Golfo di Taranto, ecco i danni che può provocare la ricerca di idrocarburi
Il ministero dell’Ambiente continua a rilasciare autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi nel Golfo di Taranto. Pezzo dopo pezzo, buona parte del Golfo sta per essere ceduta ai petrolieri che hanno in mente di bombardare il nostro mare dalla Puglia alla Calabria, su traiettorie lunghe migliaia di chilometri. Il loro scopo è quello di scoprire se nel sottofondo marino esistono giacimenti di idrocarburi sfruttabili e lo fanno utilizzando i micidiali air-gun che generano spaventose esplosioni di aria compressa.Le esplosioni effettuate ogni 5-15 secondi per settimane e settimane, originano onde sonore che arrivano sul fondo del mare, lo attraversano e, in base a come vengono riflesse o rifratte, forniscono informazioni sulla presenza degli idrocarburi. Il livello sonoro raggiunto dalle esplosioni è impressionante e può arrivare fino a 260 decibel! Si tratta di un rumore difficile anche da immaginare, basti pensare che la soglia del dolore per l’orecchio umano è fissata a 130 decibel e il rumore generato da un tornado arriva a 250 decibel.
Le impressionanti onde sonore investono tutti gli animali marini che nei casi migliori scappano via terrorizzati, nei peggiori perdono l’udito o subiscono emorragie interne che ne provocano la morte. Gli animali più colpiti dalle esplosioni sono i cetacei dal delicatissimo apparato uditivo, ma anche molti invertebrati, pesci e rettili marini. L’air-gun produce seri danni anche alle attività di pesca che si sostengono con le specie ittiche locali come dimostrato in uno studio condotto nell’oceano Atlantico, dove è stato evidenziato che le catture del merluzzo bianco e dell’eglefino sono diminuite dal 40% all’80% in tutta l’area sottoposta a prospezione. Altri studi evidenziano come l’impatto maggiore delle esplosioni di aria compressa venga esplicato sulle larve e sugli avannotti delle specie ittiche che mostrano purtroppo un alto tasso di mortalità.
Questa evidenza indica come gli air-gun siano disastrosi nelle aree di nursery, ovvero in tutte quelle aree sottomarine scelte dagli animali per riprodursi e dove i giovani individui trascorrono le prime fasi della loro vita. Il Golfo di Taranto racchiude moltissime aree di nursery che tra l’altro sono considerate Habitat prioritari di salvaguardia per la Convenzione di Barcellona
e Habitat di interesse comunitario per la Direttiva Habitat 92/43/CEE. Le più importanti aree di nursery sono le praterie di Posidonia oceanica, il coralligeno e le scogliere madreporiche a coralli bianchi nel piano batiale che si trovano anche a oltre 1000 metri di profondità e sono sconosciute ai più. E proprio queste ricche barriere coralline di profondità si trovano spaventosamente vicino alle aree che saranno sottoposte alle distruttive ricerche petrolifere. La biodiversità del nostro mare, le specie minacciate come i magnifici cetacei che popolano il nostro Golfo e che attirano turisti e amanti della natura da ogni dove, le popolazioni ittiche che sostengono la pesca locale, gli habitat profondi ancora in parte sconosciuti alla scienza, il cui studio alimenta gli enti di ricerca presenti sul territorio, insomma i nostri beni più grandi sono stati venduti per soddisfare gli interessi dei petrolieri.
Rossella Baldacconi, Dottore di Ricerca (PhD) in Scienze Ambientali
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