Il caso unico in Europa del ministro che voleva sabotare l’ambiente
La ricostruzione del consigliere diplomatico di quattro titolari del dicastero, da Rufolo a SpiniEssendo stato consigliere diplomatico di quattro ministri dell’Ambiente (Ruffolo, Ripa di Meana, Rutelli e Spini), ho dovuto accumulare nel tempo una purtroppo voluminosa “cartella clinica”.
La apro a caso ed estraggo un breve passaggio di un memorandum che il ministro d’allora mi chiese di scrivere: “I programmi di risposta ai cambi climatici in atto hanno il loro massimo punto di riferimento nell’IPCC, gruppo intergovernativo composto di centinaia di scienziati e patrocinato dall’Onu, che tenemmo a battesimo nel 1988 a Ginevra dove lavoravo allora (ricordo ancora le fatiche per ottenere i primi modesti fondi da Roma). La partecipazione dell’Italia è ora menomata da un episodio di lottizzazione imposta da Corrado Clini in nome della sua affinità partitica. Vennero accreditati all’IPCC due climatologi contraddistinti dalla dedizione al Psi piuttosto che da chiara fama scientifica: erano notoriamente scettici sulle conclusioni raggiunte dagli oltre 200 scienziati mondiali circa le minacce dell’effetto serra al clima globale. Mi sono dunque trovato a Washington, catapultato ai negoziati della Convenzione mondiale sul Clima, sotto la scorta dei due ‘esperti’, i quali si sono presentati la prima sera nella mia camera d’albergo per chiedermi conto della posizione negoziale italiana, da loro giudicata ‘allarmistica e incompatibile con gli interessi dell’economia italiana’”.
QUESTA SCENA degna del Padrino non era che uno dei tanti episodi di cui è costellata la carriera di Clini. Storiche le sue battaglie per ritardare l’introduzione in Italia della marmitta catalitica, battaglie combattute per conto della Fiat e destinate invece a regalare nuovi mercati alle auto tedesche.
Memorabile il suo tradimento nei riguardi dei quattro ministri progressisti (Ruffolo, Ripa di Meana, Rutelli e Spini) che l’avevano appoggiato malgrè tout: nel 1994, fiutato il vento, il Nostro offrì a Forza Italia un “programma ambientale” a uso degli Attila pronti a insediarsi al governo; e il 7 giugno 1994 sferrò sul Sole 24 Ore la pugnalata finale ai quattro ministri accusandoli di aver “gestito la Convenzione sul Clima solo come patente verde da esibire”.
Nessun ministro successivo è riuscito a disfarsi di Clini: né Edo Ronchi né Willer Bordon né tanto meno Mario Monti, che anzi dovette piegarsi ai voleri di chi glielo impose
addirittura come ministro. Caso unico in Europa di ministro nominato all’Ambiente per sabotarlo.
Giuseppe Cassini - Il fatto quotidiano 28 maggio 2014
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