martedì 10 novembre 2009

Riva pasce e Stato paga

LA CRISI DELL'ACCIAIO: nel primo semestre 2009 il calo di commesse É stato del 43%
É ufficiale: cassa integrazione per 5.971 lavoratori Ilva. L'azienda: «Inevitabile»
Taranto, scatterà il 7 dicembre e riguarderà la metà del personale tra operai, impiegati e intermedi


È di 5.971 il numero di addetti per i quali la direzione dell’Ilva di Taranto ha avviato le procedure per la cassa integrazione guadagni straordinaria a partire dal 7 dicembre prossimo, giorno in cui scadrà la cassa integrazione ordinaria. Lo ha comunicato oggi la stessa azienda alle organizzazioni sindacali alle quali già ieri era stato anticipato l’avvio delle procedure per un numero di persone compreso tra 5.500 e 6.000.
IL PROVVEDIMENTO - Nel dettaglio, il provvedimento riguarda 234 impiegati, 235 intermedi e 5.502 operai delle aree ghisa, acciaieria, laminazione, tubifici, manutenzione e servizi. L’Ilva giustifica la procedura di Cigs per un numero così elevato di dipendenti (circa la metà del personale), con il perdurare della crisi economica nazionale e internazionale. «Nel secondo trimestre del 2009 - è detto in una nota dell’azienda - la crisi mondiale del comparto siderurgico sembrava aver superato il suo momento più critico grazie alla ripresa di alcuni settori ad alto consumo di acciaio come, ad esempio, quello automobilistico. Purtroppo, con la ripresa delle attività dopo l’estate, la domanda di acciaio è tornata ad essere debole».
CRISI GENERALE - Una situazione che non è localizzata al solo stabilimento tarantino. Per quanto riguarda il mercato dell’acciaio in Italia, nel periodo gennaio-agosto 2009 si è registrato un calo di commesse del 43% (meno 54% solo mese di agosto) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente». Lo ha dichiarato il responsabile Rapporti Internazionali del Gruppo Riva, Giancarlo Quaranta, nel corso dell’incontro con le organizzazioni sindacali che si è svolto a Taranto. «Gli investimenti - ha aggiunto Quaranta - sono penalizzati da una generale sovracapacità rispetto al livello richiesto dal mercato, dalla minore disponibilità di denaro liquido da parte delle imprese, dalla difficoltà a mantenere gli attuali livelli di spesa pubblica e dalle non risolte difficoltà del sistema creditizio». Corriere del Mezzogiorno

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