nella scala gerarchica. Se sembra acclarato il vantaggio per le ditte fornitrici (a quelle sospette sono stati bloccati tutti i pagamenti), è tutto da verificare il possibile (e intuibile) tornaconto per chi avrebbe agevolato le spese facili per conto di mamma Ilva.(La GAzzetta di Taranto, p.III)
•E' stato letteralmente buttato fuori dall'Ilva, invitato a lasciare la macchina aziendale, a prendere tutti i suoi effetti personali dall'ufficio e dallo spogliatoio e allontanato con frasi che lasciavano, lasciano, poco spazio all'immaginazione: «Evidentemente non hai fatto bene il tuo lavoro» e «Dei ricambi cosa ne dici?»
Giovanni Frascella, 39enne tarantino, tecnico di area in servizio nel reparto Manafo (manutenzione altoforno) dell'Ilva, azienda per la quale lavora dal gennaio del 2001, dopo aver tentato inutilmente di rientrare a lavoro venerdì scorso, presentandosi in portineria assieme al suo avvocato Giuseppe Lecce, passa al contrattacco. Domani mattina presenterà alla Procura della Repubblica una denuncia contro l'Ilva, ipotizzando due reati: esercizio arbitrario delle proprie ragioni e violenza privata.
Frascella è uno dei 24 dipendenti del siderurgico che l'Ilva ha messo in ferie forzate in attesa che la magistratura faccia luce su una presunta truffa milionaria legata a forniture inesistenti di materiali o a fatture gonfiate. Frascella è indicato come persona informata dei fatti nell'esposto che l'avv. Egidio Albanese ha presentato alla Procura per conto del consiglio di amministrazione dell'Ilva.
«Abbiamo già inoltrato all'Ilva una diffida. Ora saremo costretti a rivolgerci alla magistratura penale - ha detto l’avv. Lecce in una conferenza stampa - perché secondo noi quello che si sta verificando è gravissimo, siamo dinanzi ad un vero e proprio processo sommario. Quanto è avvenuto l'8 ottobre scorso, quando il mio assistito è stato allontanato dal suo posto di lavoro, rappresenta una grave lesione dei più elementari diritti spettanti ad ogni lavoratore, considerato che Frascella è stato accusato ingiustamente, senza possibilità di discolparsi, di gravi mancanze e in conseguenza di ciò è stato arbitrariamente allontato dall'Ilva. Si palesa da parte dell'azienda un evidente comportamento mobbizzante».
L'avvocato Lecce ha mostrato ai giornalisti la lettera con la quale l'Ilva ha risposto alle sue prime contestazioni. «Il dipendente in oggetto – si legge nella missiva inviata allo studio legale Lecce dal gruppo Riva – è stato posto in ferie per esigenze gestionali aziendali. Il signor Frascella, pertanto, sino a nuova e successiva disposizione aziendale che sarà inoltrata con congruo preavviso, dovrà astenersi dal prestare attività lavorativa e nelle more fruirà del trattamento economico e normativo spettante per legge e contratto».
Pagato per stare a casa, insomma. Dei 24 dipendenti allontanati dall'Ilva, però, solo Giovanni Frascella ha deciso di venire allo scoperto. Come mai? «Sono stato contattato da altre dipendenti dell'Ilva che si trovano nella sua stessa situazione – ha risposto il legale – e non escludo che nelle prossime ore possano esserci altre prese di posizione. Intanto, però, voglio sottolineare il gesto del signor Frascella che, sicuro del fatto suo e certo di essere completamente estraneo a questa vicenda, ha avuto il coraggio e la forza di ribellarsi».
Sono 24 i dipendenti di Riva segnalati alla Magistratura. Ecco cosa c’è nell’esposto sulla truffa delle forniture
Sono 24 i dipendenti dell’Ilva segnalati alla magistratura, nell’esposto presentato per fare chiarezza sulla presunta maxi-truffa sulle forniture, come persone informate sui fatti.
L’Ilva, però, non ha presentato alla magistratura un esposto querela contro ditte o persone ma ha raccontato quello che avviene nello stabilimento, sull’asse magazzino-ufficio acquisti, segnalando anomalie e fornendo i nomi delle possibili persone informate sui fatti: da chi ha collaborato attivamente con la Kpmg per fare chiarezza su quanto stava avvenendo ai dipendenti che materialmente si occupano degli acquisti e della gestione degli stessi. Non vengono ipotizzati reati ma si legge in trasparenza il riferimento ad una possibile associazione a delinquere dedita alla truffa aggravata e continuata.
Vengono segnalati alla magistratura 6 tecnici d’area, 3 capi reparto, 11 magazzinieri e 4 componenti dell’Ufficio acquisti di Milano.
Nell’esposto vengono fatti alcuni esempi, molto eloquenti, circa le modalità della truffa. È capitato all’Ilva di pagare un interruttore 2500 euro quando lo stesso pezzo, ma con un nome diverso (era questo uno degli stratagemmi utilizzati per sviare la rete dei controlli), era stato poco prima pagato appena 200 euro (cioè 12 volte di meno). Ma differenze enormi vengono sottolineate nell’acquisto di altre forniture elettromeccaniche, sempre nell’ordine di pezzi pagati più di 10 volte il reale valore di mercato. Poi c’è il capitolo contraffazione in quanto c’è il sospetto di aver acquistato materiale con marchio falso oppure materiale di tipo diverso (e con valore notevolmente inferiore) a quello ordinato, pagandolo ovviamente profumatamente.
La truffa, sempre presunta pur se ormai documentalmente accertata almeno in un caso, avrebbe avuto come protagonisti diversi dipendenti dell’Ilva, giacché la procedura per gli acquisti è guidata dall’ufficio che ha sede a Milano ma ha diversi addentellati nello stabilimento di Taranto, partendo dagli addetti al magazzino e salendo nella scala gerarchica. Se sembra acclarato il vantaggio per le ditte fornitrici (a quelle sospette sono stati bloccati tutti i pagamenti), è tutto da verificare il possibile (e intuibile) tornaconto per chi avrebbe agevolato le spese facili per conto di mamma Ilva.(La GAzzetta di Taranto, p.III)
sabato 24 ottobre 2009
Sepolcri imbiancati
L'ambiente all'italiana nelle bonifiche di Venezia. Cronache da un futuro possibile.
(per prevenire...)
(per prevenire...)
Bandiere vuote
Ecco sintetizzata, in questa "supplica" di borbonica memoria fatta dal Comune per mano del Vicesindaco, il punto di vista conservatore e scellerato di un'amministrazione che nella sua miope o interessata visione della tragica questione Ilva (risolta? quando?) e nella richiesta di potenziamento della base militare nucleare, luogo di stanza e partenza di macchine da guerra, spera di racimolare pietosamente (tra ossequi e salamelecchi) qualche metro quadro di terreno demaniale per i poveri indigeni tarantini.
Alla faccia della sinistra!
E se cominciassimo a girare con l'anello al naso?
I cittadini si dissociano da questo ennesimo atto di sottomissione!
Comune Di Taranto_Dismissione Aree Demaniali Militari
Alla faccia della sinistra!
E se cominciassimo a girare con l'anello al naso?
I cittadini si dissociano da questo ennesimo atto di sottomissione!
Comune Di Taranto_Dismissione Aree Demaniali Militari
L'ira del padrone!
«Messo in ferie e cacciato dall’Ilva»
Il suo tesserino è stato disabilitato. E così stamattina, in una conferenza stampa, griderà la sua rabbia per una situazione alla quale si sente e si proclama completamente estraneo. Come annunciato ieri dalla «Gazzetta», ieri mattina uno dei 24 dipendenti dell’Ilva che l'azienda ha messo in ferie forzate in attesa che la magistratura faccia luce su una presunta truffa da 40 milioni di euro, legata a forniture inesistenti di materiali o a fatture gonfiate, si è presentato, accompagnato dall’avv. Giuseppe Lecc , alla portineria dello stabilimento per provare a tornare sul suo posto di lavoro ma non ha potuto superare gli ingressi perché, come detto, il suo badge era stato disabilitato.(Gazzetta del Mezzogiorno)
L'avvocato dell'operaio: «Non entriamo nel merito, contestiamo le modalità»
Non gli hanno contestato alcun provvedimento disciplinare, ma lo hanno allontanato dal posto di lavoro disabilitandogli il tesserino: per questo un operaio dell’Ilva, di 39 anni, in servizio al reparto Tubificio, ha inviato all’azienda una richiesta di reintegro immediato annunciando il deposito di una querela alla procura della Repubblica per l’ipotesi di reato di «esercizio arbitrario delle proprie ragioni». L’operaio è uno dei dipendenti dello stabilimento Ilva di Taranto a cui l’azienda ha imposto di non presentarsi sul luogo di lavoro fino a nuova disposizione e che viene indicato come persona informata sui fatti in una denuncia che i legali dell’Ilva hanno presentato alla magistratura. L’azienda chiede di fare luce su una presunta truffa da 40 milioni di euro legata a forniture inesistenti di materiali o a fatture gonfiate.
«Non entriamo nel merito della vicenda – dice l'avv.Giuseppe Lecce, legale dell’operaio – ma contestiamo le modalità con cui sono stati allontanati alcuni dipendenti». «Vogliamo – aggiunge – che la procura indaghi sul comportamento dei capi reparto che hanno gestito questa spiacevole situazione. Nei confronti di questi operai non è stato adottato alcun provvedimento disciplinare come prevede il codice dei lavoratori». «Chiederemo di rendere dichiarazioni al pm titolare dell’inchiesta sulla presunta truffa. Ancora oggi - conclude – non ci è dato sapere se l’allontanamento dal posto di lavoro equivale a ferie forzate o permessi retribuito».(Gazzetta del Mezzogiorno)
Il suo tesserino è stato disabilitato. E così stamattina, in una conferenza stampa, griderà la sua rabbia per una situazione alla quale si sente e si proclama completamente estraneo. Come annunciato ieri dalla «Gazzetta», ieri mattina uno dei 24 dipendenti dell’Ilva che l'azienda ha messo in ferie forzate in attesa che la magistratura faccia luce su una presunta truffa da 40 milioni di euro, legata a forniture inesistenti di materiali o a fatture gonfiate, si è presentato, accompagnato dall’avv. Giuseppe Lecc , alla portineria dello stabilimento per provare a tornare sul suo posto di lavoro ma non ha potuto superare gli ingressi perché, come detto, il suo badge era stato disabilitato.(Gazzetta del Mezzogiorno)
L'avvocato dell'operaio: «Non entriamo nel merito, contestiamo le modalità»
Non gli hanno contestato alcun provvedimento disciplinare, ma lo hanno allontanato dal posto di lavoro disabilitandogli il tesserino: per questo un operaio dell’Ilva, di 39 anni, in servizio al reparto Tubificio, ha inviato all’azienda una richiesta di reintegro immediato annunciando il deposito di una querela alla procura della Repubblica per l’ipotesi di reato di «esercizio arbitrario delle proprie ragioni». L’operaio è uno dei dipendenti dello stabilimento Ilva di Taranto a cui l’azienda ha imposto di non presentarsi sul luogo di lavoro fino a nuova disposizione e che viene indicato come persona informata sui fatti in una denuncia che i legali dell’Ilva hanno presentato alla magistratura. L’azienda chiede di fare luce su una presunta truffa da 40 milioni di euro legata a forniture inesistenti di materiali o a fatture gonfiate.
«Non entriamo nel merito della vicenda – dice l'avv.Giuseppe Lecce, legale dell’operaio – ma contestiamo le modalità con cui sono stati allontanati alcuni dipendenti». «Vogliamo – aggiunge – che la procura indaghi sul comportamento dei capi reparto che hanno gestito questa spiacevole situazione. Nei confronti di questi operai non è stato adottato alcun provvedimento disciplinare come prevede il codice dei lavoratori». «Chiederemo di rendere dichiarazioni al pm titolare dell’inchiesta sulla presunta truffa. Ancora oggi - conclude – non ci è dato sapere se l’allontanamento dal posto di lavoro equivale a ferie forzate o permessi retribuito».(Gazzetta del Mezzogiorno)
Lo stato dell'arte della sostenibilità
Quello che bisogna sapere e perseguire al di là delle chiacchiere politiche.
Rapporto 2009 Fondazione Per Lo Sviluppo Sostenibile
Rapporto 2009 Fondazione Per Lo Sviluppo Sostenibile
AIA rilasciate?
l'Agenzia è stata chiara: solo l'AIA per continuare a produrre. Non si parla di ampliamenti, raddoppi, centrali!
Ah se i giornalisti leggessero meglio!
Saremmo anche curiosi di sapere l'effetto di questo bluff mediatico sulle azioni ENI in borsa...
ROMA (Reuters) 22 ottobre - Le due centrali elettriche, Enipower e Edison e la raffineria dell'Eni a Taranto potranno continuare le attività.
Lo ha deciso la Commissione Aia, presso il ministero dell'Ambiente, che ha concluso l'iter per il rilascio delle Autorizzazioni integrate Ambientali dei tre impianti industriali nell'area di Taranto.
Nella nota diffusa dal ministero si legge che "l'Autorizzazione integrata ambientale, rilasciata all' unanimità, e quindi con l'assenso delle Istituzioni locali e dell'Arpa Puglia, consentirà agli impianti di continuare l' attività dopo che è stato verificato il rispetto dei requisiti ambientali previsti dalle normative nazionali ed europee".
Ah se i giornalisti leggessero meglio!
Saremmo anche curiosi di sapere l'effetto di questo bluff mediatico sulle azioni ENI in borsa...
ROMA (Reuters) 22 ottobre - Le due centrali elettriche, Enipower e Edison e la raffineria dell'Eni a Taranto potranno continuare le attività.
Lo ha deciso la Commissione Aia, presso il ministero dell'Ambiente, che ha concluso l'iter per il rilascio delle Autorizzazioni integrate Ambientali dei tre impianti industriali nell'area di Taranto.
Nella nota diffusa dal ministero si legge che "l'Autorizzazione integrata ambientale, rilasciata all' unanimità, e quindi con l'assenso delle Istituzioni locali e dell'Arpa Puglia, consentirà agli impianti di continuare l' attività dopo che è stato verificato il rispetto dei requisiti ambientali previsti dalle normative nazionali ed europee".
venerdì 23 ottobre 2009
Chi lavora per migliorare la vita dei tarantini?
Il governo dice sì alla centrale e al raddoppio Eni
Ieri via libera del ministero dell’Ambiente
Ha il sapore di un beffardo blitz del governo il rilascio delle tre autorizzazioni integrate ambientali per le due centrali Enipower e Edison e per la raffineria Eni.
Ieri a Roma il ministero dell’Ambiente ha espresso il suo parere favorevole subito dopo aver chiuso la porta alle spalle degli ambientalisti di «Altamarea» chiamati dal ministro Prestigiacomo a confrontarsi sulla spinosa questione.
Il ministero ha tirato dritto: malgrado la richiesta del portavoce Leo Corvace di far slittare il rilascio dell’Aia, malgrado gli ecologisti di Peacelink abbiano minacciato il ricorso alla magistratura per far rispettare l’accordo di programma, malgrado lo stesso accordo imponga il rilascio di autorizzazioni definitive solo dopo una valutazione globale dell’inqui - namento prodotto da tutte le aziende.
Quanto ha pesato l’atte ggiamento «flessibile» verso il governo da parte degli Enti locali: Regione, Provincia e Comune? Dopo l’audizione di «Altamarea» è toccato a loro rimanere a tu per tu con i rappresentanti ministeriali. Il governo ha spiegato che rallentare il rilascio delle concessioni avrebbe ritardato il monitoraggio offrendo alle aziende la scusa per continuare ad agire senza i limiti imposti da controlli più stringenti.
Malgrado fosse solo la seconda riunione sul rilascio dell’Aia a Eni, Edison e Enipower, la «velocità» ministeriale ha avuto buon gioco di ogni ragionevole dubbio. E ce n’erano di perplessità se solo citiamo il no espresso dalla giunta regionale pugliese alla centrale Enipower e al raddoppio della produzione Eni due settimana fa; oppure i distinguo del sindaco Ezio Stefàno, ieri presente all’incontro: il primo cittadino riteneva opportuno realizzare una centrale che producesse meno energia elettrica per evitare l’aumento di anidride carbonica.
Il timore di un vuoto nei controlli, agitato come uno spettro dal ministero per spiegare la forte accelerazione impressa all’autorizzazione integrata ambientale, ha fatto breccia nelle convinzioni di Regione e Comune, almeno stando alle agenzie di stampa e alle parole dello stesso sindaco.
L’Ansa ieri sera batteva un inequivocabile lancio: «L'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’ unanimità, e quindi con l’assenso delle Istituzioni locali e dell’Arpa Puglia, consentirà agli impianti di continuare l’ attività dopo che è stato verificato il rispetto dei requisiti ambientali previsti dalle normative nazionali ed europee». «Abbiamo avuto garanzie - ha spiegato Stefàno - su queste verifiche. Eni, Enipower e Edison dovranno garantire entro 180 giorni il rispetto delle prescrizioni relative al rispetto dei limiti delle emissioni, al monitoraggio degli inquinanti e alla sicurezza. Se queste prescrizioni non saranno rispettate le autorizzazioni verrebbero revocate».
Il Comune di Taranto ha chiesto ieri al ministero dell’Ambiente nuovi controlli sanitari sulla popolazione legati alla presenza degli insediamenti industriali e all’impatto dell’inquinamento sulla salute pubblica.
Chi ha candidamente ammesso di essere stato «colto alla sprovvista» dalle decisioni ministeriali è stato il direttore dell’Agenzia regionale per l’ambiente Giorgio Assennato. «Sì, è vero. Il rilascio delle autorizzazioni così rapido può definirsi sorprendente anche perché era la seconda riunione convocata al ministero dell’Ambiente su questo argomento». Ora l’Arpa, insieme all’Ispra (l’agenzia nazionale per i controlli ambientali, ndr), dovrà organizzare le verifiche previste dalle prescrizioni allegate al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Ironia della sorte l’Agenzia regionale dell’ambiente non risulta invitata ai tavoli sull’Aia e Assennato segue i lavori in qualità di consulente della Regioen Puglia.
«C’è un incontro tecnico il 29 ottobre - ha spiegato il direttore dell’Arpa - prima del definitivo via libera ministeriale. In quella sede cercheremo di chiarire tutti i dettagli relativi al monitoraggio. Per fortuna son riuscito a far inserire nel verbale dell’incontro che alla fine di tutti i processi di rilascio delle autorizzazioni dovrà essere verificata la situazione dell’inquinamento industriale a Taranto nel suo complesso, guardando cioè a tutte le aziende». E’ possibile che le richieste degli ambientalisti siano state recepite così velocemente dal governo?
Rimane la sensazione di una sconfitta di «Altamarea» e, soprattutto, dello scollamento definitivo tra istituzioni locali e cittadini sui problemi dell’inquinamento. Un vizio che peserà sui giorni a venire quanto la congenita incapacità di far valere i propri diritti.
Ieri via libera del ministero dell’Ambiente
Ha il sapore di un beffardo blitz del governo il rilascio delle tre autorizzazioni integrate ambientali per le due centrali Enipower e Edison e per la raffineria Eni.
Ieri a Roma il ministero dell’Ambiente ha espresso il suo parere favorevole subito dopo aver chiuso la porta alle spalle degli ambientalisti di «Altamarea» chiamati dal ministro Prestigiacomo a confrontarsi sulla spinosa questione.
Il ministero ha tirato dritto: malgrado la richiesta del portavoce Leo Corvace di far slittare il rilascio dell’Aia, malgrado gli ecologisti di Peacelink abbiano minacciato il ricorso alla magistratura per far rispettare l’accordo di programma, malgrado lo stesso accordo imponga il rilascio di autorizzazioni definitive solo dopo una valutazione globale dell’inqui - namento prodotto da tutte le aziende.
Quanto ha pesato l’atte ggiamento «flessibile» verso il governo da parte degli Enti locali: Regione, Provincia e Comune? Dopo l’audizione di «Altamarea» è toccato a loro rimanere a tu per tu con i rappresentanti ministeriali. Il governo ha spiegato che rallentare il rilascio delle concessioni avrebbe ritardato il monitoraggio offrendo alle aziende la scusa per continuare ad agire senza i limiti imposti da controlli più stringenti.
Malgrado fosse solo la seconda riunione sul rilascio dell’Aia a Eni, Edison e Enipower, la «velocità» ministeriale ha avuto buon gioco di ogni ragionevole dubbio. E ce n’erano di perplessità se solo citiamo il no espresso dalla giunta regionale pugliese alla centrale Enipower e al raddoppio della produzione Eni due settimana fa; oppure i distinguo del sindaco Ezio Stefàno, ieri presente all’incontro: il primo cittadino riteneva opportuno realizzare una centrale che producesse meno energia elettrica per evitare l’aumento di anidride carbonica.
Il timore di un vuoto nei controlli, agitato come uno spettro dal ministero per spiegare la forte accelerazione impressa all’autorizzazione integrata ambientale, ha fatto breccia nelle convinzioni di Regione e Comune, almeno stando alle agenzie di stampa e alle parole dello stesso sindaco.
L’Ansa ieri sera batteva un inequivocabile lancio: «L'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all’ unanimità, e quindi con l’assenso delle Istituzioni locali e dell’Arpa Puglia, consentirà agli impianti di continuare l’ attività dopo che è stato verificato il rispetto dei requisiti ambientali previsti dalle normative nazionali ed europee». «Abbiamo avuto garanzie - ha spiegato Stefàno - su queste verifiche. Eni, Enipower e Edison dovranno garantire entro 180 giorni il rispetto delle prescrizioni relative al rispetto dei limiti delle emissioni, al monitoraggio degli inquinanti e alla sicurezza. Se queste prescrizioni non saranno rispettate le autorizzazioni verrebbero revocate».
Il Comune di Taranto ha chiesto ieri al ministero dell’Ambiente nuovi controlli sanitari sulla popolazione legati alla presenza degli insediamenti industriali e all’impatto dell’inquinamento sulla salute pubblica.
Chi ha candidamente ammesso di essere stato «colto alla sprovvista» dalle decisioni ministeriali è stato il direttore dell’Agenzia regionale per l’ambiente Giorgio Assennato. «Sì, è vero. Il rilascio delle autorizzazioni così rapido può definirsi sorprendente anche perché era la seconda riunione convocata al ministero dell’Ambiente su questo argomento». Ora l’Arpa, insieme all’Ispra (l’agenzia nazionale per i controlli ambientali, ndr), dovrà organizzare le verifiche previste dalle prescrizioni allegate al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Ironia della sorte l’Agenzia regionale dell’ambiente non risulta invitata ai tavoli sull’Aia e Assennato segue i lavori in qualità di consulente della Regioen Puglia.
«C’è un incontro tecnico il 29 ottobre - ha spiegato il direttore dell’Arpa - prima del definitivo via libera ministeriale. In quella sede cercheremo di chiarire tutti i dettagli relativi al monitoraggio. Per fortuna son riuscito a far inserire nel verbale dell’incontro che alla fine di tutti i processi di rilascio delle autorizzazioni dovrà essere verificata la situazione dell’inquinamento industriale a Taranto nel suo complesso, guardando cioè a tutte le aziende». E’ possibile che le richieste degli ambientalisti siano state recepite così velocemente dal governo?
Rimane la sensazione di una sconfitta di «Altamarea» e, soprattutto, dello scollamento definitivo tra istituzioni locali e cittadini sui problemi dell’inquinamento. Un vizio che peserà sui giorni a venire quanto la congenita incapacità di far valere i propri diritti.
Altamarea ENI
E’ stato ribadito il No all’aumento di potenza della Enipower di Taranto questa mattina in un’audizione presso il Ministero dell’ambiente.
Dalle 11.30 circa sono stati ascoltati due componenti della delegazione Altamarea, il coordinamento di associazioni e cittadini contro l’inquinamento. Hanno presentato le osservazioni alle Autorizzazioni integrate ambientali degli impianti industriali presenti nel territorio tarantino: Eni, Enipower ed Edison. E come richiesto ieri dall’Associazione Peacelink, che ha inviato una diffida al Ministero dell’ambiente, è stato inoltre ribadito che le tutte le autorizzazioni vengano rilasciate nell’ambito di un quadro unitario delle emissioni nell’area tarantina, come previsto dall’accordo di Programma.La Commissione ha però prospettato per il rilascio dell’AIA all’Ilva di Taranto, tempi piu lunghi.
Dalle 11.30 circa sono stati ascoltati due componenti della delegazione Altamarea, il coordinamento di associazioni e cittadini contro l’inquinamento. Hanno presentato le osservazioni alle Autorizzazioni integrate ambientali degli impianti industriali presenti nel territorio tarantino: Eni, Enipower ed Edison. E come richiesto ieri dall’Associazione Peacelink, che ha inviato una diffida al Ministero dell’ambiente, è stato inoltre ribadito che le tutte le autorizzazioni vengano rilasciate nell’ambito di un quadro unitario delle emissioni nell’area tarantina, come previsto dall’accordo di Programma.La Commissione ha però prospettato per il rilascio dell’AIA all’Ilva di Taranto, tempi piu lunghi.
Acqua comune? Firmiamo e partecipiamo
Il 13 novembre alle ore 17:00 alla sede della Provincia di Taranto in via Anfiteatro avverrà un incontro tra alcuni rappresentanti del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, la cittadinanza e gli amministratori che vorranno essere presenti.
E' partita a livello nazionale la campagna “SALVA L’ACQUA” che si articolerà nelle seguenti iniziative:
Come dice Vandana Shiva “la democrazia non è semplicemente un rituale elettorale ma il potere delle persone di forgiare il proprio destino, determinare in che modo le loro risorse naturali debbono essere possedute ed utilizzate, come la loro sete vada placata, come il loro cibo vada prodotto e distribuito, quali sistemi sanitari e di istruzione debbono avere […]. Ognuno di noi ha un suo ruolo nel forgiare la futura storia della creazione. Ognuno di noi è responsabile del kumbh, la brocca dell’acqua”.
Margherita Ciervo, Per il Comitato pugliese “Acqua Bene Comune”
Sembra che dopo anni di mobilitazione e confronti con gli enti da parte del Comitato Pugliese, la Regione Puglia sia finalmente intenzionata a ripubblicizzare l'Acquedotto Pugliese (tra l'altro, potrebbe essere un incredibile precedente da applicare per le altre regioni italiane). ma l'attenzione e la partecipazione su questo tema, proprio per questo motivo, devono crescere perchè c'è bisogno che dalle parole si passi ai fatti.
Regione Puglia. Tariffe acqua in base al reddito
BARI - Tariffe non più basate sui consumi, ma sui redditi dei consumatori. E poi, addio alla società per azioni Acquedotto pugliese, che deve invece diventare soggetto giuridico di diritto pubblico ben prima della fatidica data (2018) entro la quale si concluderà per legge la concessione della gestione del servizio idrico, aprendo di fatto ai privati il settore. Nichi Vendola ha deciso di voltare pagina sul tema dell’acqua bene pubblico, impegnando la giunta regionale a promulgare entro dicembre un disegno di legge ad hoc e affidando all’avvocatura l’impugnazione dinanzi alla Corte Costituzionale del decreto legge 135 del 2009 con cui il governo ha legiferato sui servizi pubblici locali, accusandolo di conflitto d’attribuzione su una materia - quella del servizio idrico integrato - di esclusiva competenza delle Regioni.
Come servizio essenziale e universale, questa la versione della Regione, la materia non è soggetta a concorrenza con lo Stato ed è per questo che la Regione può legiferare, stabilendo - questa la filosofia della delibera di ieri - che l’offerta di acqua ai cittadini è tema privo di rilevanza economica e non può, per questo, essere gestito da una spa. Nel caso il ddl, che sarà studiato da una commissione allargata al Forum pugliese dei movimenti per l’acqua bene comune, dovesse andare in porto entro dicembre, potrebbe dunque entrare in vigore un nuovo meccanismo di calcolo per le bollette: non più il pagamento uguale per tutti del «surplus» di consumi rispetto al minimo vitale, ma pagamenti differenziati basati sui redditi dei consumatori. La delibera approvata contiene inoltre la candidatura della Puglia quale sede Onu per l'organizzazione di una conferenza internazionale per la formalizzazione del riconoscimento del diritto universale all'acqua per tutti.
«L’acqua è un bene comune dell'umanità, un diritto di tutti, non assoggettabile a logiche di mercato. È un principio unanimemente riconosciuto sul quale è giunta l'ora senza totem e tabù - spiega il presidente Vendola - di applicarsi per giungere ad una regolamentazione di dettaglio che tenga conto del principio ed allo stesso tempo non ci faccia tornare indietro, con strumenti di gestione che hanno abbondantemente segnalato la loro inadeguatezza».
«Con il ddl - sottolinea l’assessore al ramo Fabiano Amati - si conta di aprire un cantiere di valutazione, la cui serietà sarà misurata anche sulla tempistica abbreviata che la Puglia dimostrerà di utilizzare». Con motivazioni diverse, dal Pdl si dà ragione all’iniziativa. Il consigliere regionale Donato Salinari, infatti, sottolinea «la leggerezza con la quale l’Aqp ha proceduto ad innalzare il costo dell’acqua in Puglia: l’acqua, in quanto bene primario, non può essere utilizzata per rastrellare denaro con cui ripianare il buco di bilancio di Aqp. Tali incombenze vanno affrontate con risorse proprie se l’Ente ne è capace, senza affliggere i pugliesi con altre tasse aggiuntive».
Ieri, intanto, si è sancita la fine della guerra tra centrodestra e Vendola sul caso Manna. Una breve riunione preliminare al consiglio regionale è servita ai chiarimenti e all’ingresso in aula, insieme, di Vendola e del capogruppo Fi Rocco Palese. La fine delle ostilità ha consentito il via libera al Piano tutela delle acque, che rinnova l’analisi della tutela, riqualificazione ed utilizzo sostenibile del patrimonio idrico, ancora ferma all’83.(La Gazzetta del Mezzogiorno)
E' partita a livello nazionale la campagna “SALVA L’ACQUA” che si articolerà nelle seguenti iniziative:
- PETIZIONE POPOLARE rivolta ai sindaci per chiedere: il riconoscimento nello Statuto Comunale del Diritto Umano all’acqua e del servizio idrico integrato come un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica; di intraprendere tutte le azioni per contrastare i provvedimenti privatizza tori previsti dall’art. 23 bis della L. 133/2008, come modificato dall’art. 15 del D.L. 135/20.
- raccolta di firme e adesioni all’ APPELLO al PRESIDENTE della REPUBBLICA e al PRESIDENTE DELLE DUE CAMERE per chiedere di impedire la mercificazione dell’acqua. Le modalità di raccolta possono essere a livello di piazza o via posta elettronica o nell'ambito di spazi ed eventi pubblici. I modelli per la raccolta firme sono in allegato o scaricabili dalla home-page del sito www.acquabenecomune.org.
Come dice Vandana Shiva “la democrazia non è semplicemente un rituale elettorale ma il potere delle persone di forgiare il proprio destino, determinare in che modo le loro risorse naturali debbono essere possedute ed utilizzate, come la loro sete vada placata, come il loro cibo vada prodotto e distribuito, quali sistemi sanitari e di istruzione debbono avere […]. Ognuno di noi ha un suo ruolo nel forgiare la futura storia della creazione. Ognuno di noi è responsabile del kumbh, la brocca dell’acqua”.
Margherita Ciervo, Per il Comitato pugliese “Acqua Bene Comune”
Sembra che dopo anni di mobilitazione e confronti con gli enti da parte del Comitato Pugliese, la Regione Puglia sia finalmente intenzionata a ripubblicizzare l'Acquedotto Pugliese (tra l'altro, potrebbe essere un incredibile precedente da applicare per le altre regioni italiane). ma l'attenzione e la partecipazione su questo tema, proprio per questo motivo, devono crescere perchè c'è bisogno che dalle parole si passi ai fatti.
Regione Puglia. Tariffe acqua in base al reddito
BARI - Tariffe non più basate sui consumi, ma sui redditi dei consumatori. E poi, addio alla società per azioni Acquedotto pugliese, che deve invece diventare soggetto giuridico di diritto pubblico ben prima della fatidica data (2018) entro la quale si concluderà per legge la concessione della gestione del servizio idrico, aprendo di fatto ai privati il settore. Nichi Vendola ha deciso di voltare pagina sul tema dell’acqua bene pubblico, impegnando la giunta regionale a promulgare entro dicembre un disegno di legge ad hoc e affidando all’avvocatura l’impugnazione dinanzi alla Corte Costituzionale del decreto legge 135 del 2009 con cui il governo ha legiferato sui servizi pubblici locali, accusandolo di conflitto d’attribuzione su una materia - quella del servizio idrico integrato - di esclusiva competenza delle Regioni.
Come servizio essenziale e universale, questa la versione della Regione, la materia non è soggetta a concorrenza con lo Stato ed è per questo che la Regione può legiferare, stabilendo - questa la filosofia della delibera di ieri - che l’offerta di acqua ai cittadini è tema privo di rilevanza economica e non può, per questo, essere gestito da una spa. Nel caso il ddl, che sarà studiato da una commissione allargata al Forum pugliese dei movimenti per l’acqua bene comune, dovesse andare in porto entro dicembre, potrebbe dunque entrare in vigore un nuovo meccanismo di calcolo per le bollette: non più il pagamento uguale per tutti del «surplus» di consumi rispetto al minimo vitale, ma pagamenti differenziati basati sui redditi dei consumatori. La delibera approvata contiene inoltre la candidatura della Puglia quale sede Onu per l'organizzazione di una conferenza internazionale per la formalizzazione del riconoscimento del diritto universale all'acqua per tutti.
«L’acqua è un bene comune dell'umanità, un diritto di tutti, non assoggettabile a logiche di mercato. È un principio unanimemente riconosciuto sul quale è giunta l'ora senza totem e tabù - spiega il presidente Vendola - di applicarsi per giungere ad una regolamentazione di dettaglio che tenga conto del principio ed allo stesso tempo non ci faccia tornare indietro, con strumenti di gestione che hanno abbondantemente segnalato la loro inadeguatezza».
«Con il ddl - sottolinea l’assessore al ramo Fabiano Amati - si conta di aprire un cantiere di valutazione, la cui serietà sarà misurata anche sulla tempistica abbreviata che la Puglia dimostrerà di utilizzare». Con motivazioni diverse, dal Pdl si dà ragione all’iniziativa. Il consigliere regionale Donato Salinari, infatti, sottolinea «la leggerezza con la quale l’Aqp ha proceduto ad innalzare il costo dell’acqua in Puglia: l’acqua, in quanto bene primario, non può essere utilizzata per rastrellare denaro con cui ripianare il buco di bilancio di Aqp. Tali incombenze vanno affrontate con risorse proprie se l’Ente ne è capace, senza affliggere i pugliesi con altre tasse aggiuntive».
Ieri, intanto, si è sancita la fine della guerra tra centrodestra e Vendola sul caso Manna. Una breve riunione preliminare al consiglio regionale è servita ai chiarimenti e all’ingresso in aula, insieme, di Vendola e del capogruppo Fi Rocco Palese. La fine delle ostilità ha consentito il via libera al Piano tutela delle acque, che rinnova l’analisi della tutela, riqualificazione ed utilizzo sostenibile del patrimonio idrico, ancora ferma all’83.(La Gazzetta del Mezzogiorno)
Tutto e il contrario di tutto. Esclusa la coerenza!
COMUNICATO STAMPA
Direttivo CGIL. Allarme lavoro e eco-sostenibilità
Il referendum sulla chiusura dell’ILVA: lo strumento più sbagliato per affrontare il problema.
Un esercito di “senza lavoro” (circa 68mila disoccupati e circa 40mila inoccupati in tutta la provincia jonica – ndr) è la prima preoccupazione della CGIL di Taranto che ieri ha svolto uno screening approfondito sulle grandi tematiche che investono il futuro del territorio nel corso del direttivo svoltosi sotto l’egida del Segretario regionale, Gianni Forte e del segretario provinciale, Luigi D’Isabella.
Un serrare le fila che ha il sapore della contingenza con il sindacato stretto tra la necessità di salvare il lavoro che c’è, promuoverne vie alternative e di incremento e la grande questione ambientale.
Questa vicenda dell’ambiente bisogna vederla anche aggravata nel contesto del dibattito sull’ambiente che in queste ore si sente costantemente in città – dice Gianni Forte – perché noi sappiamo che quando i livelli di occupazione si riducono, si riduce automaticamente anche le sensibilità di fronte a queste questioni perché subentra una maggiore preoccupazione. Non so cosa accadrà nella testa di tante famiglie dopo la riduzione già annunciata del 50% degli appalti in ILVA.
Così all’inquinamento atmosferico rischia di aggiungersi l’inquinamento ideale per questo la CGIL prova a fare ordine e a dire la sua annunciando una campagna di ascolto e verifica.
Non avremo atteggiamenti schizofrenici – dice D’Isabella, segretario generale della CGIL di Taranto – verificheremo ogni investimento e ogni operazione che le imprese proporranno in tema di abbattimento del peso degli inquinanti, ma staremo anche attenti ai livelli occupazionali, non consentendo che l’imminente campagna elettorale possa strumentalizzare questo o quell’altro argomento cavalcando prima la spinta ambientalista e poi l’emergenza occupazionale.
Così anche dalla platea si avverte la responsabilità di questi giorni. E su ILVA, ma anche centrale ENI Power e Referendum per la chiusura del siderurgico riemerge la parola d’ordine: ascolto e verifica.
Il problema per noi non è fare gli investimenti per avere un aumento vertiginoso dell’occupazione – dice D’Isabella, riferendosi all’investimento dell’ENI Power - ma avere investimenti sul territorio che ad esempio sorreggano produzioni energetiche in autonomia, come la CGIL ha sempre chiesto e che assicurino il futuro produttivo ed occupazionale di impianti industriali che altrimenti rischierebbero la marginalità e la chiusura come nel caso dell’Eni di Livorno. E su questo occorre avere posizioni libere e scevre da ogni pregiudizio perché a nessuno è consentito giocare sulla pelle dei lavoratori.
Sulla questione della centrale noi siamo sempre stati del parere di guardare nel merito – sottolinea anche Gianni Forte, numero uno della CGIL pugliese - sappiamo che il PEAR Puglia non prevede la costruzione di nuove centrali, ma là dove si può riscontrare un abbattimento complessivo degli inquinanti in termini diretti o in termini di compensazione si deve poter ragionare, anche chiedendo ad esempio alla stessa ENI di attrezzare il territorio con interventi di energia rinnovabile o di ammodernamento degli impianti all’interno dello stabilimento.
Eco-sostenibilità e responsabilità sociale delle imprese.
La prima cosa che dobbiamo chiedere è quella di abbattere gli impatti ambientali che pesano sul nostro territorio – dice ancora D’Isabella – ma devono anche risanare i danni fatti, per questo il tema delle bonifiche e lo sblocco di quegli investimenti diventa tema cruciale di cui la politica dovrebbe farsi carico seriamente.
Il modello è quello del confronto. Il modello che si afferma nella riunione del direttivo ha ispirato l’importante Legge sulla diossina.
Dobbiamo avviare percorsi di condivisione con le associazioni ambientaliste, con le istituzioni, con le controparti e con il grande movimento di Altamera – dice D’Isabella – ponendo sul tavolo tutte le questioni, nessuna esclusa e sapendo anche che il Referendum proposto per la chiusura dell’ILVA rischia di ripiombarci addosso come un boomerang.
Il Referendum è lo strumento più sbagliato per affrontare la tematica ambientale e occupazionale – spiega Forte - perché in caso di vittoria del SI non ha il potere di chiudere realmente lo stabilimento e rischia di marginalizzare ancora di più il mondo del lavoro, e in caso di vittoria del NO può rafforzare l’ILVA e le altre imprese che potrebbero sentirsi forti. Bisogna lavorare sul merito e il metodo Diossina è l’unico percorribile.
Della stessa opinione il segretario della FIOM di Taranto, Rappa. La CGIL – dice – deve continuare a tenere una sua posizione autonoma in questo dibattito, pur confrontandosi con tutte le parti in causa. Ma il tema portante è un altro. A Bagnoli il peso della grande industria è ancora lì. L’impianto si è chiuso, i lavoratori spesso non sono stati ricollocati e le bonifiche che servivano per rendere il territorio sgombro dal peso inquinante non sono state fatte.
Pensare a un superamento dell’industria a Taranto è fuori dal mondo – commenta Forte – ricordiamo tutti ancora la chiusura della Belleli e sappiamo quante ferite sono rimaste aperte e quanto è stato difficile ricollocare quei lavoratori.
E’ un momento storico importante per la città. Lo si avverte dagli interventi e dalla preoccupazione che si legge negli occhi di tutti i rappresentanti il direttivo.
Ma siamo il sindacato – dice D’Isabella – e dobbiamo pensare a far vivere bene i lavoratori dentro e fuori dalla fabbrica, a non innescare una guerra fredda tra gli operai e l’opinione pubblica. Vivremo momenti difficili e l’onda d’urto di un nuovo tsunami occupazionale. Siamo pronti ad avviare il confronto con tutti, verificare se le piattaforme proposte da Altamera, ad esempio, sono condivisibili o no. Capire cosa intende dire il Comune su questo referendum e sulla vertenza che la città sta vivendo. Saremo autonomi e liberi in nome del lavoro.
Nel corso del direttivo confermati gli impegni di mobilitazione del sindacato: il 7 novembre con Diritti in Piazza a Taranto, l’11 per l’attivo sindacale con Susanna Camusso, il 14 e il 28 le due grandi mobilitazioni nazionale e regionale: la prima a Roma per le “Realtà produttive in crisi” e la seconda (quella del 28) a Bari per la Crisi e il Mezzogiorno.
Taranto, 22 ottobre 2009
Direttivo CGIL. Allarme lavoro e eco-sostenibilità
Il referendum sulla chiusura dell’ILVA: lo strumento più sbagliato per affrontare il problema.
Un esercito di “senza lavoro” (circa 68mila disoccupati e circa 40mila inoccupati in tutta la provincia jonica – ndr) è la prima preoccupazione della CGIL di Taranto che ieri ha svolto uno screening approfondito sulle grandi tematiche che investono il futuro del territorio nel corso del direttivo svoltosi sotto l’egida del Segretario regionale, Gianni Forte e del segretario provinciale, Luigi D’Isabella.
Un serrare le fila che ha il sapore della contingenza con il sindacato stretto tra la necessità di salvare il lavoro che c’è, promuoverne vie alternative e di incremento e la grande questione ambientale.
Questa vicenda dell’ambiente bisogna vederla anche aggravata nel contesto del dibattito sull’ambiente che in queste ore si sente costantemente in città – dice Gianni Forte – perché noi sappiamo che quando i livelli di occupazione si riducono, si riduce automaticamente anche le sensibilità di fronte a queste questioni perché subentra una maggiore preoccupazione. Non so cosa accadrà nella testa di tante famiglie dopo la riduzione già annunciata del 50% degli appalti in ILVA.
Così all’inquinamento atmosferico rischia di aggiungersi l’inquinamento ideale per questo la CGIL prova a fare ordine e a dire la sua annunciando una campagna di ascolto e verifica.
Non avremo atteggiamenti schizofrenici – dice D’Isabella, segretario generale della CGIL di Taranto – verificheremo ogni investimento e ogni operazione che le imprese proporranno in tema di abbattimento del peso degli inquinanti, ma staremo anche attenti ai livelli occupazionali, non consentendo che l’imminente campagna elettorale possa strumentalizzare questo o quell’altro argomento cavalcando prima la spinta ambientalista e poi l’emergenza occupazionale.
Così anche dalla platea si avverte la responsabilità di questi giorni. E su ILVA, ma anche centrale ENI Power e Referendum per la chiusura del siderurgico riemerge la parola d’ordine: ascolto e verifica.
Il problema per noi non è fare gli investimenti per avere un aumento vertiginoso dell’occupazione – dice D’Isabella, riferendosi all’investimento dell’ENI Power - ma avere investimenti sul territorio che ad esempio sorreggano produzioni energetiche in autonomia, come la CGIL ha sempre chiesto e che assicurino il futuro produttivo ed occupazionale di impianti industriali che altrimenti rischierebbero la marginalità e la chiusura come nel caso dell’Eni di Livorno. E su questo occorre avere posizioni libere e scevre da ogni pregiudizio perché a nessuno è consentito giocare sulla pelle dei lavoratori.
Sulla questione della centrale noi siamo sempre stati del parere di guardare nel merito – sottolinea anche Gianni Forte, numero uno della CGIL pugliese - sappiamo che il PEAR Puglia non prevede la costruzione di nuove centrali, ma là dove si può riscontrare un abbattimento complessivo degli inquinanti in termini diretti o in termini di compensazione si deve poter ragionare, anche chiedendo ad esempio alla stessa ENI di attrezzare il territorio con interventi di energia rinnovabile o di ammodernamento degli impianti all’interno dello stabilimento.
Eco-sostenibilità e responsabilità sociale delle imprese.
La prima cosa che dobbiamo chiedere è quella di abbattere gli impatti ambientali che pesano sul nostro territorio – dice ancora D’Isabella – ma devono anche risanare i danni fatti, per questo il tema delle bonifiche e lo sblocco di quegli investimenti diventa tema cruciale di cui la politica dovrebbe farsi carico seriamente.
Il modello è quello del confronto. Il modello che si afferma nella riunione del direttivo ha ispirato l’importante Legge sulla diossina.
Dobbiamo avviare percorsi di condivisione con le associazioni ambientaliste, con le istituzioni, con le controparti e con il grande movimento di Altamera – dice D’Isabella – ponendo sul tavolo tutte le questioni, nessuna esclusa e sapendo anche che il Referendum proposto per la chiusura dell’ILVA rischia di ripiombarci addosso come un boomerang.
Il Referendum è lo strumento più sbagliato per affrontare la tematica ambientale e occupazionale – spiega Forte - perché in caso di vittoria del SI non ha il potere di chiudere realmente lo stabilimento e rischia di marginalizzare ancora di più il mondo del lavoro, e in caso di vittoria del NO può rafforzare l’ILVA e le altre imprese che potrebbero sentirsi forti. Bisogna lavorare sul merito e il metodo Diossina è l’unico percorribile.
Della stessa opinione il segretario della FIOM di Taranto, Rappa. La CGIL – dice – deve continuare a tenere una sua posizione autonoma in questo dibattito, pur confrontandosi con tutte le parti in causa. Ma il tema portante è un altro. A Bagnoli il peso della grande industria è ancora lì. L’impianto si è chiuso, i lavoratori spesso non sono stati ricollocati e le bonifiche che servivano per rendere il territorio sgombro dal peso inquinante non sono state fatte.
Pensare a un superamento dell’industria a Taranto è fuori dal mondo – commenta Forte – ricordiamo tutti ancora la chiusura della Belleli e sappiamo quante ferite sono rimaste aperte e quanto è stato difficile ricollocare quei lavoratori.
E’ un momento storico importante per la città. Lo si avverte dagli interventi e dalla preoccupazione che si legge negli occhi di tutti i rappresentanti il direttivo.
Ma siamo il sindacato – dice D’Isabella – e dobbiamo pensare a far vivere bene i lavoratori dentro e fuori dalla fabbrica, a non innescare una guerra fredda tra gli operai e l’opinione pubblica. Vivremo momenti difficili e l’onda d’urto di un nuovo tsunami occupazionale. Siamo pronti ad avviare il confronto con tutti, verificare se le piattaforme proposte da Altamera, ad esempio, sono condivisibili o no. Capire cosa intende dire il Comune su questo referendum e sulla vertenza che la città sta vivendo. Saremo autonomi e liberi in nome del lavoro.
Nel corso del direttivo confermati gli impegni di mobilitazione del sindacato: il 7 novembre con Diritti in Piazza a Taranto, l’11 per l’attivo sindacale con Susanna Camusso, il 14 e il 28 le due grandi mobilitazioni nazionale e regionale: la prima a Roma per le “Realtà produttive in crisi” e la seconda (quella del 28) a Bari per la Crisi e il Mezzogiorno.
Taranto, 22 ottobre 2009
Argomenti
centrali elettriche,
cgil,
Eni,
fiom,
ILVA,
operai,
referendum,
sindacati,
turbogas
giovedì 22 ottobre 2009
Iscriviti a:
Post (Atom)