Riva: «Si faccia il referendum sull'Ilva»
«Il referendum sull’Ilva? Si faccia pure, non ho nulla in contrario. E’ una questione di democrazia». A 80 anni suonati non c’è nulla che spaventi Emilio Riva, il patriarca dell’acciaio. Il voto non lo teme, nè lo scoraggia. «Si faccia il referendum - dice Riva - e se i cittadini diranno che dovrò chiudere, vuol dire che chiuderò». E quando a Riva viene ricordato che il referendum è solo consultivo e non abroga alcunchè, il big dell’acciaio dice: «Ma se è consultivo, allora, che lo facciamo a fare?». Nel rapporto che avete presentato, dite che avete migliorato la fabbrica. Investimenti realizzati, miliardi spesi, migliaia di assunzioni fatte. Ma perchè il rapporto tra Ilva e città continua ad essere ostile? «Ostile? Non ho sondaggi in mio possesso, però sono convinto che su 100 tarantini, 2 mi sono ostili. Leggetevi la lettera di quegli operai che si dicono pronti ad occupare la città se al referendum dovesse passare la linea pro-chiusura dell’Ilva. Sono rimasto colpito da quella lettera».
Presidente Riva, ma senza gli Atti d’intesa con la Regione o la legge anti-diossina, avreste investito? «Quegli atti non sono un’imposizione. Abbiamo concordato con la Regione le cose da fare e la mia azienda ha rispettato e sta rispettando gli impegni assunti. Non si crede ai dati che indicano un miglioramento? Allora facciamo un contradditorio pubblico, invitiamo i giornali, tutte le televisioni. Io non lo temo. Metto a disposizioni i miei tecnici e i miei dirigenti».
Presidente, come vede il futuro dell’acciaio? «Difficile. Il prossimo anno, lo dicono tutti, sarà dura. Ma io non mi scoraggio. E d’altronde perchè dovrei, visto che alla mia età ne ho viste tante? Io continuo ad investire. Dico di più: l’anno prossimo aumenterò la produzione di Taranto. Non la venderò? Vuol dire che me la terrò qui, ma io scommetto che la ripresa, prima o poi, verrà».
E che la situazione sia pesante lo ricorda in un intervento anche Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai. «Nel 2009 la produzione siderurgica in Italia è calata del 40 per cento, in Europa del 38 e negli Stati Uniti del 50. Vanno a gonfie vele solo India e Cina. Su 69mila addetti in Italia, 20mila sono tra cassa integrazione e contratti di solidarietà. Temo che il prossimo anno molti saranno costretti a chiudere» . (GdM)
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